Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17734 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17298/2022 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME con domicilio digitale presso il proprio difensore, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2067/2022 depositata il 13/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto del 13 febbraio 2012, la società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 293/11, emesso in data 20 ottobre 2011 dal Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Frattamaggiore, con cui le veniva ingiunto il pagamento della somma di € 183.317,41, oltre interessi e spese, in favore dell’arch. NOME COGNOME.
Soppressa la sezione distaccata, il giudizio proseguiva dinanzi al Tribunale di Napoli; n el corso del procedimento, quest’ultimo veniva interrotto per intervenuta estinzione della società opponente, dichiarata in udienza dal difensore, in ragione della volontaria cancellazione della stessa dal registro delle imprese.
Il giudizio veniva tempestivamente riassunto nei confronti degli ex soci della società estinta. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8816/2019 del 8 ottobre 2019, revocava il decreto ingiuntivo n. 293/11, rilevando che dal bilancio finale di liquidazione prodotto risultava l’assenza di riparti in favore dei soci.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2067/2022, respingeva l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e lo condannava alla rifusione delle spese del grado.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME propone ricorso per Cassazione con due motivi.
3.1. NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono costituiti con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione ex art 360, c. 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 2945 c.c. e all’art. 100 c.p.c. sostenendo che la Corte d’appello di Napoli avrebbe errato nel ritenere insussistente l’interesse ad agire del creditore nei confronti degli ex soci della società estinta, in assenza di prova della percezione, da parte di questi ultimi, di somme derivanti dal bilancio finale di liquidazione.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe mal interpretato la giurisprudenza di legittimità, in particolare la sentenza n. 9672/2018, la quale afferma che la responsabilità degli ex soci sussiste indipendentemente dall’aver essi goduto di un riparto dell’attivo sociale e che l’interesse ad agire del creditore non è escluso dalla mancanza di tale riparto.
Il ricorrente sottolinea che l’interesse ad agire ha natura dinamica e può sussistere anche in assenza di attivo liquidato, ad esempio per ottenere un titolo esecutivo da far valere in caso di sopravvenienze attive o per interrompere la prescrizione.
Pertanto, la decisione della Corte d’appello, che ha subordinato l’interesse ad agire alla prova della percezione di somme da parte degli ex soci, si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità e violerebbe le disposizioni normative richiamate.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.
COGNOME lamenta che la Corte d’appello ha omesso l’esame di un fatto decisivo costituito dalla pendenza, dinanzi al Tribunale di Napoli (R.G. n. 30154/2018), di un giudizio di revocatoria ordinaria promosso dallo stesso ricorrente nei confronti dei soci della RAGIONE_SOCIALE cancellata, avente ad oggetto il trasferimento dell’intero patrimonio immobiliare della società estinta.
Il fatto, allegato nell’atto di appello e documentato mediante produzione agli atti (all. 2 del fascicoletto), risulta idoneo a fondare, in concreto, l’interesse ad agire dell’odierno ricorrente, anche ai fini di un’azione di condanna, in quanto diretto all’ottenimento di un titolo utile alla successiva escussione dei beni eventualmente recuperati in esito all’azione revocatoria. In tal senso, la pendenza del giudizio revocatorio integra una delle ipotesi espressamente individuate dalla giurisprudenza di legittimità -e, in particolare, da Cass. n. 31933/2019, erroneamente richiamata dalla Corte d’appello in senso contrario in cui, pur in assenza di distribuzioni patrimoniali a favore dei soci, permane in capo al creditore un concreto interesse all’accertamento giudiziale del proprio diritto.
La Corte territoriale, pur dando atto che la legittimazione passiva degli ex soci quale effetto della cancellazione della società non è subordinata alla percezione di somme derivanti dalla liquidazione, ha poi escluso l’interesse ad agire del creditore sul presupposto che, nel caso concreto, non vi fosse prova di attivo distribuito, omettendo del tutto di considerare la circostanza -oggetto di specifica allegazione e documentazione -della pendenza del distinto giudizio revocatorio, con conseguente pregiudizio del diritto di difesa del ricorrente.
Tale omissione si palesa ancor più rilevante in quanto la questione, oltre ad essere stata ritualmente sollevata nel giudizio d’appello, costituiva un elemento essenziale per la valutazione della sussistenza dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., secondo l’interpretazione della giurisprudenza consolidata di legittimità (Cass. nn. 9672/2018, 21105/2016, 12953/2017, 619/2021).
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro stretta connessione logicogiuridica e si rivelano fondati nei termini che seguono.
La Corte d’appello di Napoli, pur richiamando i principi espressi dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 6070 e 6072 del 2013, ne ha disatteso la corretta portata precettiva, ritenendo che la legittimazione passiva degli ex soci -pur non subordinata alla percezione di somme in sede di liquidazione -debba comunque accompagnarsi, ai fini dell’ammissibilità dell’azione di condanna, alla prova della percezione di una quota dell’attivo.
Tale conclusione non è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la cancellazione di una società dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in capo agli ex soci, i quali subentrano nei rapporti obbligatori già facenti capo alla società estinta, fermo restando il limite di responsabilità previsto dall’art. 2495, comma 2, c.c., entro il quale essi rispondono delle obbligazioni sociali nei limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, nn. 6070 e 6072).
Tuttavia, come affermato in successive pronunce, tra cui Cass. n. 31933/2019, la circostanza che il socio abbia percepito o meno somme in sede di liquidazione non è elemento dirimente ai fini dell’interesse ad agire del creditore, il quale può conservare un interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere una pronuncia anche solo dichiarativa, per esempio ai fini dell’escussione di garanzie o in vista di sopravvenienze attive.
Tale principio è stato ribadito anche dalla più recente giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 619/2021; Cass. N. 2/2022; Cass. 26758/2022; Cass. 8633/2024), secondo cui l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. ha natura dinamica e può sussistere anche in assenza di utilità immediatamente conseguibili, ogniqualvolta la parte attrice rappresenti l’esigenza di munirsi di un titolo idoneo a tutelare il proprio diritto in concreto, anche rispetto a situazioni sopravvenute o in via meramente conservativa.
D’altra parte, la successione a titolo universale dei soci delle società estinte implica che correttamente nel loro contraddittorio prosegue il giudizio nei confronti della società stessa, salva poi la limitazione, che va provata in quel medesimo giudizio, della responsabilità patrimoniale dei singoli successori, assimilabile a quella dell’erede beneficiato, entro le somme effettivamente percepite (o, come nella specie, percepibili in esito al positivo sviluppo di separate azioni) in sede di bilancio di liquidazione.
Nel caso di specie, inoltre, la Corte territoriale ha omesso del tutto di considerare -benché espressamente allegata e documentalmente dimostrata dall’appellante la pendenza del giudizio revocatorio promosso nei confronti degli stessi ex soci, avente ad oggetto l’atto di trasferimento del patrimonio immobiliare della società estinta, potenzialmente lesivo della garanzia patrimoniale del creditore.
Tale circostanza assumeva rilievo decisivo ai fini della valutazione della sussistenza in concreto dell’interesse ad agire, in quanto dimostrativa della concreta possibilità, per il creditore, di ottenere -a seguito dell’eventuale accoglimento dell’azione revocatoria un’effettiva soddisfazione del credito, nei limiti della responsabilità dei soci ex art. 2495 c.c.
L’omesso esame di tale fatto, rilevante e controverso, integra pertanto il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto incidente su un punto decisivo della controversia, e rende ulteriormente erronea la conclusione cui è pervenuta la Corte d’appello, che ha negato in radice la sussistenza dell’interesse ad agire, senza considerare le concrete esigenze tutelate dalla domanda di parte.
In sostanza, in caso di trasferimento del diritto controverso in corso di causa per atto inter vivos a titolo particolare, e successiva estinzione della società cedente, i soci devono essere qualificati
come successori a titolo universale nella sola posizione processuale della società estinta, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., con conseguente legittimazione a proseguire il giudizio, in applicazione dell’art. 111 c.p.c., quale parte originaria.
Tale subentro opera sul piano esclusivamente processuale e attiene alla regolare prosecuzione del giudizio, prescindendo dalla circostanza che i soci abbiano effettivamente percepito somme in sede di riparto o risultino astrattamente destinatari di utilità ai sensi del bilancio finale di liquidazione.
La responsabilità patrimoniale personale dei soci verso i creditori sociali costituisce profilo distinto e attiene ad eventuale ulteriore e separata domanda direttamente nei loro confronti, essendo subordinata, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c., alla verifica della percezione o della percepibilità di somme derivanti dal bilancio finale di liquidazione.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, affinché riesamini la controversia alla luce degli appena esposti principi di diritto, provvedendo pure per le spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza