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Indennità di avviamento: come si calcola? La Cassazione

Una società, dopo la fine del contratto di locazione commerciale, ha pagato un’indennità di occupazione superiore al canone. Ha poi richiesto la restituzione dell’eccedenza e un’indennità di avviamento calcolata su tale importo maggiorato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l’indennità di avviamento si calcola esclusivamente sull’ultimo canone contrattuale dovuto al momento della cessazione del rapporto, e non sulle somme versate successivamente a titolo di indennità per il ritardato rilascio.

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Indennità di Avviamento: Chiarimenti dalla Cassazione sul Calcolo

Nelle locazioni commerciali, l’indennità di avviamento rappresenta un diritto fondamentale per il conduttore. Ma come si calcola esattamente? La questione diventa complessa quando, dopo la scadenza del contratto, il conduttore continua a occupare l’immobile pagando una somma superiore al vecchio canone. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo, stabilendo un principio netto che locatori e conduttori devono conoscere.

Il Caso: Un Contenzioso su Canone e Indennità

La vicenda riguarda una farmacia che, dopo la cessazione del contratto di locazione nel 2014, aveva continuato a occupare i locali fino al 2019. Durante questo periodo, aveva corrisposto al locatore una somma mensile superiore a quella prevista dal contratto originario, a titolo di indennità di occupazione.

Una volta rilasciato l’immobile, la società conduttrice ha avviato un’azione legale con due obiettivi principali:
1. Ottenere la restituzione delle somme versate in eccesso rispetto all’ultimo canone contrattuale, sostenendo che si trattasse di un aumento illegittimo.
2. Ottenere un’indennità di avviamento calcolata non sull’ultimo canone, ma sul maggiore importo effettivamente corrisposto durante il periodo di occupazione post-contrattuale.

Mentre il Tribunale e la Corte d’Appello hanno respinto le richieste della farmacia, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’indennità di avviamento

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti e ribadendo principi consolidati in materia di locazione commerciale.

Primo Motivo: La Domanda di Restituzione Inammissibile

La Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta di restituzione delle somme versate in eccesso per una ragione prettamente processuale. La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda basandosi su una duplice motivazione: una processuale (la domanda era stata proposta in primo grado in forma condizionata e la condizione non si era verificata) e una di merito (le somme erano state versate sulla base di un accordo tra le parti). Il ricorrente, nel suo ricorso, ha criticato solo la motivazione di merito, tralasciando quella processuale. Secondo un principio consolidato, quando una decisione si fonda su più ragioni autonome, è necessario impugnarle tutte, altrimenti la ragione non contestata è sufficiente a sorreggere la decisione, rendendo l’impugnazione inammissibile.

Secondo Motivo: Il Calcolo dell’Indennità di Avviamento

Sul punto cruciale del calcolo dell’indennità di avviamento, la Cassazione ha ribadito con forza il suo orientamento. Il calcolo deve essere effettuato con riferimento all’ultimo canone contrattualmente dovuto al momento della cessazione della locazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che il sistema delineato dalla legge n. 392 del 1978 è chiaro. L’articolo 34 della legge fa riferimento all’«ultimo canone corrisposto» intendendo quello dovuto in vigenza del rapporto contrattuale. Il periodo successivo alla scadenza, in cui il conduttore occupa l’immobile, è regolato da una disciplina diversa, quella dell’articolo 1591 del codice civile, che prevede il pagamento di un’indennità di occupazione per il ritardato rilascio.

Le due obbligazioni – quella del locatore di pagare l’indennità di avviamento e quella del conduttore di pagare l’indennità di occupazione – sorgono entrambe dopo la fine del contratto e si collocano al di fuori del sinallagma contrattuale. Sebbene siano funzionalmente collegate (ad esempio, il conduttore può rifiutarsi di rilasciare l’immobile finché non riceve l’indennità), la loro origine e la loro base di calcolo sono distinte. L’indennità di avviamento è legata al valore che l’attività ha creato nei locali durante il contratto, mentre l’indennità di occupazione risarcisce il danno al locatore per la mancata disponibilità del bene dopo la sua scadenza.

Pertanto, le somme versate a titolo di indennità di occupazione, anche se superiori all’ultimo canone, non possono essere utilizzate per calcolare l’indennità di avviamento, la cui base di calcolo si cristallizza al momento della cessazione del rapporto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Locatori e Conduttori

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per le locazioni commerciali:
1. Base di Calcolo Certa: L’indennità di avviamento si calcola sull’ultimo canone pattuito nel contratto e dovuto alla data di cessazione dello stesso.
2. Irrilevanza dell’Indennità di Occupazione: Qualsiasi somma corrisposta dal conduttore dopo la scadenza del contratto per il ritardato rilascio dell’immobile è irrilevante ai fini del calcolo dell’indennità di avviamento.
3. Distinzione dei Rapporti: È cruciale distinguere tra la fase di vigenza del contratto, che determina l’importo dell’indennità di avviamento, e la fase successiva alla sua cessazione, regolata da norme specifiche sul risarcimento del danno da ritardata consegna.

Come si calcola l’indennità di avviamento per una locazione commerciale?
L’indennità di avviamento si calcola sulla base dell’ultimo canone contrattuale dovuto al momento della cessazione effettiva del rapporto di locazione.

L’indennità di occupazione pagata dopo la scadenza del contratto influisce sul calcolo dell’indennità di avviamento?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che le somme versate a titolo di indennità di occupazione per il ritardato rilascio dell’immobile non modificano la base di calcolo dell’indennità di avviamento, che rimane ancorata all’ultimo canone del contratto.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso sulla restituzione delle somme?
Il motivo è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente aveva criticato solo una delle due autonome motivazioni (ratio decidendi) su cui si fondava la decisione della Corte d’Appello. La motivazione non impugnata, di carattere processuale, era di per sé sufficiente a sostenere la decisione, rendendo inutile l’esame della critica mossa all’altra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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