Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23814 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23814 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14710/2020 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 47/2020 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il promittente venditore NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Palermo il promissario acquirente NOME COGNOME per la risoluzione di due contratti preliminari di vendita aventi ad oggetto un appartamento e un magazzino. Il convenuto chiedeva il rigetto
della domanda e agiva in riconvenzionale per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.
Il Tribunale di Palermo rigettava la domanda principale del promittente venditore e accoglieva la riconvenzionale del promissario acquirente, disponendo il trasferimento degli immobili.
La Corte di appello rigettava l’impugnazione proposta da COGNOME. Su ricorso di quest’ultimo, la Corte di cassazione, con sentenza n. 1639/2019, accoglieva per quanto di ragione il ricorso, rilevando omessa pronuncia e vizio motivazionale, con particolare riferimento alla domanda di indennità di occupazione per il periodo in cui COGNOME aveva (anticipatamente) goduto degli immobili. In sede di rinvio, la Corte di appello ha dichiarato la risoluzione dei due contratti per inadempimento del venditore e condannato l’acquirente al pagamento dell’indennità di occupazione.
Ricorre in cassazione il promissario acquirente con due motivi, illustrati da memoria. Rimane intimata la controparte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo, p. 9, denuncia violazione degli artt. 345 c.p.c. per avere la Corte di appello accolto la domanda di liquidazione dell’indennità di occupazione dell’appartamento e del magazzino proposta dalla parte promittente venditrice solo nel giudizio di appello, sebbene in primo grado fosse stata formulata una generica domanda di risarcimento del danno non riconducibile all’indennità stessa. Si afferma che la Corte territoriale ha qualificato come mera specificazione quantitativa una pretesa che si fonda su un diverso titolo giuridico rispetto alla richiesta originaria, ignorando la giurisprudenza di legittimità che distingue la natura e gli effetti della domanda di risarcimento danni da quella avente ad oggetto l’indennità di occupazione. Si cens ura altresì la mancata valutazione dell’eccezione di inammissibilità tempestivamente sollevata nella comparsa di risposta nel giudizio di rinvio, con la quale si era
contestata l’introduzione per la prima volta in appello della domanda di indennità.
Il primo motivo è rigettato.
Cass. n. 1639/2019 aveva accolto il terzo motivo del ricorso proposto dallo Sciortino per omessa pronuncia da parte dei giudici di merito sulla domanda di liquidazione a ll’indennità di occupazione da lui richiesta. Il giudice di rinvio era pertanto vincolato a pronunciarsi su tale domanda -come già proposta in primo grado – e non poteva dichiararla inammissibile, né per novità, né per difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2. – Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1218, 1223 e 2697 c.c. per avere la Corte di appello condannato la parte promissaria acquirente, non inadempiente, al pagamento di somme a titolo di indennità di occupazione, senza accertare i presupposti della responsabilità contrattuale e in difetto di prova concreta del danno. Si assume che la Corte di appello abbia disatteso il principio secondo cui il risarcimento del danno presuppone l’imputabilità dell’inadempimento e la prova specifica del pregi udizio. Pertanto, in difetto di accertamento della responsabilità contrattuale dell’acquirente, non poteva esser e imposto a quest’ultimo il pagamento dell’indennità.
Il secondo motivo è rigettato.
Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare, tra le meno remote, Cass. 35280/2022), l ‘efficacia retroattiva della risoluzione per inadempimento di un contratto (in questo caso: preliminare di compravendita immobiliare) comporta che ciascuna parte è tenuta a restituire le prestazioni ricevute, private ormai di causa, secondo i principi della ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. Ciò implica (in relazione al caso di specie) che il promissario acquirente -ottenuta anticipatamente la consegna del bene promesso in vendita -è tenuto non solo a restituirlo al promittente venditore, ma altresì a corrispondergli i
frutti per l’anticipato godimento dello stesso (in relazione al caso di specie: sotto forma di indennità di occupazione). In parole diverse (ma di significato equivalente), la restituzione del valore di godimento dell’immobile, o dei suoi frutti, non ha funzione risarcitoria, ma si configura come un’obbligazione derivante semplicemente dall’efficacia retroattiva della risoluzione del contratto ed è volta quindi a reintegrare la situazione patrimoniale delle parti nello stato precedente la stipula.
Come si è già constata to nell’esame del primo motivo, q uesta Corte aveva già accertato che la domanda di indennità di occupazione era stata proposta ritualmente, che il Tribunale aveva erroneamente omesso di pronunciare e che la Corte di appello aveva reiterato tale omissione. Ne consegue che la cassazione della sentenza d’appello su questo punto ha comportato l’obbligo di pronunciare su tale domanda, adempiuto dalla Corte di rinvio. Il secondo motivo, dunque, nel tentativo di far riesaminare i presupposti dell’indennità già implicitamente riconosciuti dalla Corte di cassazione, si pone in contrasto con la preclusione formatasi a seguito della cassazione con rinvio.
– La Corte rigetta il ricorso. Non vi è da pronunciare sulle spese poiché la controparte non ha svolto attività difensiva in questo giudizio.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.