Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5720 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5720 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25609/2021 R.G. proposto da: COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale sono domiciliati per legge;
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale sono domiciliati per legge;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 741/2021 depositata il 18/06/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e in qualità di eredi di COGNOME NOME, ricorrevano al Tribunale di Ancona nei confronti di NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME al fine di sentire condannare questi ultimi al pagamento in loro favore della complessiva somma di € 157.228,49 a titolo di indennizzo per le migliorie da essi apportate all’immobile sito in Marcelli di Numana, adibito a stabilimento balneare e rilasciato in seguito alla cessazione del contratto di locazione stipulato in data 01.01.1989 e 16.03.1995.
Si costituivano in giudizio i proprietari dell’immobile, i quali: in via preliminare, eccepivano l’avvenuta prescrizione del diritto, essendo stato il contratto del 1989 risolto consensualmente dalle parti nel 1994 e non potendosi quindi più nulla pretendere in base a quel titolo; nel merito, contestavano la domanda attorea, deducendo che – non essendo state le migliorie approvate esplicitamente né da loro, né dal padre – nulla andava restituito ai COGNOME; in via riconvenzionale, chiedevano la condanna dei ricorrenti al pagamento in loro favore della somma ritenuta di giustizia, a titolo di risarcimento/indennizzo per l’ottenimento dell’agibilità dell’immobile a seguito delle trasformazioni dello stesso, a suo tempo effettuate dal de cuius , quale conduttore dell’immobile.
Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1874/2019,
in via preliminare, rigettava l’eccezione di prescrizione del diritto al riconoscimento della indennità per le migliorie apportate in corso di locazione, sollevata dai convenuti;
accoglieva parzialmente la domanda di parte attorea e per l’effetto dichiarava i convenuti tenuti alla restituzione in favore degli attori, della somma di € 19.299,40 oltre interessi dalla data del rilascio dell’immobile all’effettivo soddisfo;
rigettava la domanda riconvenzionale di parte convenuta.
Avverso la sentenza del giudice primo grado veniva proposto appello principale dagli originari ricorrenti ed appello incidentale dagli originari convenuti.
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 741/2021:
in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava prescritta la domanda di attribuzione dell’indennità per migliorie relative al contratto intercorso tra le parti in data 1° gennaio 1989;
confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva respinto la domanda di indennizzo delle migliorie che gli originari ricorrenti deducevano di aver apportato nella vigenza del contratto concluso in data 16 marzo 1995;
confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva respinto la domanda riconvenzionale per danni proposta dagli originari convenuti <>;
respingeva la domanda proposta dagli appellanti incidentali di condanna delle controparti ex art. 96 comma primo c.p.c.;
compensava tra le parti, nella misura della metà, le spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio mentre poneva a carico degli originari ricorrenti, appellanti in via principale, la residua metà delle spese.
Avverso la sentenza della corte territoriale hanno proposto ricorso gli originari ricorrenti.
Hanno resistito con controricorso gli originari convenuti.
Per l’adunanza dell’8 novembre 2023, per la quale era stata fissata la trattazione, il Procuratore Generale non rassegnava
conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti depositavano memoria a sostegno dei rispettivi assunti.
La trattazione, a seguito di rinvio d’ufficio è stata fissata per la data odierna ed in vista di essa il Difensore dei ricorrenti ha depositato nuova memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e in qualità di eredi del sig. COGNOME NOME, articolano in ricorso tre motivi.
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano: <>, nella parte in cui la corte territoriale, ritenendo opportuno <>, in primo luogo ha proceduto alla disamina delle <>, e, partendo dall’ assunto secondo il quale il Tribunale di Ancona avrebbe <>, ha riformato la sentenza di primo grado, e, accogliendo il motivo di impugnazione formulato dagli appellati in via incidentale, ha ritenuto prescritta la domanda di attribuzione dell’indennità per migliorie relativa al primo contratto, anche con riferimento al principio di diritto affermato da Cass. n. 3299/1968.
In definitiva, secondo i ricorrenti, che invocano il principio stabilito da Cass. n. 11551/1998, la corte territoriale ha omesso di considerare che, fermo restando che entrambi i testi contrattuali condizionavano il diritto al rimborso delle spese all’effettivo rilascio, il bene locato non era stato materialmente riconsegnato nella
disponibilità del proprietario sino al 1.2.2013 e comunque sul punto nessuna prova era stata fornita a contrario dalla controparte. Con la conseguenza che avrebbe dovuto confermare sul punto la sentenza di prime cure e riportare a detta data la decorrenza del termine prescrizionale del diritto medesimo.
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano che la corte territoriale, in conseguenza dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione relativamente al rimborso delle migliorie eseguite nel corso del primo contratto, ha ritenuto implicitamente assorbito il primo motivo d’ appello, da essi proposto, con il quale era stato contestato che il Tribunale aveva ritenuto solo parzialmente accoglibile la domanda da essi formulata.
Dopo aver ripercorso il contenuto di detto motivo, che ripropongono, sostengono che la corte territoriale avrebbe dovuto accogliere l’appello principale, da essi proposto, <>.
1.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione alla regolamentazione delle spese processuali.
Confidano nella integrale riforma previa cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguenza anche in relazione alla regolamentazione delle spese di lite.
Censurano comunque la regolazione delle spese operata dalla corte territoriale, <>.
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto la corte territoriale, non ha omesso l’esame di alcun fatto decisivo, ma, valutando le risultanze istruttorie e interpretando in modo plausibile le risultanze processuali, è pervenuta alla conclusione che le parti hanno voluto risolvere il precedente rapporto – sostituendo ad esso un nuovo accordo il cui contenuto avrebbe dovuto tener conto della nuova situazione del bene locato (e in particolare del fatto che erano stati nelle more realizzati interventi edilizi rilevanti sul manufatto) – e che il secondo contratto aveva una funzione ricognitiva e di accettazione delle modifiche apportate dal conduttore (circostanza questa che di per sé confermerebbe la volontà delle parti di regolamentare ex novo il rapporto ed escluderebbe la unicità funzionale dei due contratti)
Occorre qui ribadire che l’accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes (cfr. Cass. n. 18509/ 2008), si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito.
Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio assoluto di motivazione (Cass. n. 1646/2014), nel caso in cui , contrariamente a quanto risulta nella presente fattispecie, la motivazione stessa risulti talmente inadeguata
da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (tra le tante, Cass. n. 26683; n. 18375 e n. 1754 del 2006).
Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 10466/2017; n. 8909/2013; n. 24539/2009; n. 15604 e n. 4178 del 2007; n. 17248/2003).
Essendo altresì pacifico che il difetto di motivazione censurabile in sede di legittimità è configurabile solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal Giudice di merito, e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre a una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza del processo logico che ha indotto il Giudice al suo convincimento, ma non già quando vi sia difformità rispetto alle attese del ricorrente basate su un diverso apprezzamento della quaestio facti (Cass. n. 13054/2014).
In definitiva, il motivo non ha la struttura del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. e si sostanzia soprattutto nel contrapporre l’apprezzamento della vicenda svolto dal primo giudice e quello svolto dal secondo. Operazione che si fa, peraltro, considerando la
motivazione resa dal primo giudice con riguardo all’apprezzamento della quaestio facti .
2.2. Il secondo motivo resta assorbito per effetto dell’inammissibilità del primo.
2.3. Il terzo motivo, infine, con la prima censura non deduce alcun autonomo e specifico vizio di legittimità della statuizione sulle spese, ma prospetta la caducazione della stessa (e della condanna al pagamento del doppio contributo unificato) alla stregua di “res sperata”, cioè quale conseguenza dell’accoglimento del ricorso. Esso, pertanto, si presenta alla stregua di un “non motivo” (Cass. 31/08/2015, n. 17330; Cass. ord. 24/09/2018, n. 22478; Cass. 23/11/2022, n. 34412).
Quanto alla seconda censura, quella che lamenta l’omessa compensazione, va richiamato il consolidato principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, ormai quasi venti anni fa (Sez. U, n. 14989/2005) – secondo il quale: <>.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 4000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025, nella camera di consiglio