Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14388 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5395/2023 R.G. proposto da: COGNOME Antonio, elettivamente domiciliato in Messina, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Catania, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende,
– controricorrente –
nonché contro
Fallimento di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dell’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina n. 75/2023, depositata il 31/1/2023;
letta la requisitoria scritta del sostituto procuratore generale dr. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto ricorso;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Messina con l’impugnata sentenza dichiarava inammissibile il reclamo proposto da NOME COGNOME in proprio e quale ex amministratore della RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato il fallimento della medesima compagine su sua istanza.
1.1 La Corte distrettuale procedeva d’ufficio a dichiarare la carenza di legittimazione dell’ex amministratore unico della società a proporre reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento rilevando che non ricorreva alcun suo interesse attuale e concreto e, quindi, giuridicamente apprezzabile a rimuovere la pronuncia; questi, infatti, pur potendo risentire effetti pregiudizievoli di varia natura (procedimenti penali, danni all’onore) dalla pronuncia di fallimento della società di cui era stato amministratore, nulla aveva allegato a questo proposito.
1.2 Ad abundantiam la Corte d’Appello esaminava anche nel merito i motivi del reclamo ritenendoli infondati.
1.3 In particolare: i) la delibera del 12 settembre 2019 con la quale NOME COGNOME era stato nominato Presidente del Consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE non era stata revocata o sospesa, mentre la delibera che autorizzava il Presidente del Consiglio di Amministrazione alla presentazione dell’istanza di fallimento della società non era stata impugnata; ii) la società era fallibile, in quanto non solo non risultava provata e allegata la sussistenza delle caratteristiche essenziali, e segnatamente la esclusività o prevalenza dello svolgimento di attività di interesse generale, per poterla qualificare come impresa sociale, ma era emersa l’espressa previsione della distribuzione degli utili e quindi la presenza di scopo di lucro; iii) sussisteva lo stato di insolvenza
evincibile dai plurimi elementi evidenziati dal Tribunale; iv) l’accertato indebitamento era superiore alla soglia di € 500.000.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di nove motivi, illustrati con memoria, RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE hanno svolto difese mediante controricorso. La prima ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso , e della conseguente memoria illustrativa, di RAGIONE_SOCIALE in quanto l’atto difensivo non è stato depositato tempestivamente.
1.1 L’art. 370, comma 1, c.p.c., così come modificato dall’art.3, comma 27 lett. f) nr 1), del d.lvo 149/2022 dispone che « la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. In mancanza, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale ».
1.2 La nuova disposizione è applicabile ratione temporis alla presente controversia.
1.3 L’art 35, comma 5, d.lgs. 149/2022, come modificato dalla l. 197/2022 in tema di giudizi in Cassazione, prevede infatti che, « salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data »; il comma 6 della medesima disposizione, a sua volta, stabilisce che « gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già
notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio ».
1.4 Orbene, il ricorso per Cassazione è stato notificato ad RAGIONE_SOCIALE in data 27/2/2023, mentre il controricorso della stessa risulta essere stato depositato in data 2/5/2023, e, dunque, oltre il termine previsto dall’attuale disposto dell’ art. 370 c.p.c..
I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt. 352 e 190 c.p.c., in relazione all’art . 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la Corte deciso la causa senza assegnare alle parti i termini perentori per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, fissati dall’art. 190 c.p.c. e richiamati dall’art. 352 c.p.c;
secondo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 100 c.p.c. e 18, comma 1 l. fall., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, per avere la Corte erroneamente valutato l’insussistenza dell’interesse a proporre reclamo in capo al ricorrente, quale ex amministratore unico della società fallita, essendo la giurisprudenza sia di merito che di legittimità orientata ad estendere la legittimazione a chiunque possa subire un pregiudizio, diretto o di riflesso ed anche di natura morale, dalla dichiarazione di fallimento;
terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 295 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 4 e n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’ appello totalmente pretermesso la valutazione, in relazione alla domanda di sospensione necessaria del giudizio di reclamo ex art. 295 c.p.c., sia della sussistenza del gravame presso il Tribunale delle Imprese di Palermo per la declaratoria di nullità e/o l’annullamento della delibera autorizzativa della presentazione di un’istanza di autofallimento, sia de ll’esistenza dell’impugnazione della delibera che aveva determinato la nomina del nuovo c.d.a.
della RAGIONE_SOCIALE e l’approvazione della sopradetta delibera autorizzativa, presso il Tribunale delle Imprese di Roma;
quarto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 295 c.p.c., 2377 e 2379 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3 c.p.c., per avere la Corte errato nell’escludere la sussistenza dei presupposti per la sospensione necessaria del giudizio, a seguito della pendenza di domanda di declaratoria di nullità della delibera di nomina del presidente del c.d.a., che aveva presentato l’istanza di autofallimento;
quinto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 1, comma 1, d. lgs. 112/2017 e 2 l. fall., in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. ; si sostiene che l’impugnata sentenza non abbia esattamente valutato la ricorrenza della qualità prevalente di imprenditore commerciale attraverso la previsione statutaria di distribuzione degli utili;
sesto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. e 5 l. fall., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 e 4, c.p.c.; si contesta, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, il mancato esame della delibera del 31/5/2016 e della fattura prodotta in sede di reclamo, che avrebbero giustificato l’accertamento, attraverso apposita consulenza tecnica, della ricorrenza oggettiva del presunto stato di decozione;
settimo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. e 1, comma 2, l. fall., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 4, c.p.c., per non essersi la Corte pronunciata, in punto di superamento della soglia di fallibilità per esposizione debitoria oltre la soglia di € 500.000, sulla richiesta di CTU avanzata dal reclamante;
ottavo motivo: violazione e falsa applicazione degli art. 111 Cost. e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1 n. 4, c.p.c., per avere la Corte reso una motivazione ‘apparente’ ed illogica in merito all’eccezione di difetto motivazionale della sentenza di primo grado;
nono motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. per avere la Corte condannato il reclamante alla rifusione delle spese di lite anche a favore della società reclamata, pur in costanza di sopravvenuta carenza di interesse a resistere.
Il primo motivo è infondato.
3.1 Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, disciplinato dall’art. 18 l. fall. deve essere coordinato con la precedente fase, di natura contenziosa ed a trattazione camerale, volta ad assicurare l’attuazione di esigenze di snellezza e celerità; esso si articola in una fase di costituzione delle parti che si conclude in un’unica udienza a trattazione orale, ove ciascuna, pur in una sequenza semplificata, è ammessa ad illustrare le proprie difese ed anche a replicare a quelle avverse, senza che però tale dialettica contempli la facoltà delle parti di depositare ulteriori memorie e consenta l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 189 e 190 c.p.c., essendo semmai consentito al giudice, d’ufficio, acquisire eventuali informazioni per completare il quadro istruttorio ed anche graduare la tempistica del procedimento, secondo un temperato principio inquisitorio sopravvissuto alla riforma introdotta dalla l. 169/2007 e l ‘ intrinseca flessibilità del modello camerale (cfr. Cass. 20836/2010 e 20534/2023).
Nessun termine, perciò, doveva essere concesso per il deposito di conclusionali e memorie di replica.
Il secondo motivo non merita accoglimento.
4.1 L’ art. 18 l. fall. prevede che «c ontro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni ».
4.2 L’ estensione del potere di reclamo anche a soggetti che non sono stati parte nel giudizio di primo grado si giustifica nel fatto che
la sentenza di dichiarazione di fallimento dispiega efficacia erga omnes e, quindi, anche verso soggetti (creditori, soci ed amministratori) che potrebbero risentire effetti pregiudizievoli.
4.3 Tra i soggetti ricompresi nella platea dei legittimati vanno annoverati anche coloro che -come il ricorrente – hanno rivestito cariche sociali e nei cui confronti possono essere proposte azioni di responsabilità o promosse iniziative penali per fatti che dipendono dalla dichiarazione di fallimento.
4.4 Sul punto la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato il principio secondo il quale «l’ampia formula adottata nella L. Fall., art. 18 – che legittima al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento il debitore “e qualunque interessato” attesta senza ombra di dubbio che anche all’amministratore di società di capitali spetta iure proprio tale legittimazione, trattandosi di mezzo impugnatorio volto a rimuovere gli effetti riflessi negativi che possano derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale – in relazione ad eventuali contestazioni di reati – che patrimoniale – in relazione ad eventuali azioni di responsabilità come si evince da consolidato orientamento di questa Corte» (cfr. Cass. 3368/2006, 9491/2002, 12654/2014 e 30107/2018).
Ancora, è stato precisato che l’amministratore cessato della società estinta ha interesse a elidere gli effetti negativi che possono derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale, in relazione ad eventuali contestazioni di reati, sia patrimoniale, in relazione ad eventuali azioni di responsabilità (Cass. 7190/2019; nello stesso senso anche Cass. 6324/23).
4.5 Va però rimarcato che non è sufficiente la mera ed astratta qualità di ex amministratore per fondare la legittimazione straordinaria a proporre opposizione ex art. 18 l.fall. alla sentenza di fallimento; occorre accertare se, per aver rivestito tale carica, il soggetto abbia ricevuto o possa ricevere in futuro un pregiudizio specifico – di qualsiasi natura e, quindi, anche solo morale – dalla
dichiarazione di fallimento; questo accertamento, che deve essere svolto in concreto, è demandato al giudice di merito (Cass. 7943/1997).
4.6 L’interesse che, in base all’art. 18 l. fall, consente ai soggetti diversi dal debitore di proporre reclamo contro la sentenza che dichiara il fallimento, è quello riconducibile alla previsione dell’art. 100 c.p.c..
4.7 Ed allora non resta che richiamare il consolidato insegnamento di questa Corte in base al quale: i) «il principio contenuto nell’art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l’interesse ad impugnare una sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone» (Cass. 19327/2024, 594/2016); ii) l’interesse ad impugnare «deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore» (Cass. 12733/2024, 2057/2019); iii) «ne deriva che esso deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza, e resta invece escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche» (Cass. 12532/2024, 5635/2002); iv) in altri termini, esso dev’essere tale da recare all’interessato, ove non si proponga l’accertamento giudiziale richiesto, un pregiudizio concreto ed attuale e non solo potenziale, essendo inibito al giudice risolvere questioni soltanto teoriche (Cass. 7735/2022); v) a tal fine è
necessario «che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile» (Cass. 41688/2021) e fornisca «la prova di un interesse concreto ed attuale ad agire – il quale è posto a presidio di un uso responsabile del processo e, al contempo, è manifestazione del principio di economia processuale – ovvero della possibilità di conseguire un risultato concretamente rilevante, in vista della tutela di una lesione non meramente potenziale, ottenibile mediante il processo e l’intervento necessario di un giudice» (Cass. 18819/2018; cfr. Cass. Sez. U, 20869/2022).
4.8 Nella fattispecie in esame è mancata qualsivoglia allegazione o prospettazione di un pregiudizio, anche di ordine morale, derivante dalla sentenza di dichiarativa di fallimento con conseguente insussistenza di un concreto interesse a impugnare, tanto che i giudici del reclamo hanno negato la legittimazione del liquidatore sul rilievo che « nel caso in esame non è stato allegato alcunché in tal senso dal reclamante, il quale si è limitato ad asserire, con una formula che suona come mera petizione di principio, di avere piena legittimazione a reclamare ‘secondo quanto previsto dal legislatore e confermato dalla Suprema Corte’ richiamando un precedente giurisprudenziale secondo il quale ‘(…) l’imprenditore fallito resta legittimato ad impugnare la dichiarazione di fallimento, essendo in re ipsa il pregiudizio che essa infligge alla sua reputazione commerciale’ e concludendo che, nel caso di specie, sono ‘presenti tutti gli elementi’, non solo il danno morale, per ritenere la sua piena legittimazione », aggiungendo che « vi è da dire che nessuna circostanza concreta (quale, ad esempio, la sottoposizione dell’ex amministratore a giudizio penale a causa della dichiarazione di fallimento, oppure l’esistenza di dati effettivi in base ai quali potere escludere con certezza che il fallimento fosse ricollegabile alla sua attività, potendo ciò comportare conseguenze svantaggiose per lui, anche sotto il mero profilo della risonanza sociale negativa, o ancora la sottoposizione dei suoi beni e/o quote societarie a sequestro
penale o a misure di prevenzione) è stata offerta, nemmeno sul piano della mera allegazione fattuale, da parte reclamante, non consentendo così a questo Giudice di compiere quell’accertamento in concreto dell”interesse’ a reclamare che, solo se positivamente riscontrato, avrebbe condotto a ritenere sussistente la legittimazione personale del Gallo, anche quale ex amministratore della società, ad impugnare la sentenza dichiarativa del fallimento » .
4.9 I motivi terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono risultano inammissibili, per carenza di interesse, in conseguenza del rigetto del secondo motivo il passaggio in giudicato della pronuncia sulla carenza di legittimazione attiva del ricorrente a proporre reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento priva, infatti, il ricorrente dell’interesse a far valere in sede di legittimità l’erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente va condannato alla refusione delle spese, liquidate come da dispositivo, anticipate dal Fallimento, mentre nulla è dovuto in favore della RAGIONE_SOCIALE, avendo la stessa depositato tardivamente il controricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano, in favore del RAGIONE_SOCIALE, in complessive € 8.200 , di cui 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30.5.2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 7 aprile 2025.