Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1217 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24169/2023 R.G . proposto da :
AZIENDA REGIONALE PER L’EMERGENZA SANITARIA – ARES
118 , elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6289/2023 depositata il 3.10.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Banca IFIS s.p.a., nella qualità di cessionaria dei crediti vantati da Integra s.r.l. nei confronti della ARES 118 (Azienda regionale emergenza sanitaria), a seguito di forniture di beni, servizi e prestazioni varie, ha richiesto e ottenuto dal Tribunale di Roma l’emissione di decreto ingiuntivo del 26.5.2015 per la somma di € 747.658,63, oltre interessi e spese della procedura.
Avverso il decreto, notificato il 10.6.2015, con atto di citazione notificato in data 9.7.2015 ha proposto opposizione ARES 118, formulando eccezioni preliminari e di merito e contestando la pretesa.
Si è costituita Banca Ifis, chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto opposto.
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio esteso anche alla cedente RAGIONE_SOCIALE con sentenza n.17287 del 2019 ha revocato il decreto ingiuntivo n. 12607/2015 e ha condannato ARES 118 al pagamento
del residuo importo di € 32.009,63 in conto capitale, oltre agli interessi di mora sul complessivo importo fatto valere in giudizio di € 747.658,63 dalla maturazione al saldo e ha condannato la parte opponente a rimborsare a Banca IFIS s.p.a. le spese di lite, compensate per un terzo.
Il Tribunale ha altresì compensato le spese processuali tra RAGIONE_SOCIALE e le altre parti del giudizio.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE a cui hanno resistito le parti appellate Banca IFIS e Integra.
La Corte di appello di Roma con sentenza n.6289 del 3.10.2023 ha respinto l’appello con aggravio delle spese del grado.
La Corte di appello, per quel che ancora rileva in questa sede, quanto agli interessi di mora, ha disatteso la censura della ricorrente, che sosteneva che, trattandosi di debiti della pubblica amministrazione, e quindi di obbligazione da adempiersi presso la competente tesoreria, sarebbe stato necessario da parte del creditore un apposito atto di messa in mora per la relativa decorrenza del termine, certamente non automatico.
Avverso la predetta sentenza del 3.10.2023, notificata in data 6 e 9.10.2023, con atto notificato il 28.11.2023 ha proposto ricorso per cassazione Ares 118, svolgendo un unico motivo.
Hanno proposto controricorso sia Banca Ifis, sia Integra, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1182 e 1219 c.c. nonché
dell’art. 5 del r.d.l. 12.3.1936 n. 375, dell’art. 5, comma 1, d.l. 25.11.1989 n. 382, convertito nella legge 25.1.1990 n. 8, per avere i giudici di appello erroneamente dichiarato la automaticità della decorrenza degli interessi ex d.lgs. 231/2002 senza considerare la natura querable delle obbligazioni delle Aziende Sanitarie e la necessità di una preventiva costituzione in mora.
Il motivo è infondato.
5.1. La decisione è passata in giudicato quanto alla spettanza degli interessi moratori ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2002, che non è stata impugnata.
Si discute solo della data di decorrenza degli interessi predetti, che la ricorrente vorrebbe agganciare a un preventivo atto di messa in mora.
5.2. Assunto questo che si pone in netto contrasto con la lettera della norma: l’art.4 , comma 1, del d.lgs.9.10.2002 n.231, come modificato dall’articolo 62, comma 11, del d.l. 24.1.2012, n. 1 e successivamente sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. 9.11.2012, n. 192, recante disciplina speciale di attuazione del diritto dell’Unione europea, è inequivoco nel disporre che gli interessi moratori de quibus decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento (determinato secondo le regole dei successivi commi dello stesso articolo).
Tale cogente disciplina si applica necessariamente anche alla pubblica amministrazione, come chiariscono ulteriormente sia il comma 4 dello stesso articolo, secondo cui « Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola
relativa al termine deve essere provata per iscritto .», sia il comma 5, lettera b), che prevede che « I termini di cui al comma 2 sono raddoppiati … per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine .»
5.3 . La giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte conferma la correttezza della decisione impugnata, laddove ha affermato che in caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto agli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza necessità di specificare, nella domanda giudiziale, la natura e la misura degli interessi richiesti (Sez. 3, n. 28413 del 5.11.2024; Sez.1, n.7160 del 18.3.2024; Sez. 3, n. 14911 del 31.5.2019).
È stato inoltre precisato che la subordinazione dei pagamenti da parte dello Stato all’obbligo della previa fatturazione (nella specie: per corrispettivi di opere in appalto pubblico) va escluso anche alla luce della nuova disciplina di attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, contenuta nel d.lgs. n. 231 del 2002, che ha dettato una minuziosa regolamentazione della decorrenza degli interessi moratori, stabilendone la automatica decorrenza (senza la necessità della costituzione in mora del debitore) alla scadenza del termine legale, variamente individuato, con riferimento ad una pluralità di fatti, quali la data di ricevimento della fattura da parte del debitore, o quella di ricevimento , o quella di altri eventi (ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi o dell’accettazione o della verifica ai fini della conformità delle merci o dei servizi rispetto alle previsioni contrattuali), finanche quando (art. 4). (Sez. 1, n. 14465 del 29.7.2004).
Tali principi sono stati recentemente ribaditi dalla pronuncia della Sez. 1, del 2.9.2024 n.23477, secondo cui « L’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’applicabilità del d.lgs. n. 231 del 2002 comporta anche l’operatività della disposizione di cui all’art. 4, secondo cui gl’interessi moratori decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza che sia necessaria la costituzione in mora, trova anch’essa conforto nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha ritenuto che, in quanto manifestazione di un’evoluzione legislativa volta ad incentivare (attraverso sanzioni automatiche, di natura monetaria) il pagamento delle somme dovute nell’ambito dei contratti tra imprese o tra imprese e Pubbliche Amministrazioni, tale disciplina è applicabile a tutti i contratti con le Pubbliche Amministrazioni, comunque denominati, che comportino in via esclusiva o prevalente la consegna di merci o la prestazione di servizi, giacché l’espressione «prestazione di servizi», adottata dall’art. 2 del d.lgs. cit., è riferibile a tutte le prestazioni di fare, e di non fare, che trovino il proprio corrispettivo nel pagamento di un prezzo in denaro (cfr. Cass., Sez. I, 2/05/2024, n. 11721; Cass., Sez. III, 15/10/2019, n. 25924; Cass., Sez. II, 10/08/2023, n. 24390; 27/02/2019, n. 5734). »
Per i motivi esposti occorre rigettare il ricorso e condannare la ricorrente al pagamento delle spese in favore di entrambe le controricorrenti, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore delle parti controricorrenti, liquidate a favore di Banca IFIS nella somma di € 4.000,00 per compensi, € 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge e a favore di Integra s.r.l. nella somma di € 4.000,00 per compensi, € 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione