Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33747 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33747 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 17670/2021 r.g. proposto da:
FALLIMENTO della società RAGIONE_SOCIALE (P.IVA P_IVA C.F. P_IVA), in persona del Curatore Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE) del foro di Catania, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Catania, INDIRIZZO come da procura in atti –
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, INDIRIZZO codice fiscale e numero di iscrizione nel Registro delle Imprese di Roma numero P_IVA, partita iva P_IVA, in persona del procuratore, dott. COGNOME NOMECOGNOME codice fiscale CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMECodice Fiscale CODICE_FISCALE .
-controricorrente –
avverso il decreto n. cron. 4154/2021 emesso dal Tribunale di Catania del 25.05.2021, depositato in cancelleria in pari data e notificato il successivo 11.6.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Catania -decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del FALLIMENTO della società RAGIONE_SOCIALE ha ammesso la società opponente al passivo del fallimento opposto per l’importo di euro 1.006.839,30, in via privilegiata ipotecaria, confermando, per la rimanente parte di credito, il decreto opposto.
Con domanda datata 23.01.2019, la società RAGIONE_SOCIALE – premessa la propria qualità di cessionaria di un portafoglio di crediti pecuniari del Banco BPM s.p.a. (tra cui quello vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE) – aveva chiesto insinuarsi al passivo del fallimento della predetta società per l’importo complessivo di euro 1.285.973,49, di cui: (a) euro 1.010.678,36, al rango privilegiato, quale saldo debitorio del conto corrente n. 389 (intrattenuto dalla società in bonis con la Banca Popolare di Lodi s.p.a., poi incorporata dal Banco BPM s.p.a.), e assistito da garanzia ipotecaria trascritta, oltre interessi convenzionali (dal giorno 01.04.2016 alla dichiarazione di fallimento) e spese del giudizio monitorio, liquidate in ulteriori euro 5.609,75; (b) euro 269.685,38, al rango chirografario, quale saldo debitorio del conto corrente n. 177 intrattenuto con il Banco BPM s.p.a., oltre interessi convenzionali dalla data del 12.12.2016 alla dichiarazione di fallimento.
Con decreto emesso in data 19.03.2019, il Giudice delegato, discostandosi in parte dalle conclusioni espresse dal c uratore, ha disposto l’ammissione del credito complessivamente insinuato al rango chirografario, così argomentando: ‘ Nella specie, il Giudice evidenzia come non risulti specificata la sorte capitale, né gli interessi corrispettivi, ai sensi del comma 2° dell’art. 2855 c.c., ai fini del riconoscimento del chiesto rango ipotecario, anche avuto
riguardo all’arco temporale preso in considerazione a tal fine dalla suddetta norma. Analogamente è a dirsi per le spese e gli accessori tassativamente indicati suscettibili di godere del citato rango, dovendosi ribadire che gli interessi moratori ante fallimento non godono del rango ipotecario, ma solo quelli post-fallimento e al tasso ex art. 1284 c.c. ‘
Proposta opposizione ex artt. 98 e 99 l. fall da parte di RAGIONE_SOCIALE
– limitatamente alla statuizione relativa al credito di cui alla lett. a (siccome degradato al rango chirografario) – il Tribunale, nella resistenza della curatela fallimentare, ha rilevato ed osservato che: (i) allorché sia chiesta l’ammissione al passivo fallimentare di un credito ipotecario, occorre scindere, nell’ambito del credito conglobato, le componenti relative al capitale ed agli interessi, onde riconoscere a questi ultimi rango chirografario o ipotecario alla stregua della disciplina dettata dall’art. 2855, commi 2 e 3, c.c., siccome richiamato dall’ultimo comma dell’art. 54 l. fall.; (ii) a norma dell’art. 2855, comma 2, c.c., qualunque sia la specie dell’ipoteca, l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell’iscrizione, limitatamente alle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, intendendosi la dichiarazione di fallimento equiparata al pignoramento ex art. 54, comma 3, l. fall.; (iii) tale norma regola invero l’estensione automatica del medesimo grado dell’iscrizione ipotecaria del titolo anche agli accessori dello stesso, e ciò fa con riferimento esclusivo ad un particolare tipo di titolo, quello costituito da un capitale fruttifero (“un capitale che produce interessi”), la cui nozione si rinviene nell’art. 820, comma 3, c.c.; (iv) avuto riguardo al criterio ermeneutico letterale ed a quello sistematico, la portata della norma va circoscritta ai soli interessi corrispettivi, rimanendo estraneo alla nozione di frutto civile l’interesse moratorio ex art. 1224 c.c., da intendersi quale presunzione legale utilizzata come criterio di liquidazione forfettario del risarcimento del danno da ritardo imputabile ad inadempimento colposo o doloso del debitore; (v) ulteriormente, il terzo comma dell’art. 2855 c.c. introduce una deroga alla disposizione di cui al comma precedente, così disponendo: “L’iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del
pignoramento, però soltanto nella misura legale e fino alla data della vendita”, ancora, una volta dovendosi intendere il riferimento cronologico “alla data del pignoramento” come riferito ex art. 54 l. fall. alla data della dichiarazione di fallimento; (vi) pure gli interessi maturati dopo lo scadere dell’anno in corso e fino alla data della vendita (decreto di trasferimento) beneficiano dell’estensione del medesimo grado dell’originaria garanzia ipotecaria, ma solo nella misura ridotta ex lege al tasso legale ex art. 1284 c.c.; (vii) la suddetta disposizione – dato il periodo di riferimento di maturazione degli interessi che beneficiano dell’estensione del grado d’ipoteca – qualifica necessariamente in modo diverso dalla precedente la natura degli ulteriori interessi, da intendersi non più come corrispettivi, bensì come moratori; (viii) risultava dunque condivisibile il provvedimento impugnato nella misura in cui aveva degradato il credito insinuando al rango chirografario, sul presupposto della mancata allegazione, ad opera del creditore istante, del calcolo di cui all’art. 2855 c.c.; (ix) non poteva pertanto trovare accoglimento la domanda spiegata in via principale dal ricorrente, la quale costituiva mera riproposizione di quella formulata in fase di ammissione; (x) tuttavia, il calcolo ex art. 2855 c.c. era stato sviluppato dal creditore opponente in seno al presente giudizio di opposizione, e ciò a mezzo consulenza tecnica di parte, da considerarsi alla stregua di una allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva – di per sé – di autonomo valore probatorio; (xi) all’esito dei conteggi svolti, la società opponente aveva dedotto un credito (di cui aveva chiesto l’ammissione in via subordinata) pari a complessivi: (a) euro 1.016.097,91 (di cui: euro 889.764,67 per sorte capitale; euro 150,43, per imposta di bollo su estratti conto; euro 120.573,06, per interessi corrispettivi maturati nel triennio ex art. 2855 c.c.; euro 5.609,75 per spese e competenze liquidate in decreto ingiuntivo n. 2890/2017), oltre interessi al solo tasso legale dopo la maturazione dell’annualità in corso alla dichiarazione di fallimento da quantificarsi al riparto, al rango ipotecario; (b) euro 94.934,76 a titolo di interessi corrispettivi ante triennio ex art. 2855 c.c., oltre ancora interessi moratori da computarsi al riparto, al rango chirografario; (xii) a fronte della documentazione pacificamente attestante il diritto al privilegio ipotecario rivendicato, il calcolo ex art. 2855 c.c. era stato eseguito facendo corretta
applicazione dei criteri esposti; (xiii) in ragione del divieto di formulare una vera e propria domanda nuova, ampliando o modificando petitum e/o causa petendi in seno al giudizio di opposizione allo stato passivo, non potevano essere riconosciuti in questa sede interessi diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti in sede di ammissione, sicché -avendo l’opponente, in seno al ricorso ex art. 93 l. fall., circoscritto la domanda per interessi a quelli dovuti dal giorno 01.04.2016 fino alla dichiarazione di fallimento – non poteva trovare accoglimento la domanda per interessi maturati dopo il compimento dell’annualità in corso alla dichiarazione di fallimento; (xiv) per la medesima ragione dovevano escludersi dalla quantificazione degli interessi corrispettivi, di cui al triennio ex art. 2855 c.c., quelli maturati successivamente al giorno 21.11.2018, data della dichiarazione di fallimento, sicché gli interessi cui riconoscere l’estensione del rango ipotecario dovevano essere rideterminati nell’importo complessivo di euro 117.074,63 ; (xv) l’opposizione doveva essere accolta limitatamente alla domanda spiegata in via subordinata e nei termini suindicati, con la conseguenza che -a modifica dello stato passivo l’ammissione, al rango privilegiato ipotecario, doveva essere riconosciuta n ell’importo complessivo di euro 1.006.839,3 0 (di cui euro 889.764,67 per sorte capitale ed euro 117.074,63 per interessi corrispettivi, nel triennio ex art. 2855 c.c., rettificati ut supra ); (xvi) il credito residuo, a conferma del provvedimento impugnato, doveva invece essere ammesso al rango chirografario.
Il decreto, pubblicato il 25.5.2021, è stato impugnato dal FALLIMENTO della società RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Fallimento ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo il Fallimento ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 2855 c.c.
1.1 Secondo il fallimento ricorrente, il provvedimento impugnato presenterebbe due errori: la quantificazione degli interessi ammessi e la qualificazione degli stessi interessi quali corrispettivi (piuttosto che moratori, come invece sono) e dunque il grado di ammissione.
1.1.1 Osserva più nel dettaglio il ricorrente che il provvedimento avrebbe circoscritto il periodo cui vanno riferiti gli interessi (‘dal giorno 01.04.2016 fino alla dichiarazione di fallimento’) e avrebbe conteggiato gli interessi stessi sulla scorta della richiamata tabella del consulente di parte. Il Tribunale, pur avendo in mente di escludere dal totale (Euro 120.573,06) gli interessi precedenti al 1.4.2016 e quelli successivi al 21.11.2018 (data del fallimento), avrebbe escluso – secondo il Fallimento ricorrente – solo quelli relativi al mese di dicembre 2018 (Euro 2.553,09) ed il rateo relativo all’ultima decade di novembre 2018 (Euro 945,34 ovvero 2.836,03/30×10), non escludendo tuttavia quelli conteggiati per gli ultimi giorni del 2015 (Euro 977,45) e quelli relativi al primo trimestre 2016 (Euro 24.851,05).
1.1.2 Il secondo errore in cui sarebbe incorso il Tribunale sarebbe stato invece di ordine concettuale, sempre secondo le deduzioni del Fallimento ricorrente. Secondo il Tribunale, infatti, ‘la portata della norma (l’art. 2855 c.c.) va circoscritta ai soli interessi corrispettivi, rimanendo estraneo alla nozione di frutto civile l’interesse moratorio ex art. 1224 c.c.’. Ma gli interessi, dei quali si discute, non potrebbero – sottolinea ancora il ricorrente – giammai essere qualificati quali corrispettivi, essendo gli stessi chiaramente interessi moratori. Si evidenzia da parte del Fallimento che il Tribunale non si sarebbe avveduto che il debito era sorto in forza di (a) una prima apertura di credito per Euro 950.000,00 (atto Notaio COGNOME) del 17.12.2010; (b) una successiva apertura di credito per Euro 100.000.00 (atto Notaio COGNOME) del 29.11.2013; e (c) un’ulteriore apertura di credito per ulteriori Euro 200.000,00 (atto integrativo del notaio COGNOME) del 30.5.2014. Osserva ancora il ricorrente che il primo contratto (Notaio COGNOME) era scaduto nel luglio 2011 (e mai era stata richiesta una proroga) ed il secondo contratto (Notaio COGNOME) era scaduto il 31.1.2015, data in cui la debitrice non era riuscita più a rientrare secondo l’accordo integrativo del 30.5.2014 a rogito del Notaio COGNOME, e che gli estratti conto allegati si arrestavano alcuni (quelli
relativi al c/c 389 con saldo negativo per euro 1.010.678,36) al 31.3.2016 ed altri (quelli relativi al c/c 177 con saldo negativo per euro 269.685,38) al 12.12.2016 (la data del passaggio a sofferenza). Risulterebbe dunque chiaramente infondata la qualificazione degli interessi (del periodo 1.4.2016 – 21.11.2018) come corrispettivi, essendo piuttosto manifesta (agli atti) la loro qualificazione come interessi moratori, e dunque da ammettersi al chirografo.
Il motivo di ricorso è inammissibile.
2.1 Occorre in primo luogo evidenziare come la motivazione impugnata risulta conforme ai principi affermati, nella materia in esame, dalla giurisprudenza di questa Corte, principi secondo i quali ‘ nei crediti per capitale assistiti da ipoteca deve essere tenuto distinto l’ambito operativo dei commi 2 e 3 dell’art. 2855 c.c., atteso che il comma 2 disciplina i limiti di estensione della garanzia ipotecaria agli “interessi corrispettivi”, individuandoli nel triennio ivi considerato (biennio precedente ed anno in corso al momento del pignoramento) e sanzionando con la nullità gli accordi non conformi ai limiti legali, mentre il comma 3 ha per oggetto la disciplina dei limiti di estensione della garanzia ipotecaria agli “interessi moratori” (tali dovendo in ogni caso qualificarsi, ex art. 1219, comma 1, c.c. gli interessi maturati dopo la notifica del precetto), i quali, successivamente all’anno del pignoramento e fino alla data della vendita beneficiano dell’estensione del medesimo grado della originaria garanzia ipotecaria, ma solo nella misura ridotta “ex lege” al tasso legale. Il riferimento cronologico “alla data del pignoramento” contenuto nelle disposizioni della norma in esame, poi, trova applicazione anche ai crediti ipotecari fatti valere nelle procedure concorsuali ed a quelli azionati dai creditori intervenuti nella procedura esecutiva individuale, e deve intendersi riferito, ai sensi dell’art. 54 della Legge fallimentare, alla data della dichiarazione di fallimento, e nel caso di intervento spiegato nella procedura esecutiva (per un titolo fruttifero) ai sensi degli artt. 499 e 500 c.p.c., all’atto di concreta aggressione esecutiva del patrimonio debitore posto in essere dal creditore privilegiato (cd. ricorso per intervento) ‘ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4927 del 02/03/2018).
2.3 Ciò posto e chiarito, le doglianze proposte dal Fallimento ricorrente sollecitano questa Corte di legittimità, peraltro sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ad una rivisitazione della quaestio facti , tramite la rilettura degli atti istruttori di matrice documentale per accreditare una diversa quantificazione e qualificazione degli interessi, scrutinio che, invece, per come formulato, è inammissibile per il giudice di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Ne consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 27.11.2024