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Institutio ex re certa: quando si è erede o legatario?

Una beneficiaria di specifici beni testamentari (un immobile e il saldo di un conto) ha agito in giudizio sostenendo di essere erede universale e non semplice legataria, per ottenere anche beni non menzionati nel testamento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che per aversi una ‘institutio ex re certa’, e quindi la qualità di erede, deve risultare in modo inequivocabile la volontà del testatore di assegnare quei beni come quota dell’intero patrimonio. Poiché il testatore aveva consapevolmente escluso altri beni di sua proprietà, la beneficiaria è stata correttamente qualificata come legataria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Institutio ex re certa: quando l’assegnazione di beni specifici ti rende erede?

Nel diritto delle successioni, la linea di demarcazione tra la figura dell’erede e quella del legatario è fondamentale, poiché definisce la portata dei diritti e delle responsabilità di chi riceve beni da un defunto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi chiara del principio dell’institutio ex re certa, un concetto chiave per risolvere i dubbi interpretativi di un testamento. Vediamo come la volontà del testatore e la composizione del suo patrimonio determinano se un beneficiario sia erede o semplice legatario.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla successione di un uomo che, con testamento, lasciava a una beneficiaria due beni specifici: un appartamento e il saldo di un determinato conto corrente bancario. La beneficiaria, ritenendo che tali disposizioni la qualificassero come erede universale, chiedeva a un istituto di credito la consegna di somme giacenti su un secondo conto corrente, non menzionato nel testamento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la sua richiesta, qualificandola come semplice legataria e non come erede. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso della beneficiaria. Gli Ermellini hanno stabilito che, per qualificare un soggetto come erede attraverso l’assegnazione di beni determinati (la cosiddetta institutio ex re certa), è necessario che dal testamento emerga in modo inequivocabile l’intenzione del testatore di considerare quei beni come una quota del suo intero patrimonio. Nel caso di specie, questa volontà non sussisteva.

L’inammissibilità dell’intervento in Cassazione

In via preliminare, la Corte ha dichiarato inammissibile l’intervento nel giudizio di un parente del defunto. È stato ribadito il principio consolidato secondo cui, nel giudizio di cassazione, non è consentito l’intervento di soggetti che non abbiano partecipato alle precedenti fasi di merito, data l’assenza di una specifica previsione normativa.

Le Motivazioni: la Distinzione Cruciale tra Erede e Legatario

Il cuore della decisione si fonda sull’interpretazione dell’art. 588 del Codice Civile. La norma stabilisce che sono a titolo universale (e attribuiscono la qualità di erede) le disposizioni che comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare (e attribuiscono la qualità di legatario). Tuttavia, l’indicazione di beni determinati non esclude che la disposizione sia a titolo universale, se risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio: è questo il principio dell’institutio ex re certa.

La Corte ha spiegato che la valutazione sulla reale volontà del testatore è compito del giudice di merito. In questo caso, i giudici avevano logicamente concluso che la beneficiaria fosse una legataria per diverse ragioni:

1. Esistenza di altri beni: Il testatore era proprietario di altri beni (il secondo conto corrente) di cui era a conoscenza e che ha deliberatamente escluso dal testamento. Questo comportamento è stato interpretato come una chiara volontà di limitare il lascito ai soli beni espressamente menzionati.
2. Comportamento del testatore: Poco prima di redigere il testamento, il de cuius aveva trasferito significative liquidità da un conto cointestato con la sorella premorta a un nuovo conto personale (quello non menzionato nel testamento). Questa azione, secondo la Corte, dimostra la volontà di separare i patrimoni e di non includere tali somme nel lascito destinato alla ricorrente.

Di conseguenza, non si poteva applicare l’institutio ex re certa perché mancava il presupposto fondamentale: l’intenzione di assegnare i beni come rappresentativi di una frazione dell’intero asse ereditario. La presenza di un residuo patrimonio significativo, volontariamente non incluso nel testamento, ha comportato l’apertura della successione legittima su tali beni a favore degli eredi legittimi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sull’Institutio ex re certa

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per l’interpretazione dei testamenti. La qualifica di erede non deriva automaticamente dall’importanza economica dei beni ricevuti, ma dalla volontà del defunto di chiamare il beneficiario a succedere nell’universalità del suo patrimonio. L’institutio ex re certa è un’eccezione che si applica solo quando l’indagine sulla volontà del testatore, condotta attraverso l’analisi del testamento e di elementi esterni, porta a concludere che i beni specificati erano intesi come una quota del tutto. Se, come nel caso di specie, il testatore esclude consapevolmente altri beni di sua proprietà, il beneficiario dei soli cespiti indicati deve essere considerato un legatario, con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano, prima tra tutte l’impossibilità di avanzare pretese sul resto del patrimonio.

Quando l’assegnazione di beni specifici in un testamento qualifica il beneficiario come erede anziché come legatario?
L’assegnazione di beni determinati qualifica il beneficiario come erede (attraverso la cosiddetta institutio ex re certa) solo se dal testamento risulta in modo inequivocabile che il testatore intendeva assegnare quei beni come una quota rappresentativa del suo intero patrimonio.

Perché la Corte ha stabilito che la beneficiaria era una legataria e non un’erede universale?
Perché il testatore, pur essendo a conoscenza di altri beni di sua proprietà (un altro conto corrente con significative liquidità), li ha deliberatamente esclusi dal testamento. Questo ha dimostrato la sua volontà di limitare il lascito ai soli beni espressamente menzionati (un appartamento e un conto specifico), qualificando così la beneficiaria come legataria.

L’intervento in Cassazione di un soggetto che non ha partecipato ai precedenti gradi di giudizio è ammissibile?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che, mancando un’espressa previsione normativa, è inammissibile l’intervento di soggetti che non abbiano partecipato alle pregresse fasi di merito del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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