Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17316/2021 R.G. proposto da Comune di Castel di Iudica , in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso l ‘ordina nza n. rep. 2376/2020 della Corte d’Appello di Catania, depositata il 28.12.2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Castel di Iudica ricorre contro l ‘ordinanza con cui la Corte d’Appello di Catania ha determinato l’indennità dovuta al proprietario di una porzione di terreno acquisita con decreto sanante del 16.7.2014, dopo essere stata utilizzata per la realizzazione di un’opera pubblica ( ludoteca).
Si tratta di una porzione di terreno occupata in via d’urgenza nel 2001 e irreversibilmente trasformata con la realizzazione dell’opera pubblica . Era stato anche portato a termine il procedimento di espropriazione, ma il relativo decreto finale venne annullato dal giudice amministrativo.
Il Comune determinò in € 19.628,81 l’indennità dovuta per l’acquisizione del bene , mentre l a Corte d’Appello -adita dall’attuale controricorrente ha liquidato l’indennità totale in € 595.194,14, comprensiva del valore dell ‘oper a costruita, del pregiudizio non patrimoniale, del danno per occupazione senza titolo e dell’indennità per il periodo di occupazione legittima .
Il ricorso per cassazione è articolato in quattro motivi.
Il proprietario del bene acquisito si è difeso con controricorso, illustrato anche con memoria depositata nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia «Violazione e falsa applicazione de ll’ art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001 in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c., per avere l’ordinanza impugnata ritenuto sussistente nella materia in oggetto, la giurisdizione del giudice ordinario e non quella del giudice amministrativo».
Il ricorrente rileva che con ordinanza n. 29625/2020 questa Corte ha rimesso nuovamente alle Sezioni Unite la
questione di giurisdizione su lle cause relative all’indennizzo per l’acquisizione sanante ex art. 42 -bis del d.P.R. n. 327 del 2001, che le stesse Sezioni Unite avevano già risolto in favore della giurisdizione ordinaria (Cass. S.U. n. 15283/2016).
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello ha risolto la questione di giurisdizione nel senso già allora indicato dalla giurisprudenza di legittimità. Tale indirizzo è stato nel frattempo confermato da Cass. S.U. n. 20691/2021, ove è stato ribadito il seguente principio di diritto: « sono devolute al giudice ordinario e alla corte di appello, in unico grado, secondo una regola generale dell’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità espropriative, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto per l’acquisizione del bene utilizzato dall ‘ autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42 bis t. u. del 2001, in considerazione della natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene e globalmente inteso dal legislatore, come un ‘ unicum ‘ non scomponibile nelle diverse voci, con l’effetto non consentito di attribuire una diversa e autonoma natura e funzione a ciascuna di esse; di conseguenza, l’attribuzione di una somma forfettariamente determinata a ‘titolo risarcitorio’ (pari all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del ben e, a norma del terzo comma dell’art. 42 bis ) vale unicamente a far luce sulla genesi di uno degli elementi (il mancato godimento del bene per essere il cespite occupato ‘senza titolo’ dall’amministrazione) che vengono in considerazione per la determinazione dell’indennizzo in favore del proprietario, il quale non fa valere una duplice legittimazione, cioè di soggetto avente titolo ora a un ‘indennizzo’ (quando agisce per il
pregiudizio patrimoniale, e non patrimoniale, conseguente alla perdita della proprietà del bene), ora a un ‘risarcimento’ di un danno scaturito da un comportamento originariamente contra jus dell’amministrazione; appartengono invece alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali sia dedotta la illegittimità in sé del provvedimento di acquisizione, per insussistenza dei requisiti previsti dalla legge, anche ai fini della valutazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, in relazione ai contrapposti interessi privati e all’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozion e».
In virtù del fatto che «sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite», il motivo può essere ora respinto dalla sezione semplice (art. 374, comma 1, c.p.c.).
Per priorità logica viene quindi in esame il terzo motivo, il quale censura «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001, in relazione all’ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. , per avere l’ordinanza impugnata disposto una condanna a una somma ben superiore al reale valore del terreno».
Il ricorrente dichiara di non «comprendere in base a quale norma la Corte d’Appello di Catania abbia disposto il pagamento, oltre che del terreno (edificabile), anche del valore dell’opera realizzata, non essendo previsto tale principio dall’art. 42 -bis della cui applicazione nel caso di specie si discute». Inoltre , sostiene che il valore dell’opera realizzata sarebbe conteggiato due volte, e quindi duplicato, nella determinazione dell’indennizzo.
2.1. Questo motivo è fondato, alla luce del condivisibile principio affermato nella più recente giurisprudenza di questa Corte.
« In tema di indennizzo ex art.42 -bis DPR 327/2001, ai fini della determinazione del valore venale del bene oggetto del provvedimento di c.d. acquisizione sanante, alla data della adozione dello stesso, non deve computarsi, alla luce del tenore della citata disposizione, nonché del richiamo a ll’art. 37, comma 4, DPR 327/2001, che fa salva la disposizione dell’art.32, comma 1, anche il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata, anche solo parzialmente, realizzata dalla pubblica amministrazione » (Cass. n. 9871/2023, alla cui motivazione si rinvia, ai sensi dell’art. 118 , comma 1, disp. att. c.p.c.; conf., successivamente, Cass. nn. 16214/2023; 20354/2023; 25707/2024).
Che la Corte d’Appello sia invece incorsa nell’errore di diritto di sommare il valore dell’opera realizzata a quello del l’area acquisita risulta evidente dalla lettura dell’ordinanz a, in particolare a pag. 6, ove al «valore commerciale del terreno» (€ 174.000) viene esplicitamente sommato «il valore delle opere eseguite» (€ 157.000), sicché l’indennizzo complessivo per la perdita della proprietà viene indicato in € 331.000 (cui poi si aggiungono l’indenni tà per il pregiudizio non patrimoniale e le indennità per l’occupazione temporanea ).
Né si può sostenere che su questo aspetto vi sia stata «acquiescenza» e che si sia formato un «giudicato interno» -come sostiene il controricorrente nella memoria illustrativa -posto che il secondo motivo di ricorso censura espressamente l ‘ ordinanza sotto questo aspetto (insieme alla critica di avere la
Corte territoriale duplicato il valore dell’opera) e che il giudizio di merito si svolge in un unico grado.
Il quarto motivo censura «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001, in relazione all’ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., per aver e l’ordinanza impugnata disposto una condanna a una somma ben superiore al reale valore del terreno sotto altro profilo».
Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel considerare edificabile l’intera area espropriata (m.q. 1.888), pur risultando dalla relazione del c.t.u. che solo m.q. 430 erano effettivamente edificabili, ricadendo in zona «B -Area di Completamento», mentre la rimanente superficie era vincolata ad usi non edificatori.
3.1. Anche questo motivo è fondato, nei termini di seguito esposti.
In effetti, nell ‘ ordinanza impugnata si legge che «il terreno …, secondo il P.R.G. approvato con D.A. dell’8.2.2011, vigente alla data del decreto ex art. 42 -bis , ricade in prevalenza in zona edificabile B di completamento e in parte in zone preordinate alla realizzazione di opere di urbanizzazione e precisamente parcheggi, spazi attrezzati per lo sport e verde pubblico». Ciò conferma (a parte il giudizio di prevalenza ) l’affermazione del ricorrente -corroborata dal richiamo alla relazione del c.t.u. -secondo cui solo parte dell’area acquisita era edificabile . Tuttavia, poco p iù avanti, nella motivazione dell’ordinanza , si legge che «il c.t.u. ha chiarito che l’area espropriata … ricade interamente nella frazione Giumarra, frazione che rientra nella zona B -area di completamento a vocazione edificatoria -e rappresenta parte del centro urbano a destinazione
prevalentemente residenziale, sicché tutte le aree interessate dal decreto opposto, a prescindere dal vincolo preordinato all’esproprio , del quale non può tenersi conto, vanno considerate come edificabili».
Manca, nella motivazione dell’ordinanza , un passaggio che dia spiegazione del rapporto tra la destinazione urbanistica risultante dal P.R.G. approvato l’8.2.2011 e il «vincolo preordinato all’esproprio» , di cui correttamente il giudice del merito afferma che «non può tenersi conto».
Manca cioè totalmente -per intrinseca contraddittorietà delle affermazioni contenute nella motivazione -la necessaria giustificazione dell’indenni tà determinata, con riferimento al dato essenziale della distinzione tra aree edificabili e aree non edificabili.
Né può venire in soccorso della decisione impugnata il concetto di «edificabilità di fatto» che il controricorrente invoca nella memoria illustrativa. Infatti, tale concetto -menzionato nell’art. 37, commi 5 e 6, d.P.R. n. 327 del 2001 -è utilizzabile soltanto con riferimento ai terreni privi di pianificazione urbanistica (Cass. nn. 11360/2022; 10502/2019), ovvero per i quali vi è un’aspettativa di futuro mutamento dello strumento urbanistico (v. Cass. n. 4228/2021; che peraltro ha negato a siffatta aspettativa rilevanza nella determinazione della stima) ovvero, ancora, nel caso in cui la conformazione fisica di un terreno renda di fatto inutilizzabile l’edificabilità legale (Cass. nn. 18584/2020; 17115/2019). Giammai, invece, potrebbe essere attribuita rilevanza, ai fini dell’indennità di acquisizione sanante (o di espropriazione), alla possibilità di fatto di utilizzare illegalmente il bene in contrasto con le previsioni urbanistiche.
Rimane, quindi, il secondo motivo, che prospetta «Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 -bis d.P.R. n. 327/2001, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere l’ordinanza impugnata disposto una condanna ad una somma ben superiore a quella quantificata dal c.t.u. con la consulenza tecnica depositata».
La tesi del ricorrente è che il giudice del merito, «pur uniformandosi pedissequamente alle valutazioni del c.t.u.», sarebbe incorso in un errore di calcolo per eccesso, in particolare nella liquidazione dell’indennità «per il periodo di occupazione senza titolo».
4.1. L’accoglimento dei motivi terzo e quarto, con la conseguente necessità di cassare l ‘ordinanza con rinvio, assorbe il secondo motivo, in quanto l’indennità complessiva dovrà essere comunque rideterminata e la Corte territoriale avrà cura, nel farlo, di non ripetere eventuali errori di calcolo contenuti nell’impugnata ordinanza.
In definitiva, accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il secondo, l ‘ordina nza impugnata deve essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità, attenendosi al principio di diritto sopra riportato, come già espresso da Cass. n. 9871/2023.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa l ‘ordina nza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte
d’Appello di Catania, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del