Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23697 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23697 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25344 – 2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -p.P_IVAvP_IVAa. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE) -c.f./p.i.v.a. P_IVA – in persona de ll’avvocato NOME COGNOME in virtù di procura autenticata in data 14.7.2017 a ministero AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME .
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 3319/2017 della Corte d’A ppello di Milano; udita la relazione nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 del AVV_NOTAIO COGNOME,
RILEVATO CHE
Con ricorso ex artt. 633 e ss. cod. proc. civ. in data 18.7.2013 la ‘ RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Milano.
Esponeva che era creditrice dell’ ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ per l’importo di euro 2.398.671, 22, oltre interessi ex d.lgs. n. 231/2002, in quanto cessionaria pro soluto di crediti vantati da altre società nei confronti della stessa ‘RAGIONE_SOCIALE .
Chiedeva ingiungersi all’ ‘RAGIONE_SOCIALE il pagamento dell a somma anzidetta con gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002.
Con decreto n. 38377/2013 il tribunale pronunciava l’ingiunzione .
L’ ‘RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione.
Deduceva, peraltro, l’avvenuto pagamento della sorte capitale.
Instava per la revoca dell’ingiunzione.
Si costituiva la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Dava atto che, in conseguenza dei pagamenti eseguiti a seguito della notifica dell’ingiunzione, il credito per il capitale si era ridotto ad euro 3.925,29.
Chiedeva quindi la condanna al pagamento di tale importo con gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 sull’originario ammontare di euro 2.398.671,22.
Con sentenza n. 12379/2015 il tribunale revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’ ‘RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 2.872,41, con gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 sul quantum di euro 2.398.671,22.
L’ ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ proponeva appello.
Resisteva la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 3319 -5/14.7.2017 la Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Premetteva – per quel che qui rileva -la corte che l ‘ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ appellante aveva addotto che sarebbe stato da reputar operante nei suoi confronti, siccome ente avente personalità giuridica pubblica, il principio per cui le obbligazioni delle ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , in quanto ‘ chiedibili ‘ , so no da adempiere presso la sede dell’ufficio di tesoreria, sicché in difetto di sua formale costituzione in mora la scadenza del termine di pagamento non era atta a determinare l’automatica insorgenza del debito per interessi (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Premetteva poi che l’appellante aveva addotto che gli interessi, qualora dovuti, sarebbero stati da computare al tasso legale in considerazione della natura finanziaria dell’operazione intercors a tra le società cedenti e la ‘RAGIONE_SOCIALE (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Esponeva dunque, la corte, in ordine alla prima doglianza, che, sebbene le aziende ospedaliere fossero state equiparate alle ‘RAGIONE_SOCIALE‘, nondimeno, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 231/2002 di recepimento della direttiva 2000/35/CE, gli interessi dovevano reputarsi automaticamente decorrenti dal giorno successivo
alla scadenza del termine per il pagamento senza necessità alcuna di una formale costituzione in mora (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Al riguardo esponeva altresì che il d.lgs. n. 231/2002, in vigore dal 7.11.2002, era nella specie senz ‘altro applicabile, siccome le fatture per cui era controversia risultavano tutte emesse dopo l’1.1.2003 (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Esponeva la corte, in ordine alla seconda doglianza, che la circostanza per cui le cessioni intercorse tra le cedenti e la ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ integrassero gli estremi di un’op erazione finanziaria, non alterava la natura commerciale delle forniture di prodotti sanitari eseguite, verso corrispettivo, dalle originarie cedenti in favore dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Avverso tale sentenza l’ ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso; ha premesso che non intende esperire impugnazione avverso il capo della statuizione di seconde cure che ha disconosciuto la necessità di una formale costituzione in mora ai fini della decorrenza degli interessi (cfr. ricorso, pag. 5) ; quindi, ha chiesto la cassazione dell’impugnato dictum in base a due motivi con ogni conseguente statuizione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE) ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Con ordinanza interlocutoria in data 15.11.2023/6.3.2024 è stato disposto rinvio a nuovo ruolo, onde valutare l’incidenz a nella specie della sentenza n. 35092 del 14.12.2023 delle Sezioni Unite di questa Corte.
10.
La ricorrente ha depositato memorie.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
11. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 231, come modificato dal d.lgs. n. 192/2012.
Deduce che ha errato la Corte di Milano a negare natura finanziaria alle operazioni intercorse tra la ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ e le proprie cedenti (cfr. ricorso, pag. 6) .
Deduce dunque che non vi è margine per l’applicazione del d.lgs. n. 231/2002, ‘posto che (…) il predetto decreto si applica unicamente alle , ovvero ai contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo’ (così ricorso, pag. 8) .
Deduce quindi che la corte di merito avrebbe dovuto applicare gli interessi legali, ossia i l tasso ‘indicato all’articolo 18 del Capitolato Generale d’Oneri per la Fornitura dei Beni e Servizi approvato con determina 479 del 15.6.06 e recepito con determinazione ASO n. 623 del 22.6.2007’ (così ricorso, pag. 7) .
Deduce infine che la soluzione fatta propria dalla corte di merito importa duplicazione della pretesa di controparte relativa agli interessi, interessi che ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, in veste di factor nell’ambito del contratto di factoring siglato con le società cedenti, ha già conseguito (cfr. ricorso, pag. 9) .
12. Il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., siccome la Corte di Milano ha statuito in modo conforme all’elaborazione di questo Giudice del diritto .
Invero, questa Corte non può che ribadire le statuizioni di cui alla propria sentenza n. 7160 del 18.3.2024, pronunciata nel giudizio iscritto al n. 7330/2017 r.g. tra la ‘RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti vantati dalla ‘RAGIONE_SOCIALE, e l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Su tale premessa vanno nella specie rimarcati i seguenti profili.
In primo luogo, l a ‘RAGIONE_SOCIALE si è resa cessionaria di crediti vantati da altre società nei confronti dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per forniture di prodotti sanitari all’ente ospedaliero (cfr. sentenza d’appello, pag. 7; cfr. ricorso, pag. 2) .
E le società cedenti avevano sicuramente veste di imprenditori commerciali. In secondo luogo, si controverte nella specie in ordine al corrispettivo di forniture rese all’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dalle cedenti , danti causa, della ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE s.p.a. i n epoca successiva al 1° gennaio 2003, siccome le fatture sono state emesse posteriormente a tale data (cfr. sentenza d’appello, pag. 6, ove è richiamato il ricorso per decreto ingiuntivo) .
E, ben v ero, il profilo concernente l’applicabilità ratione temporis del d.lgs. n. 231/2002 con specifico riferimento al l’epoca di perfezionamento delle operazioni commerciali intercorse tra le danti causa -cedenti – della controricorrente e la ricorrente, epoca quale riflessa dalla data di emissione delle fatture, tutte risalenti a momento posteriore all’1.1.2003, non è stato oggetto di puntuale censura con i motivi di ricorso per cassazione, sicché il medesimo profilo è ‘coperto’ da giudicato ‘interno’.
In terzo luogo, a nulla rileva la natura finanziaria dell’operazione intercorsa tra la ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ e le proprie cedenti.
Va al riguardo condiviso il rilievo formulato in parte qua dalla Corte di Milano (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Va al riguardo soggiunto, da un canto, che pur l’attività finanziaria è attività di impresa -evidentemente commerciale -riconducibile alle prefigurazioni dell’art. 2195 cod. civ. (ai sensi dell’art. 2195, 1° co., n. 4, cod. civ. è attività d’impresa commerciale anche l’attività bancaria, che per giunta contempla, ex art. 10 t.u.b., pur la raccolta del risparmio oltre che l’esercizio del credito) .
Va al riguardo soggiunto, d’altro canto, che la cessione del credito attribuisce al cessionario la qualità di creditore (cfr. Cass. 2.6.1977, n. 2243) in relazione alle ragioni già facenti capo alle cedenti, ragioni di certo ‘commerciali’.
In quarto luogo, non si prospetta il rischio prefigurato dalla ricorrente di duplicazione del pagamento degli interessi (cfr. ricorso, pag. 9) .
Invero, quanto la ‘RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto dall e proprie cedenti costituisce il corrispettivo afferente allo specifico rapporto tra essa cessionaria e le cedenti, che lascia impregiudicato il diritto della cessionaria agli accessori dei crediti ceduti (cfr. Cass. 9.4.2024, n. 9479, secondo cui, in tema di cessione del credito, la previsione del 1° co. dell ‘ art. 1263 cod. civ., secondo cui il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli ‘ altri accessori ‘ , va intesa nel senso che nell ‘ oggetto della cessione è ricompresa la somma delle utilità che il creditore può trarre dall ‘ esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con
il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione) .
Nel quadro delle operate puntualizzazioni vengono in evidenza nel caso de quo , ratione temporis , le disposizioni di cui all’originaria formulazione del d.lgs. n. 231 del 9.10.2002, emanato in attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (il ‘considerando’ n. 22 della direttiva 2000/35/CE -richiamato in premessa dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 18.11.2020 nella causa C-299/19 -così recita: ‘ la presente direttiva disciplina tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che esse siano effettuate tra imprese pubbliche o private o tra imprese e autorità pubbliche, tenendo conto del fatto che a queste ultime fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese (…)’) .
Ossia le disposizioni di cui alla formulazione del d.lgs. n. 231/2002 applicabile a decorrere dal 7.11.2002 ai contratti conclusi a far data dall’8.8.2002 (ex art. 11, 1° co., del medesimo decreto legislativo) e dunque di cui alla formulazione antecedente alle novità introdotte in primo luogo e a decorrere dall’1.1.2013 con il d.lgs. n. 192 del 9.11.2012.
Più esattamente, in questi termini, vengono in risalto le seguenti disposiz ioni dell’originario testo del d.lgs. n. 231/2002.
Innanzitutto, le seguenti previsioni dell’art. 2, rubricato ‘definizioni’:
<>.
Altr esì, la previsione del 1° co. dell’art. 3, rubricato ‘responsabilità del debitore’: <>.
Inoltre, le previsioni dell’art. 4, rubricato ‘decorrenza degli interessi moratori’, segnatamente del 1° co.: <>; segnatamente del 2° co.: <>.
Infi ne, la previsione del 1° co. dell’art. 5, rubricato ‘saggio degli interessi’: <>.
Al cospetto del quadro normativo testé delineato non possono che formularsi i rilievi che seguono.
In primo luo go, l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è senz’altro qualificabile in guisa di ‘pubblica amministrazione’ alla stregua dell’ampia nozione di cui alla lett. b) dell’art. 2 cit.
In secondo luogo, le forniture di prodotti sanitari che le società cedenti -danti causa della ‘Banc a RAGIONE_SOCIALE‘ e l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ebbero a stipulare, sono senz’altro ascrivibili alla definizione di ‘transazione commerciale’ di cui alla lett. a) dell’art. 2 cit.
In terzo luogo, la controricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ ha senz’altro diritto (ex art. 3, 1° co., cit.) alla corresponsione degli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002.
A t al ultimo riguardo si ribadisce che l’ incipit del 1° co. dell’art. 5 cit. fa espressamente salvo il diverso accordo tra le parti e tuttavia di un diverso accordo tra le parti non si ha riscontro.
Invano, perciò, la ricorrente invoca l’applicazione degli interessi legali, ossia degli interessi al tasso ‘indicato all’articolo 18 del Capitolato Generale d’Oneri per la Fornitura dei Beni e Servizi approvato con determina 479 del 15.6.06 e recepito con determinazione ASO n. 623 del 22.6.2007’ (così ricorso, pag. 7) .
17. I surriferiti rilievi sono perfettamente in linea con le puntualizzazioni cui la Corte di giustizia dell’Unione europea ha fatto luogo , di recente, con la sentenza del 18.11.2020 nella causa C-299/19.
Con la menzionate pronuncia la Corte di giustizia ha chiarito (al paragrafo n. 54) che <>.
E tanto, ben vero, la Corte ha chiarito dopo aver premesso testualmente:
<>.
<>.
<<Per quanto riguarda la prima condizione, la cui interpretazione non pone dubbi al giudice del rinvio, è sufficiente ricordare che la nozione di ' pubblica amministrazione ' è definita all ' articolo 2, punto 1, secondo comma, della direttiva 2000/35 come riferita a ' qualsiasi amministrazione o ente, quali definiti dalle direttive sugli appalti pubblici ' , mentre quella di ' impresa ' è definita all ' articolo 2, punto 1, terzo comma, di tale direttiva come relativa a ' ogni soggetto esercente un ' attività economica organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona ' .
<>.
18. L’applicabilità del d.lgs. n. 231/2002 (nella specie nella sua originaria formulazione) si accredita viepiù alla luce del seguente recente arresto delle sezioni unite di questa Corte.
Invero, le sezioni unite hanno esplicitato che rientrano nella nozione di transazione commerciale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE erogate agli assistiti in base ad un contratto accessivo all’accreditamento – concluso in
forma scritta con la P.A. dopo l’8 agosto 2002, avente la natura di contratto a favore di terzi ad esecuzione continuata e contenente la previsione dell’obbligo di pagamento di un corrispettivo, la cui ritardata esecuzione comporta il riconoscimento degli interessi moratori ex art. 5 del d.lgs. citato (cfr. Cass. sez. un. 14.12.2023, n. 35092) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo.
Deduce che la Corte di Milano per nulla ha tenuto conto, ai fini della inapplicabilità del d.lgs. n. 231/2002, della circostanza per cui il reale referente delle forniture effettuate alle aziende sanitarie è la Regione Piemonte (per il riferimento alla Regione Piemonte cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce segnatamente che al pagamento delle forniture provvede indirettamente la Regione, il che preclude l’applicazione della disciplina di cui al d.lgs. n. 231/2002, siccome non si è al cospetto di un rapporto contrattuale di natura ‘privatistico/imprenditoriale’ (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce del resto che ‘l’erogazione dei servizi sanitari deve essere assicurata anche se cagiona sicure perdite’ (così ricorso, pagg. 10 -11) .
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La ricorrente ha espressamente qualificato il secondo mezzo ai sensi del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ.
D ‘altronde, la ricorrente , con l’esperito mezzo, sollecita questa Corte al riesame di un profilo afferente a l giudizio ‘di fatto’ (è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e
la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054) .
Su tale scorta si rileva e si reputa quanto segue.
Il giudizio di appello è stato iscritto a ruolo nel 2015.
Il secondo dictum ha integralmente confermato il primo dictum .
Si applica conseguentemente ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter , 5° co., cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’ (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter, 5° co., cod. proc. civ. non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012 . Cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774, secondo cui nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 ter, 5° co., cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse) .
23. Si soggiunge comunque che la ricorrente non ha indicato il ‘come’ e il ‘quando’ il profilo d i cui ha lamentato l’omesso esame sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (al riguardo cfr. memoria controricorrente, pag. 1, secondo cui ‘non vi è neppure alcuna specifica allegazione, né tantomeno dimostrazione, in ordine ad una partecipazione della Regione’. C fr. Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053, secondo cui, nel rigoroso rispetto delle
previsioni degli artt. 366, 1° co., n. 6, e 369, 2° co., n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il ‘ fatto storico ‘ , il cui esame sia stato omesso, il ‘ dato ‘ , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘ come ‘ e il ‘ quando ‘ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘ decisività ‘; Cass. 8.9.2016, n. 17761)
24. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
25. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrent e, ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, a rimborsare alla controricorrente, ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte