Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21655 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21655 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28302/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI ARZACHENA, rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale avvocatura@pec.comunearzachena.it ;
-ricorrente principale e controricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale gr@pec.slragnedda.it ;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale- avverso ORDINANZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI n.863/2021 depositata il 14/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.Il Comune di Arzachena ha impugnato con ricorso notificato il 4.11.2021 l’ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Cagliari -Sezione distaccata di Sassari il 31.3.2021 e pubblicata il 14.4.2021 con cui, rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune, è stato accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro il Comune, riconoscendo in luogo di quella di euro 4.564,06 liquidata dall’ente, l’indennità complessiva di euro 156.978,54 per l’acquisizione sanante dei terreni di proprietà della società ricorrente di mq 3874 siti in Arzachena, loc. Bruciata e distinti al catasto al Foglio 4, mpp. 459 per essere trasformati in area parcheggio retrostanti al litorale a servizio dei bagnanti. La Corte territoriale determinava il valore venale del fondo in euro 95.138,46 ritenendo sussistente una destinazione urbanistica mista, ma in gran parte inedificabile, con una sola porzione (zona F/1) considerata edificabile. Il valore è stato determinato in euro 40/m² per la parte in zona F/1 (edificabile) ed in euro 9.900/ha per le aree in zona H e S/1 (non edificabili). A titolo di danno non patrimoniale la Corte territoriale ha liquidato euro 9.513,85, quantificato nella misura forfettaria del 10% del valore venale, ai sensi dell’art. 42 -bis TUE. A titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima (lucro cessante) è stato liquidato l’importo di euro 52.326,23, considerando che l’occupazione sine titulo è durata undici anni, tre mesi e ventidue giorni (dal 1 giugno 2002 al 23 settembre 2013) ed è stata calcolata in misura forfettaria del 5% annuo del valore venale del bene, come previsto dall’art. 42 -bis TUE. Infine, la Corte di merito ha escluso ogni indennizzo ulteriore per la redditività dell’attività svolta dal Comune sull’area (parcheggi a pagamento), poiché l’espropriato non avrebbe comunque potuto legittimamente
realizzarla autonomamente in base alla normativa urbanistica vigente.
La cassazione dell’ordinanza è chiesta dal Comune di Arzachena sulla base di tre motivi, cui RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso con cui si contesta il ricorso principale sulla base dell’osservazione che il valore venale non dipende necessariamente dalla capacità edificatoria, ma dalla potenziale utilizzazione produttiva dell’area (es. parcheggio a pagamento, già realizzato dal Comune); che i vincoli richiamati non vietano tali usi, ma solo l’edificazione di volumi residenziali o turistico -alberghieri; che la presenza di parcheggi analoghi nella fascia costiera dei 300 metri è un fatto notorio.
Parimenti la cassazione dell’ordinanza impugnata è chiesta pure dalla società con ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. 3.Il ricorrente principale ha depositato memoria ex art. 380bis.1.
cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo il Comune deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) la violazione dell’ art 2 L.R. 28/1993, dell’a rt 10 bis L.R. 45/1989, dell’ art 15 PPR (Piano Paesaggistico Regionale), dell’ art 37 c. 4 DPR 327/2001 per non avere la Corte territoriale considerato che l’intera area espropriata era gravata, sin dal 1993, dal vincolo assoluto di inedificabilità discendente dalla superiore disciplina regionale, essendo l’area compresa all’interno della fascia di 300 metri dalla linea d ella battigia.
4.1. La censura è inammissibile perché non è correlata alla ratio decidendi giacché la Corte d’appello ha rilevato l’esistenza del vincolo, spiegando al contempo che per quella porzione di terreno sita in zona F erano consentiti – sulla scorta degli strumenti urbanistici in vigore al momento del decreto di acquisizione sanante ( e dettagliati a pag. 5 prime dodici righe) – interventi finalizzati
alla riqualificazione urbanistica ed edilizia di strutture per l’esercizio di attività ricettive. A questo riguardo la Corte territoriale ha anche aggiunto che ‘tale finalità di cui al Piano Regionale è conforme alla destinazione urbanistica impressa dal Programma di Fabbricazione del Comune di Arzachena, ragione per cui il valore venale per ettaro di questa porzione di terreno è notevolmente maggiore, dovendo ragguagliarsi in concreto a queste possibilità di sfruttamento economico’.
4.2. In tal modo la Corte ha dato conto delle modalità di determinazione dell’indennizzo e parte ricorrente non attinge la suddetta argomentazione.
Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) la nullità dell’ordinanza per motivazione contraddittoria e perplessa, in violazione dell’art 132 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello considerato la superiore disciplina regionale vincolistica ai soli fini della verifica della sfruttabilità economica del terreno da parte del privato e non ai fini della sua edificabilità legale.
5.1. La doglianza è infondata.
Fermo quanto già si è osservato a confutazione del primo motivo va detto, infatti, che la Corte territoriale ha, come sopra evidenziato, ricostruito la destinazione dell’area sulla scorta degli strumenti urbanistici in vigore senza contraddizioni rispetto ad essi ovvero distinguendo le diverse porzioni dell’area sulla base della differente classificazione urbanistica, giustificando il metodo di calcolo utilizzato per pervenire alla determinazione del valore venale e spiegando, al contempo, le ragioni del mancato riconoscimento del maggior valore richiesto dalla società ricorrente (cfr. pag. 6 dell’ordinanza).
Con il terzo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione degli artt. 39 e 42 L. 2359/1865, dell’ art 32 DPR 327/2001 e L. 1150/1942 per avere la Corte
d’appello assunto , a parametro di quantificazione dell’indennità dovuta, dati provenienti da studi statistici e non da reali contratti di compravendita e per avere fatto riferimento, quanto alla porzione in F/1, ai valori venali accertati dai Comuni limitrofi, Olbia e Palau, riferiti alle aree edificabili, mentre l’intera area, anche nella porzione ascritta alla zona F/1, è priva di potenzialità edificatorie in ragione del vincolo di inedificabilità assoluto gravante sulla fascia di 300 metri dalla linea di battigia entro la quale si trovano i terreni espropriati.
6.1. La censura è inammissibile perché finisce per criticare la valutazione svolta dalla Corte territoriale tenendo conto delle condizioni morfologiche del terreno e della sua localizzazione e reputando condivisibile la stima del ctu in quanto apprezzamento delle concrete caratteristiche del bene e delle potenzialità intrinseche di utilizzo, senza quindi che si renda riconoscibile alcuna violazione dei criteri di determinazione dell’indennità , segnatamente con riferimento alle modalità con cui si perviene ad essa.
La censura concreta quindi una critica in fatto che sfugge al vaglio di questa Corte.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n.5, cod. proc. civ.) la violazione dell’art. 42 -bis DPR 327/2001: la Corte territoriale avrebbe erroneamente adottato un criterio di stima basato unicamente sulla capacità edificatoria, trascurando la concreta redditività del terreno, utilizzabile come parcheggio a pagamento. Secondo la società RAGIONE_SOCIALE anche in presenza di vincoli urbanistici, il valore venale deve riflettere l’effettiva possibilità di utilizzo economico dell’area, come ribadito dalla Corte Costituzionale (sent. n. 181/2011) e dalla giurisprudenza della Cassazione, che sanciscono il valore di mercato come unico parametro legittimo per l’indennizzo anche per le aree inedificabili.
La Corte d’appello avrebbe ignorato elementi determinanti quali: la reale destinazione urbanistica (zona F -turistica), la redditività documentata del sito e l’effettivo uso pubblico realizzato dal Comune.
7.1. Il motivo è inammissibile poiché si astiene dal confrontarsi con le ragioni della decisione e si sostanzia nella mera reiterazione di argomenti già esaminati dal giudice del merito, di modo che esso manca di specificità.
7.2. La Corte territoriale ha debitamente spiegato, chiedendosi se, a prescindere dall’uso pubblico dell’area, il privato avrebbe potuto fare o meno altrettanto attraverso la trasformazione del bene e considerando che tale possibilità avrebbe inciso nel determinare una diversa misura dell’indennità, che ‘come ampiamente mostrato dalla consulenza, il convergere dei numerosi vincoli conformativi al diritto di proprietà del ricorrente presenti in numerosi atti amministrativi di governo del territorio rendevano, al momento dell’ablazione, le caratteristiche del bene incompatibile con qualunque sfruttamento edilizio, anche intermedio e men che meno con la controversa realizzazione dell’area di sosta a pagamento’, con ciò escludendo che l’indennità fosse determinabile in relazione alla sfruttabilità economica del bene a cui ha poi proceduto il Comune.
Rispetto a questo chiaro enunciato il motivo non prende posizione limitandosi ad esplicitare e a rinnovare le medesmi ragioni di dissenso già motivatamente disattese dal giudice del merito con la motivazione di cui sopra.
Rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, le spese di lite sono integralmente compensate fra le parti.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente principale e da parte di quello incidentale, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione