Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7945 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7945 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 12417 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
COGNOME NOME , nato a Vittoria il 2.06.1957 ed ivi residente in INDIRIZZO, c.f.: CODICE_FISCALE, COGNOME NOME , nata a Vittoria l’11.03.1960, residente in INDIRIZZO, Cologno (TO), c.f.: CODICE_FISCALE, NOME , nata a Vittoria il 16.03.1933 ed ivi residente in INDIRIZZO, c.f.: CODICE_FISCALE, tutti rapp. e dif. dall’avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), del foro di Ragusa (iscritta all’albo dell’ordine degli avvocati di Ragusa al n. 534 e iscritta all’albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 29.05.2009) giusta procura rilasciata con atto separato ed allegato al ricorso, elettivamente domiciliati presso lo studio del loro difensore in Comiso INDIRIZZO Il difensore dichiara di volere ricevere notificazioni e comunicazioni il seguente indirizzo pec: EMAIL o al fax NUMERO_TELEFONO
Ricorrenti
contro
Comune di Vittoria (cod. fisc. P_IVA -p. iva P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore ,
rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al presente atto e giusta deliberazione della Commissione straordinaria n. 137 del 20 maggio 2021, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv.
NOME COGNOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE p.e.c.: EMAIL, iscritta all’albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 24 giugno 2010) e dall’avv. NOME COGNOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE -p.e.c.: EMAIL, iscritta all’albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 22 settembre 2017), entrambe dell’Avvocatura comunale, ed elettivamente domiciliato in Vittoria, INDIRIZZO (fax NUMERO_TELEFONO) presso l’Avvocatura comunale la quale dichiara di voler ricevere le notificazioni e/o comunicazioni inerenti al presente procedimento agli indirizzi P.E.C. sopra indicati.
Controricorrente
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Catania n° 1328 depositata il 10 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con provvedimento del 25 giugno 2009 il Comune di Vittoria espropriava due suoli di NOME e NOME COGNOME, nonché di NOME COGNOME rispettivamente di 2087 e di 259 metri quadrati, necessarie per la ” realizzazione della strada di collegamento tra Riviera Gela e la strada Scoglitti Alcerito INDIRIZZO ‘, dando atto che l’indennità provvisoria di euro 375.396,66, pari ad euro 160,00 al metro quadrato veniva depositata nei modi di legge.
L’indennità definitiva di esproprio, liquidata in euro 209,00 al metro quadrato, sulla scorta della determinazione della Commissione provinciale, non veniva accettata.
Avverso tale stima proponevano opposizione i COGNOME –COGNOME, facendo osservare che le aree erano inserite nella zona omogenea BS2; che, ove non espropriate, sarebbero state edificate; che la
zona era caratterizzata da edifici signorili e villette destinate alla villeggiatura ed era particolarmente appetibile dal punto di vista turistico; che, peraltro, la stessa Commissione provinciale in una precedente delibera aveva attribuito ai fondi la stima di euro 300 al metro quadrato.
2 .- Nel contraddittorio col Comune -che sosteneva la correttezza della stima -la Corte d’appello di Catania, previa c.t.u., rigettava la domanda dei ricorrenti con l’ordinanza menzionata in intestazione.
Osservava il giudice di merito che il c.t.u. aveva appurato che le aree in questione non erano inserite in zona BS2 e che non erano nemmeno edificabili, essendo destinate, rispettivamente, a ‘ sede viaria ‘ ed a ‘ verde pubblico arredo urbano ‘.
Aggiungeva la Corte che, ‘ er quanto non rilevato da alcuna delle parti in causa ‘, non poteva nemmeno sostenersi che i suoli fossero gravati da un vincolo preordinato all’espropriazione, atteso che sia la destinazione a viabilità, che quella a verde pubblico integravano, secondo consolidata giurisprudenza, meri vincoli conformativi, irrilevanti in sede di liquidazione dell’indennizzo.
Escluso, inoltre, che sui fondi vi fossero colture in atto, nemmeno poteva farsi riferimento alle possibilità edificatorie delle aree adiacenti, in quanto ciò sarebbe equivalso a considerare le aree come edificabili di fatto.
Doveva essere, inoltre, evidenziato che la stessa stima definitiva era incorsa in un errore, essendo fondata sul presupposto dell’edificabilità dei fondi.
In conclusione, secondo la Corte, occorreva prescindere dalle conclusioni del c.t.u., secondo il quale l’indennità doveva essere liquidata in misura leggermente superiore (euro 225 al mq) a quella definitiva (euro 206 al mq), in quanto tale risultato non sarebbe stato conforme a legge.
Spese compensate, nonostante il rigetto dell’opposizione, in quanto il convenuto Comune si era ‘ financo astenuto dal far rilevare che le aree espropriate non risultavano edificabili ‘.
Spese di c.t.u. a carico di ciascuna parte per la metà.
3 .- Ricorrono i signori COGNOME formulando quattro motivi, cui resiste il Comune concludendo per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Sia i ricorrenti che il Comune hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .-Preliminarmente va esaminata l’eccezione, sollevata dal Comune, di passaggio in giudicato dell’ordinanza impugnata.
Secondo il resistente, la relata di notificazione del ricorso per cassazione sarebbe stata effettuata dall’avv. COGNOME in qualità di difensore del Sig. COGNOME COGNOME con la conseguenza che il ricorso dovrebbe considerarsi proposto solo da quest’ultimo, mentre l’ordinanza impugnata sarebbe passata in giudicato per NOME COGNOME e NOME COGNOME
5 .-L’eccezione è infondata, in quanto nonostante nella relata di notifica l’avv. COGNOME dichiari di agire nella predetta qualità, l’intestazione del ricorso e le due separate procure, rilasciate rispettivamente da NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché da NOME COGNOME lasciano chiaramente intendere che l’impugnazione è stata proposta nell’interesse di tutti i soccombenti.
D’altra parte, non ha alcun rilievo la sopra menzionata indicazione della qualità, trattandosi di elemento del tutto irrilevante inserito nella relazione di notifica e che, pertanto, non può generare alcun effetto giuridico, men che meno quello preteso dal Comune di Vittoria.
6 .- Col primo motivo i ricorrenti lamentano la ‘ Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 4 c.p.c., per vizio di ultrapetizione ed extrapetizione ‘.
Pur essendo incontroverse tra le parti sia la tipologia di vincolo gravante sui fondi (di natura espropriativa), sia la destinazione (urbanistica) delle aree, la Corte avrebbe statuito su tali questioni in assenza di qualsiasi eccezione del Comune, ritenendo che il vincolo fosse conformativo ed i suoli non edificabili: donde il vizio denunciato nella rubrica del mezzo.
Col secondo motivo i COGNOME deducono la ‘ Violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., per aver la Corte d’Appello omesso di porre a base della propria decisione fatti non contestati dalle parti, ma di contro ritenendoli e valutandoli come contestati ‘.
La natura espropriativa del vincolo e l’edificabilità dei fondi erano circostanze incontestate e, ciononostante, la Corte avrebbe statuito in difformità, attribuendo al vincolo natura conformativa ed alle aree natura agricola.
7 .- I due motivi, esaminabili congiuntamente in ragione della loro evidente connessione, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 -bis n° 1 cod. proc. civ.: la Corte d’appello ha, infatti, deciso la controversia conformemente alla giurisprudenza di legittimità e non si ravvisano elementi per mutarla.
È noto che in tema di indennità di espropriazione per pubblica utilità il giudice adito non è vincolato dalle indicazioni delle parti, ma ha egli stesso il potere-dovere di individuare i criteri indennitari applicabili alla procedura ablatoria in forza delle norme che li contemplano, dovendo tale indennità esser liquidata in riferimento a criteri prefissati dalle norme, con conseguente accoglimento o rigetto della domanda a seconda che un siffatto accertamento esiti in una somma maggiore o minore di quella censurata dalla parte per la sua non conformità al dettato normativo ( ex multis : Cass.,
sez. I, 25 giugno 2020, n° 12619, con menzione di altri precedenti).
Ne deriva che non ha alcun rilievo (come, invece, vorrebbero i ricorrenti) che la Corte abbia proceduto alla qualificazione del vincolo come conformativo e dei terreni come agricoli nonostante nessuna parte in causa avesse fatto questione sul punto; e nemmeno conta che, nel paragrafo dedicato alla statuizione sulle spese di lite, la Corte abbia osservato che il convenuto Comune si era ‘ financo astenuto dal far rilevare che le aree espropriate non risultavano edificabili ‘, giacché come già detto -a tali statuizioni la Corte doveva procedere autonomamente, anche in mancanza di qualsivoglia allegazione delle parti.
8 .- Col terzo mezzo -intitolato ‘ Violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. per omessa valutazione delle risultanze della CTU, in forza della quale il terreno oggetto di esproprio era stato valutato in € 225,00/mq ‘ -i ricorrenti deducono che la Corte non avrebbe in alcun modo tenuto conto di quanto il c.t.u. nominato aveva rilevato ed evidenziato relativamente al terreno in oggetto; non avrebbe tenuto conto della descrizione dello stesso, della sua ubicazione e delle foto che rappresentano plasticamente lo stato dei luoghi.
In conclusione, sarebbe stato completamente omesso l’esame della consulenza.
9 .- Il mezzo è inammissibile non confrontandosi con la ratio decidendi della decisione.
Non è vero, infatti, che la Corte abbia omesso di valutare la c.t.u., tant’è che la relazione del consulente è stata trascritta (per la parte rilevante ai fini decisori) nel corpo stesso dell’ordinanza impugnata a pagina 3.
La Corte, poi, ha proceduto all’esame del contenuto dell’elaborato peritale ed è giunta a disattendere le conclusioni dell’ausiliare secondo le quali l’indennità di esproprio era dovuta in misura
leggermente superiore rispetto a quella stabilita in via definitiva in sede amministrativa (euro 225/mq, anziché euro 209/mq) -sulla base di una critica plausibile e scevra da contraddizioni, ossia sul rilievo che il valore venale delle aree non potesse essere determinato in base alle possibilità edificatorie delle aree adiacenti, atteso che le dette facoltà non appartenevano ai fondi espropriati e che riconoscerle sarebbe equivalso a considerarli come edificabili di fatto.
Il mezzo in esame non si confronta con i passaggi motivazionali dell’ordinanza impugnata ed è pertanto inammissibile.
In ogni modo, la parte che in sede di legittimità critichi le conclusioni del c.t.u., in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere d’indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (tra le tante: Cass., sez. I, 17 luglio 2024, n° 19775).
Anche tali requisiti sono palesemente assenti nel mezzo in esame, donde un’ulteriore ragione di inammissibilità.
10 .- Con la quarta doglianza -rubricata ‘ Violazione dell’art. 32 DPR n. 327/2001 in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., e violazione dell’art. 9 DPR 327/2001 in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’Appello omesso di ‘non considerare’ l’incidenza del vincolo espropriativo imposto all’area oggetto di esproprio, contravvenendo all’art. 32 del DPR 327/01 e aver valutato il suddetto vincolo come conformativo e non espropriativo, in violazione dell’art. 9 DPR 327/01 ‘ -i ricorrenti lamentano che la Corte abbia ritenuto il vincolo conformativo in base alla destinazione a sede viaria o a verde pubblico dei suoli in
questione, senza considerare che tale destinazione non comporta di per sé la qualifica del vincolo come conformativo, occorrendo, invece, appurare se esso incida su una pluralità indistinta di beni oppure su beni determinati in base ad una localizzazione ‘ lenticolare ‘.
Nel caso in oggetto dagli atti prodotti e dalla relazione del CTU risulterebbe che l’opera pubblica realizzata nel terreno di proprietà dei ricorrenti era una strada denominata ‘ INDIRIZZO ‘, posta a servizio di singole zone all’interno del territorio di Scoglitti (frazione del Comune di Vittoria).
11 .- Il motivo è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 n° 6 cod. proc. civ.).
È, infatti, fin troppo noto (per tutte: Cass., sez. I, 18 settembre 2024, n° 25109, con menzione di altri precedenti) che l’indicazione delle opere di viabilità nel piano regolatore generale (art. 7, secondo comma, n° 1 legge 17 agosto 1942 n° 1150), pur comportando un vincolo di inedificabilità delle parti del territorio interessate, con le relative conseguenze nella scelta del criterio di determinazione dell’indennità di esproprio nel sistema dell’art. 5bis legge 8 agosto 1992, n° 359, basato sulla edificabilità o meno dei suoli, non concreta un vincolo preordinato ad esproprio, a meno che tale destinazione non sia assimilabile all’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone (art. 13 legge n° 1150/42).
Del pari, si è deciso (Cass., sez. I, 8 novembre 2024, n° 28808) che la destinazione a verde pubblico integra di regola un vincolo conformativo e che solo in via eccezionale può generare l’insorgenza di un vincolo preordinato all’esproprio, ove ricorrano tutti i seguenti presupposti: a) che si traduca in un’imposizione a titolo particolare incidente su beni determinati al precipuo fine della precisa e puntuale localizzazione di un intervento edilizio che, per natura e scopo, sia d’esclusiva appropriazione e fruizione collettiva;
b) che la relativa realizzazione risulti incompatibile con la proprietà privata e, perciò, presupponga ineluttabilmente, per il suo compimento, l’espropriazione del bene; c) che l’imposizione determini l’inedificabilità del bene colpito e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul suo godimento, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio.
Ora, da un lato la Corte territoriale ha fondato la sua decisione sulla relazione del c.t.u., nella quale è stato precisato che ‘ dal certificato di destinazione urbanistica acquisito dal consulente tecnico, unitamente al lo stralcio del PRG in vigore all’epoca dell’esproprio ‘ le aree oggetto di esproprio dal 16 ottobre 1988 (data antecedente alla data di adozione del decreto ablativo) ad oggi, ininterrottamente, hanno rispettivamente avuto destinazione urbanistica a ‘ sede viaria ‘ ed a ‘ verde pubblico arredo urbano ‘ (ordinanza pagina 3), così ben motivando in ordine alla conclusione raggiunta in ordine alla natura conformativa del vincolo.
Dall’altro, i ricorrenti non specificano in ricorso se le loro aree fossero state interessate, prima del decreto di esproprio del 25 giugno 2009, da una specifica indicazione di una rete stradale interna e a servizio di singole zone, né, quanto ai suoli destinati a verde, se ricorressero gli speciali presupposti sopra indicati alle lettere a), b) e c).
Essi sostengono, invece, che ‘ l’opera pubblica che è stata realizzata nel terreno di proprietà dei ricorrenti è una strada denominata ‘INDIRIZZO‘, posta a servizio di singole zone all’interno del territorio di Scoglitti (frazione del Comune di Vittoria) ‘ e che ‘ risulta, altresì, che essa è stata realizzata su specifiche porzioni di territorio che appartengono ai ricorrenti e che il Comune di Vittoria ha espletato l’intera procedura espropriativa con relativo trasferimento in capo all’ente della proprietà dell’area espropriata su cui oggi sorge
l’opera pubblica ‘ assumendo che ciò risulti ‘ dagli atti prodotti e dalla relazione del c.t.u. ‘ (ricorso pagina 13 e memoria illustrativa pagina 9), ma senza trascrivere tali atti e senza illustrarne almeno il contenuto, come richiede l’art. 366 n° 6 cod. proc. civ.
In conclusione, il mezzo è inammissibile.
12 .- Il ricorso va, dunque, complessivamente respinto ed alla soccombenza dei ricorrenti segue la loro condanna solidale alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del Comune resistente, per la cu liquidazione -fatta in base al valore indeterminabile della lite ed al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022 -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rifondere al resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma l’11 marzo 2025, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente NOME COGNOME