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Indennità di espropriazione: accordo nullo per legge

La Corte di Cassazione ha stabilito la nullità di un accordo sull’indennità di espropriazione perché basato su criteri di calcolo (il Valore Agricolo Medio) successivamente dichiarati incostituzionali. La Corte ha chiarito che le sentenze di incostituzionalità si applicano ai rapporti giuridici non ancora esauriti, come nel caso di un giudizio in corso, imponendo di ricalcolare l’indennità in base al valore di mercato del bene. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio.

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Indennità di espropriazione: quando un accordo è nullo?

L’indennità di espropriazione rappresenta un punto cruciale nel delicato equilibrio tra l’interesse pubblico alla realizzazione di opere e il diritto di proprietà privata. Ma cosa succede se l’accordo economico tra l’ente pubblico e il cittadino si basa su parametri di legge che, anni dopo, vengono dichiarati incostituzionali? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, affermando la nullità di tali pattuizioni e l’obbligo di ricalcolare l’indennità secondo criteri conformi a Costituzione, anche a distanza di anni.

I fatti del caso: la cessione dei terreni e la controversia sul prezzo

La vicenda ha origine negli anni ’90, quando due coniugi, proprietari di alcuni terreni agricoli, sono stati coinvolti in una procedura di espropriazione per la costruzione di una superstrada. Essi avevano sottoscritto dei verbali di accordo amichevole con l’impresa appaltatrice, delegata dall’ente pubblico, accettando un determinato importo come corrispettivo per la perdita della loro proprietà.

Successivamente, i proprietari si sono resi conto che l’importo ricevuto era stato calcolato in modo illegittimo e che il loro consenso era stato ottenuto con l’inganno. Hanno quindi avviato una causa civile per chiedere la declaratoria di nullità degli accordi, sostenendo che il prezzo non era stato determinato secondo i criteri inderogabili di legge e, in particolare, che non teneva conto del reale valore del bene e delle maggiorazioni spettanti al coltivatore diretto.

Le decisioni dei giudici di merito

Sia in primo grado che in appello, le richieste dei proprietari sono state respinte. I giudici territoriali hanno ritenuto che l’accordo fosse valido, in quanto basato sulla normativa vigente all’epoca dei fatti. Hanno escluso la presenza di un raggiro e confermato la correttezza del calcolo dell’indennità, non riconoscendo il diritto dei proprietari a un importo superiore.

L’indennità di espropriazione e il giudizio della Cassazione

Insoddisfatti, i proprietari hanno presentato ricorso in Cassazione, basando le loro difese su diversi motivi. I principali argomenti riguardavano la violazione delle norme imperative sulla determinazione dell’indennità di espropriazione.

Il punto centrale della controversia era l’utilizzo del criterio del “Valore Agricolo Medio” (VAM), un sistema di calcolo basato su valori tabellari che non rifletteva il valore di mercato effettivo del terreno. Anni dopo la stipula degli accordi, la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 181 del 2011, ha dichiarato l’illegittimità di tale criterio, stabilendo che l’indennità deve garantire un “serio ristoro” al proprietario, e quindi deve essere commisurata al valore venale (di mercato) del bene.

L’impatto retroattivo delle sentenze di incostituzionalità

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi dei ricorrenti, ribaltando le decisioni precedenti. Gli Ermellini hanno spiegato che gli accordi sull’indennità di espropriazione non sono semplici contratti di compravendita di diritto privato, ma atti inseriti in un procedimento di diritto pubblico. Di conseguenza, la determinazione del prezzo non è lasciata alla libera contrattazione delle parti, ma è vincolata al rispetto dei parametri inderogabili stabiliti dalla legge.

Quando questi parametri vengono dichiarati incostituzionali, la norma illegittima cessa di avere efficacia. La Corte ha sottolineato un principio fondamentale: le sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo e si applicano a tutti i “rapporti non esauriti”. Un rapporto giuridico non può considerarsi esaurito se è ancora oggetto di un giudizio pendente. Poiché i proprietari avevano impugnato l’accordo, la controversia era ancora aperta e, pertanto, il giudice era tenuto ad applicare i nuovi principi, disapplicando la norma incostituzionale.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base della natura pubblicistica dell’accordo di cessione e del carattere imperativo delle norme che ne regolano il prezzo. L’accordo sull’indennità, pur essendo consensuale, è parte integrante del procedimento espropriativo e la sua validità è subordinata alla conformità con la legge. Una clausola che determina il prezzo in violazione dei criteri legali è nulla. Tale nullità, ha specificato la Corte, non travolge l’intero accordo, ma comporta la sostituzione automatica della pattuizione invalida con il precetto legale corretto. Nel caso di specie, il criterio del VAM, dichiarato incostituzionale, doveva essere sostituito da quello del valore venale del terreno. Di conseguenza, l’indennità doveva essere ricalcolata sulla base del suo effettivo valore di mercato al momento dell’esproprio.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi enunciati, ovvero dovrà considerare nullo il calcolo dell’indennità di espropriazione basato sul VAM e procedere a una nuova determinazione dell’importo spettante ai proprietari, basandosi sul valore di mercato del bene e riconoscendo le eventuali maggiorazioni di legge. Questa ordinanza rafforza la tutela del diritto di proprietà nei confronti della pubblica amministrazione, assicurando che il sacrificio imposto al privato sia compensato da un ristoro giusto ed effettivo, in linea con i principi costituzionali.

Un accordo sull’indennità di espropriazione può essere dichiarato nullo se il criterio di calcolo viene successivamente giudicato incostituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che una dichiarazione di incostituzionalità di una norma sul calcolo dell’indennità si applica a tutti i rapporti non ancora ‘esauriti’, come quelli oggetto di un giudizio pendente. Di conseguenza, l’accordo basato sulla norma incostituzionale è parzialmente nullo e l’indennità deve essere ricalcolata secondo i principi costituzionalmente corretti.

Quale criterio si deve usare per calcolare l’indennità se quello previsto dalla legge al momento dell’accordo è incostituzionale?
A seguito delle pronunce della Corte Costituzionale (in particolare la n. 181/2011), il criterio del Valore Agricolo Medio (VAM) è stato superato. L’indennità di espropriazione deve essere calcolata in base al valore venale del bene, ovvero il suo effettivo valore di mercato, per garantire al proprietario un ‘serio ristoro’ per la perdita subita.

L’accordo sull’indennità di espropriazione è un contratto privato?
No. La Corte chiarisce che si tratta di un negozio di diritto pubblico, poiché si inserisce all’interno di un procedimento amministrativo (quello espropriativo). Per questo motivo, la determinazione del prezzo non è libera, ma è vincolata al rispetto di parametri di legge inderogabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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