Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
R.G.N. 8582/24
C.C. 9/01/2025
ORDINANZA
Appalto -Pagamento corrispettivo -Spettanza interessi commerciali sul ricorso (iscritto al N.R.G. 8582/2024) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
F.lli NOME di NOME Angela RAGIONE_SOCIALE. (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , nonché NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, quali soci, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1330/2023, pubblicata il 28 novembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse del ricorrente e dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 470/2012 del 28 marzo 2012, il Tribunale di Cosenza ingiungeva il pagamento, a carico della F.lli RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nonché dei soci RAGIONE_SOCIALE, Domanico NOME e COGNOME NOME e a favore di COGNOME NOME, della somma di euro 52.000,00, oltre interessi legali, a titolo di corrispettivo dovuto per l’appalto eseguito, come da fatture nn. 2 e 3 del 31 dicembre 2011.
Con atto di citazione notificato il 22 maggio 2012, la RAGIONE_SOCIALE nonché i soci RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano opposizione avverso l’emesso provvedimento monitorio, chiedendo che fosse accertato che l’importo complessivo dei lavori realizzati ammontava ad euro 57.853,00 e non ad euro 65.340,00 e che la somma versata a titolo di acconti era pari ad euro 17.636,77 e non ad euro 12.000,00. In via riconvenzionale, chiedevano la condanna al risarcimento dei danni per la mancata ultimazione e consegna dell’opera, per i vizi dell’appalto eseguito e per il pregiudizio arrecato da un dipendente ad un’autovettura in sosta, per un totale di euro 62.450,00.
Si costituiva in giudizio COGNOME COGNOME, il quale contestava, in fatto e in diritto, la fondatezza dell’opposizione e ne chiedeva il rigetto, con la conferma del decreto ingiuntivo opposto (specificando che gli interessi legali dovuti, come da ricorso per decreto ingiuntivo, si identificavano con quelli previsti per le transazioni commerciali di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 231/2002).
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio, con la successiva disposizione dell’integrazione delle indagini peritali.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2322/2017, depositata il 23 novembre 2017, notificata il 12 gennaio 2018, accoglieva per quanto di ragione l’opposizione e, per l’effetto, revocava l’opposto decreto ingiuntivo e condannava le parti opponenti, in solido, al pagamento, in favore della parte opposta, della somma di euro 57.969,89, oltre IVA al 20% e interessi ex art. 5 del d.lgs. n. 231/2002 sino al soddisfo; rigettava le domande riconvenzionali proposte dalle parti opponenti; compensava le spese di lite per metà (disponendo la refusione della residua metà a carico delle parti opponenti) e poneva definitivamente il compenso di consulenza tecnica d’ufficio a carico di parte opposta.
2. -Con atto di citazione notificato il 10 febbraio 2018, la RAGIONE_SOCIALE nonché i soci RAGIONE_SOCIALE, Domanico Luciano e COGNOME NOME proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) che la quantificazione del corrispettivo per i lavori eseguiti ammontava a complessivi euro 57.969,89, IVA inclusa; 2) che erroneamente non si era tenuto conto degli acconti corrisposti per euro
17.636,77 o, in via gradata, per euro 12.000,00; 3) che non vi era stata alcuna decurtazione per l’esecuzione dei lavori in violazione delle regole dell’arte, il cui costo di ripristino ammontava ad euro 7.460,77; 4) che erroneamente era stata disattesa la domanda di risarcimento dei danni per la mancata ultimazione e consegna dell’opera e per i nocumenti arrecati all’autovettura.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME COGNOME il quale instava per il rigetto dell’appello, con la conferma della decisione impugnata, riconoscendo l’avvenuto pagamento in acconto della somma di euro 12.000,00.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione dell’impugnazione spiegata e in parziale riforma della pronuncia appellata, condannava le parti appellanti, per il titolo oggetto di causa, al pagamento, in favore della parte appellata, della somma complessiva di euro 45.969,89, oltre IVA e interessi al tasso legale dalla domanda sino al soddisfo, precisando che da tale importo doveva essere detratta la somma ulteriore di euro 35.000,00 corrisposta in corso di causa, e condannava le parti appellanti alla refusione delle spese del grado d’appello nella misura della metà, compensando la residua metà.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che nella quantificazione della somma dovuta non si era tenuto conto dell’acconto versato di euro 12.000,00 per i lavori edili commissionati, benché l’appaltatore avesse confermato di aver ricevuto tale importo; b ) che i corrispettivi riferiti all’esecuzione
delle opere edili dovevano essere soggetti al pagamento dell’IVA, non emergendo dai documenti depositati che le parti avessero pattuito che gli oneri fiscali rimanessero a carico dell’impresa appaltatrice; c ) che il rapporto contrattuale era stato intrattenuto tra parti private e la controversia era stata introdotta prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 132/2014, convertito in legge n. 162/2014, sicché non era applicabile il tasso di interesse previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 231/2002, ma il solo tasso legale ex art. 1284, primo comma, c.c.; d ) che, per l’effetto, le parti appellanti dovevano essere condannate al pagamento della somma di euro 45.969,89, oltre IVA e interessi al tasso legale dalla domanda al soddisfo, da cui doveva essere detratta la somma di euro 35.000,00 corrisposta in corso di causa; e ) che l’accoglimento parziale dell’impugnazione comportava la condanna delle parti appellanti al pagamento delle spese processuali, con liquidazione come da dispositivo, da compensarsi nella misura di un mezzo.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME Franco.
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nonché i soci Domanico Angela, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
4. -Il ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Anzitutto deve essere respinta l’eccezione pregiudiziale sollevata dai controricorrenti in ordine al contestato difetto di autosufficienza del ricorso.
Infatti, nel corpo dei motivi addotti è contenuta la puntuale indicazione degli elementi posti a base di ogni censura, il che consente la pronta individuazione delle questioni da risolvere.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002 e degli artt. 1219, 1224 e 1284 c.c. nonché dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito negato la spettanza degli interessi commerciali sulla somma riconosciuta a titolo di corrispettivo dell’appalto, limitandosi ad escludere la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 1284, quarto comma, c.c. come aggiunto dall’art. 17 del d.l. n. 132/2014, conv. con modif. dalla legge n. 162/2014 -, a norma del quale, se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, disposizione applicabile, ai sensi del citato art. 17, secondo comma, ai procedimenti che hanno avuto il loro inizio -da individuarsi con riferimento al primo grado della causa -a partire dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.
Obietta l’istante che gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231/2002 sarebbero stati introdotti in attuazione della direttiva 2000/35/CE, al fine di svolgere una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti dei debitori inadempienti al pagamento del corrispettivo nelle transazioni commerciali definite dall’art. 2 dello stesso d.lgs., cosicché la disciplina relativa alla decorrenza automatica degli interessi moratori, senza la necessità della
costituzione in mora del debitore, sarebbe stata applicabile a tutti i contratti tra imprese o tra queste e pubbliche amministrazioni, comunque denominati, che avessero comportato, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, con la conseguente compatibilità rispetto al contratto d’appalto come definito dall’art. 1655 c.c., senza che fosse necessaria la specificazione nella domanda giudiziale della natura e della misura degli interessi richiesti.
2.1. -Il motivo è fondato.
Ora, a fronte della richiesta degli interessi moratori (ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 231/2002) sin dal ricorso monitorio, la sentenza di prime cure ha riconosciuto la spettanza di detti interessi nella misura commerciale ( recte per le transazioni commerciali) mentre la sentenza d’appello, in accoglimento del motivo di gravame spiegato dagli appaltanti, ne ha negato la spettanza, sia in ragione dell’impossibilità di applicazione ratione temporis dell’art. 1284, quarto comma, c.c., sia alla stregua dell’inerenza del contratto ad un rapporto tra privati, rappresentato appunto dall’appalto, cui sarebbero stati inapplicabili gli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002.
Senonché la disciplina relativa alla decorrenza automatica degli interessi moratori senza che sia necessaria la costituzione in mora del debitore, dettata dal d.lgs. n. 231/2002 in attuazione della direttiva 2000/35/CE, risulta applicabile a tutti i contratti tra imprese o tra queste e pubbliche amministrazioni, comunque denominati, che comportino, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi.
Detta disciplina è, pertanto, compatibile anche con il contratto d’appalto, come definito dall’art. 1655 c.c., atteso che l’espressione ‘prestazione di servizi’, adottata dall’art. 2 del d.lgs. citato, è riferibile a tutte le prestazioni di fare, e di non fare, che trovino il proprio corrispettivo nel pagamento di un prezzo in denaro (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24390 del 10/08/2023; Sez. 2, Sentenza n. 5734 del 27/02/2019; così anche Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22260 del 25/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 21523 del 20/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 14465 del 29/07/2004).
Nella fattispecie, l’appalto risulta concluso tra due società, sicché il giudice di rinvio dovrà verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione degli interessi commerciali ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002, alla luce dei principi indicati.
3. -Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 91, 92 e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale mancato di riconoscere e liquidare il compenso legale dovuto per il giudizio di primo grado e per non aver nulla disposto in relazione alle spese di consulenza tecnica d’ufficio, pur avendo riformato la sentenza del Tribunale, cui è seguita la regolamentazione delle competenze con riferimento al solo grado d’appello.
Osserva l’istante che non vi sarebbero stati i presupposti per disporre la compensazione delle spese del grado d’appello nei limiti della metà, in ragione del riconoscimento -a cura dell’appaltatore , sin dal giudizio di primo grado, del versamento degli acconti nella misura di euro 12.000,00, né vi sarebbe stata
alcuna giustificazione per escludere la condanna alla refusione delle spese del giudizio di primo grado e del compenso di consulenza tecnica d’ufficio in base alla soccombenza in giudizio.
3.1. -Il motivo è assorbito.
E ciò perché, per effetto dell’accoglimento della prima doglianza, il giudice di rinvio dovrà rivalutare la regolamentazione delle spese dell’intero giudizio, ivi compreso il compenso di consulenza tecnica d’ufficio.
La cassazione parziale in ordine alla parte relativa alla disposta condanna al pagamento degli interessi legali semplici implica, infatti, la caducazione della parte dipendente da quella cassata, inerente alla disciplina delle spese di lite, in ragione dell’effetto espansivo interno di cui all’art. 336, primo comma, c.p.c.
4. -In definitiva, il primo motivo del ricorso deve essere accolto mentre il rimanente motivo è assorbito.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
La disciplina relativa alla decorrenza automatica degli interessi moratori senza che sia necessaria la costituzione in mora del debitore, dettata dal d.lgs. n. 231/2002 in attuazione della direttiva 2000/35/CE, è compatibile anche con il contratto d’appalto concluso tra imprese, come definito dall’art. 1655 c.c., atteso che l’espressione ‘prestazione di servizi’, adottata dall’art. 2 del d.lgs. citato, è riferibile a tutte le prestazioni di fare, e di
non fare, che trovino il proprio corrispettivo nel pagamento di un prezzo in denaro .
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda