Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10820 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10820 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17566/2024 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentata e difese dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL – controricorrente – avverso l ‘ ordinanza della Corte di cassazione n. 15496 del 3/6/2024; udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell ‘ 11/3/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
–NOME e NOME COGNOME proponevano tempestivo ricorso per revocazione ex art. 391bis c.p.c. dell ‘ ordinanza di questa Corte n. 15496 del 3/6/2024, che aveva dichiarato improcedibile il ricorso rubricato al n. 16909/2022 R.G.
per le seguenti ragioni: «Le ricorrenti hanno dichiarato che la sentenza, pubblicata in data 14/2/2022, è stata notificata in data 3/5/2022, ma hanno omesso di depositare la relazione di notifica della sentenza, da cui l ‘ improcedibilità del ricorso ai sensi dell ‘ art. 369, 2° comma, n. 2, c.p.c.; né può farsi riferimento alla c.d. prova di resistenza, posto che la data di notifica del ricorso (1°/07/2022) non rispetta il termine di 60 giorni rispetto alla data di pubblicazione (aggiungasi che, in base a quanto risulta indicato in calce al controricorso, neanche la parte intimata ha prodotto la relazione di notifica della sentenza; anche in calce al ricorso si parla di deposito della sola sentenza, mentre non si menziona la relazione di notifica della stessa)»;
-le ricorrenti affermavano che, pur non essendo stata depositata la relazione di notificazione della sentenza, la decisione impugnata era stata depositata il 2/5/2022, di talché, attesa la notifica del ricorso in data 1/7/2022 (sessantesimo giorno dalla pubblicazione del provvedimento), doveva ritenersi superata la cd. ‘ prova di resistenza ‘ ; chiedevano, dunque, la revoca della predetta ordinanza e la decisione dell ‘ originario ricorso, fondato su quattro motivi;
-la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, pur rilevando la correttezza del rilievo delle ricorrenti in ordine alla procedibilità del ricorso, ne chiedeva comunque il rigetto;
-quanto ai precedenti gradi di merito, si rileva che NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero dinnanzi al Tribunale di Velletri la società RAGIONE_SOCIALE, esponendo che:
(i) a decorrere dal 31/08/2008 erano subentrate al sig. NOME COGNOME in qualità di utilizzatrici/conduttrici, nel contratto di ‘ locazione finanziaria a privato su imbarcazioni ‘ stipulato in data 17/10/2006 con la locatrice RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE;
(ii) che il contratto aveva ad oggetto l ‘ acquisto di detta imbarcazione, mediante finanziamento dell ‘ importo complessivo di euro 176.802,70 erogato dalla locatrice;
(iii) che le utilizzatrici (odierne ricorrenti) avevano provveduto al rimborso del piano di ammortamento fino al 1°/07/2010, versando il complessivo importo di euro 81.077,70 (n. 45 rate di euro 1.206,50, oltre la rata iniziale di euro 26.785,20);
(iv) che successivamente, avevano proposto alcune modifiche del piano di rimborso alla RAGIONE_SOCIALE la quale, in data 15/04/2011, aveva risolto unilateralmente il contratto;
(v) che in data 1°/12/2010 l ‘ imbarcazione era stata restituita alla locatrice;
-sulla scorta di tali allegazioni, le allora attrici (odierne ricorrenti), premessa la qualificazione del contratto in termini di ‘ leasing traslativo ‘ , dedussero:
(i) la nullità/inefficacia delle penali previste all ‘ art. 15 delle condizioni generali, in quanto vessatorie ai sensi dell ‘ art. 33 cod. consumo (ritenuto applicabile alla fattispecie de qua , trattandosi di contratto stipulato per scopi estranei a quelli professionali);
(ii) l ‘ eccessività delle penali previste dall ‘ art. 15 delle condizioni generali di contratto, con richiesta della relativa riduzione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1526, comma 2, e 1384 c.c.;
(iii) il loro diritto alla restituzione dei canoni versati, previa decurtazione della somma, dovuta a titolo di equo compenso ai sensi dell ‘ art. 1526, 1° comma, c.c., di cui chiesero la quantificazione in corso di causa a mezzo CTU; -domandarono quindi, in via principale, che fosse accertata l ‘ inefficacia delle clausole contrattuali previste dall ‘ art. 15 delle condizioni generali di contratto, laddove, in caso di risoluzione, prevedevano l ‘ applicazione in via cumulativa di tre penali, pari, l ‘ una, al valore delle rate versate, la seconda, ai 3/5 delle rate successive la risoluzione, e la terza al valore della rate insolute prima della risoluzione;
-costituendosi in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE contestò le domande attoree, eccependo, in via principale, che le clausole impugnate, afferenti alla clausola risolutiva espressa, non trovavano applicazione alla
fattispecie concreta, nella quale la risoluzione era seguita alla restituzione del bene e, pertanto, si trattava di stabilire, sulla base di altre e diverse clausole contrattuali, l ‘ indennizzo legittimamente esigibile dalla concedente dopo la vendita del bene, che non era ancora avvenuta, sicché le rivendicazioni delle attrici erano inattuali;
-con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., le attrici chiesero estendersi la domanda di inefficacia e/o riduzione delle penali contrattualmente previste anche alla diversa penale invocata dalla convenuta nella propria comparsa di costituzione, ulteriormente deducendo sulla manifesta eccessività della penale di cui la locatrice aveva invocato l ‘ applicazione, in quanto conducente ad un importo finale, a carico delle utilizzatrici di 196.000,00 (riveniente dalla somma richiesta di euro 115.000,00 e dei canoni versati, pari ad euro 81.077,70);
-la società RAGIONE_SOCIALE eccepì l ‘ inammissibilità della domanda svolta dalle attrici in sede di memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., in quanto tardiva;
-con la sentenza n. 419/2015 il Tribunale di Velletri dichiarò inammissibile la domanda delle attrici, condannandole alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta;
-avverso tale pronuncia NOME e NOME COGNOME interposero gravame dinnanzi alla Corte d ‘ appello di Roma;
-costituendosi in giudizio, RAGIONE_SOCIALE ribadì le difese spiegate in primo grado, chiedendo la conferma della sentenza appellata;
-con la sentenza n. 2871/2022, depositata in data 2/5/2022, la Corte d ‘ appello di Roma rigettava l ‘ appello, con condanna delle appellanti alle spese del grado;
-per quanto qui ancora rileva, il giudice di secondo grado, nel confermare la decisione del Tribunale (con diversa motivazione), spiegava che -in relazione all ‘ applicabilità dell ‘ art 1526 c.c. al leasing traslativo e alla denunciata nullità della clausole penali di cui all ‘ art 15 contratto inter partes -«Nella specie da un lato va esclusa in radice la nullità originaria della clausola, essendo necessaria per l ‘ apprezzamento in concreto della
eccessività della penale, al fine di stabilire l ‘ an ed il quantum della sua riduzione ad equità, la vendita del bene non ancora avvenuta, ma dovendosi soprattutto tenere conto al fine della individuazione dell ‘ interesse ad agire che la controparte non ha proposto una domanda riconvenzionale di pagamento. Da ciò discende l ‘ improponibilità della domanda di riduzione ad equità della penale.»;
-avverso la predetta sentenza NOME e NOME COGNOME proposero ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, a cui RAGIONE_SOCIALE resistette con controricorso;
-come già esposto, il ricorso fu dichiarato improcedibile;
CONSIDERATO CHE
-la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 2871/2022, poi impugnata con ricorso per cassazione, è stata pubblicata in data 2/5/2022 e l ‘ atto d ‘ impugnazione è stato notificato l ‘ 1/7/2022 e, cioè, entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della pronuncia della Corte di merito: come statuito da un consolidato orientamento giurisprudenziale, inaugurato da Cass. n. 17066 del 2013, «l ‘ improcedibilità non sussiste il ricorso per cassazione è notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza, perdendo rilievo in questo caso la data della notifica del provvedimento impugnato.» ( ex multis , Cass. Sez. 2, 08/11/2024, n. 28781, Rv. 672812-01);
-il ricorso per revocazione, conseguentemente, dev ‘ essere accolto quanto al profilo rescindente e l ‘ ordinanza impugnata dev ‘ essere revocata;
-passando alla fase rescissoria, ritiene il Collegio che sia preliminare l ‘ esame del terzo motivo che, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., denuncia la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 112 c.p.c. con riferimento alla domanda ex art. 1384 c.c. -Violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1384 c.c.»; le ricorrenti lamentano che, pronunciandosi sul terzo motivo di appello, la Corte territoriale ha escluso la nullità originaria della penale non solo per omessa vendita del bene locato, ma anche per
difetto di interesse ad agire, non avendo le ricorrenti proposto una domanda riconvenzionale di pagamento; a loro dire, l ‘ interesse a chiedere la declaratoria di una clausola contrattuale prescinde da una preliminare domanda di pagamento avversaria, alla stregua dell ‘ interesse ad ottenere l ‘ espunzione da un contratto di clausole nulle anche nel caso di omessa applicazione concreta delle stesse;
-in effetti, la Corte d ‘ appello ha ritenuto dirimente l ‘ insussistenza di un interesse attuale delle odierne ricorrenti a far valere una clausola penale contenuta nel contratto in caso di risoluzione del leasing traslativo prima della vendita del bene già concesso in locazione finanziaria e in assenza di qualsivoglia pretesa da parte della concedente;
-la censura è infondata;
-questa Corte (Cass. Sez. 3, 19/09/2019, n. 23336) ha già statuito che «La giurisprudenza in materia di leasing ha più volte affermato che l ‘ applicazione in via analogica della disciplina dettata in tema di risoluzione per inadempimento del contratto ex art. 1526 cod. civ. opera in riferimento al leasing traslativo … La stessa Legge del 4 agosto 2017, n 124 (Legge annuale per la concorrenza e il mercato) al comma 136 ha disciplinato la materia de qua in maniera unitaria, considerando la funzione concreta del contratto di leasing, senza più ricorrere alle diverse categorie giurisprudenziali di cui sopra, ma in sostanza recependo l ‘ elaborazione giurisprudenziale, sopra riferita, relativa al cd. leasing traslativo. … La normativa de qua precisa anche che «alla scadenza del contratto l ‘ utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l ‘ obbligo di restituirlo. In base al comma 138, in caso di risoluzione del contratto per l ‘ inadempimento dell ‘ utilizzatore (ai sensi del comma 137), il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all ‘ utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotte la somma pari all ‘ ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea
capitale, e del prezzo pattuito per l ‘ esercizio dell ‘ opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. …» … l’ art. 1526 cod. civ., nei contratti di cd. leasing traslativo coinvolge l ‘ indennizzo comprensivo dei canoni scaduti e a scadere una volta che il bene è stato rilasciato al concedente, mentre nel caso in esame il pagamento è stato preteso solo in relazione ai canoni scaduti previsti per l ‘ immobile acquistato dalla concedente, concernenti solo una parte dell ‘ investimento finanziato, oltre l ‘ indennizzo per l ‘ occupazione del capannone costruito sull ‘ immobile a spese della concedente. Invero, non è possibile richiedere l ‘ accertamento giudiziale di una diversa situazione giuridica, pretermessa o anche solo negata dal giudice, se non si prospetta l ‘ esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile senza l ‘ intervento del giudice. Il processo difatti non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti pregiudizievoli per la parte, ipotetici o futuri, non collegati alla pretesa in concreto fatta valere (Sez. 2, sentenza n. 2057 del 24/01/2019; Sez. L, Sentenza n. 6749 del 04/05/2012). La censura, in definitiva, è inammissibile laddove non tiene conto della ragione equilibratrice per cui la giurisprudenza … applica l’ art. 1526 cod. civ. al fine di evitare un eccessivo arricchimento della parte venditrice che, in caso di risoluzione per inadempimento dell ‘ utilizzatore, ottenga in restituzione non solo il bene, ma anche l ‘ intero finanziamento, con aggiunta degli interessi moratori e di penali. … in riferimento alla sussunzione del contr atto sotto la fattispecie del contratto di leasing traslativo, è in realtà mancata la dimostrazione di un interesse concreto e attuale, ex art. 100 cod. proc. civ., a far valere in tale sede processuale gli ‘ effetti restitutori ‘ dell ‘ art. 1526 cod. civ., atteso che la richiesta di risarcimento era limitata alle rate di pagamento del leasing scadute e all ‘ indennizzo di occupazione, calcolati sino alla data della intimata risoluzione del rapporto, e non aveva coinvolto le rate a scadere e altre forme di risar cimento …»;
-dalla citata pronuncia si evince che un ‘ azione di accertamento di invalidità della clausola contrattuale derogatoria all ‘ art. 1526 c.c. o, comunque, di riduzione ad equità della penale contrattuale -come quella spiegata dalle ricorrenti -dev ‘ essere sorretta da un interesse attuale e concreto (in base alla generale previsione dell ‘ art. 100 c.p.c.), consistente o in una correlata pretesa di restituzione dell ‘ eccedenza indebitamente trattenuta dalla concedente o in una richiesta di quest ‘ ultima di somme ulteriori rispetto a quelle dovute; è logico presupposto fattuale di dette istanze l ‘ avvenuta vendita del cespite concesso in locazione finanziaria, posto che la concreta applicazione della menzionata disposizione codicistica (o dell ‘ art. 1, comma 137, della legge n. 124 del 2017) implica la previa determinazione del quantum ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene effettuata ai valori di mercato;
-consegue a quanto esposto l ‘ infondatezza del motivo, col quale le ricorrenti prospettano la sufficienza di un interesse meramente astratto «alla luce della rilevanza autonoma delle cause di nullità (totale o parziale) del contratto e, quindi, del pacifico interesse generale ad ottenere l ‘ espunzione da una convenzione di clausole nulle anche nel caso di omessa applicazione delle stesse e a prescindere dalla loro applicazione concreta»;
-venendo all’esame del primo motivo, la censura -con cui le ricorrenti denunciano, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. -Omesso esame di un documento decisivo ai fini del decidere -Vizio di legittimità e vizio di motivazione», per avere la Corte territoriale ritenuto infondato il terzo motivo di appello, con il quale venne censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha rigettato la domanda di nullità delle clausole penali di cui all ‘ art. 15 del contratto e dichiarato l ‘ inapplicabilità degli artt. 1384 e 1526 cod. civ. (le ricorrenti espongono che la motivazione sul punto è fondata sull ‘ erroneo presupposto dell ‘ omessa vendita del bene locato, circostanza che sarebbe smentita documentalmente dalla fattura di vendita dell ‘ imbarcazione depositata in atti) -è logicamente consequenziale al terzo motivo;
-difatti, una volta superata la questione dell ‘ interesse ad agire e, quindi, della pregressa vendita del bene in leasing dopo la risoluzione contrattuale, il motivo è teso a contrastare la sentenza impugnata nella parte in cui si afferma che, nel caso esaminato, la vendita non era stata eseguita (ad avviso delle ricorrenti, «La motivazione resa sul punto è, però, manifestamente erronea perché fondata sull ‘ erroneo presupposto dell ‘ omessa vendita del bene locato, circostanza smentita dalla produzione documenta le in atti …»); -contrariamente a quanto dedotto col ricorso -secondo cui «la violazione dell ‘ articolo 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non automaticamente con riferimento all ‘ apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma soltanto qualora quest ‘ ultimo abbia omesso in assoluto di valutare le prove di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza» -«In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867, Rv. 659037-01); -ne consegue l ‘ inammissibilità del motivo, anche perché un eventuale errore di fatto risultante dagli atti o documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata doveva essere fatto valere con la revocazione ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., non già col ricorso per cassazione;
-è altrettanto inammissibile il profilo della censura volto a ricondurre l ‘ omesso esame del documento prodotto al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. «in relazione al vizio di motivazione» (così nel ricorso): in proposito si
osserva che «La riformulazione dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall ‘ art. 12 delle preleggi, come riduzione al ‘ minimo costituzionale ‘ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830-01) e che, in ogni caso, il predetto vizio non può essere dedotto in caso di cd. ‘ doppia conforme ‘ ;
-nemmeno può essere prospettata una violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., essendo evidente che non integra vizio di ultrapetizione o minuspetizione la valutazione dei mezzi di prova dedotti dalle parti, ma soltanto la pronuncia resa su una domanda non proposta (oppure oltre i limiti di quella proposta) o l ‘ omessa decisione di istanze ritualmente avanzate;
-costituisce ulteriore ragione d ‘ inammissibilità del motivo l ‘ inosservanza dell ‘ art. 366, nn. 3 e 6, c.p.c., date le gravi carenze dell ‘ atto introduttivo: non è riportata la fattura che attesterebbe l ‘ avvenuta vendita e, comunque, non si espone in quale momento processuale quest ‘ ultima circostanza sarebbe stata introdotta nel giudizio; inoltre, il motivo nemmeno identifica la motivazione che vorrebbe censurare;
-col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la parte ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 112 c.p.c. con riferimento alla domanda ex art. 1384 c.c. -Violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 1384 c.c.» e lamenta che, dall ‘ omesso esame del documento attestante l ‘ avvenuta vendita dell ‘ imbarcazione è derivato l ‘ omesso esame della domanda di nullità delle penali di cui all ‘ art. 15 delle condizioni generali di contratto e della relativa richiesta di riduzione a fronte dell ‘ esecuzione dell ‘ obbligazione (ancorché parziale) di pagamento dei canoni
e della eccessività delle penali connesse all ‘ inadempimento; a detta delle ricorrenti, anche prescindendo dal dato relativo all ‘ avvenuta vendita della barca, i giudici di merito possedevano tutti gli elementi per pronunciare sulla dedotta vessatorietà della penale, a fronte della sproporzione dell ‘ ammontare della stessa, sicché ne risulterebbe violato l ‘ art. 112 c.p.c. per omesso esame delle domande ex art. 1526, 1° comma, c.c., ovvero ex art. 1384 c.p.c.;
-il motivo dipende logicamente dal primo e all ‘ inammissibilità di questo consegue un ‘ identica sorte;
-per giunta, il ravvisato difetto di un interesse attuale e concreto esclude la configurabilità di una minuspetizione rispetto alle ulteriori domande delle odierne ricorrenti: in altre parole, è consequenziale alla dichiarata inammissibilità dell ‘ azione e coerente con tale decisione il mancato esame nel merito delle domande di vessatorietà o invalidità della clausola penale contenuta nel contratto;
-la considerazione ora svolta si attaglia anche al quarto motivo, col quale si lamenta minuspetizione rispetto alla domanda di accertamento delle somme dovute alla ricorrente ai sensi dell ‘ art. 1526, 1° comma, c.c., previa decurtazione dell ‘ equo compenso spettante al locatore finanziario;
-in conclusione, il ricorso originario va respinto;
-in considerazione del rigetto del ricorso e dell ‘ esito complessivo della lite, in base al principio di soccombenza, si deve pronunciare la condanna delle ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte accoglie il ricorso per revocazione e revoca l ‘ ordinanza impugnata; decidendo in sede rescissoria, rigetta il ricorso originario; condanna le ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi ed Euro
200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione