Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24806 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29318/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4284/2022 depositata il 17/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 4284 del 2022 della Corte di appello di Napoli esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-era stata convenuta da NOME COGNOME per la dichiarazione di risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, con annessa restituzione dell’acconto e condanna al risarcimento dei danni, a causa della scoperta d’iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli;
-aveva quindi chiamato in causa i venditori da cui aveva acquistato il cespite, NOME e NOME COGNOME, e il AVV_NOTAIO che aveva rogato quest’ultimo atto, NOME COGNOME, per non aver verificato i gravami;
-il Tribunale aveva dichiarato risolto il contratto preliminare, con condanna alla restituzione dell’acconto ma rigettando la domanda risarcitoria per carenza di prova, e aveva condannato i chiamati in causa non a titolo di manleva ma di risarcimento dei danni nei confronti della deducente per il minor valore del bene venduto con il rogito;
-la Corte di appello aveva riformato la decisione dichiarando inammissibile la domanda della deducente perché, essendo nelle more fallito il AVV_NOTAIO, in estensione del fallimento di una società di fatto irregolare, la domanda avrebbe dovuto essere sostenuta dall’insinuazione al passivo con riserva, pacificamente mancata, essendo previamente intervenuta una sentenza di condanna non
definitiva e non essendo rilevante la garanzia a prima richiesta rilasciata in sede cautelare di seconde cure, perché fosse accordata l’inibitoria della decisione di primo grado, atteso che il credito originario non era assistito da alcuna simile garanzia che potesse sostenere la tesi secondo cui il pagamento sarebbe comunque avvenuto non più in moneta fallimentare;
resiste con controricorso, corredato da memoria, il Fallimento del AVV_NOTAIO;
sono rimasti intimati NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME;
rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 96 e 52, legge fallimentare, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, a séguito della sentenza di condanna in primo grado, era il Curatore che, coltivato il giudizio con appello, avrebbe dovuto ammettere al passivo concorsuale con riserva il credito fondato su titolo già opponibile alla procedura senza necessità di duplicazioni di domande davanti al Giudice delegato, differentemente da quanto avrebbe dovuto dirsi nell’inverso caso in cui, nel caso di rigetto in prima istanza, avrebbe dovuto essere il creditore a coltivare il giudizio in ulteriore grado contestualmente chiedendo l’ammissione con riserva del medesimo credito ancora da accertare giudizialmente;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1322, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la garanzia rilasciata era a prima richiesta, del tutto indipendente dal rapporto principale, senza limitazioni, sicché sempre escutibile senza incidere sul concorso dei creditori in sede fallimentare;
considerato che
preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione d’improcedibilità sollevata dalla difesa dell’amministrazione fallimentare per mancato deposito della relata di notifica della decisione di prime cure;
infatti, la notifica del ricorso (30 novembre 2022) è comunque tempestiva, nel termine c.d. breve, a far tempo dalla data di pubblicazione della decisione gravata (17 ottobre 2022), sicché il documento in tal caso non ha una funzione necessaria (v., di recente, Cass., 7/08/2023, n. 24023);
nel merito cassatorio vale ciò che segue;
il primo motivo di ricorso è infondato;
la censura non è mirata ad affermare la sussistenza di un interesse alla pronuncia giudiziale affermativa del credito risarcitorio a prescindere dall’opponibilità alla procedura concorsuale, bensì a rivendicarne l’affermazione perché già opponibile;
ad avviso della difesa ricorrente la deducente, in quanto destinataria di una pronuncia favorevole in prime cure, non avrebbe dovuto reiterare la domanda richiedendo l’insinuazione al passivo con riserva, spettando ciò al Curatore, con successiva disposizione del Giudice delegato, in uno alla contestuale coltivazione dell’appello che sarebbe valsa come opposizione allo stato passivo;
nella prospettiva del motivo, come detto, solo qualora la ricorrente fosse invece stata soccombente in prime cure avrebbe dovuto proporre impugnazione davanti alla Corte di appello e domanda d’insinuazione al passivo con riserva davanti al Giudice delegato;
la deduzione, quale formulata, s’infrange contro il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la pendenza di un procedimento di appello relativo all’accertamento del proprio credito non esonera mai il creditore dal presentarne la richiesta d’insinuazione al passivo del sopravvenuto fallimento del suo debitore nel rispetto dei termini fissati dalla legge (Cass.,
13/04/2015, n. 7426; v. poi Cass., 10/05/2018, n. 11362, pag. 4, menzionata da Cass., 5/01/2024, n. 322, pag. 10);
la domanda d’insinuazione, nel caso con riserva, è, infatti, atto proprio del creditore (v. anche, molto di recente, il riferimento di Cass., 21/06/2024, n. 17154, pag. 6, primo rigo), non avendo fondamento normativo lo spostamento dell’onere in capo al Curatore nel caso di pronuncia favorevole ottenuta dal creditore stesso in altra sede giudiziale e non definitiva;
se ne trae indiretta conferma dall’affermazione della difesa ricorrente, del tutto eccentrica, per cui, in quest’ultimo caso, la coltivazione dell’appello da parte della curatela dovrebbe valere come opposizione a uno stato passivo evidentemente comprensivo del credito in parola, in tesi incluso con riserva, seppur senza che vi sia stata domanda della parte in tal senso;
il secondo motivo è inammissibile;
la censura non si misura compiutamente con la ragione decisoria per cui la garanzia, pur a prima richiesta, in quanto non correlata originariamente al credito coinvolto ma accesa a séguito di disposizione giudiziale per accordare l’inibitoria cautelare in seconde cure, non poteva avere alcuna rilevanza;
e in effetti ciò che la censura non coglie fino in fondo è proprio questo, ossia il fatto che quella garanzia presupponeva la conferma della statuizione di prime cure sospesa e in tal modo assicurata negli esiti, essendo questa la conseguenza della sua genesi processuale;
mancando tale conferma la garanzia in parola non ha più alcuna funzione;
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in 15.000,00 euro,
oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5/07/2024.