Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16802 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16802 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12164/2020 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4212/2019 depositata il 22/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 22.11.19 la corte d’appello di Roma, in parziale riforma di sentenza del tribunale della stessa sede del 12.1.16, ha condannato la società in epigrafe al pagamento di euro 6.056,00 oltre accessori a titolo di indennità suppletiva di clientela, detratto quanto dovuto per preavviso, rigettando la domanda di provvigioni, di indennità di risoluzione del rapporto, di indennità meritocratica, di indennità sostitutiva del preavviso.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto tardiva la domanda in appello circa le provvigioni maturate dopo la cessazione del rapporto e ciò perché la parte conosceva i presupposti della sua attività alla base degli emolumenti richiesti e avrebbe dovuto allegarli in primo grado; ha escluso, in quanto tardiva ed esplorativa, la richiesta di esibizione di dati; ha compensato le spese per parziale soccombenza reciproca e perché non è stata accettata proposta conciliativa di € 30.00 né quella di € 25.000.
Avverso tale sentenza ricorre per quattro motivi l’agente, resiste con controricorso il preponente. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 1751 c.c., 12 AEC 16.2.09, 2697 c.c., 24 Cost., 115 c.p.c., per avere la corte territoriale negato le provvigioni dei maggiori clienti e l’indennità meritocratica, ritenendo rilevante l’incremento di fatturato, laddove
bastavano nuovi clienti (aspetto questo accertato), e trascurando la maggiore vicinanza alla prova dell’agenzia.
Il motivo è infondato, avendo la corte territoriale correttamente evidenziato che il presupposto dell’indennità di cessazione richiede non solo l’ampliamento degli affari, ma soprattutto che il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari predetti, aspetto su cui nulla la parte ha dedotto (essendosi limitata a indicare nomi di nuovi clienti). Né vi è violazione delle regole sull’onere della prova, posto che per gli emolumenti in questione l’onere della prova è dell’agente che deve provare il credito da lui invocato.
Il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 1748 e 1749 c.c. e 210 c.p.c., per l’impossibilità per l’agente, senza esibizione dei documenti contabili, di dimostrare provvigioni e clienti, laddove la messa a disposizione di detti atti è un obbligo dell’agenzia.
In tema, la sentenza impugnata è rispettosa dell’insegnamento di Cass. Sez. L, Ordinanza n. 20707 del 10/08/2018 (Rv. 649926 02), secondo la quale, in materia di contratto di agenzia, il diritto dell’agente di ricevere dal preponente le informazioni previste dall’art. 1749 c.c. può essere fatto valere in giudizio in via autonoma, a prescindere dall’azione giudiziale con cui si facciano valere i diritti patrimoniali cui esso è strumentale, restando viceversa assorbito dalle regole sull’istruzione probatoria quando tale azione sia già iniziata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con cui era stata respinta la richiesta di un agente che, avendo agito per le provvigioni e l’indennità di fine rapporto, pretendeva ex art. 1749 c.c. informazioni sul rapporto sulla base di una generica deduzione dell’inadempimento del preponente). Per altro verso, si è precisato da questa Corte (Sez. 3 – , Ordinanza n. 27412 del 08/10/2021, Rv. 662416 – 02) che, in tema di poteri istruttori del giudice, l’emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non
deve essere neppure esplicitata; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell’istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa.
Del resto, nel caso di specie, la corte territoriale ha anche sottolineato la novità della questione, proposta solo in appello, laddove in primo grado non vi era stata contestazione da parte del ricorrente in ordine ai conteggi delle provvigioni maturate, per come indicate nella memoria di costituzione dalla preponente.
Il terzo motivo deduce violazione dell’articolo 2119 e 1453 c.c. e 112 c.p.c. per mancata pronuncia sulla risoluzione per gravità dell’inadempimento (diversa dalla giusta causa) e per avere quindi ritenuta dovuta dall’agente l’indennità sostitutiva del preavviso.
Anche tale motivo è privo di pregio, atteso che (Sez. L, Sentenza n. 1376 del 19/01/2018, Rv. 646888 – 01) nel rapporto di agenzia, la regola dettata dall’art. 2119 c.c. deve essere applicata tenendo conto della diversa natura del rapporto rispetto a quello di lavoro subordinato nonché della diversa capacità di resistenza che le parti possono avere nell’economia complessiva dello stesso; in tale ambito, il giudizio circa la sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di recesso deve essere compiuto dal giudice di merito, tenendo conto delle complessive dimensioni economiche del contratto e dell’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, assumendo rilievo, in proposito, solo la sussistenza di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente, tanto da non consentire la prosecuzione, ‘anche provvisoria’, del rapporto.
Nel caso di specie, la corte territoriale ha motivato espressamente sulla scarsa rilevanza dell’inadempimento (consistito in un breve ritardo nel rendiconto delle provvigioni presto pagate), con valutazione tipicamente di merito non sindacabile in questa sede.
Il quarto motivo, che deduce vizio di motivazione ex. art. 360 n. 5 c.p.c. per mancata considerazione della durata di 16 anni del rapporto (che avrebbe dovuto portare alla massima indennità) è inammissibile, in quanto proposto in modo irrituale rispetto alle prescrizioni fissate da Cass. S.U. n. 8053/14, non specificando il ricorso quando e come tale circostanza fattuale sia stata allegata e sottoposta alla discussione fra le parti.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 2.500 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.