Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27131 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27131 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
Oggetto: Struttura RAGIONE_SOCIALE accreditata -Credito prestazioni riabilitative erogate nell’ambito del SSN -Mancanza rapporto/contratto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22100/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dalle AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione (pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
DEUTSCHE RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale
C.C. 28.05.2024
r.g.n. 22100/2022
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, alla INDIRIZZO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
-controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa, cancellata ed estinta, la società RAGIONE_SOCIALE quale socio unico della RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di L’AQUILA n. 814/2022 pubblicata il 31/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2024 dalla Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione nel dicembre 2010, l ‘RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Roma avverso il decreto ingiuntivo n. 20505/2010 notificatole nel novembre 2011, emesso dallo stesso Tribunale in favore della RAGIONE_SOCIALE (quale cessionaria della cessionaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) con cui era stato ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di Euro 860.165,11, quale importo dovutole a titolo di interessi moratori maturati sulle fatture emesse per il complessivo importo di Euro 18.594.992,96 per prestazioni sanitarie rese in regime provvisorio dalle RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , ‘RAGIONE_SOCIALE‘, RAGIONE_SOCIALE‘ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dal mese di agosto 2006 a maggio 2007.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto dell’opposizione.
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r.g.n. 22100/2022
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
1.1. Il Tribunale di Roma con sentenza n. 4147/2014 revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Riassunto dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE opposta non si costituiva restando contumace; nel corso del giudizio si costituiva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dichiarandosi successore a titolo particolare della società RAGIONE_SOCIALE per aver riacquistato la ttolarità del credito controverso e unica titolare del credito di Euro 860.165,11; la stessa Banca aveva riassunto anch’essa il giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE nel quale si c ostituiva l’ RAGIONE_SOCIALE contestando e chiedendo il rigetto della domanda.
I due giudizi così riassunti venivano riuniti ed esperita una CTU contabile, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 628/2018 condannava l’ RAGIONE_SOCIALE al pagamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 860.165,11, con compensazione per un sesto delle spese di lite e per il residuo ponendole a carico dell’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la decisione di primo grado ha proposto appello l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; si è costituita la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto del gravame; non si è costituita la società RAGIONE_SOCIALE e per essa, cancellata e estinta, la società RAGIONE_SOCIALE quale socio unico della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d ‘ Appello di L’Aquila con sentenza n. 814/2022 ha respinto il gravame e ha confermato integralmente la sentenza di prime cure, ha condannato l’ RAGIONE_SOCIALE alla refusione delle spese di lite del grado di giudizio in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila , la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; sebbene intimata la società RAGIONE_SOCIALE e per essa, cancellata e
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RAGIONE_SOCIALE estinta, la società RAGIONE_SOCIALE quale socio unico della RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta con il primo motivo di ricorso la ‘ violazione e/o falsa ed erronea applicazione degli artt. 2909 cod. civ., 324 c.p.c. e 342 c.p.c. in materia di formazione del giudicato implicito; violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art 1, comma 10, del d.l. n. 324 del 1993, conv. con modif. dalla l. n. 423 del 1993; violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art. 38 della l.r. RAGIONE_SOCIALE n. 146/96, come modificato dall’art. 122 della l.r. RAGIONE_SOCIALE n. 15/2004; violazione e/o falsa ed erronea applicazione degli artt. 10 e 13 del contratto di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale esterna erogate dalle strutture private accreditate con il S.S.N. della Regione RAGIONE_SOCIALE e quindi con le ASL in esso operanti, tra cui la RAGIONE_SOCIALE; violazione e/o falsa ed erronea applicazione degli articoli 99 e 101 del codice di procedura civile e dell’art. 111, commi 1 e 2, della costituzione; difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; violazione e/o falsa ed erronea applicazione di ogni norma e principio in materia di giusto processo e di formazione del contraddittorio; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. ‘ ; in particolare, censura la sentenza d ‘ appello per essere incorsa in errore, rigettando l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata della RAGIONE_SOCIALE che aveva indicato quale unica legittimata passiva, in rapporto e correlazione con le domande e le pretese creditorie avanzate, dapprima, monitoriamente dalla società RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in luogo di quest’ultima, la RAGIONE_SOCIALE, ritenendo , a torto, che si fosse formato il giudicato implicito su tale questione; sostiene invece che l’esperimento di un’ eccezione di difetto di legittimazione passiva integri una
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‘mera difesa’ sollevabile in qualunque stato e grado del giudizio e che, allo stesso tempo, sarebbe sostanzialmente preclusa la formazione di un giudicato interno implicito su questioni preliminari di merito, essendo necessaria una espressa pronuncia del Giudice.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Le censure articolate nel motivo, lungi dal proporre la violazione o falsa applicazione delle norme indicate, si risolvono nella richiesta di accertamento di fatto in merito alla titolarità del rapporto controverso dal lato passivo inammissibile nella sede di legittimità.
Vale in proposito osservare che, seppure l’eccezione sollevata dalla controparte integra una ‘mera difesa’ ed in quanto tale , è svincolata dal regime delle preclusioni processuali, tale difesa è eccepibile ‘in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità’; in altri termini, la questione posta, relativa alla titolarità, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, (Cass., Sez. 2, 23/05/2012 n. 8175) non attiene alla legitimatio ad causam , ma al merito della lite, risolvendosi la questione nell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata ( Cass. Sez. U, 16/02/2016 n. 2951).
Al riguardo, la parte controricorrente in memoria ha correttamente sottolineato che l ‘ RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente, ha sollevato la questione relativa alla propria carenza di legittimazione passiva dopo ben 11 anni dall’inizio del giudizio di primo grado avanti al Tribunale di Roma a favore di un soggetto, la RAGIONE_SOCIALE, il cui nome è comparso per la prima volta nella comparsa conclusionale in appello della stessa RAGIONE_SOCIALE, soggetto terzo che avrebbe pure potuto chiamare in causa al fine di essere manlevata dalla pretesa creditoria avanzata dalla Banca (cfr. pagg. 6 e 7 della memoria della Banca controricorrente).
Quanto infine alla censura con cui si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo, motivo in esame rivela un ulteriore profilo di inammissibilità, tenuto conto che, come accaduto nella specie, nell’ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter, comma 5, c.p.c., è onere del ricorrente indicare le
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RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse e detto onere non viene meno in caso di successione nel diritto controverso tra primo e secondo grado, giacché il sopravvenuto mutamento del soggetto titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio non implica necessariamente la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello (Cass Sez. 3, 20/09/2023 n. 26934).
2. La RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia con il secondo motivo la ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c. nonche’ dell’art. 1353 cod. civ.; difetto assoluto di legittimazione attiva e processuale in capo alla RAGIONE_SOCIALE B ank RAGIONE_SOCIALE e comunque difetto radicale in capo a quest’ultima del potere ex art. 111 c.p.c. di riassumere il giudizio in luogo della RAGIONE_SOCIALE ‘ ed in particolare, impugna la sentenza in esame e torna a dedurre che la RAGIONE_SOCIALE non poteva né può ritenersi successore a titolo particolare della RAGIONE_SOCIALE; conseguentemente la Banca non poteva riassumere il giudizio e la sentenza gravata appare viziata anche sotto tale profilo, di non poco momento. Evidenzia che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE prima e la Corte d’app ello poi avrebbero ritenuto erroneamente valida la riassunzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 7356/2010 R.G. operata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, riconoscendo in favore di questa la legittimazione a riassumere detto giudizio ex art. 111 c.p.c. in virtù di una presunta condizione risolutiva ex art. 1353 c.c. che sarebbe stata apposta al contratto di cessione. Detta clausola avrebbe sciolto e caducato il contratto di cessione di crediti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, di modo che automaticamente la RAGIONE_SOCIALE sarebbe rientrata (quale retrocessionaria) nella titolarità dei crediti oggetto della cessione. La Corte di Appello di L’Aquila avrebbe omesso di valutare ciò e la stessa esistenza di tale clausola; né un mero scambio di lettere e di corrispondenza avvenuto tra la Banca e la società RAGIONE_SOCIALE potrebbe sopperire e sostituire – come erroneamente affermato dalla Corte di Appello di L’Aquila al punto 6.2 della sentenza impugnatal’assenza di una clausola risolutiva espressa all’interno del contratto. Ritiene infine che la clausola in
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NOMEAVV_NOTAIO COGNOME questione costituisca un mero escamotage della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (elaborato nelle more del giudizio intrapreso da RAGIONE_SOCIALE) teso a superare ed eludere l’intervenuta estinzione della RAGIONE_SOCIALE e quindi la naturale corrispondente sorte del processo.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La censura dell ‘ RAGIONE_SOCIALE ricorrente investendo il rilievo probatorio attribuito dalla Corte territoriale alla documentazione comprovante la cessione del credito (Cass. Sez. 3, 20/09/2023, n. 26934) si risolve anch’essa in un apprezzamento delle circostanze di fatto ed in una valutazione delle risultanze istruttorie che spettano al giudice del merito, restando incensurabili in sede di legittimità; omette, dunque, parte ricorrente di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 6 – 3, 04/07/2017 n. 16467; Cass. Sez. 1, 23/05/2014 n. 11511; Cass. Sez. L, 13/06/2014 n. 13485; Cass. Sez. L, 15/07/2009 n. 16499).
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la ‘ violazione e/o falsa ed erronea applicazione degli artt. 69 e 70 del r.d. 18.11.1923 n. 2440; violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art. 9, allegato e, l. 20 marzo 1865 n. 2248; violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001 (TUPI); violazione e/o falsa ed erronea applicazione del d.lgs. n. 163/2006 nonché dell’art. 2 l. 192/2012; inefficacia della cessione dei crediti nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e comunque inopponibilità alla stessa di tale cessione relativa a contratti di somministrazione; correlato difetto di legittimazione attiva di controparti e passiva dell’ RAGIONE_SOCIALE ; nello specifico, la sentenza di appello viene censurata nella parte in cui non avrebbe correttamente inquadrato la fattispecie dedotta, asseritamente violando e facendo falsa e/o erronea applicazione sia del coacervo normativo di riferimento indicato in rubrica sia dello specifico regolamento contrattuale
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RAGIONE_SOCIALEAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO applicabile in concreto. La ricorrente insiste nel sostenere che le cessioni di credito aventi ad oggetto somme dovute dallo Stato (tanto più se riferite a contratti di durata quali quelli di somministrazione e/o di appalto di servizi e/o fornitura, come inequivocabilmente quelli in oggetto) sono soggette ad apposita, speciale ed inderogabile disciplina normativa, contenuta negli artt. 69 e 70 del R.D. 18.11.1923, n. 2440 sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Esso è volto a censurare un accertamento di fatto svolto dalla Corte d’ appello e, come tale inammissibile, quindi, per le medesime ragioni già indicate a proposito del mezzo precedente.
La c orte d’appello , nello specifico, oltre a evidenziare che per la prima cessione fosse intervenuta l ‘ accettazione da parte della RAGIONE_SOCIALE per mezzo di comportamenti concludenti «avendo fatto luogo al pagamento in favore di NOME delle somme dovute», ha aggiunto che per la seconda cessione l’accettazione era risultata «nei fatti irrilevante, una volta che si consideri che il relativo contratto, ripassato tra DB e HCR si è risolto prima che NOME riassumere la causa dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE» (cfr. punto 8.6 della sentenza impugnata in motivazione).
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la ‘ violazione e/o falsa ed erronea applicazione degli artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002; inapplicabilità alla RAGIONE_SOCIALE del d.lgs. 231/2002 (ante novella) prevedente l’automatismo della costituzione in mora in base alla semplice emissione della fattura ‘ ; in particolare, contesta che la Corte d’appello di L’Aquila nella impugnata sentenza (punti dal 9.1 al 10.5), ritenendo dovuti gli interessi moratori, ha affermato che la l. n.231/2002 trova applicazione anche ai crediti vantati verso la RAGIONE_SOCIALE da soggetti che rendono prestazioni sanitarie in regime di convenzione e che il d.lgs. n. 231/2002, nella versione novellata, non è applicabile ratione temporis al caso di specie, relativo a prestazioni inerenti il triennio 2005-2007.
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Assume che gli invocati (ed erroneamente applicati) interessi moratori di cui al d.lgs. n. 231/2002 ante novella non sarebbero applicabili, in mancanza di espressa intimazione nei confronti della P.A.
4.1. Il motivo è infondato.
4.1.1. Giova rammentare, in via generale, come chiarito da questa Corte ancora di recente, che la disciplina, di cui si lamenta la violazione, dettata dal d. lgs. 9/01/2002, n. 231, introdotta in attuazione della direttiva 2000/35/CE (relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), ha il chiaro intento di evitare che, nell’ambito delle transazioni commerciali, possano essere previste condizioni contrattuali che ritardino l’adempimento dell’obbligazione di pagare il prezzo e che s i ripercuotano negativamente non soltanto sul singolo creditore, ma anche sull’intera attività d’impresa e, quindi, sul settore del mercato di riferimento (Cass. Sez. 3, 08/02/2023 n. 3736).
Siffatto obiettivo è stato perseguito dal legislatore del 2002 mediante la previsione sia di termini di pagamento predeterminati e molto stringenti, con una forte limitazione alla eventuale deroga pattizia e la cui decorrenza comporta l’automatico obbligo di corresponsione degli interessi di mora, senza che sia necessaria la previa costituzione in mora, sia della misura del saggio degli interessi per il ritardato pagamento pari al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea maggiorato di sette punti.
Di recente, le Sezioni unite di questa Corte hanno altresì chiarito che rientrano nella nozione di transazione commerciale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE. erogate agli assistiti in base ad un contratto – accessivo all’accreditamento -concluso in forma scritta con la P.A. dopo l’8 agosto 2002, avente la natura di contratto a favore di terzi ad esecuzione continuata e contenente la previsione dell’obbligo di pagamento d i un corrispettivo, la cui ritardata esecuzione comporta il riconoscimento degli interessi moratori ex art. 5 del d.lgs. citato (cfr. Cass. Sez. U. 14.12.2023, n. 35092).
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4.1.2. Tanto rammentato in sintesi e venendo all’esame della fattispecie, non sussistono le violazioni di legge o le false applicazioni paventate, tenuto conto che la Corte d’appello in conformità a quanto indicato dalla giurisprudenza di legittimità ha affermato che nel caso in esame, ratione temporis (art. 4 d. lgs. n. 231/2002 nel testo originario), non fosse necessario un atto di formale messa in messa in mora e che gli interessi così come previsto nel contratto de quo fossero dovuti dal sessantesimo giorno successivo alla data di fattura quanto all’85% della somma dovuta, quanto al restante 15% dal 30 aprile dell’anno s uccessivo e che il saggio di interesse fosse quello applicato dalla BCE alla sua più recente operazione d rifinanziamento principale, maggiorato di 7 punti percentuali (punto 10.3 della sentenza impugnata in motivazione).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
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Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 28