Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12761/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso – ricorrente –
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano in R.G. n. 34830/2020 depositato il 6/4/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE. domandava l’ammissione al passivo del fallimento di RAGIONE_SOCIALE di: i) € 1.471,53 in prededuzione per rimborso dei costi sostenuti per sistemi informativi, telefono e noleggio dal 24 maggio 2019 al 1°
luglio 2019; ii) € 201.863,93 in prededuzione quale controvalore per la mancata riconsegna alla data del 24 maggio 2019 di beni di terzi a noleggio; iii) € 3.418,92 in privilegio ex art. 2752, ultimo comma, e 2778 cod. civ. a titolo di rimborso dell’imposta comunale sulla pubblicità dal 10 agosto 2018 al 31 dicembre 2018; iv) € 299.734,55 in chirografo per restituzione depositi cauzionali su immobili in locazione, utenze telefoniche, auto aziendali e rimborso costi assicurativi, oneri autostradali e parcheg gi e altri costi; v) € 154.182,16 in chirografo per rimborso canoni sistemi informativi, costi telefonici, utenze gas, oneri autostradali e parcheggi dal 10 agosto 2018 al 23 maggio 2019.
Deduceva, in particolare, di aver concluso, in data 9 agosto 2018, con RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) un contratto di cessione con riserva di proprietà dei complessi aziendali riferibili alle società del gruppo.
La cessionaria si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte ed era stata dichiarata fallita in data 23 maggio 2019; RAGIONE_SOCIALE, per effetto dello scioglimento del contratto ad opera del curatore e della retrocessione delle aziende all’amministrazione straordinaria, aveva maturato una serie di crediti a titolo di rimborso di costi sostenuti e/o anticipati per servizi fruiti da Shernon e danni , di cui domandava l’ammissione al passivo .
Il G.D. al fallimento di Shernon non accoglieva l’insinuazione , rilevando, in primo luogo, la nullità del contratto di cessione con riserva di proprietà ed il fatto che i crediti vantati erano di gran lunga inferiori rispetto alle ragioni creditorie che il fallimento aveva eccepito in via breve; aggiungeva che ad ogni modo le varie voci di credito non risultavano provate.
Il Tribunale di Milano, a seguito dell’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE riteneva che il contratto di cessione fosse nullo, per violazione delle norme imperative di cui agli artt. 62 e 63 d. lgs. 270/1999, dalla cui violazione conseguiva la
nullità dell’attività negoziale conclusiva della procedura di vendita ai sensi dell’art. 1418 cod. civ..
Osservava che all’accoglimento dell’eccezione di nullità del contratto di cessione doveva aggiungersi il rilievo della mancata prova delle voci di credito insinuate.
Rilevava in particolare, quanto ai depositi cauzionali, che non risultava dimostrata l’intervenuta maturazione del diritto alla restituzione, il quale sorgeva soltanto una volta cessato il rapporto locatizio e a seguito del rilascio dell’immobile.
Evidenziava, rispetto alle altre voci, che le scritture contabili prodotte erano inopponibili alla curatela, a mente degli artt. 2709 e 2710 cod. civ., attesa la posizione di terzietà della medesima, sottolineando, inoltre, che dagli estratti conto non emergevano causali dei pagamenti immediatamente riconducibili ai rapporti oggetto del giudizio.
Sosteneva, infine, che non soccorrevano le istanze istruttorie avanzate dall’opponente, confermando il contenuto dell’ordinanza di rigetto delle stesse già resa dal giudice relatore.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, pubblicato in data 6 aprile 2022, prospettando sette motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di Shernon.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., perché il tribunale non ha rilevato l’omessa indicazione, da parte della curatela fallimenta re, dell’interesse alla declaratoria di nullità del contratto di cessione dei rami aziendali.
5.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 63 d. lgs. 270/99 e 1418 cod. civ., perché il tribunale ha fatto riferimento a disposizioni di legge inapplicabili alla fattispecie concreta, oltre ad averne erroneamente desunto la sanzione della nullità.
5.3 Il terzo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., della violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ., perché il tribunale non ha disposto le restituzioni necessariamente discendenti dalla caducazione del contratto di cessione dei rami aziendali.
5.4 Il quarto motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché il tribunale ha escluso le voci di credito di cui ai nn. 14 dell’insinuazione al passivo ‘stravolgendo’ la causa petendi della domanda formulata – di natura risarcitoria e non restitutoria, in conseguenza della lesione del proprio diritto alla restituzione del deposito cauzionale, pregiudicato dal pacifico inadempimento della cessionaria alle obbligazioni assunte nell’ambito dei contratti nei quali era subentrata e a cui si riferiva il deposito – e dunque statuendo su di una pretesa differente ed invero mai effettivamente spiegata, in violazione del principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
5.5 Il quinto motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1375, 2043 cod. civ., perché il tribunale ha escluso le voci di credito di cui ai nn. 14 dell’insin uazione al passivo proposta malgrado sussistessero tutti i presupposti funzionali al relativo accoglimento.
5.6 Il sesto motivo di impugnazione deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., perché il tribunale ha ritenuto
indimostrate le ulteriori voci di credito insinuate (nn. 5-18) omettendo di considerare l’intero scenario probatorio offerto e, in particolare, le dichiarazioni ricognitive del curatore, gli estratti conto bancari attestanti gli avvenuti pagamenti, le fatture emesse dall’opponente o da terzi e l’avviso di liquidazione e pagamento dell’imposta per la pubblicità.
5.7 Il settimo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e ss. cod. proc. civ., e 2721 e ss. cod. civ. con riferimento alla parte del provvedimento impugnato ove il tribunale ha ritenuto inammissibili le istanze istruttorie formulate dall’opponente.
I motivi, da esaminare congiuntamente, risultano, uno (il sesto) in parte infondato, in parte inammissibile, gli altri inammissibili.
6.1 La decisione impugnata, al pari di quella resa dal G.D. all’esito delle operazioni di verifica dello stato passivo, si fonda su due differenti rilievi, concernenti, l’uno, la nullità del contratto definitivo di cessione di azienda, l’altro la mancata d imostrazione delle voci di credito insinuate.
Si tratta, all’evidenza, di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione resa.
I motivi presentati investono i primi tre la ratio decidendi concernente la nullità del contratto, gli altri la parte della statuizione che ha ravvisato la mancata prova delle ragioni di credito vantate.
6.2 Occorre prendere le mosse, in applicazione del principio della ragione più liquida, da queste ultime censure.
6.2.1 Il quarto motivo è inammissibile.
Il tribunale, infatti, ha espressamente registrato, nel dare conto delle deduzioni della procedura opponente rispetto alla quarta voce di credito, che RAGIONE_SOCIALE
rappresentato di aver versato l’importo di € 221.500 a titolo di deposito cauzionale sostenendo che lo stesso non sarebbe stato restituito, atteso l’inadempimento di COGNOME
Il tribunale, rispetto a una simile prospettazione, ha rilevato la ‘ mancata prova dell’intervenuta maturazione del diritto alla restituzione, il quale sorge una volta cessato il rapporto locatizio e a seguito del rilascio dell’immobile ‘; affermazione da intendersi, all’evidenza, nel senso che nessun risarcimento per l’asserito pregiudizio subito al diritto di restituzione delle varie cauzioni versate poteva essere lamentato prima che tale diritto fosse maturato, al termine del rapporto e con la riconsegna degli immobili.
La statuizione assunta, perciò, tiene ben presente che la procedura opponente aveva domandato di insinuarsi al passivo in ragione dell’asserito inadempimento di Shernon agli obblighi garantiti con i depositi cauzionali e della conseguente lesione del suo diritto di credito alla restituzione degli stessi ed è del tutto pertinente e coerente con le prospettazioni e la domanda avanzata dalla procedura opponente, che è stata rigettata per mancanza del fatto lesivo, costituito dal diniego della restituzione del deposito cauzionale.
Il mezzo in esame risulta così inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, come il ricorso per cassazione deve necessariamente fare, indirizzando la contestazione verso l’effettiva ragione posta a fondamento della pronuncia impugnata.
6.2.2 Il quinto motivo di ricorso è inammissibile, non solo perché è afflitto dal medesimo vizio che caratterizza il precedente mezzo, dato che presuppone che il tribunale abbia statuito su di una domanda diversa da quella effettivamente presentata, ma anche perché non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, deducendo così, apparentemente, una violazione di norme di legge e mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti
operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito.
6.2.3 Il settimo motivo risulta anch’esso inammissibile per mancanza di decisività, giacché si appunta sulla mancata ammissione di capitoli di prova volti a dimostrare l’avvenuta corresponsione di una serie di depositi cauzionali; circostanza, questa, che oltre a risultare già dimostrata in via documentale, come rilevato dal giudice di merito, n on assumeva alcun rilievo nell’economia della lite, in mancanza della dimostrazione che tale diritto di credito fosse stato leso in alcun modo.
6.2.4 Il sesto motivo di ricorso risulta in parte infondato, in parte inammissibile.
Giova premettere che il curatore non ha la libera disponibilità del diritto controverso in sede di verifica dello stato passivo, cosicché il contenuto del suo progetto in sede di verifica non ha alcun valore ricognitivo né vincola in alcun modo il giudice delegato (o il tribunale in sede di opposizione) in ordine al provvedimento da assumere.
È opportuno, inoltre, aggiungere che la fattura proveniente da un terzo estraneo al giudizio, relativa a rapporti tra questo ed una delle parti in causa, va inquadrata fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo in quanto dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché essa è idonea ad offrire elementi probatori, liberamente utilizzabili dal giudice per la formazione del suo convincimento (Cass. 15037/2015).
Le fatture emesse da terzi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE potevano, dunque, soltanto concorrere alla formazione del libero convincimento del giudice e risultavano, comunque, prive di decisività all’interno di un panorama probatorio in cui dagli estratti conto non emergevano, secondo il collegio di merito, ‘causali dei pagamenti immediatamente riconducibili ai rapporti oggetto del presente giudizio’.
Ciò posto, non rimane che ricordare che la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U., 20867/2020).
Non è dunque possibile, come fa il motivo in esame, proporre una censura per violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. denunciando un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito; tenuto conto, per di più, che questi è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso e che non gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. 29730/2020).
6.3 Dai precedenti rilievi discende l’inammissibilità dei primi tre motivi di ricorso.
Invero, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la procedura ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 15.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 29 gennaio 2025.