Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4983 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4983 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 5191 – 2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE – elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio de ll’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che disgiuntamente e congiuntamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. CODICE_FISCALE -in persona del presidente pro tempore , rappresentata e difesa in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio ‘RAGIONE_SOCIALE
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 1556/2017 della Corte d’Appello di Firenze,
udita la relazione nella camera di consiglio del 14 dicembre 2023 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
Con citazione in riassunzione in data 7.3.2014 NOME COGNOME conveniva dinanzi alla Corte d’Appello di Firenze la Provincia di Prato.
Esponeva che i terreni di sua proprietà, in Montemurlo, in n.c.t. al foglio 20, particelle 534, 53 e 428, erano stati interessati da procedura ablatoria, giusta delibera della Giunta provinciale di Prato n. 209 del 6.10.1995, per la realizzazione della ‘S. P. n. 82 -Nuova Montalese’ (cfr. ricorso, pag. 3) .
Esponeva che l’occupazione era intervenuta i l 18.9.1996 e che la Corte d ‘Appello d i Firenze, con sentenza n. 1206/1999, aveva determinato l’indennità di occupazione in lire 117.904.983, calcolata sull’indennità virtuale di esproprio computata, come da c.t.u., in lire 166.418 al mq. (cfr. ricorso, pag. 3).
Esponeva che la Provincia di Prato aveva disposto l’espropriazione con decreto del 14.9.2001 di mq. 2.453, poi rettificati, con decreto del 4.12.2003, in mq. 2.870 e tuttavia non aveva determinato l’indennità definitiva di espropriazione (cfr. ricorso, pag. 4) .
Esponeva che aveva adito la Corte d ‘ Appello di Firenze, affinché accertasse l’efficacia di ‘giudicato’ della sentenza n. 1206/1999, confermasse la giusta indennità di espropriazione in lire 166.418 al mq. e provvedesse, in aderenza alla c.t.u. svolta nel pregresso giudizio, alla determinazione dell’indennità di espropriazione, dell’indennità per il minor valore della porzione residua e dell’indennità per i soprassuoli nonché al risarcimento del danno da svalutazione monetaria (cfr. ricorso, pag. 4) .
Esponeva che la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 399/2007, dato atto che gli accertamenti espletati nel giudizio definito con la sentenza n. 1206/1999 avevano efficacia di giudicato implicito in ordine alla natura dei terreni espropriati ed in ordine alla sussistenza e all’entità della perdita di valore dei terre ni residui, aveva determinato in euro 257.766,16 l’ammontare complessivo dell’indennità di espropriazione e dell’indennità per la perdita di valore dei terreni residui (cfr. ricorso, pag. 4) .
Esponeva che con sentenza n. 26964/2013 questa Corte, in accoglimento del primo motivo del ricorso esperito dalla Provincia di Prato, aveva cassato con rinvio la sentenza n. 399/2007 della Corte di Firenze (cfr. ricorso, pag. 4) .
Chiedeva quindi -con la citazione in riassunzione -riconosciuta l’edificabilità dei terreni de quibus , che la Provincia di Prato fosse condannata al pagamento della giusta indennità di espropriazione, dell’indennità per i soprassuoli, dell’indennità di occupazione e dell’indennità per il deprezzamento delle aree residue, il tutto con rivalutazione delle somme dovute, attesa la sua veste di investitore abituale (cfr. ricorso, pag. 5) .
Resisteva la Provincia di Prato.
Espletat a la consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 1556/2017 la Corte d’Appello di Firenze così, peraltro, statuiva:
determinava in euro 82.460,68 l’indennità di espropriazione di cui euro 35.760,20, quale più probabile valore di mercato, comprensivo pur del valore del soprassuolo, delle aree espropriate, euro 9.507,38 per la perdita di valore della particella n. 1389 (originata dal frazionamento della particella n. 53) ed euro 37.193,19 per la perdita di valore delle particelle n. 1388 (originata dal
frazionamento della particella n. 53) e n. 1431 (originata dal frazionamento della particella n. 534) -con gli interessi legali dalla domanda;
determinava in euro 7.088,78 l’indennità di occupazione per il periodo 19.4.1999 -14.9.2001, con gli interessi legali dalla domanda;
compensava nella misura di ½ le spese dei gradi tutti di giudizio e condannava la convenuta al pagamento della residua metà; poneva a carico della convenuta le spese di c.t.u.
Reputava la corte che al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione le aree de quibus erano comprese, come da certificato storico di destinazione urbanistica, in ‘zona destinata ad opere di viabilità’ (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
Reputava quindi che ‘il vincolo preordinato all’esproprio era stato imposto su aree non edificabili poiché interessate da un vincolo conformativo, con specifica previsione a strada’ (così sentenza impugnata, pag. 5) .
Reputava altresì che in esito all’indagine di mercato il c.t.u. aveva reperito due atti di compravendita del 2001, aventi ad oggetto ‘seminativi -arborati’ assimilabili a quelli espropriati, ubicati nella medesima zona, atti ove risultavano pattuiti i prezzi di euro 13,07/mq. e di euro 11,85/mq., sicché se ne desumeva il valore medio di euro 12,46/mq. , costituente ‘il più probabile valore dei terreni espropriati al momento dell’esproprio’ (così sentenza impugnata, pag. 5) .
Reputava inoltre, in ordine all’indennità per la perdita di valore delle aree residue, quanto segue.
Ovvero che la particella n. 534 non aveva subito alcun pregiudizio (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
Ovvero che le particelle n. 1388 e n. 1389 avevano subito una consistente perdita di valore (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) .
Ovvero, segnatamente, che la particella n. 1389 – avente alla stregua dello strumento urbanistico vigente alla data dell’espropri o potenzialità edificatoria di tipo produttivo, potenzialità, tuttavia, suscettibile unicamente di cessione a terzi confinanti atteso il dovuto rispetto della distanza di m. 30 dalla ‘S.P. Montalese’ -aveva subito una diminuzione di valore in misura pari al 35%, valore da ridurre ulteriormente nella misura del 15%, siccome la particella de qua era alienabile con l’aggravio della servitù di passaggio in favore della particella n. 1388.
Ovvero, segnatamente, che le particelle n. 1388 e 1431, quest’ultima di appena 10 mq. -con destinazione, entrambe, a boschi urbani alla stregua dello strumento urbanistico vigente alla data dell’esproprio – avevano subito una diminuzione di valore in misura pari al 60% , siccome l’espropriazione aveva reso particolarmente disagevole il loro raggiungimento pur con mezzi agricoli.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
La Provincia di Prato ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la Provincia di Prato.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i l ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 Primo protocollo addizionale C.E.D.U., dell’art. 117 Cost. e dell’art. 39 legge n. 2359/1865 .
Deduce che ha errato la Corte di Firenze nella determinazione del valore di mercato dei terreni espropriati (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce che la corte d’appello avrebbe dovuto, sì, tener conto della inedificabilità legale delle aree espropriate -come affermato dalla Corte di legittimità con la sentenza n. 26964/2013 -e tuttavia la corte di merito non ha considerato l’edificabilità e ffettiva delle aree de quibus (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce quindi che è del tutto irrisoria l’indennità parametrata sul valore dei terreni agricoli -di euro 12,46/mq. (cfr. ricorso, pag. 10) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Vanno premessi gli insegnamenti di questo Giudice.
Ovv ero l’ insegnamento secondo cui, in tema di indennità di espropriazione, non trova diretta applicazione l ‘ art. 1 del Primo Protocollo addizionale della C.E.D.U., come interpretato dalla Corte E.D.U., relativo al diritto alla percezione di una giusta indennità da parte del soggetto privato della proprietà per causa di pubblico interesse, non essendo la materia disciplinata dal diritto europeo ma solo da quello nazionale (cfr. Cass. (ord.) 9.11.2021, n. 32911) .
Ovvero l’insegnamento secondo cui ‘per la determinazione dell’indennità di esproprio la legge stabilisce, quale unico criterio per individuare la destinazione urbanistica del terreno espropriato, quello dell’edificabilità legale; di conseguenza un’area va ritenuta edificabile solo ove risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici vigenti al momento della vicenda ablativa (…)’; secondo cui ‘a ncora recentemente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che ai fini della determinazione del pregiudizio per la perdita del godimento di aree occupate dalla PRAGIONE_SOCIALEA. in forza di un provvedimento legalmente dato, assume valore decisivo la suddivisione tra aree agricole (cui sono
equiparate quelle non classificabili come edificatorie) ed aree edificabili (…) (Sez. U., n. 7454 del 19.3.2020, Rv. 657417 – 04) ‘; e secondo cui ‘i l diritto vivente, pertanto, impone di determinare l’indennità di espropriazione in relazione al valore venale, distinguendo tra suoli edificabili e non edificabili in ragione del criterio dell’edificabilità legale, escluse le possibilità legali di edificazione qualora lo strumento u rbanistico dell’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale abbia concret amente vincolato la zona ad un utilizzo meramente pubblicistico’ (così in motivazione Cass. 13.12.2022, n. 36309. Cfr. altresì Cass. (ord.) 17.2.2021, n. 4228) .
In questi termini non può che opinarsi come segue.
Per un verso, sono ineccepibili e congrui i rilievi formulati in parte qua -ed in precedenza enunciati – dalla Corte di Firenze (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) , rilievi sulla cui scorta la corte d’appello ha , evidentemente in maniera più che corretta, recepito il valore agricolo di mercato (‘una indagine di mercato aveva permesso di reperire (…)’: così sentenza d’appello, pag. 5) acclarato dal consulente d’ufficio mercè il reperimento di due atti di compravendita risalenti al 2001 di terreni ubicati non lontano da quelli espropriati.
Per altro verso, del tutto ingiustificata è la doglianza del ricorrente secondo cui la corte di merito non avrebbe considerato l’edificabilità effettiva delle aree ablate, ossia che le medesime aree costituiscono il piazzale, il parcheggio di due opifici artigianali realizzati in virtù di permesso di costruire del 28.12.1973 (cfr. ricorso, pag. 10) .
Più esattamente, a tal ultimo riguardo, va rimarcato altresì quanto segue.
Da un canto, la corte di merito ha avuto cura di puntualizzare ulteriormente che non deponeva in senso contrario alla destinazione urbanistica risultante dal
certificato storico la circostanza che all’espropriato fosse stato rilasciato in data 28.12.1973 un permesso di costruire anche sull’area oggetto di espropriazione (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
D’altro canto, il riferimento tout court delle aree ablate a ‘piazzale di opifici’ (di cui a pag. 10 del ricorso) rende inoperante nella specie la puntualizzazione ulteriore cui questa Corte ha fatto luogo.
Ossia il rilievo per cui , rientrando nella nozione tecnica di edificazione l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area secondo il regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione, deve a fini indennitari tenersi conto delle possibilità di utilizzazione inte rmedia tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti, ecc.) , sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative (cfr. Cass. (ord.) 1.2.2019, n. 3168) .
Con il secondo motivo i l ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 e 40 legge n. 2359/1865.
Deduce che ha errato la Corte di Firenze nella determinazione dell’indennità per la riduzione di valore delle aree residue (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deduce che risulta in via documentale che la porzione espropriata costituiva parte essenziale dell’ ‘ unicum ‘ rappresentato dal compendio immobiliare di sua proprietà (cfr. ricorso, pag. 12) ; c he la corte d’appello non ha considerato che l’area espropriata costituiva ampia porzione del piazzale dell’opificio, piazzale che, così come ha acclarato l’ausiliario d’ufficio, è divenuto non più utilizzabile, siccome ne risulta precluso l’agevole access o (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deduce quindi che il deprezzamento sarebbe stato da computare sulla scorta di valori aderenti alla destinazione -‘ tertium genus ‘ -della porzione residua (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
Va dapprima posto in risalto che la Corte di Firenze ha dato atto che il c.t.p. dell’espropriato non aveva contestato gli esiti della c.t.u. in ordine al computo della perdita di valore delle particelle n. 1388 e n. 1341 ed alla udienza successiva al deposito della relazione dell’ausiliario d’ufficio l’espropriato ‘si era opposto all’avversa istanza di supplemento di c.t.u. ed aveva concluso ‘ (così sentenza impugnata, pag. 8 . La corte d’appe llo ha poi soggiunto che la contestazione sollevata al riguardo dall’espropriato era stata formulata per la prima volta in comparsa conclusionale, ‘dopo che in sede di contraddittorio tecnico (ed anche successivament e) nulla era stato contestato sul punto’ ) .
Ebbene, il ricorrente non ha specificamente censurato, segnatamente con il mezzo di impugnazione in disamina, i surriferiti rilievi motivazionali.
E, ben vero, i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952; Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989) .
Con il motivo di ricorso in esame, comunque, il ricorrente censura essenzialmente e nonostante l’indica zione di segno contrario di cui alla rubrica -il giudizio ‘di fatto’ sulla cui scorta la corte distrettuale, in aderenza agli esiti della c.t.u. (che aveva dato conto dell’unitarietà funzionale del fondo in dipendenza della sua natura pianeggiante senza difficoltà di comunicazione
interna: cfr. sentenza d’appello, pag. 7) , ha determinato la riduzione di valore della porzione residua (‘il deprezzamento avrebbe dovuto essere calcolato sulla base di valori congrui alla destinazione del bene decurtato, in virtù dell’acclarato vincolo di unicità funzionale tra l’opificio ed il sedime destinato a piazzale’: così ricorso, pag. 12 ; ‘i valori attribuiti dal c.t.u. alle p.lle 1389, 1388 e 1341 non rappresentano il dei terreni residui’: così memoria del ricorrente, pag. 6) .
E nondimeno soccorre l’elaborazione di quest a Corte secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Al contempo , è da escludere recisamente che taluna delle figure di ‘anomalia motivazionale’ rilevanti alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui -pur in parte qua – la corte territoriale ha ancorato il suo dictum .
15. Con il terzo motivo i l ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 legge n. 865/1971.
Deduce che alla stregua del buon fondamento delle censure veicolate dal primo e dal secondo motivo va rideterminato altresì il quantum dell’indennità di occupazione (cfr. ricorso, pag. 13) .
16. Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.
Va premesso che la Corte di Firenze ha indicato come periodo dell’occupazione da indennizzare il lasso temporale compreso tra il 19.4.1999 ed il 14.9.2001, ossia lo stesso periodo cui il ricorrente ha fatto riferimento nel motivo di ricorso in esame (cfr. ricorso, pag. 13) .
In ogni caso, il rigetto dei precedenti motivi alla stregua dei rilievi dapprima svolti non può che sortire l ‘ esito della reiezione del mezzo di impugnazione de quo agitur , con il quale, appunto, il ricorrente prospetta tout court che le maggiori indennità di espropriazione cui avrebbe diritto, giustificano di per sé il computo in aumento dell’indennità di occupazione.
18. Co n il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 legge n. 2359/1865.
Deduce che la Corte di Firenze ha recepito acriticamente i rilievi del c.t.u. e conseguentemente ha omesso il computo dell’indennità per i soprassuoli, avendo reputato che tale indennità fosse ricompresa nel quantum dell’indennità di espropriazione (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deduce che la presenza di soprassuoli è pacifica e non contestata dall’espropriante , che ha quantificato il relativo valore in euro 528,85 (cfr. ricorso, pag. 14) .
Il quarto motivo di ricorso analogamente va respinto.
Si ribadisce che la Corte di Firenze ha recepito i rilievi del c.t.u., il quale aveva puntualizzato che ‘l’indennità di esproprio quale limitata ai terreni espropriati era di € 12,46 x 2.870,00 = € 35.870,20, importo da ritenere comprensivo del valore del soprassuolo (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 5) .
21. Ebbene, questa Corte ha spiegato, seppur con riferimento al valore agricolo medio tabellare nondimeno con valenza che deve reputarsi tuttora operante nonostante l’evoluzione del sistema indennitario a seguito degli interventi della Corte costituzionale e delle sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte E.D.U., che, con riguardo alla determinazione dell’indennità di esproprio per i suoli agricoli, non può corrispondersi un’ulteriore componente indennitaria, commisurata al valore del soprassuolo, valutata separatamente dal valore del suolo, in quanto il valore del suolo è calcolato con riferimento alle piantagioni esistenti sul fondo espropriato e quindi ai tipi di coltura effettivamente ivi praticati, determinandosi, diversamente, una duplicazione del pregiudizio indennizzato (cfr. Cass. 21.5.2007, n. 11782; Cass. 9.4.2003, n. 5566) .
In questi termini il ricorrente non ha ragione alcuna per dolersi.
22. C on il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1224, 2° co., cod. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Firenze a disconoscergli il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deduce che ha dimostrato per acta di aver eseguito investimenti negli anni 2009 e 2003 presso ‘Montepaschi’ e ‘Ducato Gestioni’ (cfr. ricorso, pag. 14) ; che dall’allegata nota informativa del 4.3.2004 risulta che l’investimento nel fondo ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha avuto un rendimento del 3,81% e che il rendimento dei titoli di Stato nel periodo di riferimento non è mai stato inferiore al 3,2% (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deduce poi che la costituzione in mora dell’espropriante è avvenuta a mezzo diffida del 2.4.2004 ovvero, al più tardi, in data 17.11.2004, con il deposito del ricorso introduttivo (cfr. ricorso, pag. 16) .
Il quinto motivo di ricorso similmente va respinto.
La Corte di Firenze, in ordine alla domanda di risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria, ha puntualizzato quanto segue.
Ossia che l’espropriato si era limitato a dedurre e comprovare di esser stato titolare delle quote di un ‘fondo di investimento’ che, nel 2003 , gli avevano assicurato un rendimento del 3,06%. E che tanto non bastava a far presumere che per il periodo oggetto della domanda ex art. 1224, 2° co., cod. civ. l’espropriato avrebbe investito quanto dovutogli dall’espropriante in forme tali da assicurargli un rendimento superiore al tasso legale degli interessi (così sentenza impugnata, pagg. 8 – 9) .
Ovviamente l’indennità di espropri azione ha natura di debito di valuta (cfr. Cass. 9.3.2012, n. 3738; Cass. (ord.) 9.11.2021, n. 32911) .
Cosicché il titolare del bene espropriato ha da proporre domanda di ristoro del maggior danno ai sensi dell ‘ art. 1224 cod. civ., allegandone le circostanze necessarie e fornendone la relativa prova (cfr. Cass. 9.3.2012, n. 3738) .
Sovviene quindi l’insegnamento di questa Corte a tenor del qual e, nel caso di ritardato adempimento di un ‘ obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all ‘ art. 1224, 2° co., cod. proc. civ., può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali; e a tenor del quale, altresì, ove il creditore rivesta la qualità di imprenditore, è sufficiente dimostrare di avere, durante la mora del
debitore, fatto ricorso al credito bancario (o ad altre forme di approvvigionamento di liquidità) , sempre che il ricorso al credito, in relazione all ‘ entità dello stesso ed alle dimensioni dell ‘ impresa, sia stato effettiva conseguenza dell ‘ inadempimento (cfr. Cass. (ord.). 9.8.2021, n. 22512; Cass. 16.2.2015, n. 3029; Cass. sez. un. 16.7.2008, n. 19499) .
Ebbene il ricorrente, con il motivo in esame e ai fini de quibus agitur , non ha specificamente addotto né che ha veste di imprenditore e che ha fatto ricorso al credito bancario; né, per altro verso, che durante il periodo della mora il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi è stato superiore al saggio degli interessi legali.
In verità, con il motivo in esame, il ricorrente neppure ha addotto di aver atteso alle menzionate allegazioni nel corso del giudizio di merito.
In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente, NOME COGNOME, a rimborsare alla controricorrente, Provincia di Prato, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso
forfettario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte