Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24418 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24418 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23666/2020 R.G. proposto da :
COGNOME RAGIONE_SOCIALECOGNOME SPA, rappresentato e difeso dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAIL
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
-intimato- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1101/2019 depositata il 14/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Catania con la sentenza n.1101 del 2019 pubblicata il 14 maggio 2019 ha respinto il gravame proposto dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 2893 del 2012 del Tribunale di Catania, che aveva accolto la domanda proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE all’epoca in amministrazione straordinaria ex lege 95/1979 – in qualità di impresa capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), costituito con le società RAGIONE_SOCIALE (fusa per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ed aveva condannato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Gestione Governativa della Ferrovia CircumEtna (FCE) al pagamento della somma di euro 158.702,76, oltre interessi legali e capitolari con le decorrenze indicate in motivazione.
1.1. La sentenza di primo grado aveva inoltre accolto anche la domanda avente ad oggetto gli interessi di mora per il ritardato pagamento dei vari SAL, ai sensi degli articoli 33 e 35 del DPR 1063/1009, condannando la parte convenuta al pagamento dell’importo di euro 90.000,00 a titolo dei richiesti interessi.
1.2. La domanda traeva origine dall ‘appalto al suddetto raggruppamento temporaneo di imprese dei lavori relativi al potenziamento e trasformazione del tratto urbano della F.C.E. a seguito dell’aggiudicazione risalente al 2/2/1989 ed alla successiva convenzione del 4/8/1989.
Avverso la sentenza di prime cure il RAGIONE_SOCIALE interponeva appello chiedendo il pagamento delle maggiori somme dovute a titolo di interessi per ritardato pagamento dei SAL rispetto a quella riconosciuta ed, in subordine, la condanna della parte convenuta al pagamento degli interessi cd. capitolari maturati e maturandi sull’importo di 90.000,00 dalla domanda al soddisfo. Inoltre, l’appellante censurava, sempre nell’ambito del primo motivo, la sentenza di prime cure anche sotto il profilo della
mancata considerazione della natura dinamica degli importi richiesti per interessi ed insisteva per la necessità del loro accertamento mediante CTU. In via ulteriormente subordinata l’appellante chiedeva la condanna della parte appellata al pagamento degli interessi capitolari o, in subordine, di quelli legali sulla somma di euro 90.000,00 dalla sentenza di primo grado al soddisfo.
In via incidentale condizionata l’appellato , costituendosi nel giudizio d’appello, contestava, a sua volta, la pronuncia del primo giudice.
Per quanto qui rileva, la Corte d’appello etnea disattendeva il primo motivo di impugnazione dell’appellante principale ritenendo che, diversamente da quanto da questo sostenuto, la limitazione all’importo di euro 90.000,00 della condanna richiesta a titolo di interessi per ritardato pagamento dei SAL era corretta in relazione alla valenza di clausola di stile attribuita all’espressione ‘di salvezza della maggiore o minore somma’ contenuta nelle conclusioni precisate dalla parte attrice all’udienza del 6 marzo 2012.
4.1. In particolare, la Corte d’appello argomentava la corretta applicazione fatta dal primo giudice dei principi interpretativi espressi, anche di recente dalla Suprema Corte (cfr. Cass.19455/2018), con particolare riguardo a quello secondo cui <>.
4.2. Inoltre, la Corte territoriale precisava che tale principio interpretativo non variava a seconda che si trattasse di importi riferiti a ‘interessi’ o a ‘capitale’ e che neppure rilevava l’inciso ‘occorrendo anche a seguito di CTU contabile’ a rendere non di stile la suddetta formula. In particolare, la Corte di merito ha osservato che, a fronte delle conclusioni precisate dall’appellante nel giudizio di primo grado, non era condivisibile l’assunto secondo cui le stesse contenessero il richiamo alle risultanze della CTU. Il richiamo all’eventuale espletamento della CTU contabile prospettato nell’atto introduttivo non poteva che avere il significato di una richiesta di accertamento tecnico rimesso al giudicante, ma non valeva a far ritenere, ex post , come fatti propri della parte i risultati dell’accertamento tecnico poi eseguito in mancanza di espresso richiamo allo stesso e di una esplicita determinazione della parte di voler precisare la propria domanda sul quantum in conformità al relativo risultato.
4.3. La Corte respingeva anche il secondo motivo di gravame ove si lamentava la mancata condanna della controparte al pagamento degli interessi legali maturati dalla data della domanda al soddisfo sull’importo riconosciuto di euro 90.000,00. Osservava, in proposito, che la domanda proposta in primo grado aveva ad oggetto la condanna al pagamento della somma di euro 90.000,00 a titolo di interessi per ritardato pagamento dei Sal, senza alcuna richiesta di riconoscimento degli (ulteriori) interessi maturati e maturandi sugli interessi scaduti chiesti quale importo capitale ai sensi dell’articolo 1283 cod. civ. Il rigetto della domanda conseguiva all’applicazione del consolidato orientamento che richiede una espressa domanda in tal senso incorrendo, in mancanza, il giudice nel vizio di ultra petizione. Detta specifica
domanda non era stata proposta in primo grado e non poteva essere formulata in appello.
4.4. Infine, la Corte d’appello respingeva la domanda subordinata di condanna dell’appellato al pagamento degli interessi maturati dopo la sentenza di primo grado e al risarcimento dei danni subiti.
4.5. A questo riguardo la Corte territoriale riteneva che nessuna prova di un danno sofferto dopo la sentenza fosse stato provato e che, con riguardo agli interessi maturati dopo la sentenza, la domanda andasse perciò rigettata in conformità all’insegnamento della Suprema Corte secondo cui non è consentito proporre in appello per la prima volta la domanda di pagamento di interessi maturati dopo la sentenza di primo grado se il fatto produttivo di detti interessi fosse stato anteriore all’inizio del processo, e ciò nonostante la relativa domanda non sia stata proposta nel giudizio di primo grado (Cass. SU 10156/1998).
La cassazione della sentenza d’appello è chiesta con tempestivo ricorso notificato il 7/9/202 dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi illustrati d memoria.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Gestione Governativa della Ferrovia Circumetnea (FCE) è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere il giudice d’appello, così come quello di prime cure, ritenuto che la formula ‘maggiore o minore somma’ esprimesse una clausola di stile, non considerando i fatti e gli elementi specificamente rappresentati in sede di appello e nuovamente enunciati nell’illustrazione del motivo , alla luce dei quali non solo avrebbe dovuto prendere atto della presenza e della sufficienza del riferimento testuale alla CTU contabile declinato anche in sede di precisazione delle conclusioni, ma avrebbe dovuto tenere presente che, pur in assenza di un siffatto riferimento,
l’incertezza residuata in esito alla CTU avrebbe comunque legittimato il ricorso alla suddetta formula, così come allo stesso approdo sarebbe dovuto pervenire considerando la natura e la sostanza della pretesa.
7.1. La censura è inammissibile non raccordandosi con la ratio della decisione impugnata, che non si sostanzia nel richiamo alla neutralità della formula, ma nel ben diverso fatto che nelle conclusioni non si fossero richiamati i risultati della CTU, circostanza, questa, in guisa della quale, venendo perciò meno la sussistenza della condizione di incertezza sul quantum richiesto, l’impiego della formula in disamina regrediva, di conseguenza, al mero rango della clausola di stile e risultava perciò, priva, di ogni portata decisoria.
Come si è già ricordato, infatti, il giudice di appello ha fatto notare che l’eventuale espletamento della CTU contabile prospettato nell’atto introduttivo non poteva che avere il significato di una richiesta di accertamento tecnico rimesso al giudicante, ma non valeva a far ritenere, ex post , come fatti propri della parte i risultati dell’accertamento tecnico poi eseguito in mancanza di espresso richiamo allo stesso e di una esplicita determinazione della parte di voler precisare la propria domanda sul quantum in conformità al relativo risultato. A fronte di ciò la tesi del ricorrente – secondo cui anche dopo la CTU contabile, ed in ragione della contestazione dei risultati della stessa, permaneva un’incertezza che giustificava l’impiego della clausola non di stile ‘maggiore o minore somma’ -non aggredisce il cuore dell ‘argomentazione svolta dalla Corte d’appello in ordine alla necessità di un espresso richiamo all’esito della CTU e di una esplicita determinazione della parte di voler precisare la propria domanda sul quantum in conformità al relativo risultato.
Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ.) la nullità della sentenza e del
procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 e 189 cod. proc. civ. e del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, per avere la Corte d’appello ritenuto che la formula ‘maggiore o minore somma’ esprimesse una clausola di stile accedendo ad un approccio eccessivamente formalistico.
8.1. La censura, benché formulata in termini diversi rispetto al primo motivo, ne ricalca i contenuti, sicché, dichiarandosi inammissibile il primo motivo per estraneità alla ratio decidendi , il secondo motivo resta conseguentemente assorbito.
Con il terzo motivo si deduce (in relazione a ll’ art. 360 comma 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ.) la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale erroneamente rigettato la domanda avanzata in via subordinata di riconoscimento degli interessi maturati successivamente alla sentenza di primo grado.
9.1. La censura è fondata in relazione agli interessi maturati successivamente alla sentenza di primo grado perché la relativa domanda era stata effettivamente proposta.
9.2. Questa Corte ha, infatti, già chiarito con la sentenza n. 8717/1996, enunciando un principio di diritto a cui si intende dare seguito anche nella presente occasione, che la deroga che, per ragioni di economia processuale, l’art. 345, comma 2, cod. proc. civ. prevede al divieto generale di nuove domande in appello limitatamente agli interessi, frutti, accessori e danni, rispettivamente maturati e sofferti dopo la sentenza impugnata, attiene agli accessori di una domanda già proposta in primo grado e non riguarda, pertanto, il caso in cui detta domanda sia stata avanzata per la prima volta in appello.
9.3. Ebbene, nel caso di specie la domanda di interessi attiene ad una domanda, quella per il pagamento degli interessi da ritardato pagamento dei Sal nella misura di euro 90.000,00, che era stata effettivamente proposta nel giudizio di primo grado, sicché gli
interessi maturati dopo la sentenza di primo grado e sino al saldo costituiscono accessori che ben potevano essere richiesti in appello, mentre la Corte catanese li aveva negati erroneamente invocando principi interpretativi relativi agli interessi convenzionali (cfr. Cass.58/2014) o agli interessi anatocistici (cfr. Cass. Sez. Un.10156/1998).
Con il quarto motivo si deduce la illegittimità della statuizione sulle spese giudiziali all’esito dell’accoglimento dei sopra prospettati motivi di ricorso, con richiesta di revisione del regolamento delle spese di lite e annullamento della condanna ex articolo 13 comma 1-quater T.U. Spese di giustizia.
10.1. Il motivo è assorbito nell’accoglimento del terzo motivo.
In conclusione il ricorso va giudicato inammissibile con riferimento al primo motivo di esso, mentre vanno dichiarati assorbiti il secondo ed il quarto motivo.
Il ricorso è invece fondato con riferimento al terzo motivo; ne segue, entro i limiti del motivo accolto, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d ‘appello d i Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso ed assorbiti il secondo ed il quarto motivo di ricorso; accoglie il terzo motivo del ricorso per quanto di ragione , cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I Sezione civile