Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19604 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19604 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20036/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 601/2022 depositata il 28/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702bis c.p.c. l’avv. NOME COGNOME chiese alla Corte d’Appello di Messina la liquidazione del compenso professionale per la difesa espletata in favore della RAGIONE_SOCIALE in due giudizi civili, in pendenza dei quali, a causa dell’interruzione dei rapporti con la società cliente, aveva rinunciato al mandato conferitogli senza percepire alcun compenso; il ricorrente chiese, altresì, la maggiorazione degli interessi di mora nella misura prevista dal D. Lgs. 231/2002, con decorrenza dalla prima richiesta di pagamento e sino al soddisfo.
Si costituì la RAGIONE_SOCIALE per resistere alla domanda.
La Corte d’Appello di Messina, con ordinanza del 20/02/2023, accolse parzialmente le domande proposte dall’ avv. COGNOME e, per l’effetto, condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della minor somma di € 2.700,00, oltre accessori di legge ed interessi legali da calcolarsi a far tempo dalla domanda al soddisfo, oltreché al pagamento delle spese di lite.
La Corte d’appello affermò che non ricorrevano i presupposti per la richiesta della condanna della società debitrice al pagamento degli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002, in quanto la stessa non rivestiva la qualifica di ente pubblico, bensì di soggetto collettivo privato, ancorché incaricato di un pubblico servizio, di talché la controversia riguardava comuni rapporti professionali tra privati.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 4, 5, 6 del D.Lgs. n. 231/2002, dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 192/2012; dell’art. 2 della Legge n. 81/2017; dell’art. 1284, comma 4, c.c. come modificato dal D.L. 132/2014, per avere la Corte d’appello statuito che non ricorrevano i presupposti per la condanna della società debitrice al pagamento degli interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002, in quanto la RAGIONE_SOCIALE non rivestiva la qualifica di ente pubblico, bensì di soggetto collettivo privato, sebbene tale discrimine non sia previsto dalla legge, che richiederebbe unicamente la sussistenza di un rapporto contrattuale tra il professionista e l’imprenditore, sia pubblico che privato.
Il motivo è fondato.
Gli interessi moratori, previsti in caso di ritardo nel pagamento dei compensi eo corrispettivi, di cui al D. Lgs. 231/2002, sono dovuti anche nei confronti dei liberi professionisti, prescindendo tale disciplina dalla natura pubblica o privata dei soggetti debitori.
Il D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, che ha recepito la Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento di nelle transazioni commerciali, all’articolo 1 prevede la propria applicazione “ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale”; ed all’articolo 2, al primo comma, lettera a), stabilisce a sua volta che, ai fini del decreto medesimo, per “transazioni commerciali” si intendono “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche
amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo (in tal senso Cass. Sez. 2, n. 10528 del 31/03/2022).
La definizione della transazione commerciale viene integrata sotto il profilo soggettivo identificando chi è abilitato a porla in essere mediante le lettere b) e c) ed include nella nozione di ‘imprenditore” “ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione” (Corte di Cassazione, Sez. II, civile, ordinanza n. 1265 del 19 gennaio 2025).
E’, pertanto, errata la decisione della Corte d’appello, che ha escluso l’applicabilità del D. Lgs n.231/2002 alla RAGIONE_SOCIALE sol perché quest’ultima non rivestiva la qualifica di ente pubblico, in quanto la normativa sugli interessi per il ritardato pagamento nelle transazioni commerciali si applica anche nei rapporti tra il professionista e le imprese private.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1219, 1224, 1229 e 1282 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere, il giudice del gravame, rigettato la domanda di condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli interessi moratori con decorrenza dalla data di costituzione in mora e per avere individuato il dies a quo nella data di proposizione della domanda, mentre già a far data dal 25/07/2018 il ricorrente avrebbe formalizzato, tramite pec, la sua richiesta di pagamento del compenso alla RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è fondato.
Corretta, in primis , l’intitolazione del mezzo, poiché l’omesso esame di questione incompatibile con la statuizione di merito, deponendo per l’implicita pronuncia di rigetto della tesi o dell’eccezione, va fatta valere non già quale omessa pronuncia od omesso esame, bensì come violazione di legge, in modo da condurre il controllo di
legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita per cui quel fatto, oggetto di tesi difensiva o di eccezione, non sarebbe idoneo a modificare in tutto o in parte la decisione stessa (arg., per consonanza di fattispecie, dalla sentenza n. 14486/04 e dalla conforme ordinanza n. 24953/20).
Ciò premesso, d eve essere dato seguito all’orientamento di questa Corte, secondo cui, nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall’esercente la professione forense, gli interessi di cui all’art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento (Cass. Civ. sent. n. 8611/2022; Cass. Civ. sent. n. 24973/2022).
Nella specie, la Corte distrettuale mostra di aver dato per scontata la decorrenza dalla domanda, nell’altrettanto implicita convinzione che si sensi dell’art. 1224 c.c. gli interessi moratori non possano che decorrere da tale data.
La Corte d’appello, alla luce dei citati principi, dovrà accertare , invece, se e in quale data , prima della domanda giudiziale, l’ avv. COGNOME abbia richiesto il pagamento delle proprie prestazioni professionali.
Il ricorso deve, pertanto , essere accolto; l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.
P.Q.M.
a ccoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione