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Interposizione fittizia: prova scritta necessaria

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di una moglie che chiedeva di riconoscere un immobile, formalmente intestato ai suoceri, come parte della comunione dei beni. L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per provare l’interposizione fittizia in una compravendita immobiliare, è indispensabile una prova scritta che dimostri la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’acquirente reale e di quello fittizio, ma anche del venditore.

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Interposizione Fittizia: la Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

L’acquisto di un immobile è un passo importante, ma cosa succede quando l’intestatario formale non è il vero proprietario? Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione affronta proprio il tema dell’interposizione fittizia di persona in una compravendita, stabilendo requisiti probatori molto rigorosi. La vicenda, che vede contrapposti coniugi e suoceri, offre spunti cruciali per comprendere come la legge tutela la realtà dei rapporti giuridici dietro l’apparenza formale.

I Fatti di Causa

Una donna citava in giudizio il marito, i suoceri e la società venditrice di un immobile. Sosteneva che l’acquisto della casa, formalmente intestata ai suoceri, fosse in realtà un’operazione simulata. Secondo la sua tesi, il vero acquirente era il marito, che aveva pagato interamente il prezzo. Di conseguenza, l’immobile sarebbe dovuto rientrare per il 50% nella comunione legale dei beni tra i coniugi. Si trattava, a suo avviso, di un classico caso di interposizione fittizia di persona, in cui i suoceri fungevano da meri prestanome.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte di Appello respingevano la sua domanda. La motivazione principale dei giudici di merito era la mancanza di una prova fondamentale: la partecipazione della società venditrice all’accordo simulatorio. Non era stato dimostrato, cioè, che anche il venditore fosse consapevole e partecipe dell’intesa segreta tra marito e genitori.

La Prova dell’Interposizione Fittizia secondo la Cassazione

La ricorrente, non soddisfatta, si rivolgeva alla Corte di Cassazione, sostenendo che per provare la simulazione fosse sufficiente dimostrare l’accordo tra l’acquirente reale (il marito) e quelli fittizi (i genitori), senza necessità di coinvolgere il venditore. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha chiarito che l’interposizione fittizia di persona, essendo una forma di simulazione relativa soggettiva, richiede un accordo trilaterale. Per far valere la simulazione in una compravendita immobiliare, non basta provare l’intesa tra chi mette i soldi e chi appare come compratore. È indispensabile dimostrare, con un atto scritto, che anche il venditore abbia aderito consapevolmente a tale accordo.

In altre parole, il venditore deve essere a conoscenza che sta vendendo a una persona, ma che i diritti e gli obblighi del contratto saranno assunti da un’altra. Senza questa prova scritta, proveniente da tutti e tre i soggetti coinvolti, la domanda di accertamento della simulazione non può essere accolta.

La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante la circostanza che il marito avesse pagato le rate del mutuo per l’acquisto dell’immobile. Tale pagamento è stato qualificato come un ‘atto a causa neutra’, che di per sé non prova la simulazione. Potrebbe, infatti, essere interpretato in vari modi, incluso un atto di liberalità (un regalo) del figlio verso i genitori.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine in materia di simulazione contrattuale e interposizione fittizia. Chi intende far valere la realtà sostanziale di un acquisto immobiliare rispetto a quella formale deve armarsi di una prova scritta inoppugnabile: la cosiddetta controdichiarazione. Questo documento deve recare la firma non solo del compratore apparente e di quello reale, ma anche del venditore. In assenza di tale prova, le presunzioni, come il pagamento del prezzo da parte di un terzo, non sono sufficienti a smascherare l’accordo simulatorio e a far prevalere la sostanza sulla forma.

Cosa è necessario per dimostrare un’interposizione fittizia in una compravendita immobiliare?
Per provare un’interposizione fittizia di persona in un contratto di compravendita immobiliare, è indispensabile fornire la prova scritta della partecipazione all’accordo simulatorio di tutti i soggetti coinvolti: l’interponente (l’acquirente reale), l’interposto (l’acquirente fittizio/prestanome) e il terzo contraente (il venditore).

Il venditore è sempre una parte necessaria nel processo per simulazione?
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite n. 11523/2013, il venditore non è un litisconsorte necessario (cioè non deve obbligatoriamente partecipare al processo) se il contratto è stato integralmente eseguito (prezzo pagato e bene trasferito) e non vi è un suo specifico interesse. Tuttavia, per accertare la simulazione, rimane necessario dimostrare la sua consapevole adesione all’accordo, prova che, per gli immobili, deve risultare da un atto scritto.

Il fatto che una persona paghi il mutuo per un immobile intestato ad altri è prova sufficiente di interposizione fittizia?
No. Secondo la Corte, il pagamento delle rate del mutuo da parte di un soggetto diverso dall’intestatario del bene è un ‘atto a causa neutra’. Non è di per sé sufficiente a provare la simulazione, poiché potrebbe essere giustificato da altre ragioni, come un adempimento di un debito proprio o un atto di liberalità (un regalo) verso i proprietari formali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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