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Illecito commesso dal lavoratore, falso profilo Facebook

Né può dirsi che la creazione del falso profilo facebook costituisca, di per sé, violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro, attenendo ad una mera modalità di accertamento dell’illecito commesso  dal lavoratore, non invasiva né induttiva all’infrazione, avendo funzionato come mera occasione o sollecitazione cui il lavoratore ha prontamente e consapevolmente aderito. 27 novembre 2012, n. 48279), i cui risultati sono senz’altro utilizzabili in sede di formazione del convincimento del giudice (cfr.

Pubblicato il 30 May 2015 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Sono ammissibili i controlli difensivi occulti, anche ad opera di personale estraneo all’organizzazione aziendale, in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, ferma comunque restando la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l’interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale.

Né può dirsi che la creazione del falso profilo facebook costituisca, di per sé, violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro, attenendo ad una mera modalità di accertamento dell’illecito commesso  dal lavoratore, non invasiva né induttiva all’infrazione, avendo funzionato come mera occasione o sollecitazione cui il lavoratore ha prontamente e consapevolmente aderito.

Altrettando deve dirsi con riguardo alla localizzazione del dipendente, la quale, peraltro, è avvenuta in conseguenza dell’accesso a Facebook da cellulare e, quindi, nella presumibile consapevolezza del lavoratore di poter essere localizzato, attraverso il sistema di rilevazione satellitare del suo cellulare. In ogni caso, è principio affermato dalla giurisprudenza penale che l’attività di indagine volta a seguire i movimenti di un soggetto e a localizzarlo, controllando a distanza la sua presenza in un dato luogo ed in un determinato momento attraverso il sistema di rilevamento satellitare (GPS), costituisce una forma di pedinamento eseguita con strumenti tecnologici, non assimilabile ad attività di intercettazione prevista dall’art. 266 e seguenti c.p.c. (Cass.pen., 13 febbraio 2013, n. 21644), ma piuttosto ad un’attività di investigazione atipica (Cass. pen., 27 novembre 2012, n. 48279), i cui risultati sono senz’altro utilizzabili in sede di formazione del convincimento del giudice (cfr. sul libero apprezzamento delle prove atipiche, Cass. 5 marzo 2010, n. 5440).

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 10955 del 27/05/2015

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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