LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Interessi commerciali in appalto tra imprese: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1747/2025, ha stabilito che gli interessi commerciali per ritardato pagamento, previsti dal D.Lgs. 231/2002, si applicano anche ai contratti d’appalto stipulati tra imprese private. Il caso riguardava un’impresa edile che chiedeva il pagamento del corrispettivo per lavori eseguiti. Mentre la Corte d’Appello aveva negato tali interessi, riconoscendo solo quelli legali, la Cassazione ha riformato la decisione. Ha chiarito che il contratto d’appalto rientra nella nozione di “prestazione di servizi”, rendendo pienamente applicabile la disciplina speciale, più severa, volta a contrastare i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Appalto tra imprese: sì agli interessi commerciali per ritardi nei pagamenti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le imprese che operano nel settore delle costruzioni: l’applicazione degli interessi commerciali nei contratti d’appalto tra privati. Con una decisione chiara, i giudici supremi hanno stabilito che la disciplina speciale contro i ritardi nei pagamenti, prevista dal D.Lgs. 231/2002, si estende anche a questi contratti, offrendo una tutela rafforzata al creditore.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dalla richiesta di pagamento avanzata da un’impresa individuale nei confronti di una società in nome collettivo per lavori edili eseguiti. A fronte del mancato saldo, l’impresa creditrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo. La società committente si era opposta, contestando l’importo e avanzando a sua volta domande di risarcimento per vizi dell’opera e altri presunti danni.

Il Tribunale di primo grado aveva condannato la società committente al pagamento di una somma, riconoscendo l’applicazione degli interessi commerciali secondo il D.Lgs. 231/2002. Tuttavia, la Corte d’Appello, in parziale riforma, aveva escluso tale maggiorazione, ritenendo che al rapporto, essendo tra privati, si applicasse solo il più mite tasso di interesse legale previsto dal codice civile. Secondo i giudici d’appello, la normativa speciale non era applicabile ai contratti d’appalto tra privati. L’impresa creditrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La disciplina degli Interessi Commerciali e la decisione della Cassazione

Il cuore della controversia verteva sull’interpretazione del D.Lgs. 231/2002, che attua la direttiva europea 2000/35/CE sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. La Corte d’Appello aveva negato l’applicazione di questa normativa, ma la Cassazione ha ribaltato tale interpretazione.

Il ricorrente sosteneva che la Corte di merito avesse errato nel non riconoscere la spettanza degli interessi commerciali, la cui funzione è quella di sanzionare e disincentivare i ritardi nei pagamenti, garantendo una più rapida circolazione della liquidità tra le imprese. La disciplina, infatti, prevede una decorrenza automatica degli interessi senza la necessità di una formale messa in mora.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio di diritto fondamentale. I giudici hanno chiarito che la disciplina del D.Lgs. 231/2002 si applica a tutti i contratti stipulati tra imprese, o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportino, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi.

Il punto chiave della decisione risiede proprio in quest’ultima espressione. La Cassazione ha stabilito che il contratto d’appalto, definito dall’art. 1655 c.c., rientra a pieno titolo nella nozione di ‘prestazione di servizi’. L’espressione, infatti, è da intendersi in senso ampio, includendo tutte le prestazioni di fare e non fare che trovano il loro corrispettivo nel pagamento di un prezzo. Di conseguenza, anche un contratto d’appalto concluso tra due imprese private è una ‘transazione commerciale’ ai sensi della normativa speciale. La Corte d’Appello ha quindi errato nel negare l’applicazione degli interessi commerciali richiesti sin dall’inizio dal creditore.

Le Conclusioni

La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà ora decidere nuovamente la controversia attenendosi al principio stabilito dalla Cassazione. In pratica, dovrà ricalcolare il dovuto applicando i più onerosi interessi commerciali dal momento della scadenza del pagamento.

Questa ordinanza rafforza la tutela delle imprese appaltatrici, spesso penalizzate da ritardi nei pagamenti che possono metterne a rischio la stabilità finanziaria. Si conferma che l’obiettivo della normativa europea e nazionale è quello di garantire una disciplina uniforme e rigorosa per tutte le transazioni commerciali, indipendentemente dal fatto che il contratto sia una vendita, una somministrazione o, come in questo caso, un appalto d’opere.

Gli interessi commerciali previsti dal D.Lgs. 231/2002 si applicano ai contratti d’appalto tra imprese private?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la disciplina sulla decorrenza automatica degli interessi moratori, dettata dal D.Lgs. 231/2002, è compatibile con il contratto d’appalto concluso tra imprese, poiché tale contratto rientra nella categoria della “prestazione di servizi”.

Perché un contratto d’appalto è considerato una “prestazione di servizi” ai fini del D.Lgs. 231/2002?
Perché l’espressione “prestazione di servizi”, utilizzata nell’art. 2 del D.Lgs. 231/2002, è intesa in senso ampio e si riferisce a tutte le prestazioni di fare (e di non fare) che hanno come corrispettivo il pagamento di un prezzo in denaro, categoria nella quale rientra pienamente il contratto d’appalto definito dall’art. 1655 c.c.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione accoglie un motivo di ricorso e cassa la sentenza?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia la causa a un’altra sezione dello stesso giudice che ha emesso la decisione (in questo caso, la Corte d’Appello). Questo giudice dovrà riesaminare il caso e decidere di nuovo, ma questa volta dovrà obbligatoriamente seguire il principio di diritto enunciato dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati