Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34079 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34079 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
composta da
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6298/2023 R.G. proposto
da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 25 del 10/1/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
lette le memorie delle parti;
RILEVATO CHE
-secondo quanto risulta dal ricorso, NOME COGNOMEproponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione immobiliare RG 121/2012, pendente avanti il Tribunale di Agrigento, promossa da Banca Nuova S.p.A. contro di lui, deducendo di essere estraneo alla successione ereditaria di NOME NOME (n. 2.1.1923 in Canicattì e ivi deceduto il 30.3.2001) e NOME NOME (n. 17.11.1950 in Canicattì, ivi deceduto il 16.10.1996), ai quali appartenevano i beni oggetto dell’esecuzione, avendo rinunziato alle eredità con atto del 13.5.2011; il G.E. presso il Tribunale di Agrigento, con ordinanza del 6.3.2015, sospendeva il processo esecutivo e, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., assegnava il termine perentorio di 60 giorni per l’introduzione del giudizio di merito a cura della parte interessata, volto a accettare la qualità di erede dell’odierno ricorrente NOME COGNOME Con atto di citazione notificato il 23 gennaio 2017, la banca attrice conveniva in giudizio NOME COGNOME chiedendo di accertare la sua qualità di erede di NOME NOME (nato a Canicattì il 17.11.1950 e ivi deceduto il 16.10.96) e di NOME NOME (nato a Canicattì il 2.1.23 e deceduto il 30 marzo 2001). Si costituiva in giudizio l’odierno ricorrente NOME NOME, chiedendo il rigetto della domanda attorea ed eccependo il difetto di contraddittorio, non avendo la Banca citato tutti i controinteressati»;
-con la sentenza n. 883 del 24/6/2019, resa in contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Agrigento dichiarava che, «nel merito, la domanda attorea è fondata, dovendosi ritenere che il convenuto abbia accettato tacitamente, ex art. 476 c.c., l’er edità dei due de cuius »;
–NOME COGNOME impugnava la predetta decisione e la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n. 25 del 10/1/2023, rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese di lite;
-avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, fondato su nove motivi; resisteva con controricorso RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE ; non svolgeva difese l’intimata Intesa Sanpaolo S.p.A.;
-in data 11/1/2024 veniva formulata proposta di definizione ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. in quanto «il ricorso appare inammissibile per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto l’esposizione dei fatti non è idonea a porre la Corte in condizione di verificare adeguatamente i presupposti processuali e l’oggetto effettivo del giudizio e, di conseguenza, di valutare compiutamente ammissibilità e fondatezza dell’impugnazione (in particolare, non è, tra l’altro, richiamato in modo adeguato, nel ricorso, né il titolo esecutivo alla base del processo esecutivo nel corso del quale è stata proposta l’opposizione, con la precisa indicazione di titolo, oggetto e originario titolare del lato passivo della relativa obbligazione, né il preciso contenu to e le ragioni dell’opposizione originariamente proposta dal ricorrente al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il che impedisce di verificare la sua stessa legittimazione, specie tenuto conto che egli, nel ricorso, pare addirittura -in qualche modo -affermare di avere esclusivamente sostenuto, con l’opposizione, di non essere proprietario dei beni pignorati in suo danno -senza specificamente contestare di essere debitore -il che comporterebbe il suo radicale difetto di interesse all’ opposizione stessa: cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 35005 del 29/11/2022, Rv. 666278-01; Sez. 3, Sentenza n. 8684 del 04/04/2017, Rv. 643706-01)»;
-il ricorrente avanzava istanza di decisione e, di conseguenza, veniva fissata l’adunanza camerale del 18/11/2024;
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1 c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 18/11/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-non occorre riportare ed illustrare le censure del ricorrente, perché il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c. ;
-infatti, come già rilevato con la proposta ex art. 380bis c.p.c., in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3), c.p.c., l’atto introduttivo del
giudizio di legittimità è privo della «chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso»;
-innanzitutto, il ricorrente non ha chiarito se la causa de qua costituisce il merito dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. dallo stesso introdotta oppure un’azione autonoma promossa dalla «banca attrice» (così la prima pagina del ricorso, da cui non si capisce se per «attrice» si intende la «creditrice procedente»): nel primo caso, non trova alcuna spiegazione la domanda giudiziale a cui si riferisce il ricorso, tesa all’accertamento della qualità di erede del NOME, anziché all’accertamento in ordine al di ritto di agire in executivis (che è l’oggetto delle opposizioni ex art. 615 c.p.c.); nella seconda ipotesi, manca completamente l’illustrazione delle difese sviluppate dal convenuto rispetto all’istanza attorea;
-se, poi, si fosse trattato di fase di merito dell’opposizione esecutiva, il ricorrente avrebbe dovuto fornire maggiori dettagli sulla procedura incardinata e sul rimedio intrapreso: innanzitutto, il titolo esecutivo azionato è tutt’altro che irrilevante (come invece si afferma nell a memoria del 7/11/2024), posto che il processo di esecuzione risulta promosso contro NOME COGNOME ma non è dato sapere se in qualità di erede dei debitori originari o per debito proprio o perché terzo proprietario; proprio perché non è stato spiegato il collegamento (ammesso che vi sia) tra l’opposizione ex art. 615 c.p.c. e l’azione della banca, l’affermata estraneità alla successione di NOME (deceduto nel 2001) e NOME (deceduto nel 1996) NOME non è sufficiente a chiarire se tale difesa costituisce il thema decidendum dell’opposizione (e, in tal caso, sarebbe stato necessario specificare il contenuto del ricorso proposto al giudice dell’esecuzione, dato che, secondo consolidata giurisprudenza, il thema non può essere ampliato o modificato nel giudizio di merito) oppure un’eccezione rispetto ad una domanda giudiziale avanzata ex novo (come sembra sottintendere lo stesso ricorrente nella memoria del 7/11/2024, laddove scrive che «il presente giudizio è volto ad accertare la qualità di erede dell’odierno ricorrente NOME NOME», sia pur aggiungendo, in maniera sibillina, «per come espressamente disposto dal G.E.»);
-neppure con la memoria, poi (nemmeno potendosi con quella, del resto, colmare le lacune originarie del ricorso), si esplicita quale sarebbe il titolo legittimante NOME COGNOME a proporre un’opposizione volta a far valere l’estraneità dei beni pignorati al suo patrimonio: come già più volte statuito dalla giurisprudenza di legittimità, «L’opposizione all’esecuzion e con cui il debitore deduca di non essere proprietario dei beni pignorati è inammissibile per difetto d’interesse ad agire, non potendo derivare alcun pregiudizio, all’opponente, dall’espropriazione del bene di un terzo» (tra le altre, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 35005 del 29/11/2022, Rv. 666278-01);
-in definitiva, a fronte di un precetto normativo che richiede un’esposizione dei fatti di causa caratterizzata da chiarezza, l’atto introduttivo di NOME COGNOME impedisce la comprensione dello svolgimento della lite e, dunque, di valutare l’attinenza a q uesta dei motivi (peraltro, si osserva incidentalmente che anch’essi sono formulati in modo inammissibile);
-è evidente che l’inammissibilità del ricorso , non potendo le sue lacune essere colmate da alcun atto successivo, preclude il sindacato di questa Corte su tutte le censure con quello svolte, ivi comprese le «questioni pregiudiziali» che, ad avviso del ricorrente, dovrebbero essere esaminate perché «nemmeno vagliate dal Consigliere relatore» della proposta ex art. 380bis c.p.c.;
-all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-inoltre, poiché «la Corte … definisce il giudizio in conformità alla proposta», ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c. trovano applicazione i commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c.: conseguentemente, i ricorrenti, in solido tra loro, sono condannati a pagare una ulteriore somma, che si stima equa in misura corrispondente a quella liquidata per le spese di lite a norma del citato art. 96, comma 3, c.p.c., nonché una somma in favore della cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di determinare in Euro 5.000,00;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.000 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di Euro 5.000,00 a norma dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 5.000,00 a norma dell’art. 96, comma 4, c.p. c.;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione