Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26188 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26188 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
29171/2021 r.g., proposto
da
Sara RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME , ielett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto n. 2222/2021 pubblicata in data 11/05/2021, n.r.g. 78/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/07/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME, ex agente di RAGIONE_SOCIALE, in data 05/04/2021 aveva concluso con la ex datrice di lavoro una transazione, che aveva fatto seguito alla risoluzione consensuale del rapporto di agenzia in data 01/05/2010.
OGGETTO:
agenzia –
risoluzione
consensuale
–
interpretazione
degli
obblighi
della
ex
preponente
Adìva il Tribunale di Taranto lamentando l’inadempimento della società rispetto al punto 6) della transazione e pertanto chiedeva la condanna della società al risarcimento dei danni per mancato guadagno, da liquidare nell’importo di euro 95.000,00 annui ov vero in quello maggiore o minore ritenuto giusto ed equo.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda e condannava NOME RAGIONE_SOCIALE a risarcire al ricorrente il danno, liquidato in via equitativa in euro 30.000,00.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame (principale) interposto da NOME RAGIONE_SOCIALE
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
il punto 6) dell’accordo transattivo (secondo cui ‘ RAGIONE_SOCIALE conferma la propria volontà ed il proprio programma tecnico-commerciale di far disdetta a tutto il portafoglio non liberalizzato ‘) non è una mera dichiarazione di intenti, bensì un vero e proprio obbligo giuridico assunto dalla compagnia;
per intendere esattamente il significato e la portata di questa clausola occorre tenere presente l’intero contesto in cui la vicenda nacque e si sviluppò;
al punto 7) dell’accordo era prevista la chiusura del punto vendita di Massafra cui era addetto lo COGNOME (‘ NOME conferma la chiusura, nei tempi tecnici, del punto vendita di Massafra ‘);
prima della firma dello COGNOME vi è un’ulteriore precisazione del seguente tenore: ‘ si precisa pertanto che in base al punto 6 l’intero portafoglio ancora in essere relativo all’agenzia di Massafra ex Scialpi sarà disdettato dalla Sara ‘;
infondato è anche il motivo di appello sulle risultanze istruttorie;
nella responsabilità contrattuale il creditore può limitarsi a dedurre la fonte del proprio diritto, spettando al debitore la prova dell’adempimento o dell’impossibilità sopravvenuta;
nella specie NOME Ass.ni da un lato asserisce che quella era una mera dichiarazione di intenti, dall’altro intende sostenere di aver comunque
provato di aver adempiuto l’obbligo di disdettare le polizze del portafoglio di RAGIONE_SOCIALE presso il punto vendita di Massafra;
anzi, dalla documentazione della stessa assicurazione risulta indicata la sig.ra COGNOME come nuovo agente dell’agenzia di Massafra, evidentemente non chiusa, che conservava il portafoglio non liberalizzato senza alcuna disdetta delle polizze in atto.
4.- Avverso tale sentenza Sara RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
5.- COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti in relazione all’accordo di liberalizzazione del 12/05/2010, che era stato consensualmente risolto.
Il motivo è inammissibile perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348, pen.co., c.p.c.). Peraltro, la ricorrente non ha indicato, come invece era suo onere, le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, né ha allegato e dimostrato che esse siano tra loro diverse (Cass. n. 5528/2018; Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 19001/2016).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato la clausola di cui al punto 6) dell’accordo del 05/04/2011.
Il motivo è inammissibile.
Il controllo di legittimità sugli atti di autonomia negoziale individuale non può scadere nel controllo di merito ed anteporre a quella prescelta dai giudici d’appello una differente interpretazione solo perché reputata più plausibile ad opera della stessa parte ricorrente. Come è noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto ( ex multis Cass. n. 9070/2013; Cass. n. 12360/2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (Cass. n. 17067/2007; Cass. n. 11756/2006). Ne consegue
che le valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazi one dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375/2006; Cass. n. 12468/2004; Cass. n. 22979/2004, Cass. n. 7740/2003; Cass. n. 12366/2002; Cass. n. 11053/2000).
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, rappresentate dalle dichiarazioni rese dai testimoni COGNOME, COGNOME, COGNOME, nonché la conseguente violazione dell’art. 116 c.p.c.
Il motivo è inammissibile sia perché le testimonianze non integrano un ‘fatto storico’ ai fini del vizio lamentato, sia perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348, pen.co., c.p.c.).
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, rappresentate dalle lettere del 02/12/2010 e del 12/09/2011.
Il motivo è inammissibile perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348, pen.co., c.p.c.). Peraltro, la ricorrente non ha indicato, come invece era suo onere, le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, né ha allegato e dimostrato che esse siano tra loro diverse (Cass. n. 5528/2018; Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 19001/2016).
5.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. per avere la Corte territoriale confermato la liquidazione equitativa del Tribunale pur in assenza di prova circa l’esistenza del danno stesso.
Il motivo è inammissibile in primo luogo per difetto di autosufficienza, e quindi per genericità, non avendo il ricorrente specificato in quale punto ed in quali termini quella stessa questione fosse stata prospettata ai Giudici d’appello come uno specific o motivo di gravame avverso la liquidazione
equitativa del Tribunale. Tale lacuna non consente a questa Corte di apprezzare e valutare l’eventuale errore di diritto denunziato come commesso dai Giudici d’appello.
Il motivo è altresì inammissibile perché finisce per sollecitare a questa Corte una rivalutazione delle risultanze istruttorie, interdetta in sede di legittimità. Secondo un consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, ‘ non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ‘ (Cas s. ord. n. 4513/2023, che richiama Cass. n. 7394/2010; Cass. n. 13954/2007; Cass. n. 12052/2007; Cass. n. 7972/2007; Cass. n. 5274/2007; Cass. n. 2577/2007; Cass. n. 27197/2006; Cass. n. 14267/2006; Cass. n. 12446/2006; Cass. n. 9368/2006; Cass. n. 9233/2006; Cass. n. 3881/2006; e ricorda che sin da Cass. n. 1674/1963 venne affermato il principio secondo cui ‘la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione ‘).
6.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 03/07/2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME