Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15010 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10390/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MESSINA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE CATANIA al n. 15799/2019 depositata il 28/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Risulta dal decreto impugnato che RAGIONE_SOCIALE ha proposto domanda di restituzione di un terreno sito in Comune di Messina,
località Contesse, nonché domanda di ammissione allo stato passivo di RAGIONE_SOCIALE per complessivi € 90.748,47, di cui € 10.286,21 al privilegio ex art. 2764 cod. civ. per rifiuti speciali da bonificare, € 19.662,26 per opere edili contrattualmente assunte ed € 60.800,00 per indennità di occupazione. La domanda di ammissione allo stato passivo traeva origine dalla stipula in data 11 ottobre 2004 di un contratto di affitto relativo al suddetto terreno, della durata di novanta giorni, quale area di cantiere, per il quale l’occupante RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a realizzare alcune opere a titolo di corrispettivo per l’occupazione dell’area .
Il ricorrente ha dedotto l’inadempimento del contratto da parte di RAGIONE_SOCIALE, allegando che l’area di cantiere, mai restituita, era stata oggetto di sequestro penale nel 2005 per discarica non autorizzata; ha, poi, dedotto che era stato incardinato un giudizio ordinario per risoluzione del contratto di affitto iscritto al n. 2076/2007 R.G. Trib. Messina, conclusosi con sentenza successiva all’ammissione di RAGIONE_SOCIALE all’amministrazione straordinaria in data 8 giugno 2017.
Il giudice delegato ha rigettato la domanda di rivendica e ha ammesso il credito della ricorrente per il minor importo di € 4.400,00, oltre € 150,00 per spese borsuali.
Il Tribunale di Catania, con il decreto qui impugnato, ha rigettato l’opposizione. Ha ritenuto il Tribunale , quanto alla domanda di restituzione, che il bene immobile non è mai stato acquisito all’attivo dell’amministrazione straordinaria e che la sentenza del giudice ordinario, pronunciata a conclusione del giudizio di risoluzione contrattuale, è inopponibile alla procedura. Il Tribunale ha, poi, ritenuto che la ricorrente non ha diritto alla restituzione dell’area a seguito del sequestro penale intervenuto nel 2005 , non avendo provato l’estraneità del proprio amministratore alla condotta penale.
n. 10390/2021 R.G.
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a due motivi. La procedura di amministrazione straordinaria intimata non si è costituita in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo m otivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 1267, 1218, 1223 cod. civ., nella parte in cui il decreto impugnato ha rigettato la domanda di ammissione allo stato passivo. Deduce il ricorrente che il tribunale ha rigettato la domanda di risoluzione del contratto dell’11 ottobre 2004 e di risarcimento danni invertendo le regole di riparto dell’onere della prova. Osserva di avere chiesto in sede ordinaria la risoluzione del contratto in oggetto, incombendo al ricorrente la sola prova dell’inadempimento della controparte , ritualmente allegato ai fini della condanna della stessa al risarcimento dei danni e alla restituzione del bene immobile. Osserva, inoltre, che il tribunale avrebbe, in ogni caso, potuto valorizzare le prove formatesi nel giudizio ordinario. Osserva, infine, che non avrebbe incidenza nella specie il sequestro penale, in quanto verificatosi dopo la scadenza contrattuale, quando i danni da inadempimento contrattuale si erano già prodotti.
Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui deduce l’inversione dell’onere probatorio in relazione alla domanda di ammissione allo stato passivo, in quanto non coglie compiutamente la ratio decidendi della sentenza impugnata. La motivazione del decreto impugnato è incentrata sulla corresponsabilità penale del legale rappresentante della società ricorrente, per concorso nel delitto di cui all’art. 51, comma 3, d. lgs. n. 22/1997, per discarica non autorizzata relativa al bene immobile per cui è causa.
10390/2021 R.G. 3. Il motivo è infondato nella parte in cui deduce l’opponibilità dell’inadempimento della società insolvente ai fini della domanda risarcitoria, posto che l’effetto della risoluzione del contratto può
prodursi solo all’atto della sentenza che accolga la domanda del la parte adempiente. Trattandosi di pronuncia costitutiva, la cristallizzazione delle masse all’atto della dichiarazione di fallimento (come della dichiarazione di insolvenza), comporta che il diritto del creditore può considerarsi quesito solo se la pronuncia intervenga e passi in giudicato prima dell’apertura del concorso, salvi gli effetti della trascrizione ex art. 72, quinto comma, l. fall. (Cass., Sez. U., 30416/2018 ), ovvero salvi gli effetti dell’avvalimento di clausola risolutiva espressa (Cass., n. 9488/2013).
È , per l’effetto, assorbito l’esame della doglianza secondo cui il giudice del merito non avrebbe valorizzato le risultanze del processo civile conclusosi dopo la dichiarazione di insolvenza della parte inadempiente.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del medesimo parametro normativo (artt. 1267, 1218, 1223 cod. civ.), nella parte in cui il decreto impugnato ha rigettato la domanda di rivendica. Censura parte ricorrente, anche in tal caso, l’inversione dell’onere della prova, essendo onere della procedura dimostrare l’avvenuta restituzione del bene immobile. Osserva, inoltre, che la mancata acquisizione del bene immobile da parte dei commissari non dimostra la riconsegna del terreno ai legittimi proprietari.
Il motivo è inammissibile, avendo il Tribunale accertato che il bene non era stato inventariato tra gli attivi della procedura, smentendo ci fosse alcuna necessità di riconsegna a seguito di accoglimento della rivendica, in quanto avente a oggetto la separazione dall’attivo di un bene mai inventariato e, quindi, domanda priva di oggetto. L’inammissibilità del motivo si apprezza, inoltre, per avere il Tribunale accertato come non provato che il successivo dissequestro, vincolato alla rimozione dei rifiuti, contemplasse ancora la società RAGIONE_SOCIALE quale detentrice, laddove al
n. 10390/2021 R.G.
momento della apertura dell’Amministrazione straordinaria il bene non risultava nella disponibilità dei commissari straordinari, né era previsto un recupero di tali beni da parte di questi ultimi.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in assenza di difese scritte dell’intimato. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 27/05/2025.