Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27787 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27787 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7861-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso LA DELEGAZIONE RAGIONE_SOCIALEA REGIONE CALABRIA, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/10/2024
CC
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avverso la sentenza n. 985/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/07/2018 R.G.N. 1060/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO
che, con sentenza del 10 luglio 2018, la Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Cosenza di accoglimento dell’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo di importo superiore ottenuto da NOME COGNOME – deceduto nel corso del giudizio di appello, poi riassunto nei confronti degli eredi NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME riduceva ulteriormente, da 44.690,00 a 7.627,11 l’importo delle differenze retributive originariamente ingiunto e rivendicato a titolo di scatti di anzianità, per non aver tenuto conto delle distinte previsioni dei CCNL (il CCNL per gli impiegati RAGIONE_SOCIALE ed il CCNL per le cooperative di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) che, a seguito della sentenza del Pretore del Lavoro di Cosenza , dichiarativa dell’unicità del rapporto di lavoro del de cuius, per quanto svoltosi dapprima alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE e poi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cui è succeduta a titolo universale l’RAGIONE_SOCIALE), si sono succeduti a decorrere dal 1983 nel disciplinare il rapporto di lavoro del de cuius ed a titolo di maggiorazione per titolo di studio non più corrisposta all’atto del passaggio all’RAGIONE_SOCIALE;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la fondatezza di quanto emerso in atti circa la quasi integrale erogazione con la mensilità del giugno 2003 di quanto dovuto a titolo di scatti di anzianità e la continua corresponsione della maggiorazione per titolo di studio a prescindere dal
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periodo di applicabilità dei distinti contratti collettivi, per essere la spettanza della predetta maggiorazione prevista in entrambi i contratti sebbene sotto una diversa denominazione e la sussistenza di un più ridotto credito residuo nell’importo determ inato dall’espletata nuova CTU contabile;
che per la cassazione di tale decisione ricorrono gli eredi COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., deducono l’inammissibilità del ricorso in appello per mancata specificazione dell’oggetto dell’impugnazione e del percorso logico-argomentativo alternativo a quello di cui alla sentenza di primo grado;
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, i ricorrenti imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione del dato, che assumono confermato per tabulas da altra sentenza del Tribunale di Cosenza prodotta in atti, della non identità della rivendicata ‘maggiorazione per titolo di studio’ di cui al CCNL per gli impiegati RAGIONE_SOCIALE con quella diversamente modulata prevista dal successivo CCNL, che risulterebbe corrisposta al COGNOME dopo il passaggio all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e denominata ‘indennità ad personam’;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2967, 2730 e 2710 c.c., i ricorrenti imputano alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova, per aver questa ritenuto assolto l ‘onere gravante sull’RAGIONE_SOCIALE datrice in relazione alla produzione di soltanto alcune buste paga, per di più, non quietanzate, ritenute idonee a riflettere, alla luce delle
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previsioni dei distinti contratti applicabili, l’identità di titolo delle indennità erogate al COGNOME tanto prima che dopo il passaggio all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur diversamente denominate;
che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione del CCNL per gli impiegati RAGIONE_SOCIALE e del CCNL per il personale dipendente dalle RAGIONE_SOCIALE è prospettata in relazione a ll’asserita applicabilità sin dal 1983 al rapporto di lavoro del COGNOME del CCNL per il personale dipendente dalle RAGIONE_SOCIALE che non contemplava la ‘maggiorazione per titolo di studio’, ciò valendo ad escludere l’identità di titolo affermata dalla Corte territoriale tra questa e l’indennità ad personam risultante dalle buste paga rilasciate al COGNOME dall’RAGIONE_SOCIALE, da identificarsi viceversa con l’indennità disagio ambie nte di lavoro prevista dall’art. 30 del CCNL per il personale dipendente dalle RAGIONE_SOCIALE;
che il primo motivo si rivela inammissibile, risolvendosi la censura sollevata dai ricorrenti nella mera confutazione della pronunzia implicitamente resa dalla Corte territoriale circa la piena ammissibilità dell’atto di appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, c omunque conforme all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass., S.U., n. 36481/2022 e da ultimo Cass. n. 1932/2024) secondo cui non occorre la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado; che parimenti inammissibili si rivelano i successivi motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, in quanto i ricorrenti, si limitano, con il secondo motivo, alla mera affermazione, imputandone alla Corte te rritoriale la mancata considerazione sull’erroneo presupposto del trattarsi di un fatto con conseguente
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inammissibilità del motivo, per cui la ‘maggiorazione per titolo di studio’ originariamente percepita e l’indennità ad personam successivamente corrisposta erano erogazioni aventi un diverso titolo, con il terzo motivo, alla confutazione, sotto l’apparenz a di un insussistente vizio di violazione di legge e così ancora inammissibilmente, dell’apprezzamento del materiale istruttorio come idoneo al fine di desumere l’identità di titolo delle due erogazioni, con il quarto motivo, alla mera asserzione della ric onducibilità dell’indennità ad personam all’indennità disagio ambiente di lavoro prevista dall’art. 30 del CCNL per il personale dipendente dalle RAGIONE_SOCIALE, fondata sulla dichiarata applicabilità ab origine al rapporto di lavoro del COGNOME del predetto CCNL che non contemplava la ‘maggiorazione per titolo di studio’, rilievo che non coglie la ratio decidendi per la quale l’identità di titolo delle due distinte erogazioni disce nde dall’essere l’indennità ad personam destinata, secondo la previsione del CCNL per il personale dipendente dalle RAGIONE_SOCIALE richiamata dagli stessi ricorrenti, a colmare la discrasia tra il trattamento economico in godimento del COGNOME presso la RAGIONE_SOCIALE e quello spettante all’atto del passaggio all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, allorché diveniva applicabile quest’ultimo CCNL, discrasia accert ata dalla Corte territoriale con riferimento alla originaria spettanza della ‘maggiorazione per titolo di studio’ non più riconosciuta perché non contemplata dal CCNL medesimo;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; dispositivo;
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che si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, ove il relativo versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 e euro 3.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 9 ottobre 2024.
La Presidente (NOME COGNOME)