Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25180 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/09/2025
R.G.N. 15410/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 07/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 15410-2024 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ASP DI REGGIO CALABRIA, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 193/2024 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 07/03/2024 R.G.N. 838/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
La signora NOME COGNOME premettendo di essere operatrice professionale sanitaria in servizio presso l’ASP e lamentando la mancata percezione dell’indennità di vacanza contrattuale e della c.d. indennità di divisa ( cd. ‘tempo tuta’) nel periodo dal 01.07.12 al 31.12.2017, adiva il Tribunale per ottenere la condanna dell’ente datoriale alla corresponsione in proprio favore delle corrispondenti differenze retributive.
Il Tribunale di Locri , disattesa l’eccezione di prescrizione perché ritenuta generica, accoglieva il ricorso condannando l’ASP a corrispondere le reclamate indennità secondo le quantificazioni operate dal CTU.
P roponeva appello l’ASP, riproponendo l’eccezione di prescrizione ed evidenziando che nessuna indennità poteva essere reclamata dalla Longano: quanto all’indennità di vacanza contrattuale, secondo l’ASP non sussisteva il presupposto fondante (la cessazione degli effetti della contrattazione precedente) poiché le nuove misure della retribuzione erano già state delineate e corrisposte dalla contrattazione sottoscritta il 31.07.2009; quanto al cd. ‘tempo tuta’, l’ASP rappresentava che nessuna prova era stata fornita dalla Longano circa il tempo effettivamente impiegato per le attività di vestizione/svestizione riformava integralmente la prima pronuncia, ritenendo meritevoli di accoglimento le doglianze di merito avanzate dall’ASP nell’atto
3.1 La Corte di Appello di Reggio Calabria di appello.
Proponeva ricorso per Cassazione la lavoratrice con sei motivi cui resisteva con controricorso l’amministrazione.
La ricorrente depositava memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso ex art. 360 punto 3 c.p.c. si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2948 e 2935 del Codice Civile.
La Corte distrettuale avrebbe ritenuto assorbita la eccezione di prescrizione in considerazione dell’accoglimento del gravame con conseguente infondatezza nel merito delle domande avanzate dalla lavoratrice senza pertanto esaminare la eccezione di prescrizione sollevata dalla ASP in ordine agli emolumenti antecedenti al 16/07/2012.
La censura evidenzia da un lato la assoluta genericità dell’eccezione tale da non consentire alcuna difesa alla controparte, dall’altro i l mancato esame dell’atto interruttivo del giorno 17/7/2017.
Con il secondo motivo ex art. 360 punto 5 c.p.c. si eccepisce l’ omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte non avrebbe esaminato il regolamento aziendale dell’ottobre 2016 né l’atto interruttivo del 17/7/2017 che avrebbero paralizzato il decorso della prescrizione.
Con il terzo motivo di ricorso ex art. 360 punto 3 c.p.c. si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c e dell’art. 6 del CCNL del Servizio Sanitario Nazionale, parte economica 2008/2009.
La sentenza della Corte d’Appello sarebbe in contrasto con il principio sancito dall’art. 112 c.p.c., poiché seppur il ricorrente abbia richiesto le differenze di una retribuzione già percepita (indennità di vacanza contrattuale) i Giudici incentrano le motivazioni sulla qualità dell’indennità di vacanza contrattuale e sul diritto del lavoratore a percepirla, omettendo di valutare le fonti normative e i protocolli indicati dal ricorrente a sostegno della domanda giudiziale (art. 6 del CCNL del Servizio Sanitario
Nazionale, parte economica 2008/2009 e protocollo della Ragioneria Generale dello Stato già allegato al fascicolo di I grado al n. 5).
Con il quarto motivo ex art. 360 punto 5 c.p.c. si deduce l’ omesso l’esame dell’estratto della circolare della Ragioneria Generale dello Stato già allegato al fascicolo di I grado al n. 5, decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Con il quinto motivo ex art. 360 punto 5 c.p.c. si censura l’ omesso esame della domanda per il periodo dal 01/07/2012 al 31/12/2016, con riferimento ai cedolini paga riepilogativi e alle buste paga (allegato n. 2 del fascicolo di primo grado).
Con il sesto ed ultimo motivo di ricorso ex art. 360 punto 3 c.p.c. si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 16 e 9 del contratto decentrato dell’ASL di Locri dell’anno 2002, del comma 2 dell’articolo 7 della Legge Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9 e dell’art. 112 c.p.c.
La censura si incentra sulla errata interpretazione data dalla Corte al contratto decentrato secondo cui la circostanza che il datore di lavoro debba fornire la divisa non significa necessariamente che il dipendente dovesse indossarla al di fuori dell’orar io corrispondente al turno di servizio prestabilito.
Inoltre, si eccepisce la violazione del comma 2 dell’articolo 7 della L.R. Calabria n. 9/2007 che prevede il subentro nelle funzioni e nei rapporti attivi e passivi relativi alle aziende preesistenti in ragione dell’ambito territoriale di riferimento, nella misura in cui tale accordo decentrato che avrebbe imposto l’uso dell a divisa andava applicato anche a seguito della soppressione dell’ASL di Locri in ragione del suo accorpamento nell’ASL Reggio Calabria. Inoltre, la Corte avre bbe violato l’art. 112 c.p. c. per aver rilevato l’avvenuto accorpamento predetto
sin dal gennaio 2012 con conseguente inapplicabilità dell’accordo decentrato sebbene tale profilo non fosse stato espressamente contestato dalla amministrazione.
I primi due motivi di ricorso afferenti al mancato esame dell’eccezione di prescrizione vanno trattati congiuntamente in considerazione della loro intima connessione e vanno dichiarati inammissibili.
Ed invero, la odierna ricorrente non ha un interesse giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 100 c.p.c. in ordine al mancato esame di un’eccezione sollevata dalla controparte che è stata dichiarata assorbita dalla Corte di appello in considerazione del l’accoglimento dei motivi di gravame con conseguente rigetto delle domande svolte dalla lavoratrice.
Inoltre, il rigetto degli altri motivi di ricorso, come si vedrà di seguito, comporta anche in tale sede di legittimità l’assorbimento di tali censure.
Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso con cui si eccepisce la mancata valutazione dell’art. 6 del CCNL del Servizio sanitario Nazionale, parte economica 2008/2009 e del protocollo della Ragioneria Generale dello Stato aventi ad oggetto la asserita debenza della indennità di vacanza nei termini richiesti nel ricorso introduttivo, se ne rileva l’infondatezza.
La Corte territoriale, infatti, fa corretta applicazione del principio affermato da questa Corte secondo cui l’indennità di vacanza costituisce un rimedio di natura eccezionale per consentire alla parte più debole di non rimanere vittima dell’incremento del costo della vita nelle more dei rinnovi contrattuali ma solo in via provvisoria come anticipazione dei futuri miglioramenti (Cass 8444/2016).
Per la qual cosa, una volta che il lavoratore abbia percepito gli
incrementi retributivi destinati, secondo il negoziato tra le parti, a coprire anche l’effettivo aumento del costo della vita, è palese che non possa più riconoscersi, per il medesimo periodo, l’indennità di vacanza contrattuale, dal momento che il rinnovo del contratto aveva già coperto, attraverso l’erogazione dei miglioramenti salariali, gli effetti delle dinamiche inflazionistiche intervenuti nelle more (Cass. 23145/2016).
Conseguentemente, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che all’indennità di vacanza contrattuale dovuta alla scadenza del contratto collettivo sottoscritto il 31/07/2009 relativo al biennio 2008/2009 non possa sommarsi anche la misura delle indennità di vacanza maturate in riferimento ai periodi di vacanza verificatisi in epoche anteriori a tale contratto e decorrenti da precedenti contrattazioni.
Tali suaccennati principi escludono l’applicazione nei termini richiesti nella censura delle norme ivi evocate.
Il quarto motivo è inammissibile, atteso che la diversa interpretazione della circolare della Ragioneria dello Stato non integra un omesso esame di fatto decisivo nella misura in cui tale documento non riveste la natura di fatto storico o naturalistico.
Ed invero, la censura è finalizzata tramite la deduzione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. a richiedere una diversa interpretazione della normativa e dei principi in materia di indennità di vacanza.
Anche il quinto motivo è infondato. La censura è finalizzata e richiedere un nuovo e diverso accertamento di merito circa la fondatezza della domanda di riconoscimento della indennità di divisa sebbene la Corte abbia accertato la carenza allegatoria e probatoria dei presupposti di fatto su cui la pretesa si sarebbe dovuta basare.
11. Il sesto ed ultimo motivo è inammissibile.
Ed invero non può non rilevarsi la insindacabilità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. del contratto decentrato di cui si eccepisce la violazione e/o falsa applicazione (vedi, per tutte: Cass. n. 12495 del 2020).
Inoltre, la eccepita violazione del comma 2 dell’art. 7 della L.R. Calabria 11/5/2007 n. 9 e dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte escluso la applicazione del contratto decentrato rilevando ex officio la applicabilità del comma 7 del citato articolo che ha comportato la creazione di un nuovo soggetto giuridico rispetto a quello che aveva sottoscritto il predetto contratto decentrato non si confronta col decisum che ritiene tale regolamentazione neutra in ordine al riconoscimento a favore del lavoratore dell’indennità di divisa.
In conclusione, il ricorso va respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al rimborso di € 4 .000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, il 7 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME