Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4009 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4009 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 11424/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del credito ceduto da RAGIONE_SOCIALE) rappresentata da RAGIONE_SOCIALE (giusta procura 31.8.RAGIONE_SOCIALE per notaio Atlante, Rep. 57298) quest’ultima in persona del suo procuratore speciale AVV_NOTAIO (giusta procura 17.9.RAGIONE_SOCIALE per notar COGNOME, Raccolta 201), con l’AVV_NOTAIO, per procura in atti.
–
ricorrente –
contro
AVV_NOTAIO nella qualità di CURATORE DEL FALLIMENTO IRAGIONE_SOCIALEFRAGIONE_SOCIALE (chiuso) rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, per procura in atti.
-controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Napoli, depositato in data 27/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27.10.2023 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’ammissione in via privilegiata al passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE del proprio credito pari ad euro 1.508.537,07 derivante da un contratto di mutuo fondiario.
Il giudice delegato rigettava la domanda per la ritenuta impossibilità di quantificare il credito, in mancanza dei conteggi.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso in opposizione allo stato passivo innanzi al Tribunale di Napoli, che lo dichiarava tuttavia improcedibile. Il Tribunale rilevava infatti che non vi era prova che l’opponente avesse provveduto a notificare al curatore il ricorso ed il decreto di fissazione d’udienza entro il termine ordinatorio a tal fine assegnatogli, ai sensi dell’art. 99 l. fall.; che il termine, di cui non era stata chiesta la proroga prima della scadenza, non poteva essere rinnovato; che, infine, la decadenza verificatasi non era stata sanata dalla comparizione del curatore all’udienza.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la banca affidato a un RAGIONE_SOCIALE motivo.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 8740/2016 accoglieva il ricorso, rilevando come la più recente giurisprudenza di legittimità avesse ritenuto che l’art. 99 della legge fallimentare, che regola i procedimenti di impugnazione dello stato passivo, non prevede alcuna sanzione per il caso in cui la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza ai controinteressati sia omessa o non sia eseguita entro il termine ordinatorio a tal fine assegnato dal giudice. Osservava infatti questa Corte che, a differenza che nel giudizio a cognizione ordinaria, in cui la tardiva notificazione determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ed il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, nel procedimento regolato dall’art. 99 l. fall. la notifica dell’atto ha la mera funzione di consentire l’instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che la mancata osservanza del termine
non può determinare alcun effetto preclusivo, ma comporta unicamente la necessità dell’assegnazione di un nuovo temine, questa volta perentorio, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., ove, come nel caso di specie, il curatore non si fosse costituito.
Riassunto il giudizio da parte della banca creditrice e reiterata l’ istanza di ammissione al passivo, il Tribunale di Napoli, in diversa composizione, ha rigettato l’opposizione, confermando il provvedimento di diniego del giudice delegato.
4.1 Il Tribunale ha rilevato che: a) il contratto concluso tra le parti doveva essere qualificato giuridicamente come ‘mutuo di scopo’, definibile come quel contratto con il quale, per previsione contrattuale o per disposizione di legge, il mutuatario è obbligato a fare della somma mutatagli un certo impiego, attraverso il quale si realizza, insieme con il suo interesse, un connesso interesse del mutuante o piuttosto un interesse pubblico; b) la clausola di destinazione connota il contratto di mutuo qui in esame e lo differenzia da quello regolato dal codice civile, nel senso che il contratto di mutuo di scopo ha natura consensuale e non reale, perfezionandosi solo nel momento in cui si forma l’accordo sulle varie clausole e rappresentando l’erogazione della somma l’esecuzione dell’obbligazione da parte del mutuante; c) la consegna della somma mutuante, che costituisce nel contratto di mutuo (contratto reale) il momento perfezionativo del contratto, rappresenta nel contratto di mutuo di scopo, l’esecuzione de lla obbligazione principale posta a carico del mutuante, dovendosi tuttavia precisare che la consegna non deve essere ristretta al fatto materiale della ‘ traditio ‘ , ma può essere attuata mediante attribuzione al mutuatario della disponibilità giuridica della somma; d) nel caso di specie non vi era la prova che fosse stata eseguita la predetta obbligazione principale da parte del mutuante, e cioè la consegna anche solo della disponibilità giuridica della somma in favore del mutuatario; e) non vi era infatti la prova dell’ intervenuta consegna della somma mutuata al momento della stipula del contratto, posto che agli artt. 1 e 2 del contratto si leggeva espressamente che ‘la dit ta finanziata dichiara di aver ricevuto l’anzidetta somma mutuatale, qui nell’atto, dalla banca mediante accredito del conto speciale, infruttifero, aperto presso la banca medesima ed intestato
alla ditta stessa e ne rilascia ampia e liberatoria quietanza… la ditta finanziata conviene che la somma mutuata rimanga presso la banca, costituita in deposito cauzionale infruttifero, a garanzia del pieno e puntuale adempimento dell’adempimento delle obbligazioni di seguito indicate …’; f) dal tenore letterale delle clausole contrattuali risultava chiaro che le parti avessero procrastinato la consegna della somma, quale momento attinente alla fase esecutiva dell’obbligazione, all’adempimento degli obbligh i previsti nel contratto e la prova di ciò era data dal fatto che, ove i mutuatari non fossero riusciti ad adempiere i previsti obblighi, il contratto si sarebbe risolto automaticamente, intesa quest’ultima previsione contrattuale come una condizione risolutiva che consentiva dunque di qualificare il contratto inter partes come mutuo di scopo condizionato; g) l’opponente non aveva allegato e dimostrato l’adempimento dei predetti obblighi né tanto meno la realizzazione dello scopo previsto con l’attuazione in concreto dell’attività programmata (e cioè la realizzazione del programma di investimenti concernente l’acquisto di un complesso immobiliare), con la conseguenza che le somme mutuate dovevano ritenersi rimaste nella disponibilità della banca; h) il consulente tecnico di parte aveva dato atto, poi, della mancanza di documentazione idonea a fornire la prova del credito azionato; i) anche la quietanza di pagamento contenuta nel contratto di mutuo non aveva alcuna valenza probatoria dell’effettività dell’ erogazione posto che tale quietanza può al più avere valore di piena prova, fino a querela di parte, della sola provenienza della stessa da colui che ne appare sottoscrittore e non già della veridicità delle dichiarazioni in esse contenute e che l’efficacia privilegiata che l’art. 2700 cod. civ. assegna all’atto pubblico non si estende all’ intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale dalle parti.
Il decreto, pubblicato il 27.2.2019, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui FALLIMENTO I.F.F.
–RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 cod. civ., 38 e seg. del d.lgs. n. 385/1993, sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato il contratto come ‘mutuo di scopo condizionato’.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del decreto per violazione del principio del contraddittorio, sul rilievo che il Tribunale avrebbe deciso la causa in base ad una questione sollevata d’ufficio sulla quale non sarebbe stato previamente sollecitato il contraddittorio processuale.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2697 cod. civ. e 38 e 39 D.lgs. n. 385/93.
Prima di esaminare il merito delle doglianze, il Collegio rileva, in via pregiudiziale, che occorre integrare il contraddittorio processuale nei confronti del cedente Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE, essendo stato il ricorso proposto dalla cessionaria RAGIONE_SOCIALE, e per la medesima RAGIONE_SOCIALE, quale rappresentante, senza che sia stato evocato nel presente giudizio il cedente RAGIONE_SOCIALE.
4.1 In realtà, la cessione è avvenuta in data 23 dicembre 2017, ossia nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale, conclusosi il 27 febbraio 2019, nel corso del quale la cessionaria RAGIONE_SOCIALE non era intervenuta, né era stata evocata, ma ha proposto il ricorso per cassazione qui in esame, mentre il giudizio a quo era stato proseguito dal cedente MPS, mai estromesso dal giudizio.
4.2 Orbene, in via di principio la cessionaria diviene parte nel processo in due casi: o se interviene o viene chiamata nel giudizio, o quando propone appello avverso la sentenza che spiega effetti anche nei suoi confronti, ai sensi rispettivamente – dei commi terzo e quarto dell’art. 111 c.p.c. In caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso in corso di causa, il successore non assume, invero, la veste di “parte processuale” se non quando sia stato chiamato o sia intervenuto nel giudizio o abbia proposto
impugnazione avverso la sentenza pronunziata tra il terzo ed il suo dante causa, potendo il processo proseguire tra le parti originarie ed assumendo l’alienante, fino a quando non venga formalmente estromesso dal giudizio, la qualità di “sostituto processuale” del successore a titolo particolare e di litisconsorte necessario (Cass. 4024/1996). In tale prospettiva, si è più di recente ribadito che il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, ma anche proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei confronti del suo dante causa, senza che ciò comporti automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre parti vi consentano.
4.3 Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è impugnata (nella specie il decreto) da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro, a norma dell’art. 331 c.p.c., dovendosi, in difetto, rilevare, anche d’ufficio, in sede di legittimità, il vizio di mancanza della integrità del contraddittorio (Cass. 15905/RAGIONE_SOCIALE; Cass. 1535/2010; da ultimo, con riferimento a cessione di ramo d’azienda, cfr. Cass. 24901/2023).
P.Q.M.
rinvia la causa a nuovo ruolo, ordinando l’integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza.
Manda alla Cancelleria per i relativi incombenti.
Così deciso in Roma, il 27.10.2023