Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 203 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 1189/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE LOCALE NAPOLI 1 CENTRO, difesa e rappresentata dall’ Avv. NOME COGNOME per procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2332/2023 depositata il 22/05/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con decreto ingiuntivo n. 4765/2018 emesso in data 03/06/2018 il Tribunale di Napoli ingiungeva all’ASL Napoli 1 Centro di pagare in favore della RAGIONE_SOCIALE la somma di € 12.055,55, a titolo di interessi dovuti su compensi per prestazioni sanitarie consistite in fornitura di ausili ortopedici. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo del 20.12.2018, la ASL conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE , nella qualità di mandataria all’incasso della ‘Eredi COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE chiedendo al Tribunale adito di dichiarare nulla e infondata la pretesa creditoria dell’opposta e, conseguentemente, illegittimo, nullo ed inefficace il decreto ingiuntivo. Con sentenza n. 8473/2021 il Tribunale di Napoli revocava il suddetto decreto ingiuntivo, sul rilievo che gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002, seppure dovuti dalle pubbliche amministrazioni che erogano prestazioni sanitarie, segnatamente le Aziende Sanitarie locali, spettano sul presupposto – carente nella specie – che vi sia in atto tra le parti una transazione commerciale, ovvero un contratto a prestazioni corrispettive.
Con sentenza 2332/2023 pubblicata il 22/05/2023 la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza citata. La Corte di merito, sul rilievo che la fonte del rapporto non fosse contrattuale, richiamava la giurisprudenza di legittimità in materia di rapporti di assistenza tra il Servizio nazionale e le farmacie pubbliche e private -asserendone l’identità di disciplina rispetto al caso di specie e quindi affermava che il saggio di interessi previsto dal D. lgs. 231/2002 era inapplicabile ai crediti derivanti dal rapporto in scrutinio, in quanto derivante da una fonte non negoziale, ossia dal D.M. 332/1999, che ne escludeva la riconducibilità al paradigma
della transazione commerciale. Pertanto, correttamente il Tribunale aveva ritenuto che per l’applicazione della disciplina in esame non fosse richiesto soltanto un presupposto di carattere soggettivo, ma fosse altresì necessario un elemento oggettivo, ossia che la prestazione, consistente nella consegna di merci o nell’esecuzione di un servizio, fosse stata eseguita nell’ambito di una ‘transazione commerciale’, ovvero di un contratto a prestazioni corrispettive . Altrettanto correttamente, ad avviso della Corte territoriale, il Tribunale aveva rilevato, nel caso di specie, proprio la mancanza del presupposto oggettivo di applicazione del d.lgs. n. 231 del 2002, rappresentato da un accordo commerciale tra le parti. Rilevava la Corte d’appello che in ogni caso, ‘ anche a voler dar credito alla costruzione dell’appellante che un contratto si concluda -di volta in volta – con il visto di approvazione della fornitura, mancherebbe la statuizione proveniente dal legale rappresentante della ASL, o da soggetto all’uopo delegato, sicché anche sotto tale profilo la correttezza della decisione del tribunale non è scalfita dalle argomentazioni della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE‘ . Infine la Corte di merito dichiarava inammissibile, in quanto allegazione nuova, l’argomento dell’appellante secondo cui vi sarebbe stata una contrattazione tra la regione, la ASL e le organizzazioni delle imprese fornitrici di ausili ortopedici, oltre a non meglio specificati protocolli d’intesa, essendo, peraltro, detta deduzione anche alla stregua della documentazione depositata nel fascicolo di primo grado – del tutto sfornita di prova.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo, resistito con controricorso dall’ASL Napoli 1 Centro.
Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
La ricorrente denuncia con unico articolato motivo ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 231/2002, nonché la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 n. 4 del Regio Decreto n. 2440/1923. Deduce la sussistenza del rapporto contrattuale, formalizzato per iscritto e concluso ‘a distanza’ , e la natura commerciale della transazione, e di conseguenza assume dovuti gli interessi moratori ex D. Lgs. n. 231/2002. Ad avviso della ricorrente nella specie ricorre la tipologia del contratto a distanza, disciplinato dall’art 17 R.D. 2440/1923, poiché i contratti con la P.A. sono stipulabili anche ‘per mezzo di corrispondenza, secondo l’uso del commercio, quando sono conclusi con ditte commerciali’. Richiama la giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 6827/2010 e Cass. 270/2015), deduce che il caso di specie (riguardante presidi ortopedici) è simmetrico a quelli scrutinati nelle citate pronunce, poiché è stato dimostrato che per ogni attività fatturata veniva redatto un preventivo specifico per il singolo articolo protesico con la corrispondente e successiva autorizzazione, in uno a tutti gli allegati di legge afferenti alla esecuzione delle attività oggetto del preventivo autorizzato, seguendo alla consegna del presidio ortopedico all’assistito beneficiario l’emissione della relativa fattura, quale atto finale conclusivo della articolata procedura. In dette ipotesi avviene una deroga non alla forma scritta ad substantiam, ma alla consacrazione dell’accordo in unico atto. Rileva poi la ricorrente che non vi è alcuna negoziazione anche in relazione all’attività svolta in favore degli assistiti del SSN, che è per definizione attività disciplinata da regole predisposte dalla P.A. per la tutela degli interessi pubblici alla stessa connessi, se non quella di scegliere se eseguire o meno la prestazione in relazione alle condizioni date, ma tali condizioni non hanno impedito alla giurisprudenza di legittimità di pervenire al logico riconoscimento della applicabilità degli interessi moratori alle prestazioni eseguite da imprenditori commerciali in favore delle
ASL per l’attività sanitaria svolta in favore degli assistiti del SSN. Rimarca che l’unica attività di libera negoziazione nel settore di specie è quella di non contrarre con la P.A., ma tanto non esclude il carattere contrattuale della fonte dell’obbligazione. Infine la ricorrente censura la sentenza impugnata in ordine alla presunta mancata statuizione da parte del legale rappresentante dell’ente, sia perché la ASL non aveva mai contestato l’intervenuta autorizzazione all’erogazione dei presidi ortopedici, provvedendo anche al pagamento della sorte capitale delle forniture, essendo tale contegno incompatibile con una diversa tesi processuale, sia perché sono proprio le modalità regolamentari citate dal giudice del secondo grado a non prevedere tale specifica formalità ai fini del perfezionamento della procedura prevista.
RITENUTO CHE
La questione posta dall’unico motivo di ricorso riguarda la riconducibilità al paradigma della transazione commerciale, ai fini del riconoscimento degli interessi moratori ex D. Lgs. n. 231/2002, delle prestazioni consistite in fornitura di ausili ortopedici, nella specie rese dalla ‘RAGIONE_SOCIALE, mandante all’incasso dell’odierna ricorrente, all’ASL Napoli 1 Centro.
La Corte d’appello ha ritenuto che il saggio di interessi previsto dal D. lgs. 231/2002 fosse inapplicabile ai crediti derivanti dal rapporto in scrutinio, in quanto derivante da una fonte non negoziale, ossia dal D.M. 332/1999, e doveva escludersi ogni riconducibilità del rapporto stesso ad un accordo contrattuale. In particolare la Corte di merito precisava che la fornitura di protesi trovava la sua completa regolamentazione nel citato decreto ministeriale e l’art. 4, rubricato ‘modalità di erogazione’, prevedeva una specifica procedura amministrativa per la fornitura delle protesi a carico della ASL, articolata in quattro fasi: a) prescrizione del presidio ortopedico da parte del medico specialista del servizio sanitario nazionale; b) autorizzazione alla fornitura del dispositivo protesico
da parte della Asl competente; c) fornitura del dispositivo al paziente da parte di azienda iscritta nell’apposito elenco di quelle convenzionate; d) collaudo del dispositivo da parte dell’ASL. La Corte territoriale rilevava che soltanto a seguito di collaudo positivo sorgeva il diritto della fornitrice al pagamento del corrispettivo, ed inoltre, ad escludere la natura di transazione commerciale della fornitura militava la previsione (art. 9 del D.M. 332/1999) che demandava alla legislazione regionale la fissazione del livello massimo delle tariffe da corrispondere i soggetti erogatori e ad accordi (art. 9, co. 3) tra ASL, Regioni ed organizzazioni dei fornitori le modalità e condizioni delle forniture. Pertanto, nella specie difettava nella specie un elemento oggettivo, ossia che la prestazione, consistente nella consegna di merci o nell’esecuzione di un servizio, fosse stata eseguita nell’ambito di una ‘transazione commerciale’, ovvero di un contratto a prestazioni corrispettive, poiché non vi era contratto scritto, né un accordo commerciale tra le parti.
La ricorrente, nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 6827/2010 e Cass. 270/2015), deduce che si verte in ipotesi di contratto concluso a distanza, in cui avviene una deroga non alla forma scritta ad substantiam, ma alla consacrazione dell’accordo in unico atto. Rimarca che il caso di specie (riguardante forniture di presidi ortopedici) è sovrapponibile a quelli scrutinati nelle citate pronunce, in quanto per ogni attività fatturata veniva redatto un preventivo specifico per il singolo articolo protesico con la corrispondente e successiva autorizzazione, in uno a tutti gli allegati di legge afferenti alla esecuzione delle attività oggetto del preventivo autorizzato. Dopo la consegna del presidio ortopedico all’assistito beneficiario era emessa la relativa fattura, quale atto finale conclusivo della articolata procedura.
Parte resistente, per contro, deduce che si tratta di un procedimento amministrativo che non può farsi rientrare
nell’ambito delle forniture contrattuali commissionate dalla ASL per i propri fabbisogni e per il diretto utilizzo nelle strutture sanitarie pubbliche, forniture per le quali l’Asl è tenuta a seguire le regole in materia di evidenza pubblica a tutela della concorrenza, mentre ciò non era avvenuto nella fattispecie in esame. Aggiunge l’ASL che l’inquadramento delle forniture di protesi in termini di transazioni commerciali presupporrebbe la sussistenza del potere di concludere contratti in nome e per conto dell’ASL in capo ai soggetti che autorizzano la fornitura, ossia in capo al responsabile dell”unità operativa riabilitazione’, ma di tale potere non vi era prova sia perché la rappresentanza legale dell’Asl spetta per legge al suo direttore generale (cfr. art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992), sia perché l’opposta, odierna ricorrente, non aveva prodotto l’atto di organizzazione aziendale di diritto privato, previsto dal comma 1 bis dell’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992, nell’ambito del quale i poteri rappresentativi potrebbero, in ipotesi, essere stati delegati ad altri soggetti facenti parte dell’organico aziendale. Secondo l’ASL, la peculiarità della prestazione resa dalla ricorrente si inquadra nella tipologia della natura concessoria della prestazione, e non nelle mere transazioni tra privati di natura commerciale. Nello specifico, nessun potere contrattuale sussisteva in capo ai medici addetti alla prescrizione, in favore dei cittadini, delle protesi riabilitative e in capo al responsabile della U.O. Riabilitazione che autorizzava la prestazione, trattandosi di autorizzazione di natura tecnica, con cui era solo controllata la conformità della protesi alla prescrizione effettuata dallo specialista e la congruità dei costi in base al tariffario regionale.
Occorre rilevare, con riguardo alle pronunce di legittimità sulle questioni oggetto del contendere, comprese quelle richiamate dalla ricorrente, che la sentenza delle Sezioni Unite n.6827/2010 ha affermato che i contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono, di regola, essere consacrati in un
unico documento, salvo che la legge non ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell’ipotesi, prevista dall’art. 17 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, di contratti conclusi con imprese commerciali; detta pronuncia, tuttavia, richiama il d.m. del Ministero della Sanità 28 dicembre 1992 n. 197100 e precisa, che sulla scorta delle previsioni del citato d.m., ‘ la scheda-progetto redatta dal costruttore e l’autorizzazione rilasciata dall’unità sanitaria sono documenti scritti idonei a manifestare la volontà delle parti, con modalità corrispondenti alle esigenze di forma dei contratti della P.A. relativi alla fornitura di tali protesi ‘.
Sempre in tema di deroga al principio generale della consacrazione in unico documento del contratto concluso dalla P.A. si sono espresse affermando lo stesso principio di cui si è detto, valorizzando l’art. 17 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, le pronunce di questa Corte n.6555/2014 (in fattispecie di contratto d’opera professionale) , n.270/2015 (in ipotesi di regolamento di competenza) e n.12316/2015 (in fattispecie di fornitura di merci), con le quali è stato, tuttavia, espressamente precisato che ‘ occorre in ogni caso che il perfezionamento del contratto risulti dallo scambio di proposta e accettazione, non potendo ritenersi sufficiente che la forma scritta investa la sola dichiarazione negoziale della Amministrazione, né che la conclusione del contratto avvenga per “facta concludentia”, con l’inizio dell’esecuzione della prestazione da parte del privato attraverso l’invio della merce e delle fatture, secondo il modello dell’accettazione tacita previsto dall’art. 1327 cod. civ. ‘.
E’ stato altresì affermato (Cass. 7284/2015) che ‘ in tema di prestazioni assistenziali a carico del Servizio sanitario nazionale, l’approvvigionamento di ausili terapeutici per l’incontinenza può avvenire esclusivamente nelle forme dell’erogazione diretta da parte della ditta aggiudicataria di apposita gara con procedura
pubblica di acquisto, secondo quanto disposto dal d.m. 27 agosto 1999, n. 332, che, innovando rispetto alla precedente disciplina di cui al d.m. 28 dicembre 1992, ha previsto in via obbligatoria ed esclusiva tale forma per i dispositivi cd. “standard”, tra i quali rientrano i suddetti prodotti, dovendosi ritenere tale modalità idonea a conciliare il diritto alla salute degli assistiti – ai quali è assicurato il diritto a ricevere gratuitamente i dispositivi confacenti alla particolare patologia cui sono affetti e la cui tutela non può estendersi fino a ricomprendere la facoltà di scegliere una specifica marca o fornitore – con le esigenze di bilancio pubblico, il cui contenimento consegue alla tutela dell’affidamento dell’aggiudicatario del servizio su una determinata platea di assistiti quale elemento essenziale ai fini della formulazione dell’offerta’ . Con la citata sentenza è stato precisato che l’approvvigionamento dei prodotti ‘standard’ (ossia in serie, quali quelli per l’incontinenza) in favore dei pazienti aventi diritto ‘ può avvenire astrattamente sia attraverso forme di distribuzione indiretta, ossia tramite le farmacie che poi ottengono il rimborso del prezzo di vendita dal servizio sanitario nazionale sulla base delle tariffe del nomenclatore tariffario o di convenzioni, sia attraverso forme di distribuzione diretta, con erogazione del servizio da parte della stessa ASL (che acquista i presidi direttamente dalle imprese produttrici tramite pubbliche gare e li distribuisce tramite i distretti ospedalieri, le farmacie comunali o con consegna a domicilio). Il decreto del ministro della Sanità n. 332 del 27 agosto 1999, innovando rispetto al sistema previgente dettato dal D.M. 28 dicembre 1992, distinguendo tra dispositivi su misura e dispositivi standard, ha confermato il sistema di distribuzione indiretta a tariffa solo per i primi, introducendo invece per la seconda tipologia di prodotti la procedura pubblica di acquisto. I prodotti per l’incontinenza (pannoloni, traverse, ecc.) rientrano nella seconda tipologia, essendo prodotti in serie e non su misura, sicché essi non
richiedono, per l’applicazione o la consegna, l’intervento di un tecnico abilitato. L’indicata modalità di distribuzione diretta per i dispositivi standard è divenuta obbligatoria ed esclusiva, come si desume dalla previsione di un termine massimo per la conservazione del precedente sistema, ai sensi dell’art. 3, comma 4 del citato decreto (termine peraltro necessario per l’espletamento delle gare di fornitura costituenti il fulcro del nuovo sistema), e come confermato dalla Delib. dell’Assessorato Igiene, sanità ed assistenza sociale della Regione Sardegna 4 maggio 2006… L’esclusività (oltre che l’obbligatorietà) del ricorso da parte della ASL alla modalità di erogazione del servizio di assistenza protesica mediante la procedura pubblica di acquisto emerge anche dalla stessa natura della procedura che fa ricorso allo strumento della gara per determinare il prezzo dei singoli prodotti, prezzo che non è un mero indicatore, come ritiene la sentenza impugnata, ma è il corrispettivo della fornitura. La previsione di una procedura pubblica di acquisto deve infatti garantire anche l’affidamento dell’aggiudicatario del servizio su una platea di assistiti, pur definita in linea di massima, quale elemento essenziale dei calcoli economici dei partecipanti alla gara: questi infatti non possono pervenire alla stessa offerta di un prezzo per i presidi se non considerando il numero potenziale di assistiti che acquisteranno i prodotti e dunque i possibili margini di ricavo’.
In ordine a ll’erogazione di farmaci e di presidii medico- chirurgici dispensati dalle farmacie le Sezioni Unite (sentenza n.26496/2020) hanno affermato che ‘ Il d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha stabilito al secondo comma dell’articolo 8, Disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali – come modificato dall’articolo 9 del d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517 -: “Il rapporto con le farmacie pubbliche e private è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi
agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell’art.4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale”; il comma prosegue indicando i “principi” cui devono improntarsi detti accordi, tra i quali si rinviene che “le farmacie pubbliche e private erogano l’assistenza farmaceutica per conto delle unità sanitarie locali del territorio regionale dispensando, su presentazione della ricetta del medico, specialità medicinali, preparati galenici, prodotti dietetici, presidii medico-chirurgici e altri prodotti sanitari erogabili dal Servizio sanitario nazionale …” (lettera a); che per tale servizio “l’unità sanitaria locale corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto della eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta dall’assistito”; che per la liquidazione “la farmacia è tenuta alla presentazione della ricetta corredata del bollino o di altra documentazione comprovante l’avvenuta consegna all’assistito”; che “non possono essere riconosciuti interessi superiori a quelli legali” qualora il pagamento dovuto superi “il termine fissato dagli accordi regionali di cui alla successiva lettera c)” (lettera b); che (lettera c) viene affidata ad accordi regionali la “disciplina delle modalità di presentazione delle ricette e i tempi dei pagamenti dei corrispettivi … “. Con la citata sentenza è stato espresso il seguente principio di diritto : ‘ qualora la pubblica amministrazione competente, nella vigenza del d.lgs. n. 231 del 2002 nel testo anteriore alla novellazione di cui al d.lgs. n. 192 nel 2012, abbia tardivamente corrisposto al farmacista la seconda quota di ristoro relativa alla dispensazione dei farmaci di classe A, sulla relativa somma sono dovuti gli interessi all’ordinario tasso legale, non essendo applicabili gli interessi moratori di cui all’articolo 5 del suddetto d.lgs. n. 231 del 2002, in quanto limitatamente a tale dispensazione il farmacista è componente del servizio sanitario nazionale “.
Con successiva pronuncia della Sezione Terza di questa Corte
(Cass. 8994/2022 -non massimata -), è stata esclusa la debenza di interessi commerciali per forniture di protesi e presidi medici da parte dei farmacisti, sul rilievo che la materia de qua ricade a pieno titolo nella regolamentazione della statuizione di cui alla citata pronuncia delle Sezioni Unite del 2020, avente, come ratio portante, l’estraneità della prestazione alla fattispecie della transazione commerciale. E’ stato, di conseguenza, affermato che, anche nell’ipotesi di fornitura di dispositivi medici, e non solo in quella di dispensazione dei farmaci di classe A, opera ‘ il meccanismo per cui il farmacista, al pari del SSN, dispensa un presidio medico senza richiederne il corrispettivo all’assistito, essendo questo titolare del diritto a riceverlo quale concretizzazione del fondamentale diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost. (cfr. sentenza delle SU, p. 31): per cui il farmacista si presenta, agli occhi dell’utente, come un alter ego dell’erogatore della prestazione assistenziale a carico del SSN ‘.
Infine, occorre puntualizzare che, contrariamente a quanto sostiene parte ricorrente nella memoria illustrativa, le Sezioni Unite di questa Corte, con la citata sentenza n.35092/2023, non hanno scrutinato la fattispecie concernente il servizio di fornitura di protesi, presidi e dispositivi medici, ma la diversa fattispecie concernente le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE erogate agli assistiti in base ad un contratto accessivo all’accreditamento – concluso in forma scritta con la P.A. dopo l’8 agosto 2002.
Alla luce del suesposto panorama giurisprudenziale, nella fattispecie ora in scrutinio si pone la questione di stabilire se e in che modo si possa pervenire ad una ricostruzione duplice del rapporto che si instaura mediante la specifica procedura amministrativa per la fornitura di dispositivi, presidi e ausili medici disciplinata dal D.M. 332/1999, ossia se si possa ricostruire una scansione bifasica, provvedimentale e contrattuale, sovrapponibile
a quella che le Sezioni Unite, con la citata sentenza del 2023, hanno delineato in relazione alle fattispecie concernenti le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE, cioè mediante la sequenza che nella dottrina amministrativa è stata definita come il regime delle tre A: autorizzazione, accreditamento, accordo.
Si tratta, inoltre, di stabilire se occorra differenziare la ricostruzione suddetta a seconda della tipologia dei dispositivi come prevista dall’art. 3 del D.M. 332/1999 (su misura o in serie, inclusi negli elenchi 2 e 3 del nomenclatore di cui all’allegato 1, in ragione della necessità, quanto ai secondi, della stipulazione di contratti con i fornitori aggiudicatari delle procedure pubbliche di acquisto).
Si tratta, sotto ulteriore profilo, di stabilire se sussista una diversità di fondo tra le dispensazioni di dispositivi, ausili e presidi medici operate dalle farmacie e quelle operate da strutture private, e se anche per queste ultime non si evidenzi ‘ quella prevalenza della funzione pubblicistica sulla struttura di società commerciale che eroga una prestazione dietro corrispettivo, costruita dalle Sezioni Unite n. 26496 del 2020 fino a far scolorare il carattere imprenditoriale dell’attività svolte dalle farmacie, in cui prevale il profilo funzionale, assorbente, che le fa rappresentare come un segmento del Servizio sanitario nazionale (del resto circoscritta alla erogazione di farmaci di fascia A) ‘ (così la sentenza delle Sezioni Unite del 2023 citata, in relazione alla diversità tra la fattispecie di prestazioni sanitarie erogate dalle strutture private accreditate e quella di erogazione di farmaci di fascia A da parte delle farmacie sulla base di accordi normativizzati).
Si pone, da ultimo ma non per rilevanza, la questione di individuare, tra le varie opzioni ermeneutiche in risposta agli interrogativi che precedono, l’interpretazione più conforme alla nozione oggettiva e ampia di ‘transazione commerciale’ che detta la direttiva UE di cui il d.lgs.n.231/2002 costituisce recepimento.
Le suesposte questioni, di particolare rilevanza e su cui non constano precedenti specifici di questa Corte, con particolare riferimento alla debenza degli interessi commerciali sui crediti maturati da strutture private per la fornitura di dispositivi, presidii e ausili medici, dispensata secondo la procedura amministrativa disciplinata dal D.M. 332/1999, sono meritevoli di approfondimento e rendono opportuna la discussione della causa in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della prima sezione civile.
Così deciso in Roma, il 17/12/2024.