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Indennizzo equa riparazione: calcolo e surroga INPS

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 11892/2024, affronta la questione del calcolo dell’indennizzo per equa riparazione dovuto a dei lavoratori per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare. Il nodo centrale è se, ai fini del calcolo, si debba considerare il credito originario o quello residuo dopo l’intervento in surroga del Fondo di garanzia INPS. Rilevando un contrasto giurisprudenziale sul punto, la Corte ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione nomofilattica, senza quindi risolvere nel merito la controversia.

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Indennizzo Equa Riparazione: Come si Calcola in Caso di Surroga INPS? La Cassazione fa il Punto

L’eccessiva durata dei processi è una piaga del sistema giudiziario italiano, che causa notevoli disagi ai cittadini in attesa di una risposta di giustizia. Per mitigare questi effetti, la legge prevede un indennizzo per equa riparazione. Ma come si calcola questo indennizzo, specialmente in contesti complessi come le procedure fallimentari dove intervengono altri soggetti, come il Fondo di Garanzia INPS? Con la recente ordinanza interlocutoria n. 11892 del 2024, la Corte di Cassazione ha messo in luce un importante dilemma interpretativo, scegliendo di non decidere ma di rimettere la questione a una trattazione più approfondita in pubblica udienza.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di lavoratori di ottenere un indennizzo per l’irragionevole durata di una procedura fallimentare, nell’ambito della quale avevano insinuato i propri crediti da lavoro. Durante l’attesa, il Fondo di Garanzia dell’INPS era intervenuto, come previsto dalla legge, pagando una parte dei crediti maturati dai lavoratori e surrogandosi nei loro diritti verso l’azienda fallita.

Successivamente, la Corte d’Appello, nel liquidare l’indennizzo per la lungaggine del processo, aveva limitato l’importo, basando il suo calcolo non sul credito originario dei lavoratori, ma sull’importo residuo dopo il pagamento parziale effettuato dall’INPS. I lavoratori, ritenendosi penalizzati, hanno presentato ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sul Calcolo dell’Indennizzo Equa Riparazione

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione dell’articolo 2-bis della Legge n. 89/2001 (la cosiddetta ‘Legge Pinto’). Questa norma prevede dei correttivi per la liquidazione dell’indennizzo, che tengono conto anche del valore della causa. La questione sollevata è la seguente: in caso di intervento del Fondo INPS, il ‘valore della domanda’ su cui applicare il correttivo è quello del credito totale che il lavoratore vantava all’inizio, o quello, notevolmente inferiore, rimasto dopo il pagamento parziale dell’Istituto di previdenza?

La scelta di una base di calcolo piuttosto che un’altra ha un impatto diretto e significativo sull’ammontare finale dell’indennizzo per equa riparazione che spetta al lavoratore. Utilizzare il credito residuo, come fatto dalla Corte d’Appello, comporta una liquidazione sensibilmente più bassa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, nell’analizzare il ricorso, ha constatato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale all’interno della stessa Sezione. Esistono, infatti, precedenti decisioni che hanno seguito interpretazioni opposte: alcune favorevoli a considerare il valore originario e integrale del credito, altre che invece hanno valorizzato il solo importo residuo.

Di fronte a questa ‘non uniformità’ di giudizio su una questione di diritto di rilevante importanza pratica, i giudici hanno ritenuto necessario non decidere immediatamente il caso. Hanno invece optato per un rinvio della causa a una pubblica udienza. Questa scelta procedurale è finalizzata a consentire un dibattito più ampio e approfondito, con l’obiettivo di arrivare a una pronuncia che possa risolvere il contrasto e fornire un principio di diritto chiaro e uniforme per tutti i casi futuri.

Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria non fornisce una risposta, ma pone le basi per ottenerla. La decisione di rinviare la causa a pubblica udienza sottolinea la delicatezza e l’importanza della questione. Il verdetto finale avrà conseguenze dirette per innumerevoli lavoratori che, dopo aver subito il danno del fallimento del proprio datore di lavoro, si trovano a dover affrontare anche le lungaggini della giustizia. La futura sentenza stabilirà in modo definitivo il criterio di calcolo dell’indennizzo, chiarendo se l’intervento del Fondo INPS debba o meno ridurre il diritto del lavoratore a un’equa riparazione per il tempo perduto in attesa di giustizia.

Qual era la questione legale centrale affrontata dalla Corte?
La questione centrale era determinare la base di calcolo per l’indennizzo da eccessiva durata del processo in favore di un lavoratore, quando il Fondo di garanzia INPS è intervenuto pagando parte del credito. Si doveva decidere se utilizzare il valore del credito originario e totale, oppure quello residuo dopo il pagamento dell’INPS.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte di Cassazione non ha deciso il merito della questione. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui, preso atto di un contrasto tra le sue precedenti sentenze sullo stesso argomento, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per risolvere il conflitto giurisprudenziale e stabilire un principio di diritto uniforme.

Perché l’intervento del Fondo di garanzia INPS è rilevante in questo caso?
L’intervento del Fondo INPS è rilevante perché, pagando una parte del debito, riduce l’esposizione creditoria residua del lavoratore. La Corte d’Appello aveva usato questo importo ridotto per applicare i correttivi di legge, diminuendo così l’indennizzo finale. Il ricorso contesta proprio questa metodologia di calcolo, sostenendo che il pregiudizio da ritardo si è subito sull’intero importo originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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