Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15236 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15236 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
Oggetto
INDEBITO ARRICCHIMENTO
Azione ex art. 2041 c.c. – Sussidiarietà – Nozione – Credito restitutorio Natura – Credito di valore Conseguenze
R.G.N. 18212/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/01/2024
Adunanza camerale sul ricorso 18212-2020 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
DAL COGNOME NOME, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, AVV_NOTAIO COGNOME, che la appresenta e difende unitamente all’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 5741/2019 d ella Corte d’appello di Venezia, depositata il 30/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 10/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 5741/19, del 30 dicembre 2019, della Corte d’appello di Venezia, che accogliendo parzialmente il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 2217/15, del 17 novembre 2015, del Tribunale di Vicenza -lo ha condannato a pagare alla stessa, ex art. 2041 cod. civ., la somma di € 81.104,39, oltre rivalutazione monetaria dalla data degli esborsi fino la pronuncia della sentenza, nonché interessi al tasso legale sulla somma di anno in anno rivalutata.
Riferisce, in punto di fatto, l’ odierno ricorrente di essere stato convenuto in giudizio dalla COGNOME (coniuge in regime di separazione personale), la quale -previo, ‘se necessario’, accertamento della natura di mutuo dell’esborso dalla stessa effettuato per l’importo complessivo di € 84.203,13, finali zzato all’acquisto di un immobile del quale, però, si rendeva intestatario il solo COGNOME, secondo quanto risultante dalla stipula del contratto definitivo -chiedeva la restituzione della somma suddetta, maggiorata di rivalutazione e interessi.
Costituitosi in giudizio, il COGNOME resisteva all’avversaria domanda, chiedendone il rigetto, ‘premessi tutti gli accertamenti e le declaratorie del caso, tra cui l’inesistenza e comunque la nullità del contratto di mutuo’.
Rigettata dal primo giudice la domanda, il giudice d’appello, su gravame della già attrice, accoglieva la stessa nei termini sopra meglio indicati, esclusa la tardività della richiesta di restituzione formulata dalla RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.
Avverso la sentenza della Corte lagunare ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ., e degli artt. 112, 183 e 345 cod. proc. civ.
Secondo i l ricorrente la Corte d’appello avrebbe erroneamente accolto la domanda di indebito arricchimento, ritenendola già proposta nella prima memoria di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
Assume il COGNOME, infatti, che in tale memoria la COGNOME avrebbe solo ‘riproposto la medesima domanda contrattuale svolta nell’atto introduttivo’, visto che nella memoria si legge che ‘i fatti narrati consistono in un esborso eseguito per l’importo di £ 163.040.000 -pari ad € 84.203,13 a titolo di acquisto dell’immobile meglio indicato nel contratto preliminare denominato «scrittura privata» ad allegata sub 3’, soggiungendosi che, ‘pur a fronte di tale esborso diretto all’acquisto dell’immobile, intestatario effe ttivo risulta essere il solo convenuto, che ha dunque beneficiato dell’esborso anticipato dall’attrice’.
Inoltre, il ricorrente assume che -anche a ritenere la locuzione ‘se necessario’, riferita all’accertamento della natura di mutuo dell’esborso effettuato, espressiva della volontà di proporre pure la domanda ex art. 2041 cod. civ. (come affermato dalla Corte territoriale, secondo cui essa sarebbe stata implicitamente compresa in quella contrattuale) -dovrebbe, comunque, escludersi l’ammissibilità della stessa. Tale doman da, infatti, non risultava né ‘espressamente formulata dalla parte’, né, tantomeno, ‘s ubordinata al mancato accoglimento della
domanda principale’, come richiesto dal suo carattere sussidiario, essendo stata proposta ‘in via principale’.
Infine, si evidenzia come la stessa Corte lagunare abbia sottolineato che la domanda contrattuale di restituzione, proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, sia stata respinta per carenza di prova sull’esistenza dell’accordo di restituzione, sicché la sentenza oggi impugn ata avrebbe disatteso l’orientamento seguito da questa Corte -dalla stessa, invece, richiamato a supporto della propria decisione -secondo cui l’azione di arricchimento può essere proposta, in via subordinata rispetto all’azione contrattuale esperita in via principale, soltanto se quest’ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all’accoglimento (è citata Cass. Sez. 3, sent. 13 marzo 2013, n. 6295). Errerebbe, pertanto, la Corte territoriale nell’affermare che ‘la pronuncia di primo grado, come confermato sul punto anche nella presente sede, a ben vedere, ha ritenuto insussistente il titolo della pretesa (contratto di mutuo) piuttosto che non provata la sua conclusione’.
3.2. Il secondo motivo, in via di subordine, denuncia -sempre ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ.
Il ricorrente lamenta la violazione in cui sarebbe incorsa la Corte veneziana nel condannarlo alla restituzione della somma versata dall’appellante per l’acquisto dell’immobile, invece che disporre la restituzione in natura della ‘ res empta ‘, ai sensi del comma 2 dell’art. 2041 cod. civ.
La stessa sentenza impugnata ha, infatti, ritenuto che il 31 luglio 1992 la RAGIONE_SOCIALE COGNOME avesse stipulato il contratto preliminare con la RAGIONE_SOCIALE e pagato le somme dovute quale
corrispettivo dei beni alienati, poi intestati al marito in sede di rogito notarile, per ragioni fiscali.
3.3. Il terzo motivo denuncia -nuovamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1277 cod. civ.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per averlo condannato alla restituzione della somma, pagata per l’acquisto immobiliare, maggiorata di rivalutazione ed interessi, poiché quella derivante dalla condanna alla restituzione di una somma determinata dall’origine è a dire del COGNOME -un’obbligazione di valuta e non di valore, pertanto soggetta al principio nominalistico, con conseguente debenza, al più, dei soli interessi al tasso legale.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va rigettato.
8.1. Il primo motivo di ricorso -che si articola in due censure, l’una volta ad escludere che la COGNOME, con la memoria di cui all’art. 183 cod. proc. civ., avesse proposto domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, l’altra finalizzata a contestare che essa rispettasse il requisito della sussi diarietà di cui all’art. 2042 cod. civ. -risulta, rispettivamente, inammissibile e non fondato.
8.1.1. La prima censura, infatti, non è conforme al disposto di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., giacché il ricorrente non ha riprodotto -se non in forma del tutto parziale e dunque inidonea allo scopo di illustrare in modo sufficiente la censura svolta -il contenuto della memoria suddetta, non soddisfacendo quell’onere di ‘puntuale indicazione’ del documento o atto su cui si fonda il ricorso (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 18 marzo 2022, n. 8950, Rv. 664409-01), che è richiesto dalla norma s uddetta pur nell’interpretazione ‘non formalistica’ della stessa che -in base al testé citato arresto delle Sezioni Unite -s’impone alla luce della sentenza della Corte EDU Succi e altri c. Italia, del 28 ottobre 2021.
Né ad un esito diverso dalla declaratoria di inammissibilità potrebbe condurre la constatazione che la prima censura in cui si articola il motivo qui in esame ha dedotto un vizio processuale della sentenza impugnata.
Se è vero, infatti, che -nel caso in cui il ricorso per cassazione denunci un ‘ error in procedendo ‘, rispetto al quale questa Corte giudica pure il ‘fatto processuale’ ‘il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda’, resta, nondimeno, inteso che l’ammissibilità del sinda cato demandato a questa Corte è comunque subordinata alla condizione che ‘la
censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.’ (Cass. Sez. Un., sent. 22 maggio 2012, n. 8077, Rv. 622361-01).
8.1.2. La seconda censura, invece, non è fondata, se si considera la nozione che del carattere ‘sussidiario’ dell’azione di ingiustificato arricchimento è stata accolta dalle Sezioni Unite di questa Corte, con recentissimo arresto, in relazione all’ipotesi cui l’azione proposta in via di principa lità risulti respinta (si tratta di Cass. Sez. Un., sent. 5 dicembre 2023, n. 33954, Rv. 66944701) , enunciando il principio di diritto così massimato dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte: ‘ Ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all ‘ art. 2042 cod. civ., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione -sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale -si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest ‘ ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall ‘ illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l ‘ ordine pubblico. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato improponibile la domanda di ingiustificato arricchimento, proposta in via subordinata rispetto a quella di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, nonostante quest ‘ ultima fosse stata rigettata nel merito per carenza di prova della violazione dell ‘ obbligo di buona fede da parte del convenuto) ‘ .
Difatti, secondo la suddetta pronuncia del Supremo Collegio, occorre ‘distinguere tra le ipotesi in cui il rigetto derivi dal riconoscimento della carenza ab origine dei presupposti fondanti la domanda c. d. principale, da quelli in cui derivi dall’inerzia dell’impoverito ovvero dal mancato assolvimento di qualche onere cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse’, giacché solo nella prima di tali ipotesi ‘il rigetto per accertamento della carenza ab origine del titolo fondante la domanda c.d. principale comporta che quello che appariva un concorso da risolvere ex art. 2042 cod. civ. in favore della domanda principale si rivela essere in realtà un concorso solo apparente, in quanto deve escludersi la stessa ricorrenza di un diritto suscettibile di essere dedotto in giudizio’ e, con essa, ‘la conseguente improponibilità della domanda ex art. 2041 cod. civ.’; al contrario, il rigetto della domanda che sia ‘correlato al mancato assolvimento dell’onere della prova in relazione alla sussistenza del pregiudizio, non esclude che il diverso titolo sussista e che quindi sia preclusa la domanda fondata sulla clausola residuale’ (così Cass. Sez. Un., sent. n. 33954 del 2023, cit .).
La prima delle due evenienze è, appunto, quella che ricorre nel caso che occupa, giacché la domanda contrattuale non è stata rigettata in ragione di un difetto di prova del pregiudizio subito dalla RAGIONE_SOCIALE, essendo stata, per contro, ‘respinta per carenz a di prova sull’esistenza dell’accordo di restituzione’ al momento dell’avvenuto pagamento, e, dunque, per carenza di un elemento di un elemento che rendeva il titolo contrattuale inidoneo ‘ ab origine ‘ a supportare la pretesa restitutoria. Pertanto, correttamente l’azione di ingiustificato arricchimento è stata reputata ammissibile dalla Corte lagunare in relazione al requisito dell’art. 2042 cod. civ .
8.2. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato.
8.2.1. Esso, invero, non tiene in debita considerazione la circostanza che l’atto , in occasione del quale la COGNOME ebbe a conferire al COGNOME il denaro dal medesimo impiegato per l’acquisto dell’immobile, fu il preliminare del 31 luglio 1992, non il successivo rogito notarile in forza del quale costui perfezionò l’acquisto del bene. Sicché la pretesa restitutoria non poteva che investire il denaro oggetto della ‘provvista’, attraverso il quale l’uomo operò , successivamente, l’acquisto immobiliare sudde tto.
8.3. Infine, neppure il terzo motivo di ricorso risulta fondato.
8.3.1. Occorre, difatti, dare seguito -non essendovi ragione per discostarsene -al principio secondo cui l’indennizzo ex art. 2041 cod. civ., ‘in quanto credito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo cons eguimento dell’indennizzo medesimo’, fermo restando che la somma così liquidata ‘produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l’ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi impiegati nell’opera’ o, come nella specie, ‘per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell’arricchimento’ (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 5 ottobre 2022, n. 28930, Rv. 665890-01).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
10. A carico del ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 8.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribut o unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della