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Interposizione fittizia: quando è valida?

Una società costruttrice, condannata a pagare per la fornitura di un impianto, ha sostenuto di essere solo un prestanome in un caso di interposizione fittizia di persona. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che, in assenza di un accordo simulatorio a tre, si configura un’interposizione reale, in cui l’intermediario è pienamente obbligato verso il fornitore, anche se il pagamento proviene da un terzo soggetto.

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Interposizione Fittizia di Persona: La Cassazione Chiarisce i Requisiti Essenziali

Nel mondo dei contratti commerciali, le strutture talvolta diventano complesse. Un caso recente esaminato dalla Corte di Cassazione fa luce su una questione cruciale: la differenza tra interposizione fittizia di persona e interposizione reale. Questa distinzione è fondamentale per determinare chi sia il vero soggetto obbligato in un rapporto contrattuale. La vicenda riguarda un appalto per la fornitura di un impianto di mungitura, dove una società ha cercato di dimostrare di aver agito solo come prestanome per un’altra, senza successo. Vediamo perché.

I Fatti di Causa: Un Appalto Conteso

Una società specializzata in forniture per l’allevamento otteneva un decreto ingiuntivo per oltre 250.000 euro contro una società di costruzioni, a saldo di un contratto per la fornitura e installazione di una sala di mungitura. La sede dell’installazione non era però quella della società costruttrice, bensì quella di una terza azienda agricola situata in Ungheria.

La società costruttrice si opponeva al decreto, sostenendo di non essere la reale committente. A suo dire, aveva accettato di figurare formalmente come acquirente solo per permettere all’azienda agricola ungherese di ottenere fondi europei, che richiedevano la presenza di un unico fornitore per l’intero progetto edilizio e impiantistico. Si trattava, secondo la sua difesa, di una simulazione, un’interposizione fittizia di persona, dove la vera parte contrattuale era l’azienda ungherese.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la tesi della società costruttrice. I giudici di merito hanno confermato la validità del decreto ingiuntivo, ritenendo che la società costruttrice fosse l’effettiva appaltante. Le prove documentali, in particolare una conferma d’ordine firmata dalla società costruttrice senza alcun riferimento a un mandato per conto terzi, sono state decisive.

La Corte d’Appello, in particolare, ha sottolineato che un presunto “accordo di collaborazione” tra le tre parti, invocato dalla società costruttrice come prova della simulazione, non era mai stato sottoscritto da tutte le parti coinvolte e, pertanto, era giuridicamente irrilevante. Di fronte a queste decisioni sfavorevoli, la società costruttrice ha presentato ricorso in Cassazione.

Analisi della Cassazione sull’interposizione fittizia di persona

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata e chiara dei principi che regolano la materia. Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra due figure giuridiche spesso confuse.

La Distinzione Cruciale: Interposizione Fittizia vs. Reale

La Corte ha ribadito che per aversi interposizione fittizia di persona (o simulazione soggettiva relativa) è indispensabile un accordo trilaterale. Non basta che l’intermediario (l’interposto) e il soggetto che realmente vuole gli effetti del contratto (l’interponente) siano d’accordo. È necessario che anche il terzo contraente (in questo caso, il fornitore) aderisca a tale accordo, manifestando la volontà di considerare l’interponente come la vera controparte contrattuale.

Al contrario, si ha interposizione reale quando l’intermediario stipula il contratto in nome proprio, ma per conto altrui. In questo scenario, l’intermediario diventa a tutti gli effetti parte del contratto, assumendone pienamente diritti e obblighi. Il rapporto interno con l’interponente (ad esempio, l’obbligo di trasferirgli i benefici del contratto) non è opponibile al terzo contraente, a meno che non vi sia un accordo esplicito in tal senso.

L’Irrilevanza delle Prove Addotte

Secondo la Cassazione, le prove portate dalla ricorrente non solo non dimostravano un accordo simulatorio, ma addirittura avvaloravano la tesi dell’interposizione reale. L’accordo di collaborazione (non firmato da tutti) e le email che attestavano il trasferimento di fondi dall’azienda ungherese alla società costruttrice per pagare il fornitore, dimostravano semplicemente che la società costruttrice si era effettivamente impegnata a pagare, sebbene con provvista fornita da un terzo. Questo schema è tipico dell’interposizione reale, non di quella fittizia, dove il pagamento sarebbe dovuto avvenire direttamente tra il fornitore e l’azienda ungherese.

Le Motivazioni
La Suprema Corte ha concluso che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato i fatti, escludendo la fattispecie della simulazione. Gli elementi chiave che hanno portato al rigetto del ricorso sono stati: la provenienza della conferma d’ordine direttamente dalla società costruttrice, l’assenza di qualsiasi riferimento a un’azione “in nome e per conto” di terzi, la mancanza di un accordo trilaterale che provasse la simulazione e il pagamento di un acconto effettuato direttamente dalla società costruttrice. Di conseguenza, l’obbligazione di saldare il corrispettivo residuo ricadeva pienamente su quest’ultima, in quanto unica controparte contrattuale formale e sostanziale del fornitore.

Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del diritto dei contratti: per liberarsi dagli obblighi di un contratto sostenendo di essere un semplice prestanome, è necessario fornire la prova rigorosa di un accordo simulatorio a cui abbia preso parte anche la controparte contrattuale. In assenza di tale prova, chi firma un contratto ne assume tutte le responsabilità. La decisione serve da monito per le imprese che partecipano a operazioni commerciali complesse: la chiarezza e la formalizzazione degli accordi tra tutte le parti coinvolte sono essenziali per evitare di trovarsi vincolati a obblighi che si riteneva appartenessero ad altri.

Quando si configura un’interposizione fittizia di persona?
Si configura quando esiste un accordo simulatorio trilaterale in cui l’interposto, l’interponente e il terzo contraente concordano che gli effetti del contratto si producano direttamente in capo all’interponente, mentre l’interposto agisce solo come parte apparente.

Cosa differenzia l’interposizione fittizia da quella reale?
Nell’interposizione fittizia, l’intermediario è una parte solo apparente grazie a un accordo a tre. Nell’interposizione reale, invece, l’intermediario diventa a tutti gli effetti parte del contratto, assumendo diritti e obblighi, con il separato impegno di trasferire gli effetti all’interponente. La differenza sta nella partecipazione e nel consenso del terzo contraente all’accordo simulatorio.

Un accordo di collaborazione non firmato da tutte le parti può provare la simulazione?
No. Secondo la Corte, un documento come un accordo di collaborazione non sottoscritto da tutte le parti coinvolte (in particolare dal terzo contraente) non ha la forza probatoria per dimostrare l’esistenza di un accordo simulatorio e, pertanto, è giuridicamente irrilevante a tal fine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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