Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8926 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8926 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31489/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE , che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Bergamo n. 1298/2020 depositato il 13/11/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La soc. RAGIONE_SOCIALE, titolare dell’azienda esercitata presso lo stabilimento di Pontida, INDIRIZZO concessa in affitto alla fallita RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, chiese, per quanto di interesse in questa sede, che fosse ammesso al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, in prededuzione, il credito di € 29.004,52, per canoni ed indennità maturati dopo la risoluzione del contratto; il Tribunale di Bergamo ammise al passivo in prededuzione il credito per la minor somma di € 4.026 per canoni ed indennità relativi al periodo compreso tra l’ 8/3/2019 (data della risoluzione del rapporto di affitto d’azienda) e il 26/3/2019 (data dell’invio della p .e.c. del legale del fallimento con la quale si manifestava la volontà di dar luogo alla restituzione dell’azienda) , escludendo il residuo in quanto « canoni maturati post risoluzione contrattuale per fatto di Komo ».
2 Il Tribunale di Bergamo rigettava l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE rappresentando quanto segue : i) era pacifico che il contratto di locazione si fosse risolto sin dall’8/3/2019 (nel corso della procedura di preconcordato cui RAGIONE_SOCIALE era stata ammessa), allorché la locatrice aveva comunicato alla conduttrice di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa pattuita e che l’azienda fosse stata restituita al concedente solo in data 18/7/2019; ii) con p.e.c. del 26/3/2019 il legale di RAGIONE_SOCIALE, che aveva già depositato domanda di ammissione con riserva al concordato preventivo, aveva rappresentato al legale della RAGIONE_SOCIALE la necessità di « dar seguito con urgenza » alla riconsegna dell’azienda , invitandolo a prendere contatti per « concordare tempistiche e modalità »; iii) tale comunicazione veniva
immediatamente riscontrata dal legale della concedente il quale, con p.e.c. del 27 marzo, si dichiarava disponibile alla restituzione, precisando che « a tal riguardo la sua assistita deve solo comunicare il giorno e l’ora in cui intende effettuare la riconsegna » e invitandolo a « contattare direttamente il sig. COGNOME per il predetto incombente »; iv) con successive p.e.c. del 15 aprile, 10, 13 e 15 maggio il legale della fallita reiterava le dichiarazioni di intendimento del Fallimento di procedere alla consegna dell’ azienda alle qual i RAGIONE_SOCIALE replicava auspicando che le operazioni di restituzione avvenissero contestualmente alla riconsegna dell’immobile locato dove veniva svolta l’attività di impresa; v) in data 8 luglio 2019 le parti definivano gli aspetti relativi allo stoccaggio e al deposito dei beni del Fallimento (prodotti semilavorati, magazzino e accessori) presenti all’interno dell’immobile locato mediante contratto di deposito.
2.1 Sulla scorta della suesposta ricostruzione dei fatti, i giudici bergamaschi ritenevano che la ritardata consegna dell’azienda non fosse imputabile al solo fatto del debitore o a quello del creditore, « essendosi piuttosto determinat per la concorrenza di una serie di circostanze rispondenti ad esigenze concrete sia del creditore, interessato a ricevere l’azienda contestualmente all’immobile libero dai beni ivi giacenti di proprietà del Fallimento, sia del debitore, interessato a rilasciare sia l’immobile che l’azienda ed al contempo interessato anche a preservare beni di proprietà ivi giacenti ».
2.2 A giustificazione del mancato riconoscimento del credito maturato dopo l’invio della prima pec, il Tribunale rilevava che, poiché il creditore non aveva più interesse a ricevere con urgenza la restituzione dell’azienda, lo stesso avrebbe dovuto ‘cooperare’ all’adempimento del debitore secondo i principi di buona fede nella fase di esecuzione dello scioglimento del contratto.
3 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo: «violazione e/o falsa applicazione di legge. Violazione delle norme di cui agli art. 132. Contraddittorietà ed apparenza della motivazione in punto: violazione dell’art. 2697 c.c onere della prova. Violazione dell’art . 42 C.».
Viene censurato il provvedimento laddove il Tribunale, con motivazione -in tesi -del tutto illogica e gravemente contraddittoria, pur avendo dato atto che il ritardo nella consegna dell’azienda non fosse dipeso da esclusivo fatto della opponente ma fosse addossabile ad entrambe le parti (o non addossabile a nessuna di loro), ha completamente escluso la spettanza dell’indennità per il periodo 26/3/2019 -18/7/2019.
Si evidenziano profili di perplessità della motivazione anche nel punto in cui il provvedimento giustifica il ritardo della curatela nella consegna dell’azienda con le trattative intercorse per il rilascio dell’immobile (di proprietà e richiesto da altro soggetto) all’interno del quale si esercitava l’attività aziendale;
secondo motivo: violazione degli artt. 111 l. fall., 1591 e 2043 c.c. e 42 Cost e 132 c.p.c.: si imputa al Tribunale di non avere correttamente applicato le norme di legge in rubrica indicate in quanto, essendo pacifico che il contratto di locazione si era risolto al momento dell’apertura della procedura concorsuale, il Fallimento era tenuto all’immediata restituzione dell’azienda e, essendosi verificato un ritardo nella riconsegna, al pagamento a titolo di
risarcimento danni di una indennità pari al canone convenuto per l’affitto;
terzo motivo: violazione degli artt. 2697, 1591 e 1209 c.c. e 132 c.p.c.: la ricorrente contesta la sussistenza di alcun profilo di responsabilità propria nel ritardo delle operazioni di consegna del bene ed evidenzia che dalla documentazione prodotta dallo stesso Fallimento e valorizzata dal Tribunale emergeva che RAGIONE_SOCIALE si era sempre dichiarata disponibile a rientrare nel possesso del complesso aziendale, mai concretamente offerto in restituzione prima del 18/7/2019, non sottraendosi o rendendo più difficoltosa la restituzione dell’azienda ed esprimendo solo l’auspicio che la stessa avvenisse in concomitanza il rilascio dell’immobile;
quarto motivo: omesso esame di fatto decisivo, per avere il Tribunale erroneamente affermato l’esistenza di trattative sfociate nella conclusione del contratto di deposito; in realtà il contratto di deposito era intervenuto tra la curatela e la RAGIONE_SOCIALE proprietaria dell’immobile;
quinto motivo: violazione dell’art 91 c.p.c. , per avere la Corte erroneamente condannato l’opponente alle spese di lite.
2 Vanno disattese le eccezioni sollevate in via preliminare dal controricorrente di inammissibilità del ricorso per carenza di specificità, in quanto la ricorrente si sarebbe limitata alla generica contestazione del provvedimento impugnato.
2.1 Contrariamente a quanto affermato dal Fallimento, il ricorso non è affetto da alcun vizio di autosufficienza e i motivi di censura investono in maniera specifica e circostanziata tutte le rationes decidendi del decreto impugnato.
3 Il secondo e terzo motivo del ricorso, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono fondati.
3.1 Occorre ancora una volta ribadire che è circostanza pacifica che il contratto di affitto di azienda si era già risolto prima della dichiarazione di fallimento, per avvalimento della clausola risolutiva
espressa; altrettanto incontestata è la circostanza obiettiva che il curatore ha continuato ad avere la disponibilità dell’azienda, nella sua interezza, dalla dichiarazione di fallimento sino al luglio 2019 senza corrispondere alcunché alla concedente.
3.2 Ciò premesso, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte formatasi in materia di locazione di immobili la pretesa del locatore a titolo di indennità di occupazione dei locali per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento ha, propriamente, titolo in una responsabilità extracontrattuale.
Pertanto, quando il contratto di locazione è venuto meno prima ancora dell’apertura della procedura concorsuale, la protrazione, ove concretamente esistente, della detenzione del bene da parte della curatela, in quanto carente di titolo giuridico, è fonte di responsabilità aquiliana ancorché il verificarsi di siffatta situazione non sia imputabile a dolo o a colpa del curatore, ma debba considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa: con la conseguenza che il credito del proprietario del bene ha natura integralmente riparatoria e non meramente indennitaria e l’obbligazione risarcitoria risulta a carico del fallimento ai sensi d ell’art. 111, comma 2, l. fall. (cfr. Cass. 4190/1998, 20146/2018 e 17801/2019).
3.4 Va, altresì, rilevato che questa Corte ha anche avuto modo di precisare che «nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato» (cfr. Cass., Sez. U., 33645 /2022).
3.5 Siffatti principi, espressi in tema di locazione, sono stati estesi anche al contratto di affitto di azienda, con la precisazione che «il fatto che la cessazione degli effetti del contratto di affitto si sia verificata in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento
dell’affittuaria non fa venir meno la sussistenza del credito della concedente per i danni da ritardata restituzione del complesso aziendale affittato nella forma dei canoni convenuti e maturati» (cfr. Cass. 18289/2022).
Anche nella fattispecie dell’affitto di azienda è stato, dunque, ribadito il principio secondo il quale l’indennità è dovuta al concedente nonostante la protrazione della disponibilità dell’azienda «non fosse imputabile a dolo o a colpa del curatore ma dovesse considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa» (cfr. Cass. 11379/1998 e 4190/1998).
3.6 Il Tribunale lombardo non ha fatto buon governo dei suesposti principi.
3.7 Il provvedimento impugnato, infatti, non ha riconosciuto in favore della ricorrente alcuna indennità di occupazione per il lasso temporale compreso tra il mese di marzo 2019 ed il mese di luglio 2019, pur avendo accertato che la soc. RAGIONE_SOCIALE non solo non aveva frapposto ostacoli di sorta alla restituzione dell’azienda , ma, al contrario, aveva serbato una condotta collaborativa alla restituzione dell’azienda , il cui ritardo era, in realtà, dipeso da fatti, sia pur di natura oggettiva, riconducibili alle esigenze e alle necessità della procedura.
4 Gli altri motivi restano assorbiti.
5 In accoglimento del secondo e del terzo motivo l’impugnato decreto deve essere cassato con rinvio della causa al Tribunale di Bergamo, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti tutti gli altri motivi, cassa il decreto impugnato in
relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Bergamo, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 29 gennaio 2025.