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Interessi moratori sanità: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27832/2024, ha stabilito che i contratti tra strutture sanitarie private accreditate e la pubblica amministrazione, stipulati dopo l’8 agosto 2002, sono transazioni commerciali. Di conseguenza, si applicano gli interessi moratori previsti dal D.Lgs. 231/2002 in caso di ritardato pagamento. La Corte ha rigettato il ricorso di un Ente Regionale che contestava tale qualificazione. Ha invece accolto il ricorso incidentale di un’Azienda Sanitaria Locale, annullando la sua condanna al pagamento delle spese legali poiché era stata riconosciuta priva di legittimazione passiva.

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Interessi Moratori Sanità: Quando la PA Deve Pagare di Più

La questione degli interessi moratori sanità in caso di ritardati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione a strutture sanitarie private accreditate è un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi, stabilendo che i contratti di accreditamento sanitario sono a tutti gli effetti ‘transazioni commerciali’ e, come tali, soggetti alla disciplina del D.Lgs. 231/2002. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo ottenuto da una Fondazione Sanitaria privata nei confronti di un Ente Regionale e di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il pagamento di oltre 11 milioni di euro. Il Tribunale di primo grado aveva revocato il decreto, condannando solo la Regione al pagamento, ma escludendo gli interessi di mora previsti dal D.Lgs. 231/2002.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza, ha invece riconosciuto il diritto della Fondazione a percepire tali interessi, qualificando il rapporto come transazione commerciale. Contro questa decisione, l’Ente Regionale ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il rapporto non fosse una transazione commerciale, ma una concessione di pubblico servizio, soggetta alla speciale disciplina di contabilità pubblica. Anche l’ASL, condannata in solido per le spese legali pur essendo stata riconosciuta priva di legittimazione passiva, ha proposto un ricorso incidentale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affrontato i diversi motivi di ricorso con argomentazioni precise.

Sulla natura del rapporto e gli interessi moratori sanità

Il cuore della questione era stabilire se ai contratti tra la pubblica amministrazione e le strutture sanitarie private accreditate si applicassero gli interessi moratori sanità previsti dal D.Lgs. 231/2002. L’Ente Regionale sosteneva che tale normativa non fosse applicabile, in quanto il rapporto era da considerarsi una concessione di pubblico servizio.

La Cassazione ha rigettato questa tesi, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 35092/2023). Ha confermato che le prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate in favore degli assistiti del servizio sanitario nazionale, sulla base di un contratto scritto con la PA, devono essere considerate transazioni commerciali. L’elemento decisivo è la data di stipula del contratto: se successiva all’8 agosto 2002, la disciplina sui ritardi di pagamento si applica pienamente. Nel caso di specie, essendo la convenzione datata 2004, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato gli interessi di mora.

Sulla Condanna alle Spese dell’ASL

La Corte ha invece accolto il ricorso incidentale dell’Azienda Sanitaria Locale. Quest’ultima era stata condannata dalla Corte d’Appello a rifondere le spese legali alla Fondazione, in solido con la Regione, nonostante fosse stata confermata la sua carenza di legittimazione passiva. La Cassazione ha ritenuto questa parte della sentenza contraddittoria e viziata. Se un soggetto viene riconosciuto come estraneo al rapporto controverso (difetto di legittimazione passiva), non può essere condannato a pagare le spese di lite della controparte. Di conseguenza, ha cassato la sentenza su questo punto e, decidendo nel merito, ha compensato le spese del giudizio d’appello tra l’ASL e la Fondazione.

Le motivazioni

La motivazione principale della Corte si fonda sulla qualificazione giuridica del rapporto. Non si tratta di una mera concessione, ma di un contratto a prestazioni corrispettive, seppur con finalità pubblica. La struttura privata eroga un servizio dietro pagamento di un corrispettivo da parte dell’ente pubblico. Questo schema rientra pienamente nella definizione di ‘transazione commerciale’ data dal D.Lgs. 231/2002. La Corte ha sottolineato che l’unico discrimine temporale è la data di conclusione del contratto, fissata dalla legge all’8 agosto 2002. Le argomentazioni della Regione sull’inesistenza di un accordo formale nel 2004 sono state ritenute inammissibili in quanto questioni di fatto, non riesaminabili in sede di legittimità.

Per quanto riguarda la posizione dell’ASL, la motivazione è strettamente processuale. Il principio della soccombenza, che regola la ripartizione delle spese legali, non può essere applicato a una parte che risulta vittoriosa su una questione preliminare e dirimente come quella della legittimazione passiva. Condannarla alle spese costituirebbe una violazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un principio fondamentale: i ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione verso le strutture sanitarie private accreditate sono soggetti alle stesse regole previste per le transazioni tra imprese. Questo garantisce una maggiore tutela per i creditori e disincentiva i ritardi della PA. La decisione ha anche un’importante implicazione processuale: ribadisce che la condanna alle spese legali deve seguire rigorosamente l’esito della lite, e chi viene riconosciuto estraneo al giudizio non può essere chiamato a sostenerne i costi. Infine, la Corte ha disposto la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti, in considerazione della recente formazione dell’orientamento delle Sezioni Unite, avvenuta dopo la proposizione del ricorso.

I contratti tra strutture sanitarie private accreditate e la Pubblica Amministrazione sono considerati “transazioni commerciali” ai fini degli interessi moratori?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha affermato che le prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate per conto del servizio sanitario nazionale, basate su un contratto scritto, sono da considerarsi transazioni commerciali ai sensi del D.Lgs. 231/2002.

Da quale data un contratto sanitario deve essere stato stipulato per applicare gli interessi moratori del D.Lgs. 231/2002?
La disciplina sugli interessi moratori per ritardato pagamento si applica a tutti i contratti conclusi dopo l’8 agosto 2002. Questo è il discrimine temporale indicato dalla legge e confermato dalla giurisprudenza.

Se un ente viene dichiarato privo di legittimazione passiva, può essere comunque condannato a pagare le spese legali?
No. La Corte ha stabilito che è contraddittorio e illegittimo condannare alle spese di lite una parte di cui sia stato accertato il difetto di legittimazione passiva. Essendo risultata vittoriosa su questo punto preliminare, non può essere considerata soccombente e quindi non deve sostenere i costi legali della controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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