Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5157 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5157  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30847 R.G. anno 2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME rappresentati  e  difesi dall’avvocato NOME  COGNOME  NOME,  domiciliati presso l’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME , domiciliat i presso l’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 1191/2019 depositata il 19 marzo 2019 della Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 ottobre 2023
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 28 ottobre 2016, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali avevano in precedenza stipulato un contratto di mutuo ipotecario con Credito Italiano s.p.a., hanno convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE s.p.a. domandando: che venisse dichiarata l’usurarietà degli interessi moratori convenuti contrattualmente e condannata controparte alla ripetizione dell’indebito maturato a tale titolo; che venisse in subordine dichiarata la nullità del contratto di mutuo per indeterminatezza dell’oggetto, e ciò con riguardo alla previsione di un tasso alternativo per il caso fosse venuto meno il parametro di riferimento del tasso corrispettivo; che, in via sempre gradata, fosse dichiarata la nullità della clausola contrattuale relativa agli interessi per mancata indicazione del TAE (tasso annuo effettivo).
Il Tribunale di Milano ha respinto le domande attrici.
La decisione di primo grado è stata confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza pubblicata il 19 marzo 2019.
COGNOME, COGNOME COGNOME COGNOME ricorrono per cassazione avverso quest’ul tima pronuncia; lo fanno con un ‘ impugnazione articolata in tre motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1815, comma 2, dell’art. 644, comma 1, c.p. , della l. n. 24/2001 e della l. n. 108/1996. Si assume che la decisione impugnata si porrebbe in contrasto con la disciplina vigente oltre che con il costante orientamento di questa S.C., secondo cui gli interessi moratori vanno computati ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia; si rileva che, in conseguenza, sulla pattuizione usuraria relativa agli interessi di mora opererebbe il disposto dell’art. 1815, comma 2,
c.c.,  onde  non  sarebbero  dovuti  né  interessi  moratori,  né  interessi corrispettivi.
Il motivo è fondato.
La Corte di appello ha respinto la domanda principale, avente ad oggetto l’accertamento dell’usurarietà del contratto per l’ asserita esorbitanza degli interessi di mora, ritenendo di non poter condividere l’arresto di Cass. 30 ottobre 2018 , n. 27442, secondo cui è nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della l. n. 108 del 1996. Secondo il Giudice distrettuale la differenza ontologica esistente tra gli interessi corrispettivi e gli interessi moratori importerebbe che a questi ultimi sia applicabile la sola disciplina prevista dall’art. 3 l. n. 108 del 1996, relativa all ‘«usura soggettiva».
Tale conclusione non può essere condivisa.
Va richiamato, sul punto, l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del TEGM (tasso effettivo globale medio) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal TEGM, incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il TEG (tasso effettivo globale) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il TEGM così come rilevato nei suddetti decreti; dall’accertamento
dell’usurarietà  discende,  poi,  l’applicazione  dell’art.  1815,  comma  2, c.c., di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell’art. 1224, comma 1, c.c. (Cass. Sez. U. 18 settembre 2020, n. 19597).
La  Corte  di  merito  mostra  di  considerare  preclusiva,  quanto all’esperibilità  dell’azione, la  circostanza  per  cui  gli  appellanti  non avevano «dedotto, nemmeno in via di allegazione, di aver corrisposto interessi moratori nel caso di specie».
Il rilievo non è tuttavia concludente. Infatti, l’interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto, e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati (Cass. Sez. U. 18 settembre 2020, n. 19597, cit.): onde, a fortiori , l’ammissibilità della  domanda di accertamento dell’usurarietà non può dipendere dall’avvenuto pagamento dei detti interessi.
Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art.  117  t.u.b.  e  dell’art .  6  delib.  CICR  del  9  febbraio  2000.  I ricorrenti contestano che la mancata indicazione del TAE all’interno del contratto  sia  priva  di  conseguenze  sul  piano  giuridico,  così  come ritenuto dalla Corte di merito.
Il motivo è infondato.
Nella vigenza della delib. CICR del 9 febbraio 2000 il TAE (che indica il tasso di interesse comprensivo della capitalizzazione) in tanto deve essere indicato nel contratto, in quanto questo preveda una capitalizzazione infrannuale : lo si desume dall’art. 6 della cit. delibera , il quale, dopo aver previsto che i contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito devono indicare la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato, dispone che « ei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base
annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione ». Ora, la Corte di appello ha evidenziato che il contratto dedotto in lite escludeva espressamente l’applicazione della capitalizzazione. Deve conseguentemente negarsi che la richiamata prescrizione potesse trovare concreta applicazione. Non concludente si rivela, del resto, l’ev ocazione dell’ art. 117 t.u.b.: vero è che il quarto comma di tale articolo prevede che il contratto debba indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati; ma il tema della riferibilità di tale disposizione alla maggiorazione anatocistica non può , all’evidenza, utilmente porsi con riguardo a un caso, come quello in esame, in cui la capitalizzazione è stata convenzionalmente esclusa.
3 .  -Col  terzo  motivo  si  denunciano  la  violazione  e  la  falsa applicazione  degli  artt.  61  e  132,  comma  2,  n.  4,  c.p.c..  Secondo  i ricorrenti  la  Corte  di  appello  avrebbe  immotivatamente  disatteso  la propria istanza di nomina di un consulente tecnico d’ufficio.
Il motivo può ritenersi assorbito, dovendosi riservare al Giudice del rinvio ogni valutazione quanto all’opportunità di far luogo a ll’esperimento di consulenza tecnica in vista della decisione da rendersi con riguardo alle domande proposte in tema di usura.
 –  In  conclusione, va  accolto  il  primo  motivo,  respinto  il secondo e dichiarato assorbito il terzo.
La sentenza è cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, la quale giudicherà in diversa composizione e statuirà pure sulla sorte delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La  Corte
accoglie  il  primo  motivo  di  ricorso,  dichiara  inammissibile  il secondo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione