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Indennità De Maria: esclusa la retribuzione di posizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5070/2024, ha stabilito che la retribuzione di posizione, prevista per il personale sanitario, non può essere inclusa nel calcolo dell’indennità De Maria per il personale universitario equiparato, a meno che non sia stato conferito un effettivo incarico dirigenziale. Il ricorso di un dipendente universitario è stato rigettato perché l’erogazione di tale emolumento non è automatica ma subordinata alla prova dello svolgimento di specifiche funzioni dirigenziali, onere che spettava al lavoratore.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità De Maria: la Cassazione ne definisce i confini

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5070 del 26 febbraio 2024, è tornata a pronunciarsi sulla corretta quantificazione della cosiddetta indennità De Maria, l’emolumento che mira a parificare il trattamento economico del personale universitario in servizio presso le aziende ospedaliere a quello del personale sanitario. La Suprema Corte ha chiarito un punto cruciale: la retribuzione di posizione, tipica del personale dirigente sanitario, non rientra automaticamente nel calcolo, ma spetta solo se il dipendente universitario dimostra di aver effettivamente svolto un incarico dirigenziale. Approfondiamo la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine dal ricorso di un dipendente universitario, qualificato come funzionario tecnico, in servizio presso un Policlinico universitario. Il lavoratore, forte di una precedente sentenza passata in giudicato che gli riconosceva il diritto all’equiparazione con il personale ospedaliero di X livello, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento di oltre 92.000 euro a titolo di indennità De Maria.

Sia l’Azienda Ospedaliera Universitaria che l’Università si erano opposte al decreto. Il Tribunale, in primo grado, aveva ridotto la somma, condannando in solido le due amministrazioni al pagamento di circa 79.000 euro. La Corte d’Appello, accogliendo parzialmente il gravame dell’Azienda Ospedaliera, aveva ulteriormente ridotto l’importo, escludendo dal calcolo l’indennità di posizione, ritenendo che non dovesse essere inclusa nell’indennità perequativa. Il dipendente ha quindi proposto ricorso per cassazione, basato su cinque motivi.

I motivi del ricorso e l’ammissibilità dell’appello incidentale

Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato ammissibile la contestazione dell’Azienda sulla retribuzione di posizione, ritenendola una difesa nuova e quindi inammissibile. Contestava inoltre la tardività dell’appello incidentale proposto dall’Università.

La Cassazione ha respinto queste doglianze procedurali. Ha chiarito che contestare l’assenza di prova di un elemento costitutivo del diritto altrui (in questo caso, l’aver ricoperto un incarico dirigenziale) non costituisce un’eccezione in senso stretto, ma una mera difesa, sempre consentita in appello. Riguardo all’appello incidentale dell’Università, la Corte ha ribadito il principio secondo cui, data la natura unitaria del rapporto di cogestione tra Università e Azienda Ospedaliera, l’impugnazione principale di una delle due amministrazioni impedisce il passaggio in giudicato della sentenza anche per l’altra, giustificando la proposizione dell’appello incidentale tardivo.

La questione centrale sull’indennità De Maria: le motivazioni

Il cuore della decisione riguarda il quinto motivo di ricorso, con cui il dipendente contestava l’esclusione della retribuzione di posizione dal calcolo dell’indennità De Maria. Secondo il ricorrente, l’evoluzione della contrattazione collettiva avrebbe reso la retribuzione di posizione minima una parte del trattamento fondamentale, da erogare a prescindere da uno specifico incarico.

La Suprema Corte ha disatteso questa tesi, richiamando il proprio consolidato orientamento, espresso in particolare dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9279 del 2016. Il principio di fondo è che l’equiparazione garantita dall’art. 31 del d.P.R. n. 761/1979 ha un limite logico e giuridico. L’indennità De Maria serve a parificare il trattamento economico complessivo basato sull’inquadramento contrattuale, ma non può estendersi automaticamente a quelle componenti retributive che sono strettamente connesse al conferimento effettivo di specifici incarichi, come quello dirigenziale.

La retribuzione di posizione, sia nella sua parte fissa che variabile, è intrinsecamente legata all’esercizio di funzioni dirigenziali, alla graduazione delle funzioni, all’assegnazione di obiettivi e alla valutazione dei risultati. Pertanto, può essere riconosciuta al dipendente universitario solo se questi dimostra di aver ricevuto e svolto un incarico di tale natura. L’onere della prova grava sul lavoratore che richiede la somma. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito tale prova, rendendo corretta la decisione della Corte d’Appello di escludere tale voce dal computo.

Implicazioni Pratiche e Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, enunciando due importanti principi di diritto. In primo luogo, ha confermato che in tema di indennità De Maria, l’appello tempestivo di una delle amministrazioni (Azienda Ospedaliera o Università) impedisce il passaggio in giudicato della sentenza per l’altra, data la natura unitaria dell’accertamento. In secondo luogo, e più sostanzialmente, ha ribadito che l’indennità De Maria deve essere determinata senza includere automaticamente la retribuzione di posizione dei dirigenti sanitari. Tale retribuzione può essere riconosciuta solo se è collegata all’effettivo conferimento di un incarico dirigenziale, la cui prova spetta al lavoratore. Questa pronuncia consolida un indirizzo giurisprudenziale fondamentale, tracciando un confine netto tra l’equiparazione retributiva di base e gli emolumenti accessori legati a specifiche responsabilità funzionali.

L’indennità De Maria include automaticamente la retribuzione di posizione del personale ospedaliero?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione di posizione, anche nella sua componente fissa, è esclusa dal calcolo automatico dell’indennità. Può essere riconosciuta solo se il dipendente universitario dimostra di aver ricevuto e svolto un effettivo incarico dirigenziale, poiché tale emolumento è strettamente connesso alla funzione e alla responsabilità che ne deriva.

Una parte può sollevare in appello la mancanza di prova di un elemento del diritto altrui, se non lo ha fatto specificamente in primo grado?
Sì. Secondo la Corte, la contestazione dei fatti posti dalla controparte a fondamento del proprio diritto, inclusa la mancanza di prova di tali fatti, costituisce una mera difesa. In quanto tale, non è un’eccezione nuova e può essere proposta per la prima volta in appello.

L’appello incidentale tardivo è ammissibile in caso di cause tra coobbligati solidali come Università e Azienda Ospedaliera?
Sì. La Corte ha affermato che l’impugnazione principale proposta da una delle due amministrazioni (coobbligate solidali) mette in discussione l’intero assetto di interessi derivante dalla sentenza. Questo fa sorgere l’interesse dell’altra parte a proporre un’impugnazione incidentale, anche tardiva, per via della natura unitaria dell’accertamento che coinvolge entrambe.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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