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Inopponibilità scrittura privata: il curatore è terzo

La Corte d’Appello di Roma ha confermato l’inopponibilità di una scrittura privata di riduzione del canone d’affitto al fallimento del locatore. La decisione si fonda sulla qualifica del curatore fallimentare come terzo rispetto agli atti del fallito. Di conseguenza, l’accordo, per essere efficace nei confronti della massa dei creditori, necessitava di una data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, onere probatorio non assolto dalla società affittuaria.

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Inopponibilità della Scrittura Privata al Fallimento: Il Curatore Agisce come Terzo

L’inopponibilità della scrittura privata in un contesto fallimentare rappresenta una questione cruciale per la tutela dei creditori. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ha ribadito un principio fondamentale: un accordo privato che modifica un contratto preesistente, se privo di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non può essere fatto valere contro la procedura concorsuale. Questo perché il curatore, agendo a tutela della massa dei creditori, assume la veste di ‘terzo’ rispetto agli atti compiuti dal soggetto poi fallito.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da un contratto di affitto d’azienda stipulato nel 2014, che prevedeva un canone annuo di 36.000 euro. Successivamente, la società concedente veniva dichiarata fallita. La società affittuaria sosteneva di aver siglato una scrittura privata nel 2016 con la concedente (allora in bonis), che riduceva il canone mensile da 3.000 a 1.000 euro.

Il curatore del fallimento, tuttavia, ha contestato la validità di tale accordo nei confronti della procedura, ritenendolo inopponibile. La scrittura, infatti, non era né registrata né autenticata, e quindi priva di una ‘data certa’ che ne provasse l’anteriorità rispetto alla sentenza di fallimento. Di conseguenza, il curatore ha richiesto il pagamento dei canoni nella misura originariamente pattuita. Il Tribunale di primo grado ha accolto la domanda del fallimento, portando la società affittuaria a impugnare la decisione in appello.

L’Inopponibilità della Scrittura Privata secondo la Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Il nucleo della decisione risiede nella corretta interpretazione del ruolo del curatore fallimentare e nell’applicazione dell’articolo 2704 del Codice Civile.

La società appellante sosteneva che il curatore, subentrando nel contratto di affitto, dovesse essere considerato una ‘parte’ e non un ‘terzo’, rendendo la scrittura privata pienamente efficace. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo la distinzione fondamentale evidenziata dalla giurisprudenza di legittimità: esiste una differenza tra il curatore che agisce come portatore di un diritto già presente nel patrimonio del fallito e il curatore che agisce nella sua funzione istituzionale di gestore del patrimonio a tutela della collettività dei creditori.

Le Motivazioni: il Curatore è Terzo e la Necessità della Data Certa

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio consolidato secondo cui, quando il curatore eccepisce l’inopponibilità di una scrittura privata, non esercita un diritto del fallito, ma agisce come organo della procedura per proteggere gli interessi della massa creditoria. In questa veste, egli è a tutti gli effetti un ‘terzo’ rispetto agli atti negoziali posti in essere dal debitore prima del fallimento.

In quanto terzo, il curatore beneficia della tutela prevista dall’art. 2704 c.c., il quale stabilisce che una scrittura privata non autenticata è opponibile ai terzi solo se ha ‘data certa’. L’onere di dimostrare che la scrittura di riduzione del canone fosse stata stipulata in una data anteriore al fallimento gravava interamente sulla società affittuaria. Quest’ultima, tuttavia, non è riuscita a fornire tale prova. Anzi, è emerso che le fatture emesse dalla società concedente, anche in un periodo successivo alla presunta riduzione, riportavano ancora l’importo originario del canone, indebolendo ulteriormente la posizione dell’appellante. La Corte ha quindi concluso che, in assenza di data certa, la modifica contrattuale non poteva pregiudicare i diritti della massa dei creditori, rappresentati dal curatore.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del diritto fallimentare: la certezza dei rapporti giuridici è essenziale per la tutela del ceto creditorio. Per gli operatori economici, la lezione è chiara: qualsiasi modifica a un accordo contrattuale, specialmente se di rilevante importo, deve essere formalizzata in modo da acquisire data certa (ad esempio, tramite registrazione, atto notarile o scambio di PEC). Affidarsi a semplici scritture private non registrate espone al rischio concreto che tali accordi vengano dichiarati inefficaci in caso di insolvenza della controparte, con conseguenze economiche potenzialmente molto gravi. La sentenza sottolinea che la protezione del patrimonio del fallito, destinato a soddisfare i creditori, prevale sugli accordi informali e non tracciabili.

Un accordo privato non registrato che modifica un contratto è valido in caso di fallimento di una delle parti?
No, non è opponibile al fallimento. Secondo la sentenza, una scrittura privata che modifica un contratto preesistente, se non ha una ‘data certa’ anteriore alla dichiarazione di fallimento, è inefficace nei confronti della procedura fallimentare e dei creditori.

Perché il curatore fallimentare è considerato un ‘terzo’ rispetto agli accordi presi dal fallito?
Il curatore è considerato un terzo perché non agisce come mero successore del fallito, ma come gestore del patrimonio nell’interesse della collettività dei creditori. La sua funzione è quella di tutelare la massa creditoria da atti che potrebbero diminuire il patrimonio del debitore, come una riduzione non formalizzata di un canone di affitto.

Cosa significa ‘data certa’ e perché è così importante per l’opponibilità di una scrittura privata?
La ‘data certa’ è la prova legale che un documento esisteva in una determinata data. È fondamentale perché, ai sensi dell’art. 2704 c.c., impedisce che vengano creati documenti retrodatati per frodare i diritti dei terzi. Nel caso di un fallimento, solo i documenti con data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento possono essere fatti valere contro la massa dei creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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