Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23220 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23220 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12118/2019 r.g. proposto da:
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE CATANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente principale-
CONTRO
LEANZA COGNOME E NOME COGNOME, quali eredi di COGNOME, rappresentati e difesi, unitamente e disgiuntamente, dallo Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO
-controricorrenti-ricorrenti incidentali-
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 312/2019, depositata il 12/2/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/5/ 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con decreto del Presidente della Regione Sicilia n. 84 del 4/8/1990 si procedeva alla dichiarazione di pubblica utilità (per la realizzazione dell’adduttore della traversa di INDIRIZZO) dei terreni di proprietà di NOME COGNOME, siti nei comuni di Belpasso e Paternò, sui quali quest’ultima esercitava l’attività di imprenditrice agricola.
Con contratto di appalto dell’11/7/1990 la società consortile otteneva l’incarico di provvedere per conto del Consorzio alle espropriazioni.
Il 30/9/1991 si verificava l’immissione in possesso dei beni.
Il 18/7/1997 il Consorzio ordinava l’esecuzione d’ufficio di tutti gli adempimenti espropriativi non ancora eseguiti dal raggruppamento temporaneo di imprese.
Il 31/7/1998 la COGNOME presentava domanda per il riconoscimento del diritto a ottenere l’indennità aggiuntiva quale coltivatrice diretta all’Assessorato Regionale della Sicilia.
Il 17/12/1998 veniva stipulato tra la Monaco e il Consorzio di Bonifica l’accordo per la cessione volontaria del terreno, per la somma complessiva di lire 108.941.648,00, di cui lire 56.562.300,00 per il valore del terreno, oltre il 50% pari a lire 28.281.150,00 per la cessione volontaria dell’area, con l’aggiunta di lire 23.558.198 per l’occupazione temporanea.
Si prevedeva l’indennità aggiuntiva di lire 84.843.450,00, pari ad euro 43.817,98 «dietro autorizzazione dell’Assessorato Agricoltura e Foreste» della Sicilia.
Il 25/1/1999 si stipulava l’atto pubblico di cessione volontaria dei terreni.
Venivano presentate diffide per il pagamento dell’indennità aggiuntiva sin dal 30/6/1997 che – a detta dei controricorrenti, eredi della COGNOME – «prevedevano espressa richiesta della corresponsione degli interessi legali».
Si menzionava la lettera del 5/5/2003 con cui la Monaco reiterava «istanza all’Assessorato per il riconoscimento del diritto all’indennità aggiuntiva, integrandola per mezzo del Consorzio il 30 agosto 2008» (pagina 3 del controricorso).
L’Assessorato della Regione Sicilia il 6/9/2007 rilasciava il nullaosta per la liquidazione dell’indennizzo.
Il 7/4/2008 si procedeva alla liquidazione dell’indennizzo pari ad euro 43.817,98, ossia lire 84.843.450.
Il pagamento avveniva il 26/6/2008, in relazione alla sola sorte capitale.
La Monaco chiedeva l’emissione del decreto ingiuntivo in relazione agli interessi maturati ai sensi dell’art. 25, comma 4, della legge Regione Sicilia n. 16 del 1996, in relazione al periodo tra l’immissione in possesso del 30/9/1991 e l’effettiva liquidazione (26/6/ 2008), oltre agli interessi da ritardato pagamento maturati dal 26/6/ 2008 fino al soddisfo.
Il decreto ingiuntivo veniva emesso il 24/10/2009.
Avverso il decreto ingiuntivo proponeva opposizione il RAGIONE_SOCIALE Catania.
In particolare, l’opponente deduceva: 1) il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; 2) la insussistenza del diritto vantato dalla Monaco; 3) «la decorrenza degli interessi dalla data di sottoscrizione dell’atto notarile, anziché dalla data di immissione in possesso»; 4) la parziale prescrizione del diritto di credito.
In data 8/4/2012 decedeva NOME COGNOME alla quale succedevano i suoi eredi NOME COGNOME e NOME COGNOME
Il Tribunale, con sentenza n. 4279/2014, riconosceva il diritto agli interessi, «per il fatto stesso che la relativa somma è rimasta a disposizione dell’espropriante».
Reputava, però, non applicabile l’art. 24 della legge Regione Sicilia n. 16 del 1996, trattandosi di norma applicabile solo ai procedimenti iniziati successivamente alla sua entrata in vigore.
Gli interessi non potevano però decorrere a far data dall’immissione in possesso avvenuta il 30/9/1991.
Il Tribunale ometteva di indicare il dies a quo per il computo degli interessi, pur avendoli riconosciuti, non pronunziando sulla relativa domanda della parte opposta, la quale aveva chiesto, in via subordinata, con la comparsa di costituzione di «condannare comunque l’opponente al pagamento in favore degli eredi della signora COGNOME degli importi portati dal decreto ingiuntivo opposto ovvero a quella somma maggiore o minore che risulterà in corso di giudizio».
Il Tribunale, quindi, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, negando il diritto della Monaco, e quindi dei suoi eredi.
Avverso tale sentenza proponevano appello gli eredi della COGNOME.
6.1. Con il primo motivo di appello si evidenziava l’erroneità della pronuncia in quanto anche la normativa previgente alla legge Regionale Sicilia n. 16 del 1996 (legge Regionale n. 11 del 1989), «prevedeva che sulle indennità dovute per interventi forestali maturassero interessi nella misura del saggio legale nel periodo intercorrente tra la data dell’immissione in possesso e quella dell’effettiva liquidazione».
6.2. Con il secondo motivo di impugnazione ci si doleva dell’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di condanna del Consorzio al pagamento degli interessi dovuti a far data da altro e differente dies a quo .
6.3. Il terzo motivo di appello principale censurava la pronuncia di prime cure esclusivamente nella parte in cui non recava menzione della costituzione nel giudizio degli eredi della Monaco.
Proponeva appello incidentale il Consorzio, eccependo il difetto di legittimazione passiva e la prescrizione quinquennale, in quanto entrambe le eccezioni erano state rigettate in primo grado.
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza n. 312/2019, pubblicata il 12/2/2019, accoglieva l’appello principale e rigettava l’appello incidentale.
8.1. La Corte territoriale muoveva dall’esame del primo motivo di ricorso incidentale, relativo all’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Consorzio.
L’oggetto della controversia atteneva esclusivamente agli «interessi compensativi richiesti dalla Monaco in relazione al ritardo con cui le è stata corrisposta l’indennità integrativa in questione».
Per tale ragione, «il titolare passivo dell’obbligazione di interessi, accessoria a quella concernente l’importo capitale dell’indennità, coincide pertanto con l’obbligato a corrispondere quest’ultima».
Dall’atto di cessione volontaria del 25/1/1999 emergeva che il RAGIONE_SOCIALE era concessionario dei lavori di realizzazione dell’opera pubblica.
Era dunque obbligato al pagamento dell’indennizzo il soggetto che aveva acquisito la proprietà del bene espropriato in esito al decreto di espropriazione ovvero all’atto di cessione volontaria.
Ad avviso della Corte d’appello, sussistevano i presupposti per ritenere la legittimazione passiva del Consorzio: l’atto di accordo del
17/12/1998 era stato stipulato dal Consorzio in proprio e dalla Monaco; proprio in tale atto era stato determinato il compenso espropriativo dovuto alla Monaco che, nel contempo, si era obbligata a cedere il terreno; in tale atto, e segnatamente agli articoli 6, 7, 8, 9, l’Assessorato era indicato solo quale soggetto che doveva autorizzare il pagamento dell’indennizzo concordato, mentre il Consorzio appariva quale «ente espropriante»; al rogito di cessione volontaria del 25/1/1999 aveva partecipato in proprio anche il Consorzio, sebbene ovviamente l’immobile fosse stato acquisito dal demanio della Regione Sicilia, ramo agricoltura e foreste; sempre il Consorzio, con delibera n. 160 del 7/4/2008 aveva provveduto a liquidare l’indennità aggiuntiva.
8.2. La Corte territoriale accoglieva, invece, il primo motivo di appello principale.
Il procedimento espropriativo era iniziato il 4/8/1990 con la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Tuttavia, a quella data, già vigeva la legge della Regione Sicilia 5/6/1989, n. 11, la quale all’art. 6, comma 4, stabiliva che sulle indennità erano corrisposti gli interessi nella misura del saggio legale per il periodo intercorrente tra la data dell’immissione in possesso e quella della effettiva liquidazione.
Pertanto, gli interessi spettavano dal 30/9/1991 (data di immissione in possesso) sino alla data di effettiva liquidazione avvenuta con la delibera del Consorzio del 7/4/2008.
La domanda della Monaco era stata pertanto «correttamente avanzata nei termini appena indicati».
8.3. Veniva respinto il secondo motivo di appello incidentale, avendo il Tribunale respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dal Consorzio.
Per il Tribunale, infatti, poiché la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può farsi valere, gli interessi «non avrebbero potuto richiedersi prima della liquidazione stessa dell’indennità integrativa, avvenuta il 7/4/2008 previo nullaosta dell’Assessorato, in euro 43.817,98».
Per il Consorzio, appellante incidentale, invece, il primo atto interruttivo della prescrizione doveva essere individuato nella missiva del 7/12/2007, quando il credito era già prescritto ex art. 2948 c.c.
Per la Corte territoriale, però, il diritto agli interessi compensativi non poteva che esercitarsi, ex art. 2935 c.c., «dopo che, espresso il ‘nulla osta’ da parte della Regione con nota del 6/7/2007, il Consorzio – con sua delibera della 7/4/2008 – ha liquidato l’indennità stessa in euro 43.817,98 costituente l’importo di riferimento degli interessi in controversia».
Per tale ragione, la domanda introdotta con la notificazione del provvedimento monitorio avvenuta il 16/11/2009, era tempestiva.
Il Consorzio doveva essere condannato alla corresponsione della somma di euro 38.781,96, con decorrenza degli interessi dalla domanda (16/11/2009) al saldo.
Restavano assorbiti gli altri motivi dell’appello principale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione principale il RAGIONE_SOCIALE Catania.
Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME proponendo anche ricorso incidentale condizionato e depositando memoria scritta.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso principale si deduce la «violazione e falsa applicazione art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione articoli 4 e 5, comma 1, art. 6, comma 4, legge Regionale 11/89. Carenza dei presupposti. Violazione e falsa applicazione art. 14 delle preleggi (R.D. 16/3/1942 n. 262). Error in iudicando ».
Per il Consorzio, gli eredi della COGNOME, in sede di appello principale, avevano dedotto, in ogni caso, che l’obbligazione di pagamento degli interessi compensativi sull’indennità integrativa riconosciuta per la qualità di coltivatrice diretta di COGNOME Grazia, era già prevista e disciplinata dall’art. 6 della legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, poi abrogata dalla legge n. 16 del 1996.
La Corte territoriale ha accolto il gravame sul punto, statuendo che il procedimento espropriativo aveva avuto inizio il 4/8/1990, con la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Pertanto, non poteva trovare applicazione la legge della Regione Sicilia n. 16 del 1996.
La Corte d’appello – ad avviso del ricorrente Consorzio avrebbe però errato, non avendo considerato l’art. 4 della legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, a mente del quale «i proprietari che intendono conferire al demanio della Regione i loro terreni devono presentare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dichiarazione di disponibilità all’Azienda».
Nella specie, tale dichiarazione di disponibilità non era stata mai presentata da COGNOME.
Tra l’altro, l’art. 4 della legge Regione Sicilia n. 11 del 1989 prevedeva un piano di acquisizioni nei limiti della disponibilità finanziaria della legge, limitandola alle istanze presentate entro tre mesi dalla sua entrata in vigore.
La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che mancavano i presupposti previsti dalla legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, non avendo tenuto conto dei limiti di disponibilità finanziaria che ne limitavano l’applicazione alle sole istanze presentate nei termini di cui all’art. 5, comma 1.
Trattasi, peraltro, per il ricorrente, di norma eccezionale che non poteva essere applicata in via analogica.
Con il secondo motivo di impugnazione principale si deduce la «violazione e falsa applicazione art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 118 disposizioni di attuazione c.p.c., come modificato dall’art. 52, comma 5, della legge 18/6/2009, n. 69. Inesistenza e/o apparenza della motivazione».
La Corte d’appello, accogliendo il primo motivo di gravame principale, ha ritenuto applicabile la legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, reputando che tale norma fosse in vigore al momento della dichiarazione di pubblica utilità (4/8/1990), aggiungendo che l’art. 6, comma 4, di tale legge Regionale prevedeva la corresponsione degli interessi compensativi dalla data di immissione in possesso alla data di effettiva liquidazione.
La Corte avrebbe omesso «ogni motivazione su un punto decisivo della controversia omettendo ogni esame e ragionamento sui presupposti di applicabilità e sulle motivazioni che l’avevano portata a ritenere applicabile la norma precedente, limitandosi a riferire che la legge n. 11/89 prevedeva, all’art. 6, comma 4, la debenza degli interessi dalla immissione in possesso».
Sarebbe omessa ogni motivazione «sulla ritenuta applicabilità della norma».
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione art. 6, comma 4, legge Regione Sicilia 5/6/1989, n. 11. Violazione e falsa applicazione art. 100 c.p.c. Carenza di titolarità passiva dell’obbligazione dedotta in giudizio».
Vi sarebbe contraddizione nella motivazione della Corte d’appello che, da un lato, ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE, quale titolare passivo dell’obbligazione principale, fosse anche titolare dell’obbligazione alla cessione degli interessi, mentre, dall’altro lato, ha asserito che il diritto agli interessi compensativi poteva esercitarsi solo dopo il nullaosta della Regione.
Ad avviso del ricorrente, dunque, se l’Assessorato ha dato il proprio assenso a distanza di 9 anni, quindi solo il 6/9/2007, gli eredi della COGNOME non potevano certo richiedere gli eventuali interessi compensativi al Consorzio di Bonifica, «perché il ritardo non era imputabile a fatto e colpa del Consorzio ma solo, eventualmente, alla condotta dell’Assessorato».
Ogni pretesa doveva allora essere esercitata nei confronti dell’Assessorato regionale all’agricoltura e foreste che «con il proprio ritardo, aveva determinato la eventuale lesione del diritto reclamato».
Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente si duole della «violazione e falsa applicazione art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Violazione di norme di diritto. Violazione e falsa applicazione articoli 2935 e 2948 c.c. Prescrizione del diritto. Error in iudicando ».
La Corte di appello ha rigettato il secondo motivo di appello incidentale del Consorzio, respingendo dunque l’eccezione di prescrizione.
Per la Corte territoriale il diritto agli interessi compensativi non poteva che esercitarsi «dopo il nulla-osta da parte della Regione», e
dopo che il Consorzio, con delibera del 7/4/2008, aveva liquidato l’indennità aggiuntiva per euro 43.817,98.
La Corte d’appello avrebbe erroneamente individuato, in violazione dell’art. 2935 c.c., il dies a quo in cui il diritto poteva essere fatto valere e, quindi, la data del decorso della prescrizione.
Infatti, poiché la cessione volontaria costituisce un atto avente struttura contrattuale, ma con effetti propri del provvedimento amministrativo che sostituisce, si tratterebbe di una equiparazione al decreto di esproprio.
Pertanto, il diritto della proprietaria, inerente all’indennità aggiuntiva, era sorto al momento della conclusione del contratto di cessione volontaria stipulato il 17/12/1998.
Da tale momento era sorto il diritto alla maggiorazione in favore della NOME quale imprenditrice agricola e da tale momento nasceva anche il diritto agli interessi e decorreva il dies a quo per poterli richiedere.
La prescrizione decorre dunque dalla data dell’atto di acquisizione dell’immobile, cessione volontaria o decreto di espropriazione (si cita Cass. n. 14902 del 2009).
Trattandosi di indennità prevista dalla legge, il diritto alla stessa era sorto a far data dal momento dell’accordo del 17/12/1998, non rilevando, ai fini della decorrenza della prescrizione, la data di liquidazione dell’indennizzo del 7/4/2008.
Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato gli eredi deducono «ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, illegittimità per violazione dell’art. 25, 5º comma, della legge Regionale n. 16/96».
Nell’ipotesi di accoglimento del ricorso principale, gli eredi rilevano la sussistenza del loro diritto agli interessi, «sia se si faccia riferimento alla normativa previgente», sia «alla normativa succes-
siva (vigente al momento del negozio di cessione – stipulato il 17 dicembre 1999)».
Entrambe le normative prevedono la spettanza degli interessi a far data dall’immissione in possesso.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato si deduce «ai sensi dell’art. 360, n. 3, illegittimità per violazione degli articoli 1282 e 1284 del codice civile».
Nell’ipotesi in cui venisse accolto il ricorso principale, per i controricorrenti, ricorrenti incidentali, dovrebbe trovare applicazione la disciplina degli interessi di cui agli artt. 1282 e 1284 c.c.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale si deduce «ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile in relazione agli articoli 3 e 5 del Decreto legislativo 09/10/2002, n. 231».
La COGNOME, con il ricorso per decreto ingiuntivo, aveva richiesto anche «gli interessi da ritardato pagamento, maturati dal 26 giugno 2008 e sino alla data di soddisfo».
Il decreto ingiuntivo aveva pronunciato «oltre gli interessi da ritardato pagamento, maturati dal 26 giugno 2008 e sino alla data di soddisfo».
La Corte d’appello ha successivamente riconosciuto il diritto degli eredi disponendo l’obbligo del Consorzio di corrispondere gli interessi nella misura di euro 38.781,96, prevedendo anche che «sull’importo predetto decorrono gli interessi dalla domanda (come detto del 16/11/2009) al saldo».
Si tratta, comunque, di «interessi da ritardato pagamento».
Il primo motivo di ricorso principale è infondato.
8.1. La Corte d’appello ha correttamente ritenuto applicabile alla fattispecie in esame l’art. 5 della legge Regione Sicilia n. 11 delle 5/6/1989.
In particolare, l’art. 4 di tale legge regionale stabilisce, in ordine alla acquisizione dei terreni, che «l’Assessorato Regionale dell’agricoltura e delle foreste, secondo le procedure dell’art. 8, è autorizzato a predisporre, per le finalità della legge regionale 18 febbraio 1986, n. 2, un ulteriore piano di acquisizione di terreni nei limiti della disponibilità finanziaria della presente legge».
L’art. 5, della legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, sancisce, al comma 1, in ordine alla modalità dei conferimenti, che «i proprietari che intendono conferire al demanio della Regione i loro terreni devono presentare, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dichiarazione di disponibilità alla azienda».
L’art. 6 di tale legge, in ordine alla determinazione dell’indennità di espropriazione, dispone poi, al comma 2, che «i valori unitari sono aumentati del cento per cento per i soprassuoli forestali maturi, pronti per il taglio», specificando al comma 3 che «nel caso di dichiarazione di disponibilità, i valori unitari sono aumentati di un ulteriore cinquanta per cento se coltivatori diretti, a condizione che i terreni espropriandi siano liberi da vincoli derivanti da patti agrari».
Di rilievo essenziale è poi l’art. 6, comma 4, della citata legge regionale, per cui «sulle indennità sono corrisposti interessi nella misura del saggio legale per il periodo intercorrente tra la data dell’immissione in possesso e quella della effettiva liquidazione».
8.2. Nella specie, la sorte capitale è stata ritualmente liquidata il 7/4/2008, a seguito del nullaosta dell’Assessorato regionale del 6/9/2007, con avvenuta effettiva erogazione delle somme in data 26/6/2008.
Se così è, è indubbio che sia stato rispettato il procedimento di cui agli artt. 4 e 5 della legge Regione Sicilia n. 11 del 5/6/1989.
Il ricorrente – come correttamente osservato dal Procuratore Generale – intende condizionare l’erogazione dei dovuti interessi ad
una eventualità testualmente non prevista dalla legge, una volta che l’indennità di espropriazione, con la relativa maggiorazione, è stata accertata come dovuta per effetto del negozio di diritto pubblico.
Resta sguarnita ogni contestazione da parte del ricorrente principale in ordine alla spettanza degli interessi in favore degli eredi della Monaco.
Il secondo motivo di ricorso principale è anche esso infondato.
9.1. La motivazione della sentenza della Corte territoriale è presente, non solo in senso grafico, ma anche nella specifica indicazione delle ragioni logiche e giuridiche sottese alla decisione adottata.
La Corte territoriale ha chiarito che la normativa applicabile era quella di cui alla legge Regione Sicilia n. 11 del 5/6/1989.
In modo limpido la Corte d’appello ha affermato che «essendo iniziato il procedimento espropriativo da cui discende l’odierna controversia il 4/8/1990 (dichiarazione di pubblica utilità dell’opera) non può applicarsi la legge regionale del 1996 richiamata col ricorso monitorio dalla Monaco».
Tuttavia, per la Corte territoriale, «già la legge 5/6/1989 n. 11, in vigore al momento della dichiarazione di pubblica utilità del 4/8/ 1990, all’art. 5 prevedeva che i proprietari che avevano inteso conferire al demanio forestale i loro terreni, avrebbero potuto farlo ‘alle condizioni di cui all’art. 6’ norma riguardante la ‘Indennità di espropriazione’, che al comma 4 stabiliva che ‘Sulle indennità sono corrisposti interessi nella misura del saggio legale per il periodo intercorrente tra la data dell’immissione in possesso e quella dell’effettiva liquidazione’».
Il terzo motivo di ricorso principale è inammissibile.
10.1. Il motivo risulta nuovo, non essendo indicato nella motivazione della sentenza della Corte territoriale. Né il ricorrente principale deduce in quale atto processuale dei giudizi di merito ha sollevato la questione in ordine al ritardo imputabile a fatto e colpa dell’Assessorato regionale che, per tale ragione, sarebbe legittimato passivo nel giudizio, in luogo del Consorzio.
Tra l’altro, si chiede una rivalutazione degli elementi istruttori, già compiutamente effettuata dal giudice di secondo grado, non consentita in questa sede.
È infatti, con ampia ed esaustiva motivazione, la Corte territoriale ha spiegato analiticamente le ragioni per cui il Consorzio RAGIONE_SOCIALE era il soggetto legittimato passivamente a rispondere delle pretese degli eredi COGNOME.
Ciò in quanto: l’accordo del 17/12/1998 è stato stipulato dal Consorzio in proprio e dalla Monaco; nelle disposizioni contrattuali l’Assessorato è indicato solo quale soggetto che deve autorizzare il pagamento dell’indennizzo concordato, mentre il Consorzio risulta ente espropriante; nella cessione volontaria dinanzi al notaio del 25/1/1999 ha partecipato in proprio anche il Consorzio.
La Corte d’appello ha, dunque, osservato i principi di diritto consolidati di questa Corte sul tema dell’individuazione del soggetto legittimato passivo in caso di partecipazione di più organi pubblici alla procedura espropriativa o alla determinazione dell’indennizzo.
Va, dunque, richiamata e condivisa la giurisprudenza di questa Corte per cui parte del rapporto espropriativo ed obbligato al pagamento dell’indennità verso il proprietario espropriato, e come tale legittimato passivo nel giudizio di opposizione alla stima che sia stato da quest’ultimo proposto, è il soggetto espropriante, vale a dire quello a favore del quale è pronunciato il decreto di espropriazione, e ciò anche nell’ipotesi in cui più enti abbiano concorso alla realizza-
zione dell’opera pubblica, a meno che, in tal caso, dal decreto di espropriazione non emerga che il potere di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti sia stato conferito ad un altro ente, al quale sia stato attribuito, in virtù di legge o di atti amministrativi e mediante figure sostitutive di rilevanza esterna, il compito di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative, con l’imposizione dell’obbligo di sopportare i relativi oneri (Cass., sez. 1, n. 25848 del 2019; Cass., sez. 1, 25 2016, n. 10530; Cass., 18/1/2013, n. 1242; Cass., 19/7/2012, n. 12541; Cass. n. 25862 del 2011; Cass. Sez. U., n. 27211 del 2009; Cass. n. 6959 del 1997; Cass., n. 6039 del 1991).
Si è anche chiarito che quest’ultima fattispecie è stata ritenuta configurabile nei rapporti tra gli enti pubblici nei casi di affidamento in proprio, sostituzione o delegazione intersoggettiva (Cass., sez. 1, 9/4/2003, n. 5566; Cass., n. 28/5/1991, n. 6029) e nei rapporti con soggetti privati nel caso in cui l’esecuzione dell’opera sia stata affidata in concessione c.d. traslativa (Cass., sez. 1, 20/3/2017, n. 7104; Cass., 14/6/2016, n. 12260; Cass., 21/6/2012, n. 10390), essendosi ravvisato il fondamento dell’obbligazione indennitaria proprio nella rilevanza esterna dell’attribuzione del potere espropriativo, derivante dal conferimento dell’incarico di compiere in nome proprio gli atti del procedimento ablatorio, in virtù del quale l’unico soggetto destinato ad entrare in contatto con i proprietari espropriati e con gli altri soggetti interessati alla realizzazione dell’opera pubblica è quello che ha ricevuto il relativo incarico, non assumendo alcun rilievo, nei confronti dei terzi, la disciplina dei rapporti interni con l’ente conferente o l’eventuale sussistenza di rapporti di finanziamento con altri soggetti pubblici (Cass., sez. 1, n. 25848 del 2019).
13. La recente pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite, n. 25294 del 2022, in tema di espropriazione per pubblica utilità, ha
ritenuto che la titolarità effettiva del rapporto sostanziale – e, in particolare, l’obbligazione di pagamento dell’indennità di esproprio spetta generalmente all’ente beneficiario dell’espropriazione risultante dal decreto ablativo, salvo che nei procedimenti “pluripartecipati”, nei quali l’esercizio del potere espropriativo di acquisizione delle aree e di cura delle procedure è condiviso, in relazione a fasi e momenti diversi, tra più soggetti; conseguentemente, ai fini dell’accertamento della titolarità passiva, il giudice è tenuto ad analizzare il ruolo specifico assunto e i poteri esercitati in concreto da ciascun ente convenuto nel giudizio (nella specie, le S.U. hanno cassato la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con cui si era ritenuto che nessuno dei soggetti chiamati nel giudizio di determinazione dell’indennità di esproprio fosse titolare passivo dell’obbligazione, erroneamente assumendo tale titolarità esclusivamente in capo all’ente beneficiario della procedura, come risultante dal decreto, e omettendo di considerare che, tra i convenuti, un RAGIONE_SOCIALE aveva esercitato poteri espropriativi ed era accollatario degli oneri di pagamento delle indennità e che l’impresa incaricata dei lavori aveva curato vari adempimenti e assunto così il ruolo di promotrice dell’espropriazione) (Cass., Sez. U, 24/8/2022, n. 25294).
Si è dunque ampliata la platea dei legittimati passivi, ossia dei debitori della medesima prestazione indennitaria, nei giudizi di opposizione alla stima e di determinazione delle indennità espropriative, nei casi in cui si verifichi una potenziale dissociazione tra l’autorità espropriante e il beneficiario dell’espropriazione, con l’effetto di includervi i soggetti che concorrono, ciascuno nell’ambito delle rispettive funzioni e competenze, all’espletamento della procedura espropriativa per l’acquisizione delle aree occorrenti per la realizzazione dell’opera, entrando in contatto diretto con i soggetti espro-
priati e agendo in forma tale da suscitare nel terzo creditore dell’indennizzo la convinzione dell’assunzione diretta del corrispondente obbligo, a prescindere dal soggetto effettivamente beneficiario dell’esproprio (Cass. Sez. U, n. 25294 del 2022; Cass. n. 1504 del 1993).
Si è anche sottolineato che tale conclusione deriva dall’esame dell’art. 54, commi 3 e 4, del d.P.R. n. 327 del 2001, a mente del quale «l’opposizione alla stima è proposta con atto di citazione notificato all’autorità espropriante, al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, se attore è il proprietario del bene, ovvero all’autorità espropriante e al proprietario del bene, se attore è il promotore dell’espropriazione. Il ricorso è notificato anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia stato affidato il pagamento dell’indennità».
Si è ritenuto che in tal modo «si è inteso agevolare il proprietario espropriato nella individuazione dei soggetti obbligati da evocare in giudizio, individuati nell’ente espropriante e nel promotore dell’espropriazione e ‘se del caso’ nel beneficiario dell’espropriazione, salva la facoltà dell’ente convenuto e dello stesso proprietario di chiamare in causa altri soggetti obbligati al pagamento, in quanto delegati con atti di rilevanza esterna all’esercizio di funzioni e potestà proprie dell’ente espropriante, come può accadere nei procedimenti pluripartecipati» (Cass. Sez. U, n. 25294 del 2022; anche Cass., sez. 1, 8/3/2023, n. 6948).
Il quarto motivo di ricorso principale è inammissibile.
14.1. La Corte territoriale ha ritenuto che il diritto agli interessi compensativi originasse dal momento del rilascio del nullaosta da parte dell’Assessorato regionale della Sicilia con nota del 6/7/2007.
Solo con la delibera del 7/4/2008 il Consorzio ha liquidato l’indennità spettante alla Monaco, quanto alla sorte capitale, in euro
43.817,98. Pertanto, questa era la data da cui decorreva il termine di prescrizione quinquennale.
La domanda della COGNOME era stata introdotta con la notificazione del decreto ingiuntivo in data 16/11/2009, quindi tempestivamente.
In sostanza, la Corte d’appello ha così interpretato il contenuto dell’accordo stipulato il 17/12/1998 da NOME COGNOME e dal Consorzio di Bonifica della piana di Catania, gestione separata, quale concessionario delle opere di realizzazione dell’adduttore.
Si legge, in tale accordo, ritualmente trascritto dal ricorrente principale, che «la somma di lire 84.843.450 verrà corrisposta dietro autorizzazione dell’Assessorato agricoltura e foreste ed è relativa alla differenza tra le somme come sopra liquidate per indennità più il 50% per la cessione volontaria ».
L’espressione «dietro autorizzazione dell’Assessorato agricoltura e foreste» è stata interpretata dalla Corte d’appello come condizione o termine prima del quale non si poteva procedere al pagamento degli interessi.
Pertanto, il ricorrente principale, nel confutare tale interpretazione contrattuale fornita dalla Corte territoriale, avrebbe dovuto indicare i criteri di ermeneutica negoziale che sarebbero stati violati e quelli che, in luogo dei primi, dovevano essere applicati, specificandoli in modo puntuale.
14.2. Tra l’altro, la stessa norma regionale applicata, e quindi l’art. 6, comma 4, della legge Regione Sicilia n. 11 del 1989, stabilisce che «sulle indennità sono corrisposti interessi nella misura del saggio legale per il periodo intercorrente tra la data dell’immissione in possesso e quella della effettiva liquidazione».
Risulta, dunque, necessario procedere alla effettiva liquidazione della sorte capitale, a titolo di indennizzo espropriativo o di
corrispettivo della cessione volontaria, per procedere al computo degli interessi compensativi.
L’inizio del termine di prescrizione deve individuarsi, allora, nella data di effettivo rilascio dell’autorizzazione regionale per la liquidazione della sorte capitale.
Prima del rilascio dell’autorizzazione il diritto alla corresponsione della sorte capitale non poteva essere azionato, essendo condizionato sospensivamente al provvedimento ampliativo, come affermato dalla Corte territoriale, con interpretazione plausibile.
Per questa Corte, infatti, la disposizione dell’art. 2935 cod. civ., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale di far valere il diritto e, quindi, alle cause impeditive di ordine generale dell’esercizio del diritto medesimo – quali una condizione sospensiva non ancora verificatasi o un termine non ancora scaduto – con la conseguenza che l’impossibilità di fatto di agire, in cui venga a trovarsi il titolare del diritto (nell’ipotesi, per incertezza nella individuazione del debitore) non è idonea ad impedire il decorso della prescrizione (Cass., sez. 1, 12/3/1994, n. 2429).
È vero, dunque, che in tema di espropriazione, la prescrizione del diritto all’indennità aggiuntiva, prevista dall’art. 17 della legge n. 865 del 1971 in favore del mezzadro coltivatore del fondo espropriato, decorre dalla data dell’atto di acquisizione dell’immobile (cessione volontaria o decreto di espropriazione), momento in cui il relativo debito diventa liquido ed esigibile, con la determinazione del prezzo della cessione ovvero dell’indennità di espropriazione su cui di regola si commisura quanto spetta al mezzadro e ai suoi eredi (ferma restando la spettanza all’espropriato del valore agricolo medio di cui all’art. 16 della legge n. 865 del 1971) (Cass., sez. 1, 25/6/2009, n. 14902).
Tuttavia, nella specie, il decorso del termine di prescrizione origina dall’interpretazione del negozio di cessione volontaria del terreno da parte della Monaco, sostitutivo del procedimento espropriativo.
Ed infatti, si è ritenuto che, anche nel sistema delle leggi regionali siciliane in materia di espropriazione per pubblica utilità ed interventi forestali, non è dubbio che la cessione volontaria si inserisca nell’ambito della procedura ablatoria come forma semplificata di espropriazione forzata e sia, pertanto, equipollente al decreto di espropriazione e che la stessa non possa essere considerata, alla stregua di un negozio di diritto privato, manifestazione dell’autonomia negoziale (Cass., n. 12569 del 2009).
Ad essa va invece attribuita la natura di negozio di diritto pubblico, che determina l’acquisto a titolo originario, da parte della pubblica amministrazione, del bene sottoposto a procedura espropriativa (Cass., n. 12569 del 2009).
Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico del ricorrente principale e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna il ricorrente principale a rimborsare in favore dei controricorrenti le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 maggio