Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7100 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7100 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 38685/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede legale a Roma, in INDIRIZZO (C.F. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ha eletto domicilio in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE con unico socio in liquidazione, con sede legale a Padova, in INDIRIZZO (C.F. P_IVA, in persona del curatore fallimentare Dott. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Padova, elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME COGNOME del Foro di Roma, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso il decreto n. 8951/2019 del Tribunale di Padova datato 31.10.2019 e pubblicato in data 11.11.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2025
dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Padova, decidendo sull’opposizione allo stato passivo presentata dalla Agenzia delle Entrate nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE con unico socio in liquidazione, ha rigettato la proposta impugnazione nei confronti del decreto del g.d., con il quale era stata dichiarata inammissibile l ‘ istanza di insinuazione al passivo per ultratardività, ai sensi dell’art. 101, 4 comma, l. fall.
2 . Con istanza ex art. 101 l.fall. trasmessa il 5.10.2018, l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, per conto della Banca del Mezzogiorno -Mediocredito Centrale s.p.a. (di seguito anche solo ‘BdM -MCC’), aveva chiesto infatti l’ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE con socio unico in liquidazione’ di un credito privilegiato, ai sensi dell’art. 24, 33° co., L. n. 449/1997, dell’art. 9, 5° co., D.lgs. n. 123/1998, nonché dell’art. 8 bis L. 33/2015, per complessivi € 377.605,52. L’Agenzia delle Entrate aveva dedotto, a fondamento della domanda di ammissione al passivo, che il relativo credito sarebbe maturato in forza dell’escussione del fondo di garanzia da parte della banca erogatrice dell’agevolazione , consistente in un mutuo chirografario erogato dalla Cassa di Risparmio di Venezia s.p.a., garantito dalla Interconfidi Nordest s.c.p.a. e controgarantito dalla Banca del Mezzogiorno -Mediocredito Centrale s.p.a..
3.- Con il decreto sopra indicato in epigrafe, il Tribunale di Padova -‘a prescindere dalla questione della tempestività o meno della domanda di insinuazione’ rigettava integralmente, nel merito, l’opposizione per carenza di prova del credito insinuato e, segnatamente, per carenza di prova dell’effettiva erogazione della somma escussa a favore della Banca garantita. 4. Il decreto, pubblicato il 11.11.2019, è stato impugnato dalla Agenzia delle Entrate – Riscossione con ricorso per cassazione, affidato a due motivi,
cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE con unico socio in liquidazione ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione ‘ degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché in via diretta e conseguenziale degli artt. 92 e ss. l.fall. e 2700 c.c.’ .
1.1 Il motivo così articolato è inammissibile, perché richiede, sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., un nuovo apprezzamento della quaestio facti , scrutinio invece inibito al giudice di legittimità.
1.1.1 La ricorrente asserisce invero che ‘la documentazione tempestivamente prodotta da ADER …in uno all’opposizione ex art. 98 L. Fall.’ avrebbe fornito la prova dell’erogazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE in favore della banca finanziatrice, dell’importo per cui la stessa RAGIONE_SOCIALE avrebbe poi esercitato ‘il proprio potere di surroga ex artt. 1203 c.c. e art. 2, comma 4, DM 20.6.2005’. Secondo la ricorrente, pertanto, nel rigettare le domande di ADER sul presupposto della mancanza in atti di ‘prova certa’ di siffa tta erogazione, il Tribunale avrebbe ‘travisato il contenuto della …documentazione’ e ‘l’efficacia probatoria’ della stessa, così incorrendo in una ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 92 e ss. l.fall. e 2700 c.c.
1.1.2 Sul punto giova ricordare in termini generali che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita
dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).
Risulta pertanto evidente il tentativo della parte ricorrente di far veicolare attraverso la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. la richiesta di rivisitazione da parte di questa Corte di legittimità della documentazione sopra indicata e che il Tribunale aveva già scrutinato secondo il suo libero apprezzamento. Ne consegue che tale censura presupporrebbe, in via preliminare, una verifica della valenza probatoria di siffatta documentazione, sollevando così una questione che non si esaurisce sotto il profilo della valutazione di un censura prospettabile ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019), ma che imporrebbe al giudice di legittimità un riesame e una rivalutazione tout court del materiale probatorio, ai fini di una ricostruzione del fatto diversa da quella già operata dal Tribunale. Sul punto va ulteriormente ricordato che il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perché è quella che è stata operata dai giudici del merito, risultando al contrario fuori dall’ambito di operatività dell’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la censura che richieda una nuova lettura della quaestio facti ( ex multis , Cass. n. 16746/2019).
1.1.3 La constatazione è che -diversamente da quanto opinato dalla ricorrente -il Tribunale ha valutato ed apprezzato probatoriamente tanto la cd. comunicazione di surroga (allegato sub. 4), quanto il ‘provvedimento di liquidazione delle perdite’, ritenendoli non idonei a dimostrare, dal punto di vista probatorio, l ‘ intervenuta escussione della garanzia fideiussoria ed il conseguente diritto (sulla cui base la ricorrente aveva richiesto l’ammissione al passivo) alla surroga del garante nei diritti di credito del creditore soddisfatto.
1.1.4 Da ultimo, va evidenziato che la dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. – postulando la relativa questione che il documento sopra descritto ed allegato sub 4 fosse stato formato da un dipendente munito della qualifica di pubblico ufficiale ( in forza dei ‘poteri
certificativi dell’istituto di credito incaricato dell’incasso di denaro per conto dell’Amministrazione finanziaria ) – risulta formulata in modo inammissibile perché proposta per la prima volta in questo giudizio di legittimità.
Con il secondo mezzo si deduce, in via subordinata, violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ‘ nullità del decreto per violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente creditore, litisconsorte necessario pretermesso -omissione di pronuncia sul punto’ .
2.1 Sostiene la parte ricorrente che il Tribunale avrebbe ‘sostanzialmente omesso di pronunciarsi’ sulla asserita ‘necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell’Ente creditore’ e che il decreto impugnato sarebbe nullo perché ‘affetto da un error in procedendo pe r violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Ente richiedente l’iscrizione a ruolo, litisconsorte necessario pretermesso destinatario sostanziale degli effetti de lle pronuncia’ .
2.2 Anche la seconda doglianza è infondata.
Sul punto giova ricordare che, in tema di “errores in procedendo”‘ – quale è, in ipotesi, l’omessa pronuncia sull’integrazione del contraddittorio – non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione. Né il mancato esame, da parte di quel giudice, di una questione puramente processuale può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (così, ex pluris , Cass. n. 22952/2015).
2.3 Ciò premesso, nel merito la doglianza processuale così proposta dalla ricorrente è tuttavia infondata, come già sopra ricordato.
Possono essere infatti estesi alla materia in esame i principi già affermati da questa Corte ‘in tema di riscossione dei contributi previdenziali’ (Sez. 1, Sentenza n. 9016 del 05/05/2016; Sez. 1, Ordinanza n. 13929 del 22/05/2019), posto il credito della RAGIONE_SOCIALE – pacificamente soggetto alla giurisdizione ordinaria e, dunque, del Tribunale fallimentare – può essere considerato e trattato nella detta giurisdizione, nel senso che debba escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra l’ente creditore ed il concessionario del servizio di riscossione, non assumendo a tal fine alcun
rilievo che la domanda – proposta, nella specie, con l’opposizione allo stato passivo fallimentare – abbia ad oggetto, non la regolarità o la ritualità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa della pretesa, posto che l’eventuale difetto del potere di agire o di resistere in ordine a tale accertamento comporterebbe l’insorgenza solo di una questione di legittimazione, la cui soluzione non impone la partecipazione al giudizio dell’ente creditore. Ne consegue che la chiamata in causa di quest’ultimo dev’essere, pertanto, ricondotta all’art. 106 c.p.c. ed è, come tale, rimessa alla esclusiva valutazione discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio non è censurabile né sindacabile in sede d’impugnazione.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13.2.2025