Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6632 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13206/2022 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE DENOMINATA RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE DENOMINATA RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente all’incidentale-
nonché contro
ORSINI NOME COGNOME ORESTE
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 7669/2021 depositata il 19/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 16 maggio 1996, RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Banco di Sicilia S.p.A. e il notaio NOME COGNOME per sentir accertare l’inoperatività della polizza assicura tiva che RAGIONE_SOCIALE aveva rilasciato in favore della banca, avente ad oggetto il rischio che l’istituto di credito non potesse esperire utilmente azioni esecutive sugli immobili dati a garanzia, a causa di eccezioni sollevate da terzi e ‘non rilevate nella relazione del notaio’. Aggiungeva che il Banco di Sicilia aveva concesso alla RAGIONE_SOCIALE un’apertura di credito che avrebbe dovuto essere garantita da ipoteca rilasciata dalla parte e non da un terzo, come invece avvenuto e non rilevato per errore dal notaio Mandato. Nella relazione definitiva il notaio aveva specificato che i beni appartenevano alla società debitrice, mentre le parti avevano pattuito che tale società avrebbe costituito ipoteca su immobili di proprietà di un terzo (NOME COGNOME.
Secondo l’assicurazione la circostanza di avere concesso alla RAGIONE_SOCIALE un credito privo di garanzie reali costituiva una fattispecie estranea al rischio assicurato, che doveva ritenersi limitato all’eventuale incapienza del patrimonio del debitore (RAGIONE_SOCIALE, ed era stata determinata dal comportamento colposo della banca.
In via subordinata chiedeva, nel caso di accertamento dell’obbligo dell’assicuratore di corrispondere comunque un indennizzo, il riconoscimento del diritto di surrogarsi, ai sensi dell’articolo 1916 c.p.c., nei diritti che la banca vantava verso il notaio, con conseguente condanna del professionista che non avrebbe esattamente adempiuto l’incarico conferitogli per accertare la situazione giuridica dei beni da assoggettare a ipoteca.
Si costituiva il Banco di Sicilia contestando la pretesa e spiegando domanda riconvenzionale per sentir accertare l’operatività della
polizza, con condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo da liquidarsi in separata sede. In via subordinata, chiedeva la condanna dell’assicurazione, previo accertamento della responsabilità professionale del notaio Mandato.
Si costituiva anche il professionista che contestava le domande proposte chiedendone il rigetto.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 27 giugno 2002, rigettava la domanda di accertamento negativo proposta dalla compagnia di assicurazione che condannava al pagamento, in favore della banca dell’indennizzo, da liquidare in separato giudizio.
Dichiarava il diritto dell’assicuratore di surrogarsi nei confronti del notaio Mandato, subordinatamente all’accertamento della lesione del credito da parte della banca assicurata, nonché al pagamento dell’indennizzo.
Condannava, infine, il notaio al risarcimento del danno in favore del Banco di Sicilia da liquidarsi in separato giudizio, per l’inadempimento al contratto d’opera professionale.
Con sentenza del 27 luglio 2006 la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, riteneva non operativa la polizza e conseguentemente rigettava, sia le domande proposte dal Banco di Sicilia nei confronti di Assitalia (accertamento della operatività della polizza e condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo) che del notaio Mandato (risarcimento da inadempimento), sia la domanda di manleva proposta da Assitalia S.p.A. nei confronti del notaio.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Banco di Sicilia S.p.A., affidandosi ad otto motivi, cui resistevano NOME COGNOME con controricorso e Assitalia S.p.A., che proponeva ricorso incidentale affidato ad un motivo.
Nelle more il Banco di Sicilia aveva ceduto l’originario credito ad RAGIONE_SOCIALE, successivamente fusa per incorporazione in Unicredit Credit Management RAGIONE_SOCIALE che resisteva al controricorso.
La Corte di cassazione con sentenza del 28 novembre 2013 n. 26681 accoglieva i motivi dal quinto all’ottavo del ricorso principale, dichiarando assorbiti gli altri motivi ed inammissibile il ricorso incidentale e cassava con rinvio la sentenza.
Con atto di citazione in riassunzione del 29 settembre 2014 Unicredit Credit RAGIONE_SOCIALE subentrata al Banco di Sicilia, evocava in giudizio davanti alla Corte d’appello di Roma, RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE) e l’erede di NOME COGNOME NOME COGNOME insistendo per l’accoglimento delle domande riconvenzionali proposte nei confronti, sia dell’assicuratore, che del notaio e per il rigetto della domanda di accertamento negativo proposta originariamente dall’ass icuratore.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’accertamento dell’inoperatività della polizza e il rigetto di tutte le domande proposte in via riconvenzionale dalla banca nei suoi confronti con conferma della sentenza della Corte territoriale di Roma del 2006, accertando comunque il diritto dell’assicuratore a surrogarsi nei confronti del notaio Mandato.
Si costituiva l’erede di questi contestando le domande.
Con sentenza del 19 novembre 2021 la Corte d’appello di Roma, decidendo in sede di rinvio, respingeva l’appello proposto da Generali Italia SRAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE confermando la decisione del Tribunale di Roma del 27 giugno 2002 e, quindi, l’operatività della polizza.
Condannava la compagnia, in solido con NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME, alla rifusione delle spese di lite in favore della banca per il precedente giudizio di appello, per quello di legittimità e per il nuovo procedimento di appello e COGNOME alla rifusione di tutte le pregresse spese del giudizio, in favore di Generali Italia S.p.A.
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE subentrata nella posizione di Unicredit Credit Management Bank S.p.A. Deposita controricorso e ricorso incidentale Generali Italia S.p.A.RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta, ai sensi dell’articolo 112 c.p.c. e con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c., l’omessa decisione sul motivo di appello incidentale riguardante il rapporto processuale tra il notaio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Con l’atto di impugnazione era stata criticata la sentenza di primo grado nella parte in cui avrebbe erroneamente accolto la domanda di accertamento condizionale del diritto di surroga, ai sensi dell’articolo 1916 c.c., proposto dalla compagnia di assicurazione.
Secondo i ricorrenti, una sentenza condizionata può essere emessa solo quando non sono richiesti ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione.
Il motivo è inammissibile in quanto generico. In primo luogo, non sono indicati i fatti processuali posti a fondamento dei vizi lamentati. Non è individuata la norma violata dalla Corte d’appello, ad eccezione dell’articolo 112 c.p.c. che si atteggia quale omessa pronunzia.
Ma la doglianza, in realtà, non riguarda il mancato esame di una domanda, ma l’operatività dell’articolo 1916 c.p.c. nei casi in cui siano richiesti ulteriori accertamenti da espletare dopo la sentenza condizionata di condanna.
Si tratta, pertanto, di una questione che riguarda gli adempimenti da svolgere in un separato giudizio che sarebbero in contrasto con la possibilità di emettere una sentenza condizionata.
Orbene anche sotto tale profilo il motivo è generico perché non sono precisati in alcun modo gli accertamenti successivi.
A prescindere da ciò la decisione della Corte territoriale appare coerente e ragionevole nella parte in cui, accogliendo la domanda di
manleva, rimette la verifica dei relativi presupposti, e cioè l’intervenuto pagamento, ad un altro giudizio. In quella sede la compagnia di assicurazione dovrà dimostrare l’intervenuto pagamento dell’indennizzo ‘determinato in base al danno risentito dalla banca per non aver recuperato il credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo si deduce l’omessa decisione sul motivo di appello incidentale riguardante il rapporto tra il notaio e Assitalia, con cui è stata criticata la sentenza di primo grado nella parte in cui avrebbe erroneamente qualificato, come assicurazione del credito, il contratto concluso tra Banco di Sicilia e Assitalia.
Al contrario l’interpretazione letterale farebbe propendere per una prevalente funzione di garanzia.
Sotto tale profilo sussisterebbe la violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. ovvero l’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c.
La Corte d’appello aveva ritenuto applicabili le disposizioni in tema di fideiussione escludendo che si trattasse di assicurazione danni.
Il contratto prevedeva che una semplice difficoltà nell’incasso da parte della banca assicurata facesse nascere l’obbligo della compagnia di pagare l’intero credito, per poi agire nei confronti del debitore principale e dei suoi garanti.
Il danno coinciderebbe, quindi, con la parte di credito che l’assicuratore non era riuscito ad escutere nei confronti del debitore principale. Qualificando il contratto come assicurazione fideiussoria la surroga non opererebbe ai sensi dell’articolo 1916 c .c., ma sarebbe esercitabile nei confronti del solo debitore principale, ai sensi dell’articolo 1203 o 1949 c.c.
Anche tale questione non sarebbe stata presa in esame dalla Corte di appello.
In via subordinata, ove si ritenesse sussistente un’implicita decisione, la sentenza sarebbe nulla per assenza di motivazione.
Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, il motivo è generico giacché i ricorrenti non individuano la norma giuridica che sarebbe stata violata dalla Corte territoriale, ad eccezione dell’articolo 112 c.p.c. che attiene alla omessa pronunzia.
A prescindere da ciò, la censura riguarda una questione di interpretazione del contratto. In questo caso, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2465 del 10/02/2015, Rv. 634161 – 01). Al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).
Per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n.
4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044). La doglianza non contiene nessuno degli elementi elencati dalla giurisprudenza.
Infine, la censura è irrilevante.
La surroga ai sensi dell’articolo 1916 c.p.c. rientra tra le ipotesi di surrogazione legale ai sensi dell’articolo 1203, n. 3 c.p.c. richiamato dai ricorrenti e, pertanto, risulta irrilevante la norma alla quale fare riferimento per far valere l’azione di rivalsa.
Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. attesa l’omessa decisione sul motivo di appello con cui si criticava la sentenza di primo grado secondo cui l’opposizio ne del notaio con riferimento all”an debeatur’ avrebbe dovuto essere formulata con domanda riconvenzionale e non, come è avvenuto, mediante eccezione riconvenzionale.
Il motivo è inammissibile per quanto già detto con riferimento ai precedenti motivi poiché non è indicata la norma violata.
In ogni caso la questione è destituita di fondamento. Mentre con la domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, oppone una controdomanda e chiede un provvedimento positivo, sfavorevole all’attore, che va oltre il mero rigetto della domanda attrice, mediante l’eccezione riconvenzionale egli, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi, che potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda in un giudizio separato, si limita a chiedere la reiezione della pretesa avversaria, totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una condanna più ridotta.
L’eccezione riconvenzionale si differenzia dalla domanda riconvenzionale in quanto, con essa, il convenuto oppone a quello dell’attore un proprio diritto al solo fine di far respingere la sua pretesa, mentre con la domanda riconvenzionale mira ad ottenere, attraverso la decisione, l’utilità pratica attinente al diritto fatto valere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23341 del 30/10/2006, Rv. 592952 – 01).
Nel caso di specie il notaio ha chiesto che il giudizio dovesse estendersi, oltre che all’accertamento dell’eventuale responsabilità, anche alla verifica della sussistenza del danno e alla sua liquidazione. Conseguentemente l’istanza mirava ad una utilità pratica attinente al diritto fatto valere e non a far restringere la pretesa dell’attore. Pertanto, avrebbe dovuto avere la forma della domanda riconvenzionale.
Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c. rilevando l’erroneità della decisione per avere accolto la domanda di condanna generica, sebbene la banca non avesse fornito la prova dell’esistenza di una ril evante probabilità di verificazione del danno. In particolare, la banca aveva avviato delle azioni revocatorie e agiva per un credito garantito da ipoteca, attesa la successiva correzione dell’errore di iscrizione e vi erano altri cinque garanti che avevano prestato fideiussione.
Il motivo è inammissibile poiché non è indicata la norma che sarebbe stata violata, tale non potendosi intendere l’articolo 112 c.p.c. non ricorrendo in nessun modo l’ipotesi di omessa pronunzia su una domanda o su un motivo di impugnazione.
La censura è, altresì, inammissibile perché mira, in sostanza, a sollecitare un sindacato sul merito e una valutazione del materiale probatorio prospettando una soluzione più favorevole alla tesi dei ricorrenti rispetto a quella adottata nella sentenza impugnata.
Con il quinto motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c. in quanto il Tribunale non avrebbe considerato le molteplici negligenze della banca e non avrebbe riconosciuto una parziale responsabilità dell’istituto di cr edito.
In particolare, la banca aveva inviato al notaio il testo del contratto che conteneva più errori, non tollerava modifiche ai testi predisposti, avrebbe finanziato per somme ingenti un soggetto sostanzialmente inaffidabile, avrebbe ritardato le azioni di recupero nei confronti del debitore principale e degli stessi garanti.
Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni oggetto del quarto motivo.
Con il sesto motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. La decisione impugnata mancherebbe della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto nei rapporti tra il notaio, l’assicuratore e la b anca; la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare la sentenza del Tribunale di Roma senza considerare i motivi di appello incidentale proposti dal notaio Mandato.
Il motivo è inammissibile poiché non si confronta con la decisione impugnata. Non sono specificate le disposizioni violate e non è riportato il passaggio motivazionale che si intende impugnare. La censura si risolve in una generica valutazione di inadeguatezza della decisione adottata dalla Corte territoriale che non consente al giudice di legittimità di operare un sindacato in ordine alla motivazione.
Con il ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE fa presente che la Corte di legittimità, nell’annullare la decisione della Corte d’appello , ha individuato quale unica ratio decidendi della inoperatività della garanzia il fatto che l’erogazione delle somme da parte della banca era avvenuta sulla base di due relazioni, quella preliminare del notaio e quella del funzionario del Banco di Sicilia, le quali evidenziavano che i beni da sottoporre ad ipoteca appartenevano, in realtà, ad un terzo. Conseguentemente l’inesattezza della successiva relazione notarile del 10 marzo 1993 non avrebbe avuto alcun rilievo causale ai fini della inefficacia della garanzia.
Nel giudizio di rinvio l’assicuratore aveva ribadito che la relazione su cui ‘poggiava’ l’atto di finanziamento era quella preliminare del notaio, corretta, per cui la nullità dell’ipoteca iscritta su un bene di un terzo avrebbe dovuto essere imputata certamente alla banca.
Il notaio, nella relazione preliminare del 24 febbraio 1993 aveva correttamente rappresentato la situazione patrimoniale dei beni da sottoporre ad ipoteca.
Quanto poi al momento della erogazione del credito, secondo Generali, la prova del versamento delle somme in favore di società RAGIONE_SOCIALE in data successiva all’acquisizione della seconda relazione notarile gravava sulla banca, anche in virtù del principio della vicinanza della prova. Tale dimostrazione non sarebbe stata fornita, neppure nel giudizio di rinvio come evidenziato nella sentenza impugnata.
Col primo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione dell’articolo 2697 c.c. e dei principi che riguardano l’onere della prova, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 n. 5 c.p.c.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione di articoli 115 e 116 c.p.c., e dei principi in tema di valutazione delle prove, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c.
Con il terzo motivo si deduce la violazione degli articoli 1362 seguenti del Codice civile e dei principi in tema di interpretazione dei contratti, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.c.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione di articoli 1175, 1176 e 1375 c.c. e dei principi che riguardano la diligenza, la correttezza della buona fede nei rapporti contrattuali, ai sensi articolo 360 c.p.c. Secondo la ricorrente incidentale è la banca il soggetto onerato di dimostrare il momento della erogazione delle somme (se precedente o successivo alla seconda relazione notarile) e non l’assicuratore, con conseguente violazione, da parte la Corte territor iale, dell’articolo 2697 c.c. e dei principi in tema di onere della prova, oltre che degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 1362 e seguenti c.c.
Inoltre, il giudice di rinvio avrebbe erroneamente dato rilevanza al ricorso per decreto ingiuntivo della banca e alla successiva domanda di ammissione al passivo del fallimento e cioè ad atti predisposti dallo stesso istituto di credito siciliano.
Si tratterebbe di atti privi di data certa non opponibili all’assicuratore.
Quanto al contenuto del contratto, le clausole prese in esame dalla Corte territoriale non erano idonee a chiarire il quesito sottoposto dalla Cassazione alla Corte d’appello, in quanto quelle disposizioni riguardano circostanze irrilevanti ai fini del decidere.
I quattro motivi del ricorso incidentale vanno necessariamente esaminati congiuntamente perché strettamente connessi e perché RAGIONE_SOCIALE ha trattato le doglianze cumulativamente senza distinguere i motivi, inserendoli in un’unica argomentazione onnicomprensiva dalla quale fare discendere una pluralità di violazioni di norme.
Già sotto tale profilo le censure sono inammissibili, perché non sono specifiche e separate riferendosi alla intera ricostruzione della vicenda fornita dalla Corte territoriale in sede di rinvio, che viene ritenuta interamente inadeguata per una pluralità di violazioni che riguardano tutte il profilo fattuale e quello del merito e che, per giurisprudenza costante, non è suscettibile di sindacato in cassazione.
Il motivo di ricorso per cassazione, deve articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo. L’attività di verifica della Corte anche rispetto all’error in procedendo, per poter essere utilmente esercitata, presuppone che la denuncia del vizio processuale sia stata enunciata con l’indicazione del (o dei) singoli passaggi dello sviluppo processuale nel corso del quale sarebbe stato commesso l’errore di applicazione della norma sul processo, di cui si denunci la violazione, in modo che la Corte venga posta nella condizione di procedere ad un controllo mirato sugli atti processuali in funzione di quella verifica (Cass. Sez. 3 del 4/03/2005 (Rv. 581594 – 01).
Nel caso di specie tale requisito difetta del tutto poiché dopo la enunciazione sintetica dei quattro motivi di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE riporta buona parte della motivazione della Corte d’appello, prospettando una ricostruzione alternativa del tutto
differente, con una diversa valutazione dei mezzi di prova e dei documenti, più favorevole alla posizione dell’assicuratore.
Inoltre, la ricorrente incidentale non si confronta in alcun modo con le argomentazioni della Corte territoriale. Ad esempio, con riferimento al primo motivo, non confuta il principio giuridico assolutamente condivisibile secondo cui l’assicuratore, quale attore del giudizio, è onerato di dimostrare i fatti principali della pretesa, tra cui il momento della effettiva messa a disposizione delle somme oggetto del mutuo. La ricorrente ripropone, come correttamente evidenzia e documenta DoValue, le medesime allegazioni del giudizio di appello.
Quanto alle censure riguardanti la valenza probatoria dei documenti (secondo motivo) che la Corte territoriale avrebbe posto a fondamento della decisione, il motivo è inammissibile oltre che per la mancata specifica individuazione e trascrizione dei documenti contestati (art. 366 n. 6 c.p.c.) anche perché nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operata dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti (Sez. L, sentenza n. 21439 del 21/10/2015, Rv. 637497).
Anche il terzo motivo per come articolato è inammissibile poiché si risolve in un generico ed astratto rinvio alle norme in tema di interpretazione senza confrontarsi con i principi consolidati del giudice di legittimità in materia.
A riguardo va rammentato che l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il
sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì:
-solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata,
al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 1/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763);
pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715);
di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 3/09/2010, n. 19044).
Nel caso di specie la ricorrente incidentale si è limitata a enunciare le norme, senza alcun riferimento alle specifiche regole legali di interpretazione, senza individuare i canoni legali assunti come violati ovvero l’esistenza di argomentazioni illogiche.
Analogamente generico è il riferimento alle disposizioni richiamate nella rubrica del quarto motivo (articoli 1175, 1176 e 1375) che unitamente alle due disposizioni processuali degli articoli 115 e 116 del secondo motivo, vengono inseriti in una argomentazione con la quale la ricorrente incidentale si limita a prospettare una ricostruzione dei fatti più favorevole alla propria tesi. Valutazione che non è suscettibile di sindacato di legittimità.
Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di inammissibilità, sia del ricorso principale, che di quello incidentale. La reciproca soccombenza rende opportuna la compensazione delle spese di lite nei rapporti tra i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale, mentre i primi vanno condannati al pagamento delle spese di lite in favore di DoValue, nella misura indicata in dispositivo.
PTM
Dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese nei rapporti tra i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE. Condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, liquidandole in € 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte