Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21827 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21827 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14117/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, che hanno indicato i seguenti indirizzi di posta elettronica certificata: e
;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato il seguente indirizzo di posta elettronica certificata:
;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Mini-
stro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, che ha indicato il seguente indirizzo di posta elettronica certificata:
;
-controricorrente e ricorrente incidentale -avverso l’ordinanza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Brescia n. 326/23, depositata il 10 febbraio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE’11 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE infrastrutture e dei trasporti, per sentir determinare l’indennità dovuta per l’occupazione d’urgenza di un’area RAGIONE_SOCIALEa superficie di 35.625 mq. sita nei Comuni di Poncarale e San Zeno Naviglio e riportata in Catasto al foglio 1, particelle 31, 32 e 33, per il periodo compreso tra il 2 agosto 2007 e il 10 novembre 2012, o in subordine per il periodo compreso tra il 1° ottobre 2011 e il 10 novembre 2012.
A sostegno RAGIONE_SOCIALEa domanda, riferì che l’occupazione, disposta con decreto del 20 giugno 2007 per la realizzazione del raccordo autostradale tra il casello di Ospitaletto, il nuovo casello di Poncarale e l’aeroporto di Montichiari, aveva avuto luogo in virtù del provvedimento n. 24/05 del CIPE, con cui era stata dichiarata la pubblica utilità RAGIONE_SOCIALE‘opera, e del decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE del 29 ottobre 2010, con cui era stato prorogato di 730 giorni il termine fissato per il compimento RAGIONE_SOCIALE procedure espropriative, ma non era stata seguita dall’emissione del decreto di esproprio. Con atto per AVV_NOTAIO del 23 novembre 2009, era stato infatti stipulato con l’ACP un preliminare di accordo per cessione volontaria, che prevedeva, tra l’altro, il pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di Euro 30.000,00 a titolo d’indennità di occupazione, sulla quale era stato versato un acconto RAGIONE_SOCIALE‘80%; non essendosi provveduto alla stipulazione del definitivo ed al pagamento del saldo, l’ACP aveva formulato una proposta contrattuale, a seguito RAGIONE_SOCIALEa quale era stato stipulato l’atto per AVV_NOTAIO del 4 dicembre 2019, con cui essa ricorrente aveva ceduto bonariamente l’a-
rea occupata alla RAGIONE_SOCIALE (subentrata alla ACP nella concessione relativa alla gestione RAGIONE_SOCIALE‘autostrada Piacenza-Cremona-Brescia), accettando un indennizzo calcolato ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 42bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, non comprendente l’indennità di occupazione.
Si costituì l’ACP, ed eccepì di non essere tenuta al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità, non avendo più avuto alcun ruolo nella procedura espropriativa, né alla data di cessazione RAGIONE_SOCIALE‘occupazione legittima né successivamente, per effetto RAGIONE_SOCIALE‘intervenuta scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione; aggiunse di aver agito, dal 25 gennaio 2012, soltanto in qualità di mandataria RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che l’aveva sollevata dall’obbligo di proseguire la realizzazione RAGIONE_SOCIALE opere, ed oppose comunque la prescrizione del diritto all’indennità, chiedendo in subordine la condanna del RAGIONE_SOCIALE al rimborso RAGIONE_SOCIALE somme dovute all’attrice.
Si costituì inoltre il RAGIONE_SOCIALE, ed eccepì a sua volta di non essere tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità, non rivestendo le qualità né di promotore né di beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, spettanti all’ACP, che aveva esercitato in nome proprio il potere espropriativo; premesso che tale ruolo aveva trovato conferma sia nel preliminare del 23 novembre 2009 che nell’atto del 4 dicembre 2019, contestò la sussistenza di un vincolo di solidarietà con la concessionaria, rilevando comunque che la somma concordata a titolo d’indennità di occupazione aveva portata satisfattiva di ogni pretesa, ed opponendo comunque la tardività RAGIONE_SOCIALEa domanda, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 29, comma terzo, del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 e la prescrizione del diritto azionato.
1.1. Con ordinanza del 10 febbraio 2023, la Corte d’appello di Brescia ha accolto parzialmente la domanda, determinando l’indennità di occupazione in Euro 306.080,83 per il periodo compreso tra il 2 agosto 2009 e il 10 novembre 2012, oltre interessi legali dalla scadenza RAGIONE_SOCIALE singole annualità, e disponendone il deposito presso il RAGIONE_SOCIALE, detratto l’importo già corrisposto.
Premesso che la ricostruzione dei fatti compiuta dall’attrice era rimasta incontestata, la Corte ha ritenuto superato, per effetto del mancato perfezionamento RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, l’accordo intervenuto tra le parti in ordine all’indennità di occupazione, rilevando che la cessione RAGIONE_SOCIALE‘area aveva avuto luogo dopo la data fissata e comunque successivamente alla scadenza RAGIONE_SOCIALEa dichia-
razione di pubblica utilità, con la conseguenza che il contratto del 4 dicembre 2019 era qualificabile come un atto privatistico che non s’inseriva nel procedimento di espropriazione, ma in quello cui all’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001. Precisato che con tale atto le parti avevano espressamente escluso di voler regolare anche l’indennità di occupazione, ha ritenuto che il preliminare del 23 novembre 2009 non fosse qualificabile come transazione, in quanto privo degli elementi richiesti dall’art. 1965 cod. civ., escludendo anche la tardività RAGIONE_SOCIALEa domanda, giacché non si era verificato nessuno degli eventi cui è collegata la decorrenza del termine di cui all’art. 29, comma terzo, del d.lgs. n. 150 del 2011.
In ordine alla stima RAGIONE_SOCIALE‘area, ha richiamato la relazione del c.t.u., da cui risultavano a) la vocazione agricola del suolo, avente un valore di 12,09 al mq. per la parte destinata a seminativo e di Euro 2,00 al mq. per la parte destinata a bosco, b) un deprezzamento del residuo compreso tra il 20 e il 25%, avuto riguardo all’esistenza di aree rimaste separate dal resto RAGIONE_SOCIALE‘azienda agricola, comodamente lavorabili ma aventi un accesso più disagevole, all’avvenuto ripristino RAGIONE_SOCIALE‘irrigazione con una differente metodologia, e alla costituzione di una servitù di passo carraio, nonché c) l’inclusione nella fascia di rispetto autostradale, incidente per il 15% sul valore dei fabbricati, e d) la vicinanza fisica RAGIONE_SOCIALE‘autostrada, incidente per il 10% sul valore del complesso colonico. Ritenuto pertanto che l’indennità di espropriazione, comprensiva del deprezzamento RAGIONE_SOCIALE‘area residua, potesse essere liquidata complessivamente in Euro 1.101.891,05, ha determinato quella dovuta per l’occupazione in Euro 91.824,25 per anno ed in Euro 7.652,02 mensili.
Escluso poi che l’indennità di occupazione fosse configurabile come prestazione periodica, la Corte ha dichiarato prescritto il relativo diritto, relativamente alle annualità comprese tra il 2 agosto 2007 e il 2 agosto 2009, ritenendo applicabile l’ordinario termine di prescrizione decennale, ancorandone la decorrenza alla scadenza di ciascun anno di occupazione, rilevando l’avvenuta interruzione con lettera inviata all’ACP e al RAGIONE_SOCIALE il 31 ottobre 2019, ed escludendo invece l’efficacia interruttiva del preliminare del 23 novembre 2009, in quanto superato, e di un’altra nota inviata dal RAGIONE_SOCIALE il 27 marzo 2015, in quanto successiva alla scadenza RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di pubblica uti-
lità.
Quanto all’individuazione del legittimato passivo, premesso che, ai sensi degli artt. 3, comma primo, e 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, tenuti al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità sono sia l’ente espropriante che il promotore RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, in quanto delegato all’esercizio del potere ablatorio con atto avente rilevanza esterna, la Corte ha richiamato il decreto emesso il 23 marzo 2006 dal Direttore generale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che aveva equiparato l’ACP all’autorità espropriante, quale promotrice e beneficiaria RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, la convenzione stipulata il 7 novembre 2007, con cui era stata rinnovata la concessione per la realizzazione e la gestione RAGIONE_SOCIALE‘autostrada, e l’atto aggiuntivo del 1° agosto 2012, con cui era stato prorogato il rapporto fino al subingresso del nuovo concessionario; ha osservato che dagli stessi non emergevano modifiche ai poteri conferiti all’ACP fino al 30 novembre 2012, rilevando inoltre che l’atto aggiuntivo non era in alcun modo menzionato nella scrittura privata del 25 gennaio 2012, con cui erano stati regolati soltanto i rapporti inerenti alla gestione del tratto autostradale. Precisato altresì che il mero ricorso allo strumento RAGIONE_SOCIALEa concessione traslativa, con l’attribuzione al concessionario RAGIONE_SOCIALEa titolarità di poteri espropriativi, non comporta l’esclusione di ogni responsabilità del concedente, a tal fine occorrendo che l’attribuzione di detti poteri e l’accollo degli obblighi indennitari e risarcitori da parte del concessionario siano espressamente previsti da una legge, ha rilevato che il decreto del 23 febbraio 2006, invocato in proposito dall’Amministrazione, non era stato prodotto in giudizio, affermando che nell’ipotesi di concorso di più enti nella procedura espropriativa il soggetto tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità dev’essere di regola individuato nel beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, come risultante dal decreto ablatorio, ed osservando che l’estraneità del RAGIONE_SOCIALE all’espropriazione era smentita dalla nota del 27 marzo 2015, con cui lo stesso aveva fatto presente di essere divenuto responsabile RAGIONE_SOCIALEa conclusione RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, a seguito RAGIONE_SOCIALEa scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione, ed aveva offerto il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità. Ha affermato comunque che, nonostante la delega alla concessionaria, il RAGIONE_SOCIALE era il titolare RAGIONE_SOCIALE‘interesse pubblico per la cui soddisfazione era stata avviata la procedura, nonché dei poteri di vigilanza e controllo sull’attività RAGIONE_SOCIALEa concessionaria.
Qualificata infine la domanda proposta dall’ACP nei confronti del RAGIONE_SOCIALE come azione di regresso, la Corte ha ritenuto insussistenti i presupposti per la disamina RAGIONE_SOCIALEa stessa, non essendo stato provato l’adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione da parte RAGIONE_SOCIALEa concessionaria.
Avverso la predetta sentenza l’ACP ha proposto ricorso per cassazione, articolato in sei motivi, illustrati anche con memoria. La NOME ed il RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorsi, proponendo ricorsi incidentali, articolati rispettivamente in due ed un motivo, il primo dei quali illustrato anche con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, l’ACP denuncia la violazione degli artt. 5, 6, 22bis , 49, 50 e 54 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 censurando la sentenza impugnata nella parte in cui l’ha condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione in solido con il RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che la relativa obbligazione non trae origine dalla concessione, ma deriva direttamente dalla legge, trovando giustificazione nel ruolo rivestito dall’interessato nel procedimento espropriativo, da accertarsi in riferimento alla data RAGIONE_SOCIALEa liquidazione e del versamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità. Sostiene che, essendo l’occupazione preordinata all’esproprio, la relativa indennità non è volta a compensare il mancato godimento del bene, ma l’anticipata privazione RAGIONE_SOCIALEa disponibilità RAGIONE_SOCIALEo stesso in funzione RAGIONE_SOCIALEa realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘interesse pubblico, di cui è titolare non già l’occupante, ma il beneficiario finale RAGIONE_SOCIALE‘opera: ai fini RAGIONE_SOCIALEa legittimazione passiva, è pertanto necessaria la permanenza RAGIONE_SOCIALEa titolarità RAGIONE_SOCIALE‘interesse pubblico fino al momento RAGIONE_SOCIALE‘adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione, anche nel caso in cui l’occupazione non sia seguita dall’espropriazione.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 cod. proc. civ., osservando che il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa sua legittimazione passiva trae origine da un’errata percezione del contenuto RAGIONE_SOCIALEa convenzione stipulata con l’RAGIONE_SOCIALE il 25 gennaio 2012, la quale, nel regolare i rapporti inerenti alla gestione del raccordo autostradale, le attribuiva la qualità di mandataria senza rappresentanza, cui spettava non già il possesso, ma la mera detenzione del fondo per conto RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. Premesso che con tale atto e con quello
aggiuntivo del 1° agosto 2012 la concedente l’aveva liberata dall’obbligo di proseguire la realizzazione del raccordo, accollandosi l’onere dei relativi investimenti e dispensandola dalla prosecuzione RAGIONE_SOCIALE procedure espropriative, sostiene che tenuta al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione era esclusivamente l’RAGIONE_SOCIALE, anche con riguardo alle aree già occupate ed utilizzate.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 6, 22bis , 49, 50 e 54 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 1372 cod. civ., censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto irrilevante il preliminare stipulato il 23 novembre 2009, con cui era stata concordata l’indennità di occupazione, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALEa facoltà, attribuita dalla legge alle parti, di definire consensualmente l’ammontare RAGIONE_SOCIALE‘indennità. Premesso che tale atto non subordinava la determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità alla conclusione bonaria RAGIONE_SOCIALEa procedura espropriativa, ma ne comportava soltanto la quantificazione consensuale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 50 cit., sostiene che le vicende successive non hanno comportato alcuna rinuncia da parte RAGIONE_SOCIALE‘espropriato. Precisato inoltre che il riferimento all’indennità di occupazione, contenuto nell’atto del 4 dicembre 2019, non riguardava l’importo RAGIONE_SOCIALEa stessa, ma solo il relativo diritto, afferma che tale accordo non era opponibile ad essa ricorrente, rimasta estranea allo stesso.
Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 cod. proc. civ., osservando che, nell’escludere la vincolatività del preliminare del 23 novembre 2009, l’ordinanza impugnata è incorsa in un’errata percezione del contenuto degli atti esaminati.
Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ., degli artt. 1298, 1299 e 1372 cod. civ. e degli artt. 6, 22bis , 49, 50 e 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, censurando l’ordinanza impugnata per aver rigettato la domanda di manleva, senza considerare che la condanna pronunciata nei confronti di un debitore solidale consente di accogliere anche l’azione di regresso proposta da quest’ultimo nei confronti di un altro debitore, subordinandone l’esecuzione alla prova RAGIONE_SOCIALE‘adempimento in favore del creditore. Aggiunge che tale domanda trovava giustificazione nella titolarità RAGIONE_SOCIALE‘interesse sostanziale connesso alla realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica, ed includeva quindi la richiesta di essere tenuta indenne da ogni importo
pagato in qualsiasi caso di soccombenza nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘espropriata.
Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ., degli artt. 1298, 1299 e 1372 cod. civ., e degli artt. 6, 22bis , 49, 50 e 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, censurando l’ordinanza impugnata per aver rigettato la domanda di manleva, senza considerare che nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi.
Con il primo motivo del suo ricorso incidentale, la NOME denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1284, quarto comma, cod. civ., censurando l’ordinanza impugnata per aver escluso l’applicabilità di tale disposizione, senza considerare che la stessa non si riferisce esclusivamente alle obbligazioni contrattuali, ma anche a quelle derivanti da fatto illecito o da altri atti o fatti idonei a produrle.
Con il secondo motivo, la controricorrente deduce la violazione degli artt. 2944 e 2946 cod. civ., censurando l’ordinanza impugnata per aver negato efficacia interruttiva al preliminare stipulato il 23 novembre 2009 e al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘acconto sull’indennità di occupazione, ai fini RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE prime due annualità. Afferma infatti l’irrilevanza RAGIONE_SOCIALEa sopravvenuta inefficacia del preliminare, la quale riguardava esclusivamente la misura ed il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità concordata, e non incideva sul riconoscimento del debito, non configurabile come dichiarazione di volontà, ma come dichiarazione di scienza. Aggiunge che, in quanto riguardante l’indennità dovuta fino al 30 settembre 2011, il riconoscimento si estendeva anche alle prime due annualità, scadute il 1° agosto 2008 ed il 1° agosto 2009.
Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale, il RAGIONE_SOCIALE lamenta la falsa applicazione degli artt. 1175 e 1298 cod. civ., censurando l’ordinanza impugnata nella parte in cui l’ha ritenuta obbligata al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità, senza considerare che l’ACP ha agito in nome e per conto proprio, in qualità di ente espropriante, promotrice e beneficiaria RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione. Premesso infatti che, in qualità di concessionaria, la società ricorrente ha esercitato i poteri espropriativi e si è accollata i relativi obblighi, afferma che la realizzazione del raccordo era volta al miglioramento RAGIONE_SOCIALE‘infrastruttura,
rispondente ad uno specifico interesse RAGIONE_SOCIALEa concessionaria, i cui rapporti con la concedente avevano trovato un punto di equilibrio nella convenzione. Aggiunge che, avendo l’ACP contribuito all’aggravamento del debito nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘espropriata, con l’inadempimento del preliminare del 23 novembre 2009, l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda di manleva si porrebbe in contrasto con i principi di correttezza e buona fede.
10. I primi due motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi entrambi ad oggetto l’individuazione del soggetto tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALEa indennità, sono infondati.
Non merita infatti censura l’ordinanza impugnata, nella parte in cui, dopo aver accertato l’avvenuto superamento del preliminare stipulato il 23 novembre 2009, per effetto RAGIONE_SOCIALEa mancata conclusione del procedimento espropriativo, e reputato ininfluente la cessione bonaria stipulata il 4 dicembre 2019, in quanto inserita nel procedimento di acquisizione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ha ritenuto che nei procedimenti pluripartecipati, come quello in esame, la potenziale dissociazione tra la figura RAGIONE_SOCIALE‘autorità espropriante e quella del beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione imponga, ai fini RAGIONE_SOCIALEa predetta individuazione, l’accertamento in concreto RAGIONE_SOCIALEa effettiva titolarità ed esercizio dei poteri espropriativi, tenendo conto che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, comma primo, del d.P.R. n. 327 del 2001, per «autorità espropriante» deve intendersi l’autorità amministrativa titolare del potere di espropriare e che cura il relativo procedimento, ovvero il concessionario di un’opera pubblica, al quale sia stato attribuito tale potere in base ad una norma, mentre per «beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione» deve intendersi il soggetto, pubblico o privato, in cui favore è emesso il decreto di esproprio.
Tale affermazione si pone perfettamente in linea con l’orientamento consolidato RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità in tema di espropriazione per pubblica utilità, secondo cui il soggetto tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità va generalmente individuato nell’ente beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, salvo che nei procedimenti in cui l’esercizio del potere espropriativo di acquisizione RAGIONE_SOCIALE aree e di cura RAGIONE_SOCIALE procedure è condiviso, in relazione a fasi e momenti diversi, tra più soggetti, con la conseguenza che, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘accertamento RAGIONE_SOCIALEa titolarità passiva RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione, il giudice è tenuto, in tali casi, ad analiz-
zare il ruolo specifico assunto e i poteri concretamente esercitati da ciascun soggetto convenuto in giudizio (cfr. Cass., Sez. Un., 24/08/2022, n. 25294). In proposito, è stato precisato che l’ente beneficiario RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione deve essere ordinariamente individuato sulla base di quanto risulta dal decreto ablativo, salvo che dallo stesso non emerga che il compito di procedere all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE aree e di curare le procedure espropriative sia stato affidato ad altri soggetti, i quali abbiano agito in nome proprio, accollandosi i relativi oneri, non risultando tuttavia sufficiente, a tal fine, un mero accordo interno, ma occorrendo una norma di legge o un provvedimento amministrativo a rilevanza esterna (cfr. Cass., Sez. I, 26/05/2022, n. 17058). Si è quindi affermato che l’assunzione degli obblighi indennitari da parte RAGIONE_SOCIALE‘affidatario RAGIONE_SOCIALE‘opera è configurabile, nei rapporti con gli espropriati, soltanto ove sia stato conferito al concessionario o all’appaltatore l’esercizio dei poteri espropriativi, e tale conferimento non sia rimasto limitato ai rapporti interni con l’espropriante, essendosi l’affidatario manifestato, nei rapporti con l’espropriato, come titolare degli obblighi indennitari, oltre che investito RAGIONE_SOCIALE‘esercizio del potere espropriativo, e risultando invece irrilevante la sistemazione dei rapporti economici interni con il concedente (cfr. Cass., Sez. I, 12/09/2022, n. 26803; 20/03/2017, n. 7104; 3/07/2013, n. 16623).
In applicazione di tali principi, la sentenza impugnata ha proceduto ad un’approfondita disamina dei rapporti intercorsi tra le parti, rilevando innanzitutto che, con decreto del Direttore generale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE del 23 marzo 2006, all’ACP era stata attribuita la posizione di beneficiaria e promotrice RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione, espressamente menzionata nei decreti di occupazione, con conseguente assunzione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di corrispondere le relative indennità, fino alla scadenza del periodo di occupazione legittima. Premesso infatti che la concessione, scaduta il 1° ottobre 2011, era stata prorogata al 30 novembre 2013 con atto aggiuntivo del 1° agosto 2012, il quale non prevedeva modifiche ai poteri ed al ruolo RAGIONE_SOCIALE‘ACP, ha precisato che tale atto non faceva alcun cenno alla scrittura privata del 25 gennaio 2012, con cui le parti avevano regolato le modalità di gestione RAGIONE_SOCIALE‘autostrada, attribuendo all’ACP la qualità di mandataria senza rappresentanza RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, ed escludendo pertanto che fosse intervenuto un radicale ridimensionamento dei poteri conferiti alla con-
cessionaria, con il conseguente esonero dall’obbligo di corrispondere le indennità.
Tale ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie, nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa quale è stata ripetutamente evidenziata la portata non meramente interna dei poteri attribuiti alla concessionaria, in quanto richiamati nei decreti di occupazione, non è stata validamente censurata dalla ricorrente, la quale, nel contestare l’interpretazione RAGIONE_SOCIALEa convenzione fornita dalla Corte territoriale, si è limitata ad insistere sulla propria lettura RAGIONE_SOCIALE‘atto, senza indicare gli errori interpretativi o i vizi logici imputabili alla Corte d’appello, in tal modo dimostrando di voler sollecitare una rivisitazione RAGIONE_SOCIALE‘accertamento risultante dall’ordinanza impugnata, non consentito al Giudice di legittimità, al quale non spetta il compito di riesaminare nel merito la controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica RAGIONE_SOCIALE‘apprezzamento compiuto dal giudice di merito, nonché la coerenza logico-formale del provvedimento impugnato, nei limiti in cui le relative anomalie motivazionali sono ancora deducibili con il ricorso per cassazione, a seguito RAGIONE_SOCIALEa riformulazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. ad opera RAGIONE_SOCIALE‘art. 54, comma primo, lett. b) , del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
Com’è noto, infatti, l’interpretazione del contratto, implicando la ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti, si traduce in un’indagine di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ovvero per illogicità ed incongruenza RAGIONE_SOCIALEa motivazione, sempre che quest’ultimo vizio risulti talmente grave da impedire la ricostruzione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione. La parte che intenda censurare l’interpretazione del contratto fornita dal giudice di merito non può dunque limitarsi, come nella specie, a contrapporre la propria personale interpretazione a quella accolta dal provvedimento impugnato, ma è tenuta, in ossequio al principio di specificità RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione e in conformità RAGIONE_SOCIALEa natura del ricorso per cassazione, quale mezzo d’impugnazione a critica vincolata, ad indicare puntualmente i criteri interpretativi che ritiene violati e il modo e le argomentazioni con cui il giudice di merito se ne è discostato, oppure le incongruenze e le contraddizioni in cui lo stesso è incorso (cfr.
Cass., Sez. I, 9/04/2021, n. 9461; 15/11/2017, n. 27136; Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28139).
Quanto poi all’errata percezione del contenuto RAGIONE_SOCIALEa convenzione, essa, in quanto non incidente sul contenuto oggettivo RAGIONE_SOCIALE‘atto, cioè sul fatto probatorio in sé, ma sulla verifica logica RAGIONE_SOCIALEa riconducibilità allo stesso RAGIONE_SOCIALE‘informazione probatoria da esso desunta, e riflettente la lettura di un fatto probatorio sostanziale prospettata da una RAGIONE_SOCIALE parti, può ben essere fatta valere ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 5/03/2024, n. 5792; Cass., Sez. III, 16/05/2025, n. 13085): nella specie, tuttavia, tale vizio non è riscontrabile, giacché le conclusioni cui è pervenuta l’ordinanza impugnata costituiscono il frutto non già di una falsa rappresentazione di elementi testuali contenuti o assenti nel documento prodotto, ma di una valutazione logico-giuridica RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione negoziale, censurabile, come si è detto, esclusivamente per violazione RAGIONE_SOCIALE regole legali di ermeneutica contrattuale o per incongruenza o illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione.
Correttamente, infine, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘individuazione del soggetto tenuto al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione, la circostanza che la liquidazione RAGIONE_SOCIALEa stessa avesse avuto luogo dopo la scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione, così come prorogata dall’atto aggiuntivo del 1° agosto 2012, essendosi quest’ultima intervenuta dopo la cessazione del periodo di occupazione legittima, verificatasi il 30 novembre 2012: poiché, infatti, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 50, comma primo, del d.P.R. n. 327 del 2001, richiamato dall’art. 22bis , comma quinto, l’indennità dev’essere calcolata in relazione a periodi di un anno e corrisposta al termine di ciascun anno di occupazione, il relativo credito non matura né alla data di emissione del decreto di espropriazione né a quella di cessazione RAGIONE_SOCIALE‘occupazione legittima, ma alla scadenza RAGIONE_SOCIALE singole annualità, in relazione alle quali dev’essere individuato il soggetto obbligato a corrisponderla (cfr. Cass., Sez. I, 3/ 07/2019, n. 17797; 28/05/2012, n. NUMERO_DOCUMENTO; 14/03/2006, n. 5520).
11. E’ invece inammissibile il terzo motivo, concernente il ritenuto superamento del preliminare stipulato tra l’ACP e l’attrice il 23 novembre 2009.
In quanto imperniate sulla facoltà, riconosciuta alle parti dall’art. 50 del d.P.R. n. 327 del 2001, di determinare consensualmente l’indennità di occu-
pazione, le censure proposte dalla ricorrente non attingono infatti la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, la quale, nel ritenere inefficace l’accordo intervenuto tra le parti con il predetto preliminare, non ha affatto escluso tale facoltà, ma si è limitata a rilevare che lo stesso era rimasto inattuato, non essendo stato seguito né dalla stipulazione del definitivo, né dall’emissione del decreto di espropriazione, affermando comunque che esso doveva ritenersi superato per effetto RAGIONE_SOCIALEa stipulazione RAGIONE_SOCIALE‘atto del 4 dicembre 2019, con cui la ricorrente aveva ceduto bonariamente l’area occupata alla RAGIONE_SOCIALE contro il pagamento di un importo calcolato in base ai criteri di cui all’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, con l’espressa precisazione che tale importo non comprendeva l’indennità di espropriazione.
Nel censurare il significato attribuito a quest’ultima precisazione, la ricorrente omette ancora una volta d’indicare i criteri ermeneutici violati e le considerazioni ed il modo in cui la Corte territoriale se ne sarebbe discostata, limitandosi ad insistere sulla propria personale interpretazione RAGIONE_SOCIALE‘atto, ed evidenziandone l’inopponibilità nei suoi confronti, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta stipulazione RAGIONE_SOCIALEo stesso tra l’attrice e la RAGIONE_SOCIALE, senza tuttavia considerare che il riferimento al contenuto RAGIONE_SOCIALEa cessione bonaria costituisce solo una RAGIONE_SOCIALE ragioni in base alle quali l’ordinanza impugnata è pervenuta all’esclusione RAGIONE_SOCIALE‘efficacia del precedente accordo. In quanto configurabile come una causa d’inefficacia alternativa a quella costituita dalla mancata conclusione del procedimento espropriativo, la stipulazione del predetto atto integra una distinta ratio decidendi , la cui impugnazione non potrebbe in alcun modo condurre alla cassazione RAGIONE_SOCIALEa statuizione in esame, idonea a reggersi autonomamente anche sulla base RAGIONE_SOCIALE‘altra affermazione, la cui invalida impugnazione comporta l’inammissibilità anche RAGIONE_SOCIALEa censura in esame (cfr. Cass., Sez. III, 26/02/2024, n. 4102; 14/02/2012, n. 2108; Cass., Sez. V, 11/05/2018, n. 11493).
12. E’ altresì inammissibile il quarto motivo, riflettente l’errata percezione del contenuto degli atti in base ai quali è stata esclusa l’efficacia del preliminare.
Come recentemente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, il travisamento del contenuto oggettivo RAGIONE_SOCIALEa prova ricorre nel caso in cui la svista
del giudice ricada sul fatto probatorio in sé, e non sulla verifica logica RAGIONE_SOCIALEa riconducibilità RAGIONE_SOCIALE‘informazione probatoria al fatto probatorio, e trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, ove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre, se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ha pronunciato, e cioè se il travisamento riflette la lettura del fatto probatorio prospettata da una RAGIONE_SOCIALE parti, il vizio dev’essere fatto valere ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 4 o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (cfr. Cass., Sez. Un., 5/03/2024, n. 5792; Cass., Sez. III, 16/05/2025, n. 13085). Nella specie, poiché la censura riflette l’errata percezione da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale di fatti sostanziali che hanno costituito oggetto del dibattito processuale, il vizio dedotto è riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.: esso, peraltro, non risulta correttamente dedotto, non avendo la ricorrente lamentato una falsa rappresentazione di elementi di fatto emersi dall’istruttoria compiuta, ma avendo censurato la valutazione logico-giuridica degli stessi, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, anche a questo riguardo, un riesame RAGIONE_SOCIALE‘accertamento dei fatti contenuto nell’ordinanza impugnata, non consentito in questa sede.
13. Passando quindi all’esame dei ricorsi incidentali, avente carattere logicamente prioritario rispetto a quello degli ultimi due motivi del ricorso principale, riflettenti la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa domanda di manleva avanzata dall’ACP nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, è infondato l’unico motivo del ricorso proposto da quest’ultimo, avente ad oggetto l’affermazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità solidale RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione per il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione.
In proposito, l’ordinanza impugnata ha correttamente richiamato il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il mero ricorso allo strumento RAGIONE_SOCIALEa concessione traslativa, con l’attribuzione RAGIONE_SOCIALEa titolarità di poteri espropriativi al concessionario affidatario RAGIONE_SOCIALE‘opera, non può comportare indiscriminatamente l’esclusione di ogni responsabilità del concedente, risultando necessario, a tal fine, che, in osservanza al principio di legalità RAGIONE_SOCIALE‘azione amministrativa, l’attribuzione all’affidatario di detti poteri e l’accollo da parte sua degli obblighi indennitari siano previsti da una legge che espressamente li autorizzi, in mancanza RAGIONE_SOCIALEa quale non può rite-
nersi consentito alla Pubblica Amministrazione di disporne a sua discrezione, onde sollevarsi dalle responsabilità che il legislatore le attribuisce (cfr. Cass., Sez. Un., 20/03/2009, n. 6769; Cass., Sez. II, 15/01/2019, n. 815; Cass., Sez. I, 2/10/2011, n. 22523). Rilevato che il RAGIONE_SOCIALE, nel contestare la propria responsabilità per il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di occupazione, aveva richiamato il decreto emesso il 23 febbraio 2006 dal Direttore generale RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, con cui era stato conferito all’ACP il potere espropriativo, omettendo peraltro di produrlo in giudizio, la Corte territoriale ha ritenuto non provato che con il medesimo decreto fossero stati posti a carico RAGIONE_SOCIALEa concessionaria anche gli oneri economici connessi all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE aree necessarie per la realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica, aggiungendo che, nonostante la delega di poteri, la procedura era volta alla soddisfazione di un interesse pubblico di cui era portatore il concedente, ed accogliendo pertanto la domanda anche nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione.
Nel censurare tale statuizione, il RAGIONE_SOCIALE non contesta il principio richiamato, ma insiste sull’avvenuto trasferimento dei diritti e degli obblighi in capo alla concessionaria, senza tuttavia tenere conto RAGIONE_SOCIALEa precisazione, compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, che il predetto trasferimento in tanto può comportare l’esonero RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione concedente dagli obblighi derivanti dall’esercizio dei poteri espropriativi, in quanto sia autorizzato da una norma di legge, nella specie rimasta non individuata; in assenza di una siffatta disposizione, l’accollo da parte RAGIONE_SOCIALEa concessionaria degli oneri economici connessi all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE aree riveste un’efficacia meramente interna, essendo destinato ad assumere rilievo esclusivamente nei rapporti con la concedente, nei confronti RAGIONE_SOCIALEa quale la concessionaria può esercitare il diritto di rivalsa RAGIONE_SOCIALE somme eventualmente versate agli espropriati, senza che ciò escluda, nei rapporti con questi ultimi, la responsabilità solidale RAGIONE_SOCIALEa concedente per il pagamento RAGIONE_SOCIALE indennità. Nel ribadire poi l’interesse RAGIONE_SOCIALEa concessionaria alla realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera progettata, in quanto destinata ad esserle affidata in gestione, il controricorrente non considera che, sia pure attraverso l’affidamento RAGIONE_SOCIALEa gestione ad un privato, l’opera era destinata a soddisfare in definitiva un interesse di natura pubblica, la cui sussistenza, idonea a giustificare il sacrificio dei diritti dei proprietari dei fondi necessari
per la sua realizzazione, aveva costituito oggetto di specifica valutazione ai fini RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di pubblica utilità.
14. E’ altresì infondato il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla NOME, avente ad oggetto il mancato riconoscimento degl’interessi al saggio di cui all’art. 1284, quarto comma, cod. civ., introdotto dall’art. 17, comma primo, del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.
La tesi sostenuta dalla controricorrente, secondo cui il predetto saggio non è applicabile esclusivamente alle obbligazioni di fonte contrattuale, ma anche a quelle derivanti da fatto illecito o da altro atto o fatto idoneo a produrle, trova conforto in un precedente di legittimità, rimasto per la verità isolato, il quale si è espresso in tal senso, in virtù RAGIONE_SOCIALE‘osservazione che la clausola di salvezza contenuta nella parte iniziale RAGIONE_SOCIALEa norma in esame, che rimette alle parti la possibilità di determinare la misura degl’interessi, con riferimento al periodo successivo alla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale, non è volta a delimitare l’ambito applicativo di tale disposizione alle obbligazioni contrattuali, ma ad escluderne il carattere imperativo e inderogabile (cfr. Cass., Sez. III, 3/01/2023, n. 61).
Secondo l’orientamento allo stato tendenzialmente prevalente, la mera previsione RAGIONE_SOCIALEa derogabilità del saggio d’interesse previsto dalla legge per il periodo successivo alla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale nulla dice in ordine all’ambito applicativo RAGIONE_SOCIALEo stesso, che va desunto invece dal riferimento alla «legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali»; la norma in esame introduce una chiara eccezione alla disciplina generale di cui al primo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1284, riferibile esclusivamente all’ipotesi in cui gli interessi costituiscano accessorio di un debito nascente da un negozio giuridico, e non risulta pertanto applicabile alle obbligazioni che non hanno fonte negoziale, non essendo ipotizzabile nemmeno in astratto, relativamente alle stesse, un accordo RAGIONE_SOCIALE parti in ordine alla determinazione del saggio, la cui mancanza costituisce il presupposto fondamentale di operatività RAGIONE_SOCIALEa disposizione (cfr. Cass., Sez. II, 9/05/2022, n. 14512; 7/11/2018, n. 28409). Tale principio, enunciato con riferimento all’indennizzo dovuto a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del
processo, è stato ritenuto applicabile anche all’obbligazione di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘indebito, avente la sua fonte nella legge (cfr. Cass., Sez. I 14/12/2022, n. 36595), in virtù RAGIONE_SOCIALEa considerazione che il saggio d’interesse di cui all’art. 5 del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, al quale l’art. 1284, quarto comma, cod. civ. rinvia attraverso il richiamo a «quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali», trova applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 di tale decreto, «ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale», per tale intendendosi, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, lett. a) , «i contratti, comunque denominati, tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo». L’inapplicabilità del saggio di cui all’art. 5 cit. alle obbligazioni pecuniarie aventi fonte legale, ancorché collegate alla fornitura di beni e servizi, ha trovato peraltro conferma anche in tema di crediti vantati dai farmacisti nei confronti RAGIONE_SOCIALE aziende sanitarie locali per la dispensazione dei farmaci di classe A in favore degli assistiti, essendo stato chiarito che, a differenza di quelli derivanti dalle prestazioni rese dalle strutture private accreditate, gli stessi non trovano fondamento in una transazione commerciale, ma in un’attività di natura pubblicistica, svolta in esecuzione del rapporto concessorio con il RAGIONE_SOCIALE, e intesa a realizzare l’interesse collettivo alla tutela RAGIONE_SOCIALEa salute, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEa quale il farmacista opera come componente del RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass., Sez. Un., 20/11/2020, n. 26496; Cass., Sez. III, 10/04/2019, n. 9991).
Tale orientamento non risulta efficacemente contrastato dalla controricorrente, la quale si limita ad insistere sull’interpretazione RAGIONE_SOCIALEa norma fornita dal precedente richiamato, senza aggiungervi ulteriori argomentazioni idonee, in particolare, a spiegare le ragioni per cui il saggio d’interesse introdotto dal d.lgs. n. 231 del 2002 dovrebbe considerarsi applicabile anche alle obbligazioni non aventi fonte contrattuale, in contrasto con la ratio RAGIONE_SOCIALEa sua introduzione, consistente nello svolgimento di una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti dei debitori inadempienti al pagamento del corrispettivo nelle transazioni commerciali. In favore RAGIONE_SOCIALE‘inapplicabilità di tale saggio al caso in esame depone in via determinante ed assorbente la considerazione
che, anche a voler interpretare nel senso più ampio possibile la nozione di transazione commerciale, la stessa non potrebbe essere in alcun caso ritenuta comprensiva RAGIONE_SOCIALEa fattispecie in esame, nella quale la ratio dissuasiva RAGIONE_SOCIALE‘art. 1284, comma 4, c.c. non ha modo di manifestarsi al cospetto di un credito dipendente dalla determinazione giudiziale, una volta che la parte creditrice abbia dissentito dal quantum offerto dalla parte debitrice nell’ambito del procedimento, disciplinato dalla legge, per il pa gamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità per l’occupazione d’urgenza.
15. E’ invece inammissibile il secondo motivo proposto dalla NOME, riflettente l’idoneità del preliminare stipulato il 23 novembre 2009 e del pagamento RAGIONE_SOCIALE‘acconto dallo stesso previsto ad interrompere la prescrizione del diritto all’indennità di occupazione per il periodo compreso tra il 2 agosto 2007 e il 2 agosto 2009.
E’ pur vero, infatti, che, in quanto configurabile come una dichiarazione di scienza, il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere la prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta al predetto fine, ma può essere desunto anche da un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. L’interruzione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione è quindi ricollegabile anche alle trattative svoltesi per la bonaria composizione di una vertenza, quando dal comportamento di una RAGIONE_SOCIALE parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e la transazione sia mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione, ma non anche all’esistenza del diritto (cfr. Cass., Sez. III, 24/09/2015, n. 18879; 19/12/2006, n. 27169), oppure al pagamento parziale di un debito, quando sia accompagnato dalla precisazione RAGIONE_SOCIALEa sua effettuazione in acconto (cfr. Cass., Sez. VI, 27/03/2017, n. 7820; Cass., Sez. III, 12/02/2010, n. 3371).
Nell’escludere l’efficacia interruttiva degli atti indicati dalla controricorrente, la Corte territoriale ha peraltro motivato compiutamente e coerentemente le conclusioni cui è pervenuta, non essendosi limitata ad escludere la condivisibilità RAGIONE_SOCIALEa distinzione tra dichiarazione di volontà e dichiarazione di scienza, ma avendo puntualmente spiegato anche le ragioni per cui ha ritenuto i predetti atti inidonei ad evidenziare una volontà RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione
incompatibile con il disconoscimento del credito, ponendo in risalto la riferibilità del preliminare e RAGIONE_SOCIALE‘acconto ad un periodo diverso dalle annualità in questione. Tale valutazione, configurabile come un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità esclusivamente ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. III, 24/11/2010, n. 23821; 7/01/2004, n. 58; 20/06/2002, n. 9016), non può ritenersi validamente censurata dalla controricorrente, la quale si è astenuta dal denunciare il vizio di motivazione, omettendo d’indicare gli elementi di fatto emersi dall’istruttoria ed eventualmente pretermessi dall’ordinanza impugnata o le incongruenze e le illogicità del percorso logico-giuridico dalla stessa seguito per giungere alla decisione, e dimostrando quindi di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, un nuovo giudizio di merito.
16. Tornando infine al ricorso principale, sono infondati il quinto ed il sesto motivo, riguardanti il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di manleva proposta dalla ACP nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
E’ pur vero, infatti, che, secondo il consolidato orientamento RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità, il giudice investito da una domanda di condanna proposta dal creditore nei confronti di un obbligato solidale e da una domanda di regresso proposta da quest’ultimo nei confronti di un coobbligato ben può emettere due distinte pronunce di condanna, l’una subordinata all’altra, disponendo che la pronuncia in via di regresso possa essere posta in esecuzione soltanto ove il primo condebitore dimostri di aver adempiuto l’obbligazione in favore del creditore, giacché l’ordinamento ammette la pronuncia di una sentenza condizionata, quando l’avvenimento futuro ed incerto cui viene subordinata l’efficacia RAGIONE_SOCIALEa condanna si configuri come elemento accidentale RAGIONE_SOCIALEa decisione, così formulata in omaggio al principio di RAGIONE_SOCIALE processuale (cfr. Cass., Sez. I, 13/04/2022, n. 11962; Cass., Sez. lav., 21/08/2003, n. 12300). Nella specie, tuttavia, come si evince dalle conclusioni formulate nella comparsa di costituzione depositata nel giudizio di merito, riportate a corredo del motivo d’impugnazione, l’ACP, nel proporre la domanda subordinata di regresso nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, per l’ipotesi di accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda proposta dall’attrice, non aveva in alcun modo sollecitato l’emis-
sione di una pronuncia di condanna condizionata al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità in favore di quest’ultima, ma si era limitata a chiedere la condanna del RAGIONE_SOCIALE «all’eventuale manleva di ACP ovvero al rimborso di quanto da essa dovesse venir pagato/depositato in esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘emananda sentenza», senza ulteriori specificazioni.
In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale che quelli incidentali, con la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese processuali, avuto riguardo alla reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali.
Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALEa legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e i ricorsi incidentali dal comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma l’11/03/2025