Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24435 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24435 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25613/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME in persona dell’amministratrice di sostegno NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1193/2022, depositata il 7/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 1/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME in persona dell’amministratrice di sostegno NOME COGNOME ha chiamato in giudizio NOME chiedendo al Tribunale di Monza di dichiarare la nullità, ovvero in subordine l’annullamento ex art. 1425 c.c., di un contratto di compravendita, concluso il 2 febbraio 2018 tra COGNOME e il convenuto e avente ad oggetto la casa di proprietà della COGNOME sita in Milano, per il corrispettivo di euro 60.000. Il Tribunale di Monza ha accolto la domanda subordinata e ha pronunciato l’annullamento dell’atto di compravendita per incapacità naturale della venditrice Cinato.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME Con la pronuncia n. 1193/2022 la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME
Resiste con controricorso NOME COGNOME in persona dell’amministratrice di sostegno NOME COGNOME
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Il primo motivo denuncia violazione ed erronea applicazione degli artt. 339 e 342 c.p.c.: la Corte d’appello ha ritenuto che il Tribunale avesse legittimamente qualificato la domanda proposta da NOMECOGNOME senza mutare i fatti costitutivi della stessa, e ha poi dichiarato inammissibili le ulteriori difese proposte dal ricorrente con il proprio appello ‘perché si sostanziano nella reiterazione di difese già spese in primo grado’; tale decisione pone un importante problema di ordine processuale circa il contenuto e i limiti dell’appello ‘necessari per evitare la tagliola dell’inammissibilità’; la Corte d’appello, malgrado abbia dichiarato l’inammissibilità
dell’appello, si è poi soffermata ad analizzare i vari aspetti delle censure formulate dall’appellante, riconoscendone evidentemente l’efficacia ai fini dell’impugnazione.
Il motivo non può essere accolto. È condivisibile il rilievo del ricorrente che censura la motivazione della sentenza impugnata laddove ha parlato di inammissibilità delle difese del ricorrente, ulteriori rispetto a quella relativa alla qualificazione della domanda, per il solo fatto di riproporre difese già respinte dal giudice di primo grado, difese che sono poi state analiticamente esaminate dalla Corte d’appello. Si tratta però di una qualificazione delle censure che non ha avuto conseguenze sulla decisione dell’appello, che non è stato dichiarato inammissibile, ma è stato respinto, cosicché il motivo si rileva in ogni caso privo di interesse.
Il secondo motivo lamenta violazione ed erronea applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto legittimo e corretto il ragionamento del Tribunale che lo ha portato, dopo avere rigettato entrambe le domande attoree – ossia accertamento della nullità della compravendita in violazione dell’art. 2744 c.c. e, in subordine, annullamento della stessa per errore della venditrice nella valutazione del prezzo di vendita – ad annullare la compravendita per incapacità naturale della venditrice, così fondando la propria decisione su una causa petendi diversa da quella invocata e illustrata dall’attrice.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha infatti precisato che, sulla base dei fatti allegati e della documentazione prodotta, il thema decidendum non era limitato alla pronuncia dell’annullamento per errore, ma comprendeva l’annullamento del contratto per incapacità naturale. Già con l’atto di citazione introduttivo del processo ha precisato il giudice d’appello – COGNOME aveva evidenziato come la compravendita sarebbe stata conclusa ‘sfruttando’ l’incapacità naturale di Cinato e aveva chiesto l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1425 c.c.,
disposizione che disciplina l’annullabilità del contratto per incapacità di una delle parti. La Corte d’appello non ha quindi accolto una domanda avente una causa petendi non dedotta dall’attrice, essendo appunto i fatti costitutivi di tale domanda stati dedotti sin dall’atto introduttivo del processo.
3. Il terzo motivo contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 428 c.c.: la Corte d’appello conferma apoditticamente che Cinato, al momento dell’offerta di vendita del proprio bene, non sarebbe stata capace di intendere e di volere; nessuna prova documentale o testimoniale è stata acquisita dal giudice di merito che potesse supportare la supposizione o ancora meno la certezza di uno stato di incapacità della venditrice; d’altro canto né i più stretti parenti della Cinato, né il notaio che ha stipulato l’atto, né il ricorrente avevano percepito la limitazione della capacità di attendere ai propri interessi e di sapere valutare i propri affari della Cinato, dato che i primi le avevano prestato la somma di euro 170.000, il notaio ha constatato la normalità del suo comportamento e il ricorrente le aveva prestato in tre occasioni euro 4.000; né può essere invocata la mala fede del ricorrente, cittadino egiziano da pochi mesi immigrato in Italia, che non conosceva Cinato né i valori degli immobili a Milano, che ha deciso di accettare la proposta di acquisto del bene, ritenute le condizioni disastrate dell’appartamento e gli oneri necessari per renderlo abitabile.
Il motivo non può essere accolto. È vero che, al fine dell’accoglimento della domanda di annullamento di un contratto per incapacità naturale di uno dei contraenti, la prova dell’incapacità deve essere rigorosa e precisa; il suo apprezzamento è però riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, tranne che per vizi logici o errori di diritto (cfr. in tal senso da ultimo Cass., n. 2996/2022). Nel caso in esame la Corte d’appello ha ritenuto provata l’incapacità di Cinato al momento della compravendita, sulla base di una serie di
elementi: una perizia medica, svolta nel processo penale per il reato di circonvenzione di incapace nei confronti di tre persone di nazionalità pakistana accusate di essersi fatti consegnare e inviare plurime somme di denaro, che aveva concluso per la parziale incapacità di intendere e di volere di Cinato, con specifico riferimento al compimento degli atti dispositivi del patrimonio, e una serie di fatti posti in essere da Cinato, temporalmente prossimi alla cessione dell’immobile oggetto del processo, quali il suddetto invio della somma di euro 260.000 in Pakistan, la permuta del proprio appartamento con sette cantine, l’enorme sproporzione al ribasso del prezzo di vendita dell’immobile oggetto di causa. Quanto al grave pregiudizio, esso è risultato provato dalla già ricordata sproporzione tra il prezzo di vendita e il prezzo di mercato (sei volte superiore). Quanto, infine, alla mala fede del ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. ancora Cass., n. 2996/2022), indizi rivelatori sono la sussistenza di un grave pregiudizio e la consapevolezza che l’altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva, consapevolezza che il giudice d’appello ha ritenuto provata appunto per l’ampio divario tra prezzo di vendita e valore di mercato dell’immobile, la cui mancata conoscenza da parte del ricorrente il giudice di merito ha ritenuto -con apprezzamento in fatto che ad esso spettava porre in essere -inverosimile, anche alla luce della deduzione da parte di NOME dell’offerta della compravendita a suo zio e del prestito avuto dal medesimo per l’acquisto dell’immobile, zio residente a Milano da anni e quindi necessariamente al corrente del prezzo degli immobili in quella città.
4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere la Corte d’appello rigettato, perché nuova e quindi inammissibile, la domanda del ricorrente di restituzione del prezzo della vendita, maggiorato delle spese di manutenzione.
Il motivo è infondato. Secondo l’orientamento di questa Corte il venire meno del contratto, per nullità, annullamento o risoluzione, pur comportando l’obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell’altro contraente, con la conseguenza che la domanda di restituzione proposta per la prima volta in grado di appello è inammissibile in quanto domanda nuova (cfr. ex multis Cass., n. 28722/2022).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 4.400, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione