Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7722 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso 14738/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
Pec:
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’Amministratore Delegato e Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME
Pec:
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1608/2019 del TRIBUNALE di VICENZA, depositata il 22/07/2019;
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Cons. NOME COGNOME;
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE), utilizzatrice di un contratto di leasing, convenne in giudizio la concedente società RAGIONE_SOCIALE BPM davanti al Tribunale di Treviso chiedendo l’accertamento della nullità del contratto stipulato in data 17/11/2010 in quanto gli interessi moratori erano stati pattuiti in misura superiore alla cd. soglia di usura; chiese pertanto la declaratoria di gratuità del contratto ex art. 1815, co. 2 c.c. con restituzione degli interessi, anche corrispettivi, versati; svolse anche domande subordinate di indeterminatezza della clausola sugli interessi, chiese l’amm issione di una CTU contabile ed il risarcimento del danno;
la RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio rilevando, oltre alla nullità parziale della citazione per incertezza della causa petendi, la manifesta inammissibilità e infondatezza delle avverse pretese;
il Tribunale di Vicenza, con sentenza del 22 luglio 2019, per quanto ancora rileva, rigettò la domanda rilevando che l’eventuale usurarietà del tasso di mora previsto dal contratto è nella specie irrilevante atteso che tali interessi non sono mai stati richiesti da RAGIONE_SOCIALE BPM a RAGIONE_SOCIALE né tantomeno applicati dalla prima; solo in subordine ha dato indicazioni su come verificare l’eventuale superamento del TSU escludendo in ogni caso l’infondatezza della tesi attorea secondo cui l’usurarietà del tasso di mora non avrebbe comportato la non debenza degli interessi corrispettivi;
a seguito di appello della società RAGIONE_SOCIALE la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato l’impugnazione inammissibile per mancanza di una ragionevole possibilità di essere accolta, avendo il Tribunale valutato le questioni riproposte con l’appello facendo corretta applicazione dei principi di diritto su cui la cassazione si è già espressa
con orientamenti consolidati, sicchè la pronuncia d’appello non potrebbe che consistere in una inutile ripetizione di argomenti già sviluppati in primo grado;
avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE ha allora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso; la parte controricorrente ha depositato memoria;
Considerato che:
O ccorre preliminarmente valutare l’eccezione della parte controricorrente relativa all’inammissibilità del ricorso per difetto dell’incidenza causale dei vizi lamentati sulla sentenza impugnata e dunque per difetto di interesse all’impugnazione, in quanto la clausola sugli interessi moratori pretesi usurari, che costituisce oggetto di tutti i motivi di ricorso, non ha mai trovato applicazione inter partes;
l’eccezione è fondata; e’ noto infatti che il vizio deve essere tale da incidere causalmente e in modo effettivo sulla giustizia e sulla legalità della decisione impugnata, pena l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di interesse; l’orientamento consolidato di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità è nel senso della inammissibilità, per difetto d’interesse, del motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico (Cass., 1, n. 20689 del 13/10/2016; Cass., 6-1, n. 12678 del 25/6/2020);
nel ricorso non c’è alcuna riga di censura in ordine al motivo portante della decisione di primo grado (confermata in appello) ovvero la carenza di interesse a far valere vizi di nullità in ordine alla pattuizione sugli interessi moratori, mai richiesti ed applicati nel corso dell’intero rapporto. A p. 6 della sentenza si legge infatti. ‘Ora, è pacifico che nel caso concreto gli interessi di mora non sono mai stati
applicati, per cui si avrebbe una dichiarazione di nullità della clausola di previsione degli interessi di mora (con peraltro sua sostituzione con l’applicazione di interessi legali) mai applicati e con salvezza degli interessi corrispettivi. In altre parole, tale situazione non avrebbe alcun effetto pratico sul rapporto per cui è causa’;
e bbene, l’omessa censura della ragione portante del rigetto delle avverse domande comporta l’inammissibilità del ricorso secondo il consolidato orientamento di questa Corte. Secondo Cass., 6-5, n. 9752 del 18/4/2017 (confermata da Cass., 1, n. 18119 del 31/8/2020) ‘O ve la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza ‘;
alle suesposte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, in favore della controricorrente;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 9.200,00, di cui € 200 ,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza