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Indennità di preavviso preponente: non spetta mai

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23057/2024, ha stabilito un principio cruciale nel contratto di agenzia: l’indennità di preavviso preponente non è dovuta, neanche in caso di recesso per giusta causa a causa di un grave inadempimento dell’agente. La Corte ha chiarito che nessuna norma prevede tale diritto per il mandante, il cui unico vantaggio è poter interrompere il rapporto immediatamente senza versare l’indennità di fine rapporto. La sentenza ha anche accolto le ragioni dell’agente riguardo a una richiesta di provvigioni, cassando la decisione d’appello per non aver considerato le istanze istruttorie volte a ottenere la documentazione necessaria dalla società preponente.

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Indennità di Preavviso Preponente: la Cassazione Nega il Diritto

Nel complesso mondo dei contratti di agenzia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta su una questione dibattuta: il diritto all’indennità di preavviso preponente. Con la decisione n. 23057 del 2024, i giudici hanno stabilito che il mandante non ha diritto a tale indennità, neppure quando recede per una giusta causa imputabile all’agente. Questa pronuncia chiarisce la portata delle tutele e dei rimedi a disposizione delle parti in caso di rottura del rapporto fiduciario.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla decisione di un istituto di credito di risolvere con effetto immediato un contratto di agenzia con un proprio promotore finanziario. La ragione del recesso per giusta causa era il presunto tentativo dell’agente di ‘stornare’ altri promotori a favore di una società concorrente.

Inizialmente, il tribunale aveva dato ragione all’agente, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, riconoscendo la sussistenza della giusta causa di recesso. Tuttavia, la Corte territoriale aveva rigettato la domanda riconvenzionale della banca volta a ottenere dall’agente il pagamento di un’indennità sostitutiva del preavviso. Parallelamente, aveva negato all’agente il diritto a determinate provvigioni maturate su un prodotto finanziario specifico, ritenendo le sue allegazioni probatorie insufficienti. Entrambe le parti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’indennità di preavviso preponente secondo la Cassazione

Il punto centrale del ricorso principale della banca riguardava il presunto diritto a ricevere un’indennità per il mancato preavviso. La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa tesi, giudicandola priva di fondamento. I giudici hanno spiegato che non esiste alcuna norma, né legale né contrattuale, che contempli un diritto del preponente a percepire tale indennità.

Il richiamo all’articolo 2119 c.c., relativo al lavoro subordinato, è stato ritenuto inappropriato. Tale norma, infatti, riconosce il diritto all’indennità sostitutiva solo al lavoratore, non al datore di lavoro. Estenderla analogicamente al preponente sarebbe contrario alla legge. La Corte ha sottolineato che il vantaggio per il preponente che recede per giusta causa consiste già nella possibilità di interrompere immediatamente il rapporto, senza dover rispettare il termine di preavviso e senza dover corrispondere all’agente l’indennità di cessazione del rapporto.

La gestione delle provvigioni e l’onere della prova

Di diverso avviso è stata la Corte riguardo al ricorso incidentale dell’agente, relativo al mancato pagamento delle provvigioni. La Corte d’Appello aveva rigettato la sua domanda per ‘mancanza assoluta di allegazioni’, ovvero per non aver fornito prove sufficienti a quantificare il proprio credito.

La Cassazione ha giudicato errata questa impostazione. Ha rilevato che l’agente aveva, in realtà, indicato elementi identificativi dei contratti conclusi e aveva richiesto l’esibizione di documenti e una consulenza tecnica contabile per provare il suo diritto. Secondo i giudici, la Corte d’Appello ha violato l’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) non valutando la domanda nel merito e non dando corso alle richieste istruttorie. Se è vero che l’onere della prova grava sull’agente, è anche vero che il preponente ha un obbligo informativo (art. 1749 c.c.) e l’agente deve essere messo nelle condizioni di poter adempiere al proprio onere, anche attraverso ordini di esibizione giudiziale (art. 210 c.p.c.).

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione è duplice. Da un lato, sul tema dell’indennità di preavviso preponente, si fonda su un’interpretazione letterale e sistematica delle norme. Non essendoci una disposizione esplicita, non si può creare un diritto per via analogica, specialmente quando la legge (art. 2119 c.c.) lo prevede solo per una parte del rapporto. Il recesso per giusta causa è già di per sé un rimedio sufficiente per il preponente. Dall’altro lato, sulla questione delle provvigioni, la motivazione si concentra sulla corretta applicazione dei principi processuali sull’onere della prova e sul diritto alla prova. Un giudice non può dichiarare una domanda ‘non provata’ se prima non ha consentito alla parte di utilizzare tutti gli strumenti processuali a sua disposizione per acquisire le prove, soprattutto quando queste sono in possesso della controparte.

Conclusioni

L’ordinanza stabilisce due principi di notevole importanza pratica:
1. Il preponente che risolve un contratto di agenzia per giusta causa non ha diritto a richiedere all’agente un’indennità per il mancato preavviso. Il suo unico ‘beneficio’ è la cessazione immediata del rapporto.
2. L’agente che richiede il pagamento di provvigioni ha il diritto di veder esaminate le proprie istanze istruttorie (come la richiesta di esibizione documenti) prima che la sua domanda possa essere rigettata per carenza di prova. Il giudice di merito ha il dovere di valutare tali richieste per garantire il corretto svolgimento del processo.

La causa è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la domanda di provvigioni dell’agente alla luce di questi principi.

Il preponente ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso se recede per giusta causa dal contratto di agenzia?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che nessuna norma di legge o contrattuale conferisce al preponente questo diritto. Il vantaggio per il preponente consiste già nella facoltà di interrompere immediatamente il rapporto senza dover pagare le indennità di fine rapporto all’agente.

Come può un agente provare il suo diritto alle provvigioni se il preponente non fornisce la documentazione necessaria?
L’agente può chiedere al giudice di ordinare al preponente l’esibizione dei documenti contabili necessari (ai sensi dell’art. 210 c.p.c.). Il giudice non può rigettare la domanda per mancanza di prova senza prima aver valutato e dato corso a tali istanze istruttorie, in quanto il preponente ha un obbligo informativo verso l’agente.

Annullare una sentenza di primo grado che condannava al pagamento di una somma obbliga il giudice d’appello a ordinare la restituzione di quanto già pagato?
Sì. Se la parte soccombente in primo grado ha pagato una somma in esecuzione della sentenza provvisoriamente esecutiva e successivamente la Corte d’Appello riforma tale sentenza, quest’ultima deve ordinare la restituzione delle somme versate, a condizione che sia stata presentata una specifica domanda in tal senso nell’atto di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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