Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26592 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21334/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘a vvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE
-controricorrente-
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26592 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2024
nonchè contro
REGIONE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 780/2022 depositata il 4/2/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/5/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Con citazione notificata il 25 giugno 2010 RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di credito nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE derivato da attività di assistenza sanitaria effettuate dal 1996 al 2000 dalla RAGIONE_SOCIALE, conveniva davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE tale RAGIONE_SOCIALE e la Regione RAGIONE_SOCIALE perché fossero condannate a corrisponderle euro 972.739,93, oltre interessi moratori ex articoli 35 e 36 d.p.r. 1063/1962 e oltre interessi maturati sugli scaduti interessi legali ai sensi degli articoli 1283 e 1224 c.c.
Le convenute si costituivano, resistendo.
Il Tribunale rigettava ogni domanda con sentenza del 23 novembre 2016.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui le controparti resistevano, e che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE respingeva con sentenza del 4 febbraio 2022.
RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE, ha presentato ricorso, composto di tre motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi l’RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE D ) e la Regione RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1362, 1363, 1367 c.c., dei principi generali sull’interpretazione dei contratti e degli atti amministrativi, degli articoli 35 e 36 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, dell’articolo 24 Cost. e del diritto di azione.
1.1 RAGIONE_SOCIALE avrebbe fatto valere il credito di euro 972.739,93, derivante ‘dalla maturazione di interessi di mora su pagamenti spontanei tardivi degli Enti territoriali’, da calcolare ai sensi degli articoli 35 e 36 d.p.r. 1063/1962, richiamati dall’articol o 53 L.R. 22 aprile 1989 n. 22, a sua volta richiamato in un accordo del 29 marzo 1990 tra RAGIONE_SOCIALE e la Regione RAGIONE_SOCIALE e nella DGR 27 settembre 1990 n. 7279.
Occorrerebbe risolvere la questione dell’applicabilità del tasso di interessi di cui ai citati articoli 35 e 36 ai pagamenti spontanei tardivi, applicabilità negata dal giudice d’appello ritenendo, sulla scorta di Cass. 25402/2009, che sia possibile soltanto quando sussiste rinuncia a chiedere il pagamento degli interessi moratori, così configurandosi l’onere per l’applicazione del tasso di interessi premiale: e nel caso in esame, il giudizio sarebbe diretto a ottenere il pagamento proprio degli interessi moratori, escludendo quindi l’osservanza dell’onere.
Si richiama – trascrivendolo nelle pagine 9-10 del ricorso ‘l’accordo 29 marzo 1990’, che si dichiara ‘recepito’ dal DGR 27 settembre 1990 n. 7279 – pure questo parzialmente trascritto, nelle pagine 10-11 del ricorso -, per sostenere che Cass. 25402/2009 lo avrebbe interpretato, ravvisandovi ‘nesso commutativo tra ‘tasso premiale’ e ‘rinuncia’ … alle azioni volte a far valere i ritardi nei pagamenti’ . R ichiamando Cass. 25402/2009, il giudice d’appello avrebbe però trascurato che il presente giudizio ‘ha, invece, per oggetto un’azione diversa’, ovvero non è stato promosso allo scopo di far valere il credito per interessi di mora che comunque è pacifico sarebbe ‘stato oggetto di pagamenti spontanei, ma compiuti in ritardo, dagli Enti territoriali’ -. L’azione
qui esercitata sarebbe diretta a far valere ‘l’osservanza del nesso sinallagmatico’ che Cass. 25402/2009 ‘individua come ‘nucleo essenziale della pattuizione’ ‘; il credito per cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe agito sarebbe derivato ‘dalla maturazione di interessi d i mora’ su tali pagamenti spontanei tardivi.
Così RAGIONE_SOCIALE avrebbe esercitato ‘l’unica azione consentita al destinatario del ‘tasso premiale’, e non ‘coperta’ dalla rinuncia’, cioè quella diretta a far valere ‘l’osservanza del nesso sinallagmatico’, id est ‘la corrispondenza tra la rinuncia a intraprendere azioni e riconoscimento del ‘tasso premiale’ ‘. Tale azione non sarebbe stata ri nunciata, né potrebbe esserlo pena violazione dell’articolo 24 Cost.: e infatti Cass. 25402/2009 afferma che ‘la rinuncia elevata a condizione, più che avvenimento irrealizzabile dal punto di vista naturale o giuridico, è semmai in posizione connotata da profili di incompatibilità con l’art. 24 Cost., e quindi di illiceità’.
Dunque la presente causa non sarebbe stata avviata ‘in violazione dell’accordo 29 marzo 1990’, bensì sarebbe stata instaurata proprio per chiederne ‘l’esatto adempimento’; e il giudice d’appello ad avviso della ricorrente ‘trascura del tutto la peculiarità del caso concreto’, non tenendo in conto che questo giudizio non sarebbe diretto a far valere ‘il ritardo dei pagamenti’ e che quindi si sottrarrebbe alla rinuncia ad azioni legali previste nell’accordo 29 marzo 1990.
1.2 Il motivo risulta inammissibile perché si fonda, a ben guardare, sull’interpretazione dell’accordo del 29 marzo 1990 e sul la conseguente sua incidenza sull’azione esercitata, censurando quel che ne ha inteso il giudice d’appello e pertanto scendendo nel merito.
Il fatto poi che Cass. 25402/2009 si sia espressa sul contenuto dell’accordo per definire ‘corretto e condivisibile’ quel che qualifica ‘l’approdo ermeneutico del giudice di merito’ n ulla rileva: l’arresto non è stato infatti richiamato come giudicato qui vincolante e, peraltro, non è stato neppure dedotto e dimostrato che in tale causa le parti fossero le medesime attuali; detto arresto , d’altronde, si è imperniato proprio sul merito (si veda a pagina 9 ss. della sentenza, che così prende le mosse : ‘Ciò po sto, sembra opportuno anzitutto riportare il contenuto
della clausola in contestazione ecc.’) per dichia rare, all’esito di una propria espletata interpretazione, la condivisibilità di quella adottata dal giudice d’appello.
L’accertamento del contenuto della volontà delle parti non compete tuttavia al giudice di legittimità bensì al giudice di merito.
1.3 Del tutto non condivisibile è poi l’asserto del rischio di violazione dell’articolo 24 Cost. se l’accordo del 29 marzo 1990 viene interpretato in un determinato modo, asserto sostenuto estrapolando da Cass. 25402/2009 una frase, peraltro non così netta.
L e azioni legali ‘per ritardo pagamenti’ sarebbero semmai, nella fattispecie, rinunciabili da un creditore soggetto privato: e non è certo sostenibile che un soggetto privato non possa rimettere un proprio credito al debitore con la conseguente ripercussione sul piano strumentale dell’azione processuale (articoli 1236 ss. c.c.) senza violare l’articolo 24 Cost.
Il motivo va pertanto disatteso.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c. e dei principi generali sull’interpretazione dei contratti e degli atti amministrativi.
2.1 Proposto in subordine al precedente, questo motivo costituisce un mezzo per censurare l’interpretazione ‘della clausola, oggetto di giudizio’: si argomenta ampiamente, riproponendo ancora la questione della rinuncia delle azioni e Cass. 25402/2009, per concludere che ‘l’interpretazione proposta da RAGIONE_SOCIALE risulta l’unica possibile’.
2.2 Adatto a una censura di gravame, il motivo incorre in evidente inammissibilità.
Con il terzo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1219 e 1284 c.c. nonché dei principi generali sulle obbligazioni pecuniarie, e degli articoli 1324, 1362, 1366 e 1369 c.c. e dei principi generali sull’interpretazione degli atti unilaterali.
3.1.1 La c orte d’appello avrebbe erroneamente disatteso l’applicabilità del saggio legale degli interessi, ‘negando la capitalizzazione degli interessi’, perché fermatasi ‘ad una lettura rigida e formalistica dell’atto di costituzione in mora’. Si argomenta sulle modalità seguite e quindi sulla condotta della struttura sanitaria nei suoi contatti con l’RAGIONE_SOCIALE per indicare il debito e chiedere il pagamento, affermando ‘la diversa lettura’ del giudice d’appello ‘priva di giustificazione’.
3.1.2 Inoltre, ‘in ogni caso’ gli interessi moratori avrebbero dovuto decorrere ‘dal 1 -6 agosto, data di notifica dell’atto di cessione del credito’, visto il tenore dell’articolo 4 dell’atto; sarebbe questione sollevata ‘nella comparsa conclusionale in primo gr ado, pag. 14 … e nell’atto di appello, pag. 29’, atti depositati rispettivamente come docc. 13 e 14.
3.1.3 Ancora, sarebbe insostenibile che gli atti richiamati da RAGIONE_SOCIALE -‘ lettere di invio delle fatture, ‘prospetto riepilogativo’, atto di cessione del credito’ – non siano rilevanti in ordine a lla costituzione in mora, in quanto ‘inviati o notificati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE D’; si argomenta quindi sul rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e regioni, invocando pure il piano di rientro per cui la Regione RAGIONE_SOCIALE era subentrata nella legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
3.2.1 Il primo submotivo -riassunto sopra, sub 3.1.1 – è palesemente inammissibile perché fattuale, contrastante le valutazioni di merito dei contatti tra creditore e debitore svolte dalla corte RAGIONE_SOCIALE e che l’hanno condotta a negare l’esistenza, nel caso in esame, di effettivi ‘atti di messa in mora’ (sentenza, pagina 4).
3.2.2 Il secondo submotivo – si veda sopra, sub 3.1.2 -è ancora di evidente natura fattuale, riguardando l’identificazione nel caso concreto del dies a quo .
3.2.3 Il terzo submotivo – si veda ancora sopra, sub 3.1.3 – è irrilevante, perché il giudice d’appello non ha negato che l’RAGIONE_SOCIALE abbia avuto un rapporto da cui è derivato il credito, bensì ha negato che nel caso concreto vi sia stata la messa in mora così da rendere applicabile l’articolo 1219, primo comma, c.c. : si veda nella sentenza, a pagina 4, il primo periodo riguardante il terzo motivo d’appello,
che era proprio fattuale come la corte RAGIONE_SOCIALE lo aveva già riassunto a pagina 2 (su una ‘mancanza di prova’).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere a ciascuna delle controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE D ) e Regione RAGIONE_SOCIALE.
.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE il 28 maggio 2024