Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25300 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25300 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6187/2022 R.G. proposto da : AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA SAN LUIGI GONZAGA DI ORBASSANO, domiciliato ex lege presso l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege presso l’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2547/2021 depositata il 30/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Azienda Sanitaria Ospedaliera Universitaria San Luigi Gonzaga, con ricorso per Cassazione in data 15 febbraio 2022, illustrato da successiva memoria, impugna la sentenza n. 2547/2021 emessa dalla Corte d’Appello di Milano l’11 marzo 30 agosto 2021 nei confronti della appellata RAGIONE_SOCIALE oggi Bff Bank SRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE L’intimata ha notificato controricorso per dedurre l’inammissibilità o infondatezza .
La sentenza impugnata ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo per l’importo di € 267.954,27, emesso su istanza di RAGIONE_SOCIALE in relazione a crediti di fornitori di beni e servizi verso la azienda sanitaria ospedaliera qui ricorrente, ceduti dalle imprese creditrici a RAGIONE_SOCIALE in virtù di un contratto di factoring.
Per quanto ancora di interesse, i due motivi censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile la disciplina degli interessi commerciali di cui Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, aggiornato dal D. Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, all’Azienda Sanitaria, operante in regime di accreditamento con il sistema sanitario nazionale
Il ricorso è affidato a due motivi
MOTIVI DELLA DECISIONE
Motivo 1° : con tale mezzo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 aggiornato al D. Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, con particolare
riferimento agli articoli 1, 2, 4 e 5 e delle norme di diritto riconducibili al contratto atipico del factoring tra cui la Legge 21 febbraio 1991 n. 52 e il Decreto Legislativo 1 settembre 1993 n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia Titolo V), che disciplina i soggetti operanti nel settore finanziario così come a quelle afferenti il trattamento fiscale dell’istituto (ART. 360, N. 3 c.p.c.); nonché la nullità della sentenza (art. 360, n. 4 c.p.c.) per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.. La ricorrente deduce che al factoring non sarebbe applicabile la disciplina sugli interessi moratori di cui alle cd ‘transazioni commerciali’, relativa ai contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo. Deduce che l’attività di factoring ha natura prevalentemente finanziaria, sia con riferimento ai soggetti che possono esercitarla, sia in quanto la causa del negozio è il finanziamento e che tale attività rientri tra le operazioni esenti (articolo 10, comma 1, n. 1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), richiamando, sul punto, la Risoluzione n. 32 dell’11 marzo 2011 (interamente confermata dalla Risoluzione n. 35/E dell’11 marzo 2021), con cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle operazioni di factoring e di recupero crediti. L’Agenzia avrebbe, in primo luogo, richiamato la giurisprudenza comunitaria in materia (in particolare, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 26 giugno 2003) e un’altra propria Risoluzione del 2004 (segnatamente la risoluzione 17 novembre 2004 n. 139) nella quale sarebbe precisato che le conclusioni raggiunte dalla Corte Europea riguardo all’assimilazione delle operazioni di factoring all’attività di recupero crediti non possano essere automaticamente estese all’ordinamento nazionale.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. La Corte d’appello, dopo avere rilevato la natura privatistica dei rapporti di fornitura che hanno originato i crediti oggetto di cessione alla società di factoring , regolarmente comunicata alla società debitrice, ha ritenuto che dal mancato pagamento delle fatture azionate in sede monitoria discende la debenza degli interessi di mora dalle rispettive scadenze e calcolati al saggio previsto dal d.lgs. n. 231/2002 e, in ragione dell’assenza di prova in ordine all’esistenza di una diversa previsione di determinazione degli interessi, ha ritenuto di rinviare a quanto osservato dal Giudice di primo grado, con motivazione ritenuta non superabile dalle generiche contestazioni dell’appellante.
5.3. In breve, la censura insiste sul fatto che alla fattispecie concreta si debba applicare la normativa di riferimento riconducibile al decreto legislativo in data 1 settembre 1993 n. 385, e successive modifiche (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), titolo V che disciplina i soggetti operanti nel settore finanziario, posto che il factor può essere considerato come una banca e , pertanto, non potrebbe giovarsi della disciplina qui in esame in punto di interessi moratori.
5.4. Va tuttavia sottolineato che tale aspetto riguarda certamente il rapporto tra società cedente e società di factoring cessionaria, come correttamente indicato nella sentenza impugnata, ma non riguarda l’oggetto della cessione (il credito) che il factor , nell’ambito dei servizi che elargisce, provvede a escutere in luogo dell’originario creditore e che, come tale, mantiene la sua natura a prescindere dall’attività di ‘finanziatore’ e non solo di ‘riscossore’, svolta dal factor a favore del creditore originario
che, per tale servizio, corrisponde un corrispettivo incluso nel prezzo della cessione.
5.5. Il contratto di factoring , pur potendo presentare nella prassi commerciale una serie di varianti e di clausole differenziate in relazione a particolari esigenze dei contraenti, è costituito nel suo nucleo fondamentale e costante da una convenzione complessa per effetto della quale il ” factor ” si obbliga ad acquistare la totalità dei crediti di cui un imprenditore è o diventerà titolare, a causa della vendita dei beni da lui prodotti o commercializzati; in esso è di regola prevista la facoltà dell’imprenditore cedente di ottenere delle anticipazioni dal ” factor “, che si obbliga a fornire alla controparte altri servizi (di informazione, consulenza, collaborazione nella gestione aziendale) di non secondaria importanza nell’economia del contratto, con una commissione che costituisce il corrispettivo di quell’attività, variabile in rapporto a molteplici elementi che incidono sul grado di assunzione del rischio dell’operazione.
5.6. A fronte di tali molteplici funzioni economiche, in forza delle quali il contratto non si esaurisce nella pura e semplice cessione di uno o più crediti, ma comporta per le parti e soprattutto per il ” factor ” l’assunzione di fondamentali obbligazioni (di ” facere “, ” non facere “, “prestare”) non strettamente inerenti alla cessione, ma di essenziale importanza nel regolamento degli interessi realizzato con il contratto, tra i quali è presente l’acquisizione di una fonte di liquidità attraverso le anticipazioni pattuite, la circostanza che il finanziamento sia compensabile con poste emergenti dal conto del dare e dell’avere non contraddice affatto il ruolo, che le anticipazioni possono assumere, di pagamento del corrispettivo, giacché dovendo la pattuizione essere riguardata nel suo risultato finale, resta in linea con gli
intenti negoziali delle parti che, una volta andata a buon fine la cessione, in tutto o in parte, il credito riscosso dal ” factor ” venga da lui ritenuto in relazione alle anticipazioni versate ed agli altri costi preventivamente concordati dell’operazione, la quale svolge, così, unitamente al ruolo di finanziamento, assunto nella fase iniziale del rapporto, quello finale di versamento del corrispettivo della cessione; mentre nel caso di mancata esazione dei crediti -se è stata convenuta, come ordinariamente prevede l’art. 4 della legge 21 febbraio 1991, n.52, la garanzia della solvenza del debitore -di quelle anticipazioni il fornitore è tenuto al rimborso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 684 del 18/01/2001). Ne consegue che, ai fini della qualificazione del contratto -che dipende dagli effetti giuridici e non da quelli pratico -economici -il giudice deve fare riferimento all’intento negoziale delle parti che renda palese il risultato concreto perseguito, valutando in particolare se esse abbiano optato per la causa ” vendendi “, per quella ” mandati ” o per altra ancora ( Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10004 del 24/06/2003; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10490 del 08/05/2006; Sez. 1, Sentenza n. 3829 del 15/02/2013).
5.7. Tale aspetto finanziario, tuttavia, non va certamente a intaccare il rapporto con il debitore ceduto, poiché la cessione del credito che caratterizza il contratto di factoring non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio e non può neanche pregiudicare la posizione del debitore ceduto in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 24657 del 02/12/2016). Sicché, la disciplina relativa alla decorrenza automatica degli interessi moratori senza che sia necessaria la costituzione in mora del debitore, dettata dal d.lgs. n. 231 del 2002 in attuazione della direttiva 2000/35/CE, risulta
applicabile a tutti i contratti tra imprese o tra queste e pubbliche amministrazioni, comunque denominati, che comportino, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi. Per tale motivo essa è ritenuta compatibile anche con il contratto d’appalto, come definito dall’art. 1655 c.c., atteso che l’espressione “prestazione di servizi”, adottata dall’art. 2 del d.lgs. citato, è riferibile a tutte le prestazioni di fare, e di non fare, che trovino il proprio corrispettivo nel pagamento di un prezzo in denaro ( Sez. 2 -, Ordinanza n. 1747 del 24/01/2025; Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 5734 del 27/02/2019).
Motivo 2 °: con tale mezzo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 aggiornato al D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, con particolare riferimento agli articoli 4 e 5 in riferimento all’indiretta partecipazione della Regione Piemonte (art. 360, n. 3 c.p.c.); nullità della sentenza (art. 360, n. 4 c.p.c.). Ritiene la ricorrente che la sentenza taccia riguardo alla dedotta inapplicabilità del D. Lgs 231/2002, in relazione all’indiretta partecipazione della Regione Piemonte al pagamento del servizio ricevuto.
6.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
6.2. L’ente ricorrente assume, richiamando testualmente il motivo di appello, che la fattispecie in esame riguardi rapporti giuridici aventi fonte nei contratti di fornitura tra struttura ospedaliera privata accreditata e il Servizio sanitario nazionale. In questo caso, il confronto con la giurisprudenza (C.d.S. 6.03.2002 n. 1362 in Foro amm.; C.d.S. 2002, 668; Cass. Sez. un. 25.06.2002 n. 9284), sarebbe di tutta evidenza: -la natura concessiva di pubblico servizio del rapporto instaurato tra soggetto privato e Aziende; -il fatto che il pagamento del servizio venga affrontato indirettamente da un terzo cioè dalla Regione
precluderebbe l’applicazione della disciplina speciale di cui al D.Lgs 231/2002, in quanto l’obbligo del Servizio sanitario a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate non può essere considerato alla stregua di una controprestazione contrattuale, ma tuttalpiù di un dovere di prestazione con modalità peculiari e proprie, dai forti connotati pubblicistici, automaticamente attivato dal paziente. Al proposito l’ente ricorrente richiama che, proprio in osservanza di tale principio, la sentenza della Corte di Cassazione del 2 aprile 2009 n. 8093 , ha escluso che il paziente -utente possa avvalersi della speciale tutela prevista dal Codice del consumo nei confronti dell’azienda ospedaliera proprio perché la medesima ‘ non riveste la qualità di professionista ‘ essenziale per l’applicazione della disciplina speciale, in quanto lo svolgimento dell’attività sanitaria deve avvenire sempre ‘senza il necessario rispetto del principio di economicità.
6.3. Osserva la Corte che, con riguardo al servizio reso dall’azienda ospedaliera accreditata, assume rilievo che la giurisprudenza ha sancito che con il passaggio dei rapporti tra le istituzioni sanitarie private e il Servizio sanitario nazionale dal sistema della convenzione a quello cosiddetto dell’accreditamento, non è venuta meno la qualificazione degli stessi rapporti come concessori, salva la particolarità rappresentata dalla loro natura di concessioni ” ex lege ” di attività di servizio pubblico (con la conseguenza che la disciplina delle stesse è dettata in via generale dalla legge, pur con rinvii integrativi a normative di secondo grado o regionali), dato che è in questione lo svolgimento da parte dello Stato di uno dei suoi compiti fondamentali (la realizzazione dell’interesse pubblico alla salute), che esso continua ad adempiere sia mediante strutture pubbliche, sia
con altre a titolarità privata, con il necessario ricorso a controlli -anche preventivi -in relazione alla particolare rilevanza della materia e alla rilevantissima incidenza economico -finanziaria del settore ( Sez. U, Ordinanza n. 9284 del 25/06/2002; Sez. U, Sentenza n. 10381 del 02/07/2003 ).
6.4. In relazione alla fattispecie in esame, rileva pertanto che il tasso di interesse di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002 non è stato ritenuto applicabile ai crediti derivanti dall’erogazione dell’assistenza farmaceutica per conto delle ASL, dal momento che l’attività di dispensazione dei farmaci e dei dispositivi medici, svolta dal farmacista in esecuzione del rapporto concessorio con l’azienda sanitaria locale, essendo intesa a realizzare, quale segmento del servizio sanitario nazionale, l’interesse pubblico della tutela della salute collettiva, ha natura pubblicistica e, pertanto, non può essere inquadrata nel paradigma della transazione commerciale di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del citato decreto legislativo: difatti si è ritenuto che il farmacista è componente del servizio sanitario nazionale e non è qualificabile come “imprenditore”, ovvero “soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione”, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c) del suddetto decreto legislativo (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 26496 del 20/11/2020; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 9991 del 10/04/2019; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 5042 del 28/02/2017).
6.5. Ne deriva, con ragionamento a contrario , che al di fuori del ristretto ambito dei crediti che traggono titolo da una prestazione che si prospetti quale segmento del servizio sanitario nazionale, come tale teso a realizzare l’interesse pubblico della tutela della salute collettiva, i
rapporti di fornitura intrapresi in regime privatistico dall’azienda sanitaria accreditata con altri soggetti imprenditori si qualificano quali crediti commerciali cui applicare l’invocato tasso di interesse e la cd mora ex re , rientrando essi nel paradigma della transazione commerciale di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del citato decreto legislativo.
6.6. Pertanto, la censura non si dimostra autosufficiente, restando del tutto indefinito se i crediti oggetto delle cessioni di cui è causa, afferenti a non meglio precisati servizi o forniture resi da parte di imprese private a favore dell’Azienda sanitaria accreditata, si riferiscano a prestazioni strettamente connesse alla realizzazione dell’interesse pubblico della salute tramite il cd accreditamento con il SSN.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato, con ogni conseguenza in merito alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come di seguito a favore della controricorrente, sulla base delle tariffe vigenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/04/2025.
Il Presidente
NOME TRAVAGLINO