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Indennità uso esclusivo: quando spetta al coniuge?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2047/2024, chiarisce le condizioni per ottenere un’indennità per l’uso esclusivo di un immobile in comunione da parte dell’ex coniuge. Il caso riguardava la richiesta di un uomo di sciogliere la comunione dell’ex casa coniugale e di ricevere un compenso per il mancato utilizzo. La Corte ha accolto la richiesta di indennità, stabilendo che è sufficiente manifestare l’intenzione di utilizzare il bene per averne diritto, anche se ha confermato il diniego alla divisione dell’immobile a causa di difformità catastali.

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Indennità per uso esclusivo: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza n. 2047/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti tra ex coniugi comproprietari di un immobile: il diritto a un’indennità per l’uso esclusivo del bene da parte di uno solo di essi. Spesso, dopo la separazione, uno dei due continua a vivere nella casa familiare, mentre l’altro è costretto a trovare una diversa sistemazione. Questa pronuncia chiarisce quando il comproprietario escluso ha diritto a un risarcimento, anche se la divisione dell’immobile non è possibile.

I fatti del caso

La vicenda nasce dalla domanda di un ex marito volta a ottenere lo scioglimento della comunione dell’immobile che un tempo era la casa coniugale, occupata esclusivamente dall’ex moglie. Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la richiesta di divisione a causa di irregolarità urbanistiche, ma aveva riconosciuto all’uomo un’indennità mensile di 425 euro per il mancato godimento del bene.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato parzialmente la decisione: pur confermando l’impossibilità di procedere alla divisione, aveva negato anche l’indennità, sostenendo che l’uomo non avesse mai manifestato concretamente la volontà di utilizzare l’immobile. Contro questa sentenza, l’ex marito ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi relativi alla richiesta di indennizzo, cassando la sentenza d’appello su questo punto e rinviando la causa per una nuova valutazione. Ha invece rigettato i motivi riguardanti la divisione dell’immobile.

La Corte ha stabilito un principio fondamentale: per aver diritto all’indennità, non è necessario compiere atti formali o sacramentali, ma è sufficiente che il comproprietario escluso abbia manifestato in modo inequivocabile l’intenzione di utilizzare il bene comune, vedendosi opporre un impedimento o un diniego.

Le motivazioni: il diritto all’indennità per uso esclusivo

La Cassazione ha fondato la sua decisione sull’articolo 1102 del Codice Civile, che regola l’uso della cosa comune. Se un comproprietario utilizza il bene in modo esclusivo, impedendo agli altri di farne parimenti uso, è tenuto a corrispondere i cosiddetti ‘frutti civili’, ovvero un compenso equivalente al valore del godimento sottratto agli altri.

Nel caso specifico, l’ex marito aveva avanzato la richiesta di utilizzare il bene in diverse sedi: nel procedimento di modifica delle condizioni di divorzio, in mediazione e nello stesso giudizio di divisione. Queste manifestazioni di volontà, secondo la Corte, erano più che sufficienti a fondare il suo diritto a un’indennità, a partire dal momento in cui l’ex moglie, pur dopo la revoca dell’assegnazione, aveva continuato a occupare l’immobile impedendogli il pari uso.

Le motivazioni: perché la divisione è stata negata

Nonostante l’accoglimento della domanda di indennizzo, la Corte ha confermato il rigetto della richiesta di divisione. La ragione risiede nella mancanza di ‘conformità catastale’. La legge (in particolare l’art. 29, comma 1-bis, della L. 52/1985) impone, a pena di nullità assoluta, che per qualsiasi atto di trasferimento o divisione di un immobile (anche giudiziale) vi sia una perfetta corrispondenza tra lo stato di fatto dell’immobile, i dati catastali e le planimetrie depositate.

Poiché nel caso in esame la consulenza tecnica aveva accertato delle difformità, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto impossibile procedere con lo scioglimento della comunione. La Cassazione ha ribadito che questo requisito, finalizzato a contrastare l’evasione fiscale e a garantire la certezza dei trasferimenti immobiliari, è inderogabile.

Conclusioni: implicazioni pratiche per i comproprietari

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche:
1. Diritto all’indennità: Il comproprietario che non gode di un bene comune ha diritto a un’indennità se manifesta chiaramente la sua volontà di utilizzarlo. Non è necessario rimanere inerti: è fondamentale attivarsi e formalizzare la richiesta, ad esempio tramite una lettera raccomandata o nell’ambito di altri procedimenti legali.
2. Importanza della conformità catastale: Prima di avviare un giudizio di divisione, è essenziale verificare la perfetta regolarità urbanistica e catastale dell’immobile. In caso di difformità, la domanda sarà rigettata. È quindi cruciale regolarizzare la situazione prima di adire le vie legali, per evitare tempi e costi inutili.

Quando un comproprietario ha diritto a un’indennità per l’uso esclusivo del bene da parte di un altro?
Ha diritto a un’indennità quando manifesta l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e gli viene impedito, subendo così una sottrazione delle sue facoltà di godimento.

È sufficiente che un comproprietario non utilizzi il bene per avere diritto all’indennità?
No, non è sufficiente la semplice inerzia. La Corte di Cassazione chiarisce che il diritto al compenso sorge solo quando il comproprietario escluso manifesta la volontà di usare il bene e l’altro glielo impedisce, traendo un vantaggio patrimoniale dall’uso esclusivo.

Si può procedere alla divisione giudiziale di un immobile se ci sono difformità tra lo stato di fatto e i dati catastali?
No. La Corte ha confermato che l’assenza di conformità catastale oggettiva (corrispondenza tra stato di fatto, dati e planimetrie depositate in catasto) determina la nullità assoluta dell’atto di divisione e impedisce al giudice di procedere allo scioglimento della comunione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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