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Interposizione fittizia: prova e accordo simulatorio

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di presunta interposizione fittizia nella compravendita di un immobile. Un soggetto, co-amministratore della società venditrice, sosteneva di essere il reale acquirente per una quota del 50%, sulla base di una scrittura privata con l’acquirente formale. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che per provare l’interposizione fittizia è necessario un accordo simulatorio scritto a cui partecipino tutte e tre le parti coinvolte: il venditore, l’acquirente apparente (interposto) e l’acquirente effettivo (interponente). La sola scrittura privata tra interposto e interponente è stata ritenuta insufficiente, in quanto non dimostrava il consenso della società venditrice all’accordo simulatorio, anche se l’interponente ne era rappresentante legale.

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Interposizione Fittizia: La Prova Scritta è Indispensabile per Tutti

L’operazione di acquisto di un immobile tramite un prestanome, nota nel linguaggio giuridico come interposizione fittizia di persona, è una pratica complessa che richiede requisiti di forma molto stringenti per essere provata in giudizio. Con la recente ordinanza n. 7630/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo tema, ribadendo un principio fondamentale: l’accordo simulatorio, per essere valido, deve essere provato per iscritto e deve vedere la partecipazione di tutti e tre i soggetti coinvolti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla compravendita di un immobile a uso commerciale. Una società vendeva l’immobile a un acquirente. Tuttavia, un terzo soggetto, che era anche co-amministratore della società venditrice, sosteneva di essere il reale proprietario per la quota del 50% dell’immobile. A sostegno della sua tesi, produceva una scrittura privata, firmata il giorno prima del rogito notarile, in cui lui e l’acquirente formale dichiaravano che, contrariamente a quanto risultante dall’atto pubblico, la proprietà del bene era da intendersi divisa a metà tra loro.

L’uomo avviava quindi una causa per far accertare la simulazione relativa (per interposizione fittizia), chiedendo il riconoscimento della sua quota di proprietà. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano la sua domanda.

La Decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

I giudici di merito avevano stabilito che, per aversi un’interposizione fittizia, è necessario un accordo trilaterale tra il venditore, l’acquirente apparente (interposto) e l’acquirente effettivo (interponente). Nel caso di specie, mancava la prova scritta del coinvolgimento della società venditrice in questo accordo segreto. La scrittura privata prodotta, infatti, era un atto bilaterale, sottoscritto solo dall’acquirente apparente e dall’acquirente reale, entrambi agenti in proprio e non in rappresentanza della società. Di conseguenza, secondo i giudici, non si poteva dimostrare che la società venditrice fosse a conoscenza e avesse aderito all’intesa simulatoria.

L’interposizione fittizia e la necessità dell’accordo trilaterale

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia.

L’interposizione fittizia di persona in una compravendita immobiliare richiede, come presupposto indispensabile, la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’interponente e dell’interposto, ma anche del terzo contraente (il venditore). Quest’ultimo deve esprimere la propria consapevole adesione all’intesa, manifestando la volontà di assumere diritti e obblighi direttamente nei confronti dell’interponente, ovvero del reale acquirente.

La prova di questo accordo trilaterale, quando si tratta di beni immobili, deve risultare da un atto scritto (la cosiddetta controdichiarazione), come previsto dalla legge per i contratti che trasferiscono la proprietà immobiliare.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso esaminato, il punto cruciale era la posizione del ricorrente, che nel contratto di vendita agiva come rappresentante legale della società venditrice, mentre nella scrittura privata agiva in nome proprio per affermare il suo diritto di proprietà. La Cassazione ha chiarito che questa duplicità di ruoli non è sufficiente a provare il consenso della società all’accordo simulatorio. Nella controdichiarazione, infatti, sia il ricorrente che l’acquirente apparente avevano sottoscritto l’atto in proprio, senza alcuna menzione o “spendita del nome” della società.

In altre parole, il fatto che l’amministratore della società venditrice fosse anche l’acquirente reale non implica automaticamente che la società stessa fosse parte dell’accordo segreto. Per provare il coinvolgimento della società, sarebbe stato necessario che essa, tramite il suo legale rappresentante, comparisse esplicitamente come parte nella controdichiarazione, oppure che l’amministratore, nel sottoscriverla, avesse agito espressamente anche in nome e per conto dell’ente. Mancando questa prova scritta, la domanda non poteva essere accolta.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione riafferma un principio di certezza giuridica fondamentale nelle transazioni immobiliari. Chi intende realizzare un’operazione tramite un prestanome deve assicurarsi di formalizzare l’accordo simulatorio in una controdichiarazione scritta che coinvolga espressamente tutti e tre i soggetti: venditore, acquirente apparente e acquirente reale. Un accordo verbale o una scrittura privata che ometta uno dei partecipanti non ha efficacia per dimostrare la simulazione, lasciando pienamente valido il contratto apparente. La sentenza sottolinea l’importanza di non confondere il ruolo che una persona fisica ricopre come individuo con quello che esercita in qualità di rappresentante legale di una società, poiché gli atti compiuti in proprio non possono essere automaticamente imputati alla società rappresentata.

Che cos’è l’interposizione fittizia di persona in una compravendita?
È una forma di simulazione contrattuale in cui un soggetto, detto ‘interposto’ o ‘prestanome’, figura come acquirente in un atto pubblico, ma in realtà, sulla base di un accordo segreto, il vero acquirente è un’altra persona, detta ‘interponente’.

Per provare un’interposizione fittizia in una vendita immobiliare è sufficiente un accordo scritto tra il vero acquirente e il prestanome?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente. È necessario un accordo simulatorio scritto (controdichiarazione) a cui partecipino tutte e tre le parti coinvolte: il venditore, l’acquirente apparente (prestanome) e l’acquirente reale (interponente).

Perché la firma dell’amministratore della società venditrice sulla scrittura privata non è stata ritenuta valida a impegnare la società?
Perché, come specificato dalla Corte, l’amministratore ha firmato la scrittura privata ‘in nome proprio’ e non ‘in nome e per conto della società’. Per vincolare la società all’accordo simulatorio, egli avrebbe dovuto agire esplicitamente in qualità di suo rappresentante legale anche in quel documento, cosa che non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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